Salaam
Bombay! Il Forum sociale mondiale in India, 16-21 gennaio 2004 - terza e ultima parte di
Alessandra Mecozzi “Dovete
essere il cambiamento che volete vedere intorno a voi” (Gandhi) Quale
bilancio e quali prospettive per i Forum Sociali Mondiali? Il 20 gennaio, la grande Conferenza (oltre 1000 persone) su bilanci e prospettive del Forum Mondiale, si è aperta con una breve introduzione del brasiliano Chico Whitaker, uno degli “storici” fondatori di Porto Alegre, che ha messo in evidenza gli aspetti positivi del Forum sociale Mondiale, nato in seguito ale grandi mobilitazioni nel mondo contro le istituzioni internazionali e diventato uno spazio aperto per i movimenti sociali. “e’ il luogo dove si costruiscono ponti tra le diversità ed è per questo che è diventato così popolare il motto un altro mondo è possibile: oggi il Forum Sociale Mondiale è diventato una grande speranza per i movimenti sociali, anche perché si costruiscono e sviluppano legami durante tutto l’anno che divide un forum dall’altro” E’ poi intervenuto con grande chiarezza e precisione, Bonaventura Sousa Santos, direttore dell’Università di Coimbra, Portogallo proponendo in primo luogo le quattro caratteristiche del significato dei Forum Mondiali: - identificazione
dell’avversario; costruzione delle lotte contro di esso; costruzione di una
simmetria: il movimento globale contro l’avversario globale; è la “prima
internazionale” che nasce ed è basata nel sud, diversamente da tutte le
internazionali di partito che erano basate al nord; infine novità importante la
multiculturalità di questo movimento. C’è stata
capacità di stare nelle situazioni: anche le più difficili.Dopo l’11
settembre non si è caduti nella trappola “terrorismo”, ma si è
riconosciuta la guerra come altra faccia del liberismo e individuate le nuove
forme del colonialismo e le nuove forme dell’unilateralismo: l’avversario
esterno e interno anoi, con le sue nuove forme di sfruttamento e di distruzione. Per il futuro: nella lotta contro il nostro avversario, c’è una discussione aperta: punti importanti sono la democrazia interna e l’ampliamento dell’inclusione. Non vogliamo definire confini, ma allargare. Ci interroghiamo sui piani di azione e su come può esprimersi quell’energia locale e globale che si è messa in movimento. Il Forum sociale mondiale la blocca? Finora la
metodologia usata è stata buona: ma per il futuro? E la Carta dei Principi:
resta la stessa? Dobbiamo chiarirci di che cosa abbiamo realmente bisogno: in primo luogo di piani per l’azione e quindi di networks dei movimenti sociali a diversi livelli; in secondo luogo di un maggior dialogo tra i movimenti e di un riconoscimento reciproco. Infine, abbiamo bisogno di accumulare conoscenze e memoria e di esercitare spirito critico: ma questo non può voler dire autodistruzione: dobbiamo forse inventare nuove metodologie…. Aguitton, Francia, segnala che il successo del FSM è il risultato della crescita del movimento, contadini come lavoratori (più forte presenza dei sindacati), nuove alleanze, ma non ancora sufficienti: c’è il rischio di essere contro il capitalismo, senza però avere strumenti adeguati. E’ vero che i Forum sono spazi, ma non sono anche movimenti? E’ certo che non sono neutrali ma sono luoghi di costruzione di aggregazioni, alleanze, strumenti: anche il Forum economico di Davos è uno spazio aperto, ma dispongono di strumenti! (per esempio il G8, la NATO ecc.) Grandi eventi, come Cancan e come il prossimo 20 marzo contro la guerra, escono dai Forum. Certamente dobbiamo riflettere e cambiare: d’accordo ad esempio su una scadenza biennale per i forum mondiali: sono contrario a nuove e ulteriori formalizzazioni, la Carta può rimanere com’è: ma dobbiamo rendere più efficaci le nostre campagne, per esempio sono di grande importanza quella contro le basi militari e quella per il disarmo. Una giovane coreana (non ricordo il nome), sottolinea l’importanza di legare le resistenze (esempio l’iniziativa contro il WTO di Cancan) alla costruzione di alternative. Il Forum Mondiale è risultato dei movimenti, ma non è sufficiente i partecipanti sono protagonisti e soggetti, ma è importante che si esprimano anche fuori dei Forum, che cioè non ci sia distacco tra lotte locali e forum, tra il dentro e il fuori; per questo bisogna imparare e innovare anche nelle forme di comunicazione: qui vediamo