-
- Avevamo già annunciato per il 16 maggio la convocazione di questa
assemblea, ma coincideva con la campagna referendaria e la preparazione
dello sciopero a sostegno del rinnovo del contratto dei lavoratori
dell'artigianato, che ha impegnato i lavoratori dei settori industriali
dei metalmeccanici con 2 ore e anche 4 ore di sciopero ed i lavoratori
delle aziende artigiane con 8 ore il 17 maggio scorso.
- La piena riuscita della giornata di lotta delle lavoratrici e dei
lavoratori artigiani e la netta sconfitta attraverso il NO ed il non voto
su chi voleva la libertà di licenziamento, ci consente di svolgere questa
discussione in un clima sicuramente più tranquillo.
- Permettetemi, un saluto e un ringraziamento ai nostri due ospiti,
l'Onorevole Renzo Innocenti e il senatore Carlo Smuraglia, i presidenti
delle due Commissioni Lavoro della Camera e del Senato che hanno dato vita
all'indagine Bicamerale su igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro, nel '96-97,
che iniziò i lavori dopo i 6 decessi avvenuti sulla nave Portovenere a
Genova nella fase di "prova a mare" nell'ottobre del '96, ancora
la magistratura non ha concluso il giudizio.
- Abbiamo invitato ad assistere al nostro dibattito: l'Associazione
nazionale Mutilati ed Invalidi del Lavoro, l'Ente nazionale Cechi e non
Vedenti, i sottosegretari al Lavoro, Sanità, Ambiente e politiche
Comunitarie.
- Il ministro del Lavoro Salvi ci ha comunicato mercoledì scorso che
non poteva intervenire perché era stata convocata la riunione dei
Ministri in sede europea.
- Domenica 14 maggio è stata la giornata nazionale della prevenzione
sul lavoro, promossa dall'Associazione nazionale Invalidi e Mutilati del
Lavoro e dall'Inail, è oramai consolidata dal 1996 (voluta dal governo
Prodi) ma per come è l situazione della prevenzione e degli infortuni non
possiamo lasciarlo alla sola denuncia, proprio questa Assemblea è
l'occasione di verificare il lavoro fatto e il rilancio della nostra
iniziativa rivendicativa e contrattuale sui temi della salute e della
sicurezza nei luoghi di lavoro.
- E'
la prima volta che, come categoria dei metalmeccanici, discutiamo di
questi temi dopo l'introduzione del "626" e la elezione dei RLS,
in una assemblea nazionale unitaria di delegate e delegati alla sicurezza.
- Arriviamo
a questa assemblea dopo svariate iniziative territoriali e regionali. A
mia memoria: dall'assemblea di Bologna del 15 febbraio, allo sciopero
generale di Brescia del mese scorso, alla manifestazione di Padova ad
aprile dei lavoratori esposti all'amianto, all'iniziativa di Bergamo, a
quella di Parma, lo sciopero dei lavoratori dell'Ilva (Gruppo Riva) di
Taranto, agli scioperi realizzati sia a Piombino sui piani di
ristrutturazione della Lusid, alle iniziative della Breda di Pistoia e con
lo sciopero provinciale proclamato dalla categoria e dalle Confederazioni,
come prima vi era stato lo sciopero territoriale della provincia di Lucca.
- Queste
sono solo alcune delle più recenti iniziative su cui si è mossa la
categoria in questi pochi mesi, tutte hanno chiesto maggiore impegno delle
Autorità per interventi reali e pianificati a tutela della sicurezza dei
lavoratori.
- Iniziative
di discussione, iniziative di lotta. Possiamo dire che dopo la fase
iniziale, come categoria, abbiamo, negli ultimi tempi, dedicato maggiore
attenzione alle problematiche dure che riguardano la tutela della salute e
la sicurezza nei luoghi di lavoro. Queste iniziative sono state
necessarie, e dovremo ancora intensificare la nostra azione, perché la
situazione nel nostro paese è gravissima.
- Nel
1999, solo nell'industria e nei servizi, ci sono stati 1.233 morti, sono
rimaste ferite 974.922 persone e circa 25.000 sono le malattie
professionali accertate. Questi sono i dati dell'INAIL e quindi dati
ufficiali dichiarati.
- Ma
noi sappiamo che purtroppo a questi dati vanno aggiunti altri non
denunciati, come spesso avviene sul lavoro che vengono trasformati in
incidenti per cause stradali, di quanti lavorano in rapporti illegali e
clandestini.
