I testi del volantone
distribuito all'Assemblea
Comunicato
stampa Fiom. Roma,
27 giugno 2001
Assemblea nazionale delle delegate,
dei delegati e dei quadri Fiom-Cgil.
(da l'Unità del 28
giugno 2001)
"Siamo uomini e non merci", il 6 luglio i
metalmeccanici in piazza
di red.
Fischio d'inizio (da il manifesto del
28 giugno 2001)
Otto ore di sciopero
nazionale dei metalmeccanici: le hanno proclamate ieri 7.000
delegati della Fiom. La Cgil li appoggia, Fim e Uilm no e sono
pronte a firmare un accordo separato con Federmeccanica. I sindacati
si dividono come non accadeva da anni, ma il 6 luglio si sciopera
per difendere i diritti di tutti
Lo scontro sul contratto delle tute blu è il primo contro il blocco
sociale che ha portato al governo Berlusconi e che si identifica
nella politica del centro-destra. E anticipa un autunno in cui sarà
in gioco tutto ciò che resta del welfare, dalla sanità pubblica
alla scuola.
La
dignità, la libertà, il contratto
LORIS CAMPETTI
"Pieghiamo la Fiom" (da il manifesto del 27 giugno 2001)
Questa lettera, datata 19 giugno, è stata inviata "alla Giunta
e ai Presidenti dei Gruppi Territoriali". A parte
un'imprecisione (si ipotizza un referendum che Fim e Uilm, più
realisti del re, hanno negato), la lettera svela l'aggressività dei
padroni e il tentativo di liquidare la Fiom Andrea
Pininfarina
Cari
colleghi, con l'Assemblea del prossimo 26 giugno si concluderà la
mia Presidenza in Federmeccanica. E' con il rammarico di lasciare un
lavoro incompiuto che dovrò passare il testimone a chi mi
succederà; infatti la trattativa per il rinnovo del secondo biennio
del Ccnl non è riuscita a condurre le parti ad un accordo
nonostante i ripetuti tentativi compiuti dalla delegazione di
Federmeccanica.
Dopo l'interruzione delle trattative decisa dai sindacati
nell'ultimo incontro ufficiale del 19 aprile (cfr. la mia del 24
aprile u.s.) la Federmeccanica, nel corso di riunioni informali, ha
formulato una proposta finalizzata ad una ripresa del negoziato
dichiarandosi disponibile a prendere in considerazione l'inflazione
effettiva registrata a consuntivo nel primo semestre di quest'anno
in luogo di quella programmata. Ciò avrebbe consentito di aumentare
di circa 18.000 lire la cifra di 85.000 precedentemente offerta, in
aggiunta a ciò abbiamo altresì dichiarato di essere disponibili a
negoziare un ulteriore importo, nell'ambito del differenziale tra
inflazione programmata e reale del biennio 1999-2000, in misura tale
da produrre un sensibile avvicinamento alle quantità salariali
originariamente richieste dai sindacati (le 135.000 lire della
piattaforma). Questa proposta è stata positivamente accolta sia
dalla Fim-Cisl che dalla Uilm-Uil e giudicata sufficiente per la
ripresa del negoziato mentre è stata seccamente respinta dalla
Fiom- Cgil che l'ha giudicata qualitativamente e quantitativamente
insufficiente.
Io ritengo che Federmeccanica, con questa proposta, abbia compiuto
il massimo sforzo possibile per arrivare ad una conclusione: dal
punto di vista quantitativo abbiamo consistentemente aumentato la
nostra offerta anche in considerazione di un andamento dei prezzi al
consumo ben più alto di quello programmato; dal punto di vista
qualitativo abbiamo cercato di evitare di incagliare il negoziato su
una questione di principio quale quella della concessione di aumenti
salariali connessi all'andamento del settore. La proposta da noi
fatta avrebbe, di fatto, lasciato impregiudicate le posizioni
"politiche" già espresse da ognuno e, contemporaneamente,
avrebbe consentito di erogare una cifra vicina alle richieste pur
mantenendosi all'interno delle regole del Protocollo del 23 luglio.