quanto siano importanti i corpi nella comunicazione. Ci rendiamo anche conto di quanto i linguaggi nei movimenti siano ancora molto occidentali. Non c’è dubbio che dobbiamo cambiare delle cose, siamo a un bivio e dobbiamo evitare di farci influenzare e “corrompere” , perché nella crisi le Istituzioni del liberismo hanno bisogno di attrarre anche “i no-global” nella loro sfera. Per questo penso che sia determinante che ogni movimento tenga forti legami con i rispettivi paesi di origine. Il rappresentante del Cosatu, il più importante sindacato sudafricano, Simon, dice che il Forum Mondiale è molto positivo perché esprime la critica alla globalizzazione e all’imperialismo, ma che bisogna anche essere capaci di rispondere alle sfide che ci si propongono fuori di qui. Critica qualche personalismo, e insiste sulla necessità di essere più efficaci attraverso la definizione di programmi di azione all’interno dei Forum, critica il protezionismo dei sindacati del nord e la necessità di una generale forte opposizione agli USA e in particolare alla loro politica di guerra che si dispiega oggi in Medio Oriente. Michel Warshawsky, israeliano, pacifista, indica in 4 punti i maggiori risultati del Forum Sociale Mondiale: la rottura dell’egemonia del pensiero unico; il rafforzamento dei legami e delle relazioni tra movimenti diversi; l’affermarsi di campagne a livello globale; un nuovo coinvolgimento internazionale sulla questione palestinese: sono state fatte cose nuove e inventate nuove forme di solidarietà: i sem terra brasiliani si sono incontrati con i villaggi palestinesi, Josè Bové ha incontrato Arafat. Per il futuro le sue proposte sono: orientare i forum maggiormente sull’azione; mantenere l’unità nella grande diversità; dare maggior peso ai sindacati e alla rappresentatività dei movimenti. Anche se non all’interno, è utile coinvolgere anche i partiti. Il FSM va mantenuto come spazio aperto e anche la Carta dei principi deve restare quella che è, ma è importante che ci siano articolazioni interne al Forum, come l’Assemblea dei movimenti sociali, dove però i grandi sindacati non ci sono. In molti paesi non ci sono i movimenti sociali: per noi sono stati molto importanti gli italiani che ci hanno spinto in questa direzione e il Forum Mondiale dà un riconoscimento e una legittimità a questi movimenti. Infine è molto importante per noi essere riusciti a costruire un percorso, e lo abbiamo fatto proprio nel Forum mondiale, che rafforzi un triangolo: quello delle società civili Europea, Palestinese, Israeliana. Roberto Savio, Argentina, esalta la capacità delle organizzazioni indiane di aver lavorato insieme (184) pur molto diverse e la necessità che questo processo sia alla base sempre di tutti i fori sociali. Questa è la strada per il cambiamento, spinta che nsi è affermata da sé senza essere legittimata da nessuna istituzione. Attac ha avuto un ruolo molto importante in questo e ancora adeso l’elemento essenziale è quanto si è capaci di proporre alternative. Come sempre continuano a confrontarsi due posizioni: quella di chi difende il Forum come spazio e quella di chi insiste maggiormente sulla necessità di una struttura. Il fatto che i forum si siano moltiplicati a molti livelli aumenta la partecipazione. In sostanza, il Forum, a partire da Porto Alegre, attraverso anche le sue moltiplicazioni, hanno messo fortemente in discussione la credibilità di questa organizzazione: è questo è un altro successo. E’ evidente quanto è importante il ruolo dell’informazione e della comunicazione nel saper rappresentare quanto avviene all’interno di questo processo del Forum sociale mondiale: ma su questo non c’è un impegno sufficientemente all’altezza. Vittorio Agnoletto, Italia, valorizza l’esperienza indiana, che permette di andare oltre la cultura occidentale e il rapporto Europa-America Latina, che ha caratterizzato i precedenti Forum a Porto Alegre, combattendo il rischio di una forma di neocolonialismo anche al nostro interno. Significativo qui che si sono svolti due Forum, uno nelle strade e uno negli spazi del dibattito, comunicando tra di loro. Altro punto importante la presenza significativa di quelli che definiamo gli esclusi: i dalit, i gay, i malati di aids, gli handicappati, i bambini, le prostitute… Il 2003 è stato un anno molto importante, per la vittoria di Cancan e per l’enorme manifestazione