- Siamo
di fronte ad un vero e proprio bollettino di guerra.
- Sul
626, in vigore oramai dal 1994, permangono ancora ritardi ed inadempienze.
- Sono
ancora da emanare molti provvedimenti integrativi del Decreto legge 626,
il processo di aziendalizzazione delle USL ha avuto effetti negativi sulla
prevenzione, infatti, si può dire che non c'è stato personale sanitario
aggiuntivo destinato alla vigilanza ed alla prevenzione.
- Anche
gli Ispettori del Lavoro, addetti al controllo delle normative sul lavoro,
di repressione del lavoro irregolare o sommerso e di tutela della
sicurezza, sono pochissimi e quindi insufficienti. Non c'è ancora un
coordinamento tra i vari organismi preposti alla prevenzione ed alla
vigilanza.
- Il
rispetto delle norme di sicurezza è molto basso e spesso inesistente
soprattutto nelle piccole aziende, ossia quel tessuto industriale
prevalente, come affermano gli economisti nel nostro paese.
- Devono
essere ancora eletti in moltissime realtà aziendali i Rappresentanti per
la sicurezza, in particolare nel Mezzogiorno. In certi casi addirittura la
nomina avviene direttamente su proposta delle aziende, o come si dice in
gergo "del padrone".
- I
Comitati paritetici (OPT e OPR) non funzionano. La stessa formazione per
RLS e lavoratori stenta a partire. In generale possiamo dire che esiste
ancora una "cultura della cosiddetta illegalità" e nella
stragrande maggioranza delle imprese la sicurezza e la prevenzione, sono
considerati semplicemente costi, quindi, vanno tagliati. Così come
"l'informazione", continua ad essere negata ai Rappresentanti
dei Lavoratori per la Sicurezza.
- Altro
che "filosofia partecipativa" prevista dalla legge 626!
- Possiamo
tranquillamente dire che nel nostro paese si sta affermando una cultura
dei valori che mette in secondo piano "il valore della persona e del
lavoro". Ossia il contrario di quanto ha riscontrato la Commissione
Lavoro del Senato nei paesi del Nord-Europa. Non a caso la Confindustria
si è schierata e battuta nella campagna referendaria per la libertà di
licenziamento.
- La
globalizzazione e le conseguenze sul tessuto industriale, sulle condizioni
di lavoro oggi, la logica del profitto "mordi e fuggi", ci
impongono una riflessione di come si possa sviluppare una cultura della
prevenzione e di come si afferma la salute come diritto indisponibile,
proprio oggi che i diritti individuali e collettivi sono messi a dura
prova nell'era della flessibilità e della precarizzazione.
- Non
c'è dubbio che in questi anni la precarizzazione del rapporto di lavoro
ha rappresentato una delle cause degli infortuni sul lavoro. Oramai più
dei due terzi delle assunzioni sono di tipo precario: dall'interinale, al
tempo determinato, al part-time. Il punto è che, per noi del sindacato,
vengono scardinati e frantumati i diritti collettivi e scatta il
meccanismo indotto dal ricatto del lavoro.
- In
questa situazione spesso le lavoratrici ed i lavoratori si ritrovano soli
ed è "il padrone", "il capo" che diventa protagonista
esclusivo del processo produttivo e contemporaneamente si abbassa
notevolmente il controllo dei lavoratori ed è inevitabile che in
condizioni del genere, aumentino gli incidenti sul lavoro. L'insicurezza
è figlia della precarietà.
- Per
tutte queste considerazioni noi pensiamo che sia importante che nella
contrattazione aziendale venga dedicato uno spazio importante al
rafforzamento degli interventi a tutela della salute e della sicurezza
delle lavoratrici e dei lavoratori e al miglioramento ambientale.
- Siamo
già in presenza di alcuni risultati conseguiti e, comunque, di sforzi
importanti nell'ambito di piattaforme aziendali già presentate o in via
di definizione. Tra le grandi imprese, solo a titolo di esempio, quella
del gruppo Fincantieri che si sta discutendo in questo mese, la Abb
Italia, la Whirphool conclusa la scorsa settimana. Queste sono solo alcune
delle grandi imprese ed hanno al loro interno punti specifici relativi
alle condizioni di prevenzione.