Questa disponibilità non è stata sufficiente per la Fiom-Cgil che
è rimasta intransigentemente arroccata sulla piattaforma
rivendicativa negando ogni possibilità di negoziato e pretendendo
da noi ciò che non possiamo concedere: l'accettazione di una
posizione prettamente "politica" che noi riteniamo
contraria al sistema di regole definito.
A questo punto appare infatti evidente che non sono tanto le
quantità salariali che interessano a quell'organizzazione quanto
l'affermazione della sua linea di politica sindacale e la sconfitta
delle posizioni non solo della controparte, cioè di noi imprese, ma
anche delle altre due organizzazioni sindacali, Fim-Cisl e Uilm-Uil.
Così come la Fiom ha imposto alle altre due sigle il contenuto
politico della piattaforma (l'andamento del settore) adesso rifiuta
ogni possibilità di accordo che non dichiari apertis verbis la
vittoria della sua posizione. E' evidente che Federmeccanica non
può accettare imposizioni di questo genere.
Adesso i sindacati andranno ad una consultazione con i lavoratori
(con modalità ancora non chiare) nel tentativo di ricomporre la
frattura che si è manifestata al loro interno. Si apre così una
nuova fase, dagli esiti non prevedibili, che sconta una
pliticizzazione del confronto quale non si vedeva da decenni.
Personalmente ritengo che Federmeccanica debba valutare attentamente
questa situazione per decidere eventuali azioni da mettere in campo
al fine di non lasciare il sistema di Relazioni Industriali ostaggio
di chi ha obiettivi autonomi e indipendenti dagli interessi reali
del sistema produttivo e di chi in esso opera: lavoratori e imprese.
Ma, nello stesso tempo, evitando posizioni e iniziative velleitarie
che, lungi dal produrre l'auspicato ritorno ad un clima di pace
sociale, potrebbero acuire oltre misura il conflitto. Si tratta,
come sempre, di individuare con chiarezza gli obiettivi e di
calibrare ad essi gli strumenti.
Di tutto questo, come ho fatto oggi con il Consiglio Direttivo
convocato in via straordinaria, ho ritenuto doveroso informarVi
prima dell'Assemblea del 26 p.v. alla quel spero di vedervi
numerosi.
Colgo l'occasione per salutare tutti quelli che non potranno essere
presenti il 26 a Milano e per esprimere un sentito ringraziamento
per il sostegno e la collaborazione che ho ricevuto in questi
quattro anni di Presidenza della Federmeccanica.
(da
liberazione del 27 giugno 2001)
Intervista a Giorgio
Cremaschi, segretario della Fiom del Piemonte
«Uno sciopero per tutti»
Meccanici, grande assemblea dei delegati a Bologna
«S
tiamo facendo assemblee a tappeto e sta venendo fuori un grandissimo
consenso». Giorgio Cremaschi, segretario della Fiom del Piemonte,
ha appena finito di partecipare all’ennesima riunione interna in
preparazione dell’assemblea di oggi a Bologna dei seimila delegati
della Fiom e dello sciopero del 6 luglio. E’ entusiasta, ma non si
nasconde le difficoltà. «Un consenso grande ma non privo di
preoccupazioni - dice - perché è evidente che siamo di fronte a
una rottura con Fim e Uilm».
E’ vero, le
aspettative ci sono. E c’è anche la richiesta di assunzione di
precise responsabilità. O no?
Si sta aprendo non solo la questione dello sciopero ma anche quella
della democrazia, del referendum. Per noi della Fiom ciò che segna
il rapporto con le altre organizzazioni è proprio questa questione
del referendum. E da quello che viene dalla assemblee è
fondamentale anche per i lavoratori. C’è una grande domanda di
democrazia. Alla Fiom viene poi rivolta la domanda: andrete avanti?