contro la guerra del 15 febbraio, che ha spostato davvero l’opinione pubblica: il movimento sta crescendo e certo c’è il problema delle alternative, della assunzione di responsabilità e presentare proposte. Non si torna indietro da dove siamo arrivati: i forum devono andare in luoghi diversi e in paesi poveri, e servire anche a loro. Perciò è ottimo che dopo il prossimo porto alegre si vada in Africa. Altra ipotesi è che si comincino a realizzare nuovi forum, tematici, ma non settoriali: devono essere cioè l’incontro di soggetti diversi attorno a un grande tema. D’accordo sullo spazio aperto, ma con scelta di priorità: una è oggi la guerra e il movimento contro di essa, in tante forme e tanti modi, sia sulle contraddizioni interne, sia con iniziative come quella su cui si sta lavorando delle carovane per la pace in medio oriente. Nandita Shal, India, Movimento delle donne, del Comitato Organizzatore Indiano “E’ stato un successo metterci tutti insieme su una piattaforma comune, attraverso la formazione dell’Asian Social Forum ed è importante che anche Mumbai Resistence (è il nome di una iniziativa organizzata al di fuori del Forum e in polemica con esso, considerato non abbastanza radicale) sia venuta qui e abbia partecipato. Per la prima volta abbiamo tutte e tutti insieme discusso di grandi temi, fondamentali per la nostra società e per il mondo: fondamentalismo, patriarcato, caste, guerra. Non torneremo indietro da qui. L’inclusione degli “esclusi” non è un fatto automatico né un’”aggiunta”: abbiamo scelto i principi della democratizzazione e del dialogo. C’è il grande interrogativo che ci poniamo: siamo adeguati alla sfida che abbiamo lanciato e che è stata raccolta da questa enorme partecipazione? Dobbiamo rifletterci e sicuramente penso che dobbiamo pensare che possiamo andare oltre il punto a cui siamo giunti, approfondendo e confrontando le differenze proprio per costruire un altro mondo, e non fermarsi ad una unità realizzate per costruire l’evento Forum!” Gran Finale
Il
pomeriggio del 21 gennaio, dopo un bel corteo che ha attraversa la caotica e
tumultuosa Bombay ci si è tutti ritrovati in una grandissima piazza dove per
ore hanno continuato ad arrivare, sfilare, sedersi, riunirsi a discutere o
solamente a riposarsi, migliaia di donne, gruppi di operaia, delegazioni
straniere, cortei di bambini, sotto un soloe caldissimo e di fronte ad un enorme
palco ornato da tre grandi figure di cartapesta (offerta gratuita degli
architetti che hanno anche gratuitamente montato il paco) simboleggianti il
colorato popolo dei forum. Presentati da una instancabile pakistana, attivista
della pace e dei diritti umani, Asma Jagir, che ha sottolineato la quantità di energie confluite, ma
anche derivanti, dal Forum, si sono succeduti interventi, dal vivo o trasmessi,
come quello di Mandela, che ha richiamato la speranza che questo grande
movimento offre a tutti i popoli del mondo di poter vivere più liberamente e
con i propri diritti, di Madame Binh, che fu la rappresentante vietnamita nei
negoziati con gli Usa ai tempi della guerra del Vietnam, mentre un lungo,
ragionato e commovente intervento è stato fatto dall’ex Presidente indiana,
gandiano, che ha paragonato questa
grande presenza e movimento
popolare alla lotta di liberazione dell’India dal colonialismo britannico e
una nuova fase della lotta non violenta: tra grandi applausi ha annunciato la
presenza al Forum in India di 130 paesi, ha esaltato la forza del trovare
insieme tante nuove idee, ha battezzato il nuovo secolo come “quello dei
popoli”. Lo ha seguito l’acclamatissimo Gilberto Gil, famoso chitarrista e
cantautore brasiliano, oggi ministro della cultura del Governo Lula, che del
forum ha messo in luce la capacità di fare comunicazione attraverso i corpi e
la capacità di esercitare, e non solo reclamare, pluralità. Insomma la vitalità
che si esprime laddove si esprimono culture diverse, multiple, ma anche singole
nella loro identità. E ha citato Gandhi (frase riportata all’inizio di
questa parte) tra le ovazioni del pubblico e immediatamente cominciato a
suonare e cantare le sue magiche armonie, seguite da quelle africane e indiane,
mentre il sole lasciava man mano il posto ad una bellissima sera.
Salaam
Bombay! - seconda parte Salaam
Bombay! - prima parte Intervento di Mumbai (Bombay) del Segretario nazionale Giorgio Cremaschi. |