- In
alcuni territori sono già state presentate piattaforme di carattere
interaziendale sia a Lucca ma anche a Genova, e le cito perché riguardano
in particolar modo lavoratori di piccole aziende o che operano
prevalentemente in ambito portuale e nel territorio circostante.
- Non
voglio fare un lungo elenco, perché vi sono altre esperienze e vi sono
iniziative di sostegno su aspetti specifici come la qualificazione
professionale dei giovani prima dell'ingresso nel luogo di lavoro, su cui
richiamo l'attenzione di tutti.
- Laddove
è ancora aperta la discussione sulle piattaforme aziendali sarà utile
individuare punti qualificanti che oltre alla esigibilità dei diritti già
previsti dalla legge e dal Contratto, ci consentano di realizzare
risultati significativi sul terreno della prevenzione e sicurezza.
- Occorre
dunque pensare:
- -
ad una politica contrattuale finalizzata ad obiettivi di budget
annuali da destinare alla prevenzione ed al miglioramento ambientale;
- -
impegnare l'azienda a garantire periodiche iniziative di aggiornamento
professionale con specifiche iniziative formative coordinate con gli
Organismi paritetici territoriali, ed anche con la categoria nazionale,
per quanto riguarda i grandi gruppi, con gli Enti bilaterali esistenti, in
attuazione di quanto previsto sugli obiettivi degli osservatori del CCNL
per la formazione;
- -
definire regole e procedure per favorire il ruolo dei RLS, a cominciare
dalla partecipazione sul processo di "Valutazione del Rischio",
attraverso la costituzione di gruppi di analisi con il compito di
identificare, partendo dalla descrizione del ciclo reale di lavoro,
dall'analisi dei ritmi di lavoro, dalle condizioni della prestazione
lavorativa (turnistica, presenza sulle linee e sulla produzione), dagli
organici secondo le diversità e le specificità di sesso, individuando le
cause che determinano vecchi e nuovi rischi per la salute.
- Noi
veniamo dalla lunga esperienza culturale "operaia" delle mappe
di rischio che abbiamo costruito negli anni: ai fattori di rischio
conosciuti (negli anni 70) in
questi anni abbiamo conosciuto un nuovo fattore di rischio: "lo
stress".
- Da
qui si possono ricostruire le cause che determinano le malattie (nuove
indagini epidemiologiche), la prevenzione per abbattere i rischi che
provocano gli infortuni, lievi o gravi che siano, o che possono produrre
malattie professionali irreversibili.
- -
Valutazione dell'efficacia delle misure di prevenzione e protezione
adottate;
- -
individuazione delle soluzioni tecniche e organizzative possibili con
l'aiuto di esperti esterni scelti di comune accordo dalle parti.
- Questi
sono obiettivi concreti. Questi ci riportano ad una necessità di aprire
in tutti i luoghi di lavoro un confronto serrato sull'organizzazione del
lavoro, su come si può applicare la flessibilità, sul come costruire un
sistema degli orari.
- Anche
su questo abbiamo dati che ci indicano drammaticamente la realtà. Il
venerdì è uno dei giorni più tragici. E' il giorno in cui la fatica si
sente di più, la fatica fisica o psicologica da stress sociale, o
determinata dalla turnistica giorno-notte, dalle accelerazioni
organizzative per mantenere i tempi della committenza, dagli interventi
straordinari di manutenzione per garantire la ripresa produttiva "nel
tempo più breve", dal fare interventi di assistenza in condizioni di
ambienti di lavoro ristretti (intervenendo in solitudine di giorno e/o
notte, ecc.).
- Questo
significa che anche durante gli altri giorni della settimana e nell'anno,
vi sono difformità. Il lunedì è un giorno ad alto rischio, soprattutto
per il primo turno, aumentano gli incidenti stradali da casa al lavoro.
Poi tutti i giorni sono uguali, dipende da chi opera e in quale condizione
opera e che tipo di preparazione ha.
- Se
poi guardiamo l'età degli infortunati è sempre più evidente che coloro
che subiscono sono i più giovani (20-29 anni) e i più anziani (50-60
anni) le cause sono evidenti. I primi non hanno "esperienza" e
formazione, i secondi sono stanchi (per tanti problemi).
- Per
quanto riguarda la prevenzione solo l'azione ed il ruolo contrattuale del
sindacato non basta, occorre agire contemporaneamente su più terreni. Da
questo punto di vista la Conferenza di Genova del dicembre 1999, promossa
dal governo, ha rappresentato un primo tentativo importante di approccio
alla problematica della sicurezza sul lavoro.
- Con
"Carta 2000", il governo e le Regioni si sono impegnati a
realizzare obiettivi precisi in tempi certi, garantendo condizioni
legislative e strumenti attuativi per raggiungere, entro il 2000, i
livelli standard degli altri paesi europei in tema di sicurezza sul
lavoro:
- -
il maggior impegno del ministero del Lavoro per integrare il quadro
normativo ed intensificare la battaglia per la sicurezza e contro il
lavoro nero/irregolare/illegale;
- -
la destinazione di risorse e di attività, da parte dell'INAIL (con
600 miliardi stanziati), in favore della prevenzione;
- -
l'adozione di misure legislative e amministrative per la costituzione dei
Dipartimenti di prevenzione e per una più adeguata destinazione del
personale sanitario alle attività di vigilanza e di prevenzione;
- -
la decisione delle Regioni, di compiere un'opera di monitoraggio, a
livello nazionale, sull'attuazione della 626;
- sono
i primi significativi impegni.
- Pur
tuttavia, siamo di fronte ad un dato strutturale del livello di infortuni,
una sorta di "zoccolo duro" che finisce per riproporre l'idea
della causa accidentale o peggio della fatalità, non c'è niente da fare.
- Noi
che ci occupiamo da vicino di queste problematiche, sappiamo bene che la
fatalità non esiste, in questi casi c'è sempre un motivo, una ragione,
un fattore che spiegano gli incidenti: in primo luogo quelli strutturali,
ma soprattutto delle condizioni effettive della prestazione del
lavoratore.
- Per
queste ragioni, noi pensiamo che si debba fare di più e che la questione
della sicurezza non si possa affrontare esclusivamente dentro il quadro
del 626 o delle iniziative previste dalla Carta 2000, che comunque si sono
dimostrate non sufficienti.
- Occorre
uno scatto in avanti da parte nostra!
- Anche
il sindacato e quindi anche i lavoratori debbono rilanciare "la loro
attenzione" e le rivendicazioni sulle questioni dei rischi e di come
porre la prevenzione nelle nuove condizioni di lavoro che si sono
determinate nella concorrenza capitalistica delle imprese, che spesso
fumosamente vengono chiamate globalizzazione, ma che significano: rapporti
produttivi e di lavoro che comportano bassi salari, restrizione dei
diritti, gerarchie anomale di subordinazione, esclusione dei diritti
collettivi a partire dal CCNL.
- Lo
stesso fatto che oggi nei perimetri degli stabilimenti lavorino anziani,
maturi, giovani, uomini e donne, ma anche apprendisti, con molteplici
rapporti di lavoro, possono essere un elemento fondamentale di rilancio
della contrattazione in azienda, perché la stessa definizione del
rapporto di lavoro non determina lo standard di sicurezza necessario.
- Per
questo, noi chiediamo al ministero del Lavoro di rafforzare il suo impegno
di coordinamento di tutte quelle competenze esistenti, che a livello
territoriale non si possono sviluppare per carenza di mezzi e di
personale.
- Prima
di tutto occorre dotare gli Uffici ispettivi del personale necessario, gli
attuali organici sono ridicoli e quindi assolutamente non in grado di far
fronte agli interventi necessari.
- In
secondo luogo chiediamo al Ministro del Lavoro di obbligare, attraverso
una circolare, le aziende a consegnare ai RLS "i documenti della
Valutazione dei Rischi", visto che in molti casi le aziende si
rifiutano di consegnare la documentazione di valutazione dei rischi.
- Al
tempo stesso occorre avere la documentazione di "Valutazione dei
Rischi" da personale che abbia capacità e professionalità e non
come avviene oggi da generici consulenti del lavoro, i quali preparano
fiumi di carta con linguaggi incomprensibili e comunque senza dire niente
nel merito dei rischi che corrono le lavoratrici ed i lavoratori, esigendo
dalle ditte/imprese alti costi per la loro prestazione.
- Per
questo proponiamo un albo che assicuri che ci siano persone con titoli e
professionalità necessarie a svolgere questo ruolo, non un nuovo ordine
professionale.
- La
qualità del prodotto delle imprese che vogliono stare sul mercato è
determinata anche dalla capacità di garantire livelli standard europei di
sicurezza (ISO 9000, ISO 14.000, ISO
18.000, EMAS) che diventi quindi il criterio di qualificazione delle
imprese, portando a norma i rapporti fra prodotto finito e fornitori,
senza sotterfugi e soprattutto senza scaricare parte dei costi di
fabbricazione sui lavoratori delle imprese di appalto, di fornitura di
componenti, di servizi, rideterminando così una gerarchia tra le imprese
non contrattabile per i lavoratori.
- In
questo senso va bene una politica di incentivazione a quelle imprese che
realmente presentino piani di prevenzione della sicurezza, della
formazione e della bonifica degli ambienti di lavoro.
- Proponiamo
quindi che nella Finanziaria che il governo sta preparando vi sia la
possibilità di spesa, aggiuntiva a quella INAIL, a favore di tutti i
processi che interessano i lavoratori, tra cui comprendere anche norme
finanziarie di sostegno alle imprese per l'ammodernamento dei macchinari,
degli impianti, che preveda la stessa progettazione.
- Se
occorre un intervento di queste dimensioni del ministero del Lavoro, è
altrettanto necessario un intervento delle Regioni, per il ruolo che
svolgono sul territorio e sulle attività delle Aziende sanitarie locali,
oggi aziende di gestione con l'obbligo del bilancio in pareggio.
- Le
politiche di gestione della salute sono ormai decentrate alle Regioni,
come altre competenze che erano centrali. Ad esse è stato affidato il
compito di prevenzione e cura, di monitoraggio e sorveglianza sanitaria
per tutte le lavoratrici ed i lavoratori esposti ad agenti cancerogeni,
radiazioni, inquinamento, compreso il controllo sui prodotti alimentari e
quindi su nuovi alimenti transgenici.
- Per
i metalmeccanici è un aspetto rilevante, quello degli esposti, su cui
occorrerà impegnarci a fondo. Si pensi alle migliaia di persone che sono
state riconosciute esposte nel corso di questi anni (i riconoscimenti
proseguono per altre migliaia, non solo per il riconoscimento del
beneficio previdenziale previsto dalla legge 257/92 - 271/93, ma per il
riconoscimento "esposto al rischio amianto"). Un riconoscimento
di sorveglianza per lavoratori in attività, lavoratori già in pensione o
che ci andranno a breve.
- In
questi casi le Regioni, così come previsto, sono chiamate a svolgere un
ruolo di sorveglianza sanitaria attraverso "Piani mirati" nei
confronti dei lavoratori/cittadini esposti. Devono costruire un
coordinamento tra Regioni, Ministero della Sanità, Istituto Superiore
Sanità, Università, finalizzato alla costituzione di "Centri di
ricerca" pubblici o privati, che siano in grado di mantenere la
sorveglianza necessaria, attivando così quel monitoraggio fondamentale
dell'intervento sanitario pubblico, si tenga conto della crescita
tendenziale che avremmo fino al 2015 di mesateliomi e carcinomi per
infibulazioni di fibre di amianto o da sostanze chimiche cancerogene, è
una questione che ci riguarda sin da oggi di sostenere la ricerca di nuove
soluzioni terapeutiche.
- Un'adeguata
azione di informazione, formazione e assistenza finalizzate alla
prevenzione, mirando al coordinamento tra le diverse amministrazioni
locali ed alla istituzione a livello decentrato, di strumenti come per
esempio "Lo sportello della prevenzione".
- Per
fare tutto questo c'è bisogno di dotarsi di personale, in quanto gli
organici sono, su tutto il territorio nazionale, insufficienti, come
occorre approvare in tutte le Regioni i Piani finanziari delle ASL per
mettere queste strutture nella condizione di svolgere il ruolo che gli è
assegnato, che si basa su linee guida che riguardano gli infortuni
mortali, il monitoraggio del 626 ed interventi in merito agli inquinanti
chimici, radioattivi e elettromagnetici e alla parte che riguarda la
formazione e la comunicazione
- Così
come noi pensiamo debba cambiare l'attuale sistema giudiziario. Oggi se
una lavoratrice o un lavoratore subisce un infortunio sul lavoro e la
prognosi di guarigione non supera i 40 giorni, l'indagine giudiziaria si
mette in moto solo su querela della vittima. L'esperienza ci insegna che
spesso il lavoratore non sempre se la sente di avviare una causa contro il
datore di lavoro e quindi succede che la giustizia resta fuori dalla
fabbrica.
- Una
battaglia sulla sicurezza se vuole produrre risultati va combattuta sia
sul versante della prevenzione che della repressione con interventi che
favoriscano una migliore tutela del lavoro e accentuino la forza
deterrente della normativa anti-infortunistica.
- Un
intervento può essere:
- -
l'estensione della perseguibilità
d'ufficio delle lesioni colpose anche se la prognosi è inferiore a 40
giorni;
- -
particolari sanzioni accessorie (vedi l'interdizione) per le
violazioni di norme tecniche in caso di omicidio colposo e ancora lesioni
colpose, già in uso per le frodi e le sofisticazioni alimentari;
- -
l'istituzione, come esistono per altri settori, di sezioni specializzate
della magistratura per combattere la piaga sociale degli infortuni sul
lavoro.
- Come
sindacato siamo di fronte a delle scelte, che dovremo compiere per le
situazioni e le condizioni in cui ci troviamo nei luoghi di lavoro.
Soprattutto perché il modello della "globalizzazione" non
comprende il sindacato come "soggetto" e dunque come portatore
di bisogni, tutele, diritti, prevenzione.
- Il
sistema industriale e le imprese vanno dunque sfidate. La competizione
imposta dalla globalizzazione non può essere basata tutta sulla riduzione
dei costi, dove per costi i "padroni" intendono anche la salute
e sicurezza (è un costo previsto da tutti gli Stati europei), né sulla
libertà della impresa dall'osservanza dei diritti.
- Dunque
non c'è solo un problema di regole e di obblighi da adempiere. Deve
cambiare una cultura. Si deve raggiungere la consapevolezza che la
sicurezza e la prevenzione, per regole etiche, non solo tutelano la vita
umana, abbattono i costi sociali e possono diventare anche strumento di
competitività economica nel sistema sociale e sono per le lavoratrici ed
i lavoratori un patrimonio irrinunciabile.
- Ho
l'obbligo di dire, per quello di cui siamo a conoscenza, relativamente ai
lavori usuranti, che è dal giugno 1998 che attendiamo una soluzione a
questo punto della Riforma delle Pensioni del '95 (riforma
Dini, Legge 335/95 art. 34/38).
- Noi
nelle valutazioni siamo sempre partiti dal riconoscimento sociale del
lavoro manuale, di attività di lavori che sono di per sé gravosi,
pesanti, e spesso ripetitivi ma che fanno sì che la produzione
manifatturiera, con l'attuale tecnologia e con l'attuale prevenzione dei
rischi, si realizzi nei suoi cicli progettati.
- Il
governo ha pubblicato il Decreto ministeriale in Gazzetta Ufficiale il 9
settembre '99, benché la data sia il 20 maggio (ministro del Lavoro
Bassolino), in cui veniva dato tempo alle parti sociali di proporre la
definizione delle mansioni e delle produzioni nell'ambito di criteri
fissati dal Decreto legislativo 374/'93 (Tabella A).
- Confindustria
fece ricorso al TAR ed alla scadenza dei 5 mesi (4 febbraio 2000) non vi
erano state intese.
- Nella
primavera del '99 Fim, Fiom, Uilm nazionali avevano già preso una
posizione chiara.
- Il
Decreto ministeriale doveva chiarire in primo luogo:
- -
se la "contribuzione
addizionale" era a carico dei lavoratori e imprese ed in quali
rapporti di costo;
- -
se la contribuzione a questo Fondo specifico dell'INPS contribuiva
complessivamente tutto il sistema industriale o come qualcuno sostiene
solo i lavoratori e le imprese le cui attività sono classificate
"usuranti".
- A
questo poi si aggiungeva un giudizio critico sul fatto che gli
stanziamenti fatti nei bilanci dello Stato, di competenza del Tesoro dal
'96 in poi, fossero utilizzati a coprire il costo del 20% solo per alcune
attività considerate "ancora maggiormente usuranti" che per i
meccanismi "potrebbe" significare, leggendo il Decreto
ministeriale, mansioni che
vengono svolte in siderurgia, in 2ª fusione, in cantieristica navale, in
scoibentazione dell'amianto.
- Dopo
il 5 febbraio è stato insediato il Comitato tecnico che prosegue una
discussione sui costi, per quello che si sa non è stato affrontato il
lavoro notturno e i turni, né il lavoro alle catene di montaggio a ritmo
vincolato.
- Il
semplice rinvio alla definizione contrattuale tra le parti non è
sufficiente ad attuare l'anticipo di uscita dal lavoro per andare in
pensione.
- Su
questo le Confederazioni è opportuno che aprano un confronto politico con
il Ministro del Lavoro.
- Anche
per il sindacato esiste il problema di conoscere quanti e chi sono i RLS
metalmeccanici, come sono distribuiti territorialmente, per settore e per
classe di addetti delle imprese. Non è solo un interesse statistico, ma
di politica organizzativa.
- Sul
primo aspetto, su quanti sono gli RLS e gli RSU, abbiamo raggiunto un buon
risultato di documentazione, anche se alla data attuale non può essere
definitivo. Minori informazioni abbiamo invece a proposito della
distribuzione dei RLS nelle varie tipologie dimensionali aziendali. Non
sono complete, per tutte le regioni, le informazioni relative alla
rappresentanza effettiva dei lavoratori delle ditte artigiane e delle
imprese che occupano meno di 16 dipendenti, rappresentati dagli RLS territoriali.
Quelli che noi conosciamo sono superiori a quanti ne riscontra la
Confindustria, ne abbiamo rilevati oltre 9.000.
- Conoscere
il profilo dei RLS ci consente di mirare meglio la nostra offerta
formativa, le nostre azioni di supporto, la messa in rete di esperienze.
Vi è la necessità di costruire un’anagrafe ragionata dei RLS, che se
anche incompleta, ci consenta di consolidare l’iniziativa sindacale sui
temi dell’ambiente e della sicurezza. Vi sono già delle esperienze
positive ma è necessario prestare maggiore attenzione a come consolidare
il loro ruolo.
- Sappiamo
quanto la messa in comune di una esperienza realizzata o di una soluzione
concretamente adottata, sia più efficace di qualsiasi parola, quanto
decisivo possa essere per differenti realtà territoriali potersi
rapportare tra loro.
- L’interesse
su prevenzione, salute e sicurezza è molto alta tra i lavoratori
metalmeccanici, sicuramente superiore alla stessa sensibilità dei quadri
dei sindacati.
- I
lavoratori vivono le questioni della salute e sicurezza come un diritto
che non è soddisfatto. Il tema dell’ambiente di lavoro, per queste
ragioni, rischia di trasformarsi per i nostri sindacati da una opportunità
di ampliamento della propria rappresentanza e di capacità di penetrazione
organizzativa, in un ulteriore elemento di sfiducia nel rapporto con i
lavoratori.
- Diventa
fondamentale, pertanto, rilanciare la nostra iniziativa unitaria, anche
alla luce delle decisioni assunte dalle Segreterie di CGIL-CISL-UIL. Il
prossimo 22 settembre, è prevista un’assemblea nazionale di 1.000 RLS a
Modena, preceduta da assemblee territoriali e regionali, raccordata con le
iniziative di categoria.
- Abbiamo
condiviso questa scelta di CGIL-CISL-UIL con l'obiettivo di far crescere
un movimento finalizzato a riaprire un confronto, da posizioni di forza,
con la Confindustria per ridefinire l’Accordo interconfederale attuativo
del "626", in particolare su: formazione, informazione,
consultazione, esercizio del ruolo di RLS e per la generalizzazione della
figura di RLST anche per la piccola industria (sull’esempio
dell’esperienza con le aziende artigiane).
- I
metalmeccanici vogliono essere della "partita", portando sia la
soggettività e l’esperienza maturata sul campo dalle migliaia di RLS e
degli RSU come da molte strutture territoriali, nell’intreccio tra
contrattazione aziendale e tematiche legate all’ambiente e sicurezza in
fabbrica e nel territorio.
- In
questo senso la riunione unitaria di febbraio scorso, aveva con
convinzione programmato l’Assemblea nazionale di RLS
sulle questioni attinenti al rilancio dell’iniziativa, a sostegno in
primo luogo della stagione di contrattazione aziendale e penso che la
partecipazione oggi, ma anche gli interrogativi che in questi mesi sono
giunti, sia da RLS che da RSU, sulle scelte portanti della nostra
categoria, abbiamo bisogno da subito di risposte dirimenti che penso
debbano partire da quanto "faticosamente" abbiamo consolidato
con il rinnovo del Contratto nazionale, non solo su alcuni aspetti
strettamente collegati come: "malattia", "banca ore",
"formazione", ma partendo dal fatto che il Contratto dei
metalmeccanici vige in tutto il territorio nazionale e tutela, per quello
che siamo stati capaci, tutti i lavoratori ed ambiziosamente proponiamo
nuovi diritti nei coordinamenti delle imprese europee, specificando i
diritti nelle imprese di "filiazione" (esternalizzazioni) il
mantenimento dei diritti e della rappresentanza.
-
Dobbiamo essere consapevoli che le statistiche ufficiali ci danno
l'onere di dover tutelare 1.600.000 dipendenti di imprese metalmeccaniche
e di 400.000 dipendenti di ditte artigiane dei vari comparti. Forse il
vero tema di questa assemblea è questo: come riusciamo a rappresentare
gli interessi di prevenzione e di tutela della salute e della sicurezza
dei produttori di ricchezza nazionale, per il 42% del valore aggiunto
dell'industria manifatturiera italiana.
-
Prima di concludere vorrei soffermarmi su un fatto, quando si
leggono i numeri delle statistiche stiamo parlando di donne e uomini che
hanno un infortunio o che addirittura perdono la vita.
-
Se un lavoratore o una lavoratrice sono colpiti è un dramma umano
che riguarda un individuo e contemporaneamente i suoi familiari e i suoi
compagni di lavoro. E' un fatto sociale, sicuramente la Magistratura
indaga per gli eventi gravi e giungerà a conclusioni definendo le
responsabilità, ma questo avviene dopo qualche anno, nel frattempo esiste
la solidarietà che viene data dai lavoratori dell'azienda, ma tutto dura
un breve periodo di tempo. Rimane il ricordo.
-
Voglio citare un caso poco noto, mi è stato riferito, la notizia
come oramai è consuetudine è comparsa solo sulla stampa locale, la
conoscono invece le delegate ed i delegati RSU e RLS di questa azienda
multinazionale finlandese e quelli del coordinamento RSU del coordinamento
ascensoristico, che non solo hanno solidarizzato con la famiglia, ma che
si sono voluti riunire a Palermo, dove è avvenuto l'incidente, per
ricordare Nicolò e dare solidarietà alla moglie Maria ed a suo figlio ad
un mese di distanza: il 13 marzo scorso.
-
Maria ha partecipato alla iniziativa ed ha dato uno scritto
"…sono con voi come lo era Nicolò, nella lotta per la sicurezza,
è una battaglia per la vita che non possiamo abbandonare, rimango con voi
nel ricordo di mio marito che si batteva per dare un lavoro sicuro a
tutti".
-
Nicolò è rimasto 4 ore nel vano di corsa dell'ascensore in cui è
caduto mentre faceva assistenza, aveva il cellulare, aveva soprattutto
"mestiere" anche se un uomo giovane.
-
Deve aver fatto un movimento falso, mentre era sul tetto della
cabina. Faceva quello che era previsto, un intervento per nulla
eccezionale, ma è scivolato ed è precipitato. Dopo 4 ore sono venuti a
soccorrerlo perché non rispondeva alla chiamata sul telefono cellulare,
per un nuovo intervento di assistenza, scattava la segreteria telefonica
per assenza di campo.
-
Sono 6 anni che le RSU chiedono il ripristino del secondo uomo, le
aziende (multinazionali europee) si oppongono per il costo elevato,
giustificandosi con il fatto che sul mercato operano una miriade di
piccole imprese e ditte artigiane e la concorrenza nel mercato italiano è
altissima, benché vi siano circa 650.000 ascensori nelle abitazioni o
nelle aziende (la concentrazione di impianti di sollevamento solo in
Giappone è superiore a quella italiana).
-
Ho citato questo fatto per le evidenti implicazioni che vi sono, è
una realtà che è simile in molte aziende di comparti diversi dove si fa
manutenzione o produzione.
-
Già quest'anno sono decedute
235 persone e più di 200.000 infortunati nell'industria.
-
Vorrei inoltre ricordare i 5 ferrovieri deceduti nell'incidente di
sabato, come tutti quelli che sono deceduti in qualunque posto di lavoro!
- Vorrei ricordarli
qui, nel momento in cui ci apprestiamo a fare una discussione e anche a
uscirne – io credo – con una proposta.
- Penso
che questa è l’occasione che ci siamo dati oggi, un’occasione
importante. Sulla traccia, se sarà condivisa di quest’analisi delle
proposte contenute nella relazione, noi pensiamo – come nazionale – di
presentare una piattaforma al ministero del