E’ un fuoco di paglia o avete deciso di fare sul serio con questo
padronato? E’ chiaro che si apre una fase diversa. In alcune
assemblee che stiamo facendo riemergono tra i lavoratori anziani i
ricordi della vicenda della scala mobile. Il punto centrale sul
quale c’è il massimo consenso è quando diciamo che non possiamo
far fare al contratto nazionale la stessa fine della scala mobile.
Questo è il quadro: preoccupazione e consenso nei confronti della
Fiom. Se ci fosse stato il referendum la nostra posizione sarebbe
sicuramente passata. Forse è per questo che gli altri non l’hanno
voluto fare. Dopo lo sciopero niente sarà più come prima.
Che vuol dire?
Mi sembra evidente che quello cui stiamo assistendo è il crollo
della concertazione. Il no della Fiom alla Federmeccanica parla a
tutto il movimento sindacale italiano e a tutta la Cgil. Siamo
arrivati ad un punto in cui non è più possibile andare avanti con
la linea fin qui seguita. O si accetta di ridimensionarsi nel quadro
nuovo di compatibilità che ci vogliono imporre gli industriali, e
che Cisl e Uil sono disposti a contrattare, oppure si va allo
scontro provando a reggere, anche da soli. Ma allora bisogna
prepararsi ad un altro tipo di discorso, ad altri contenuti, ad un
diverso rapporto sindacato/lavoratori. Questo è anche quello su cui
prima o poi Cofferati dovrà dare una risposta. Non ci attendiamo da
lui solo un intervento di sostegno ma anche di impegno a coinvolgere
progressivamente la Cgil in questo scontro che non riguarda solo
noi.
Insomma, stai chiedendo una rivoluzione a trecentosessanta gradi?
Mi sembra evidente che occorra elaborare una piattaforma generale
perché quella vecchia non c’è più. E va fatto adesso che siamo
in una fase di lotta.
Fazio chiede di aumentare gli stipendi oltre l’inflazione. Cosa ne
pensi?
Anche in un contesto non condivisibile è significativo che il
governatore dica che l’aumento dei salari per i pubblici
dipendenti deve riguardare non solo l’inflazione ma anche il
prodotto interno lordo. La richiesta dei metalmeccanici sull’andamento
di settore va in questa direzione. Ma, come abbiamo detto a suo
tempo, ancora troppo timidamente. Questo per il sindacato vuol dire
la revisione della politica contrattuale di questi anni. I contratti
nazionali non possono più farsi basandosi sulla truffa dell’inflazione
programmata e devono redistribuire una parte della ricchezza in più
prodotta nel paese, e non essere semplicemente un sostituto della
vecchia scala mobile. Questa è la posta in gioco anche nel nostro
contratto, e non a caso gli industriali metalmeccanici hanno posto
una pregiudiziole sull’andamento del settore.
Per Cofferati il punto è che manca un partito del lavoro.
Ho apprezzato le cose che ha detto Cofferati sul lavoro e sulla
sinistra. Mi viene da dire con amarezza che se la Cgil tutta queste
cose le avesse dette e praticate sindacalmente negli anni passati
sarebbe stato meglio per la Cgil e per lo stesso centrosinistra. Due
punti non sono condivisibili: la tentazione di far svolgere alla
Cgil un ruolo politico dentro uno dei partiti della sinistra e la
presunzione di porre la Cgil fuori dalle difficoltà. La questione
di fondo è il rilancio dell’autonomia sindacale. E nelle
assemblee che stiamo fancendo in questi giorni c’è un solo punto
su cui i lavoratori sono sospettosi: ma non sarà che siete
diventati così duri perché c’è Berlusconi? Bisogna essere
attentissimi. Il piano della discussione politica e quello sindacale
non coincidono affatto. E possono influenzarsi reciprocamente
positivamente solo se si ha la piena consapevolezza di questo dato.
Secondo: la Cgil non è fuori dalla crisi del centrosinistra. La
potlica economica e sociale di questi anni ha avuto anche un
versante sindacale. E al congresso della Cgil sosterremo che il
bilancio complessivo per il mondo del lavoro è negativo. Detto
questo, come diceva Amendola, al lavoro e alla lotta.
Fabio Sebastiani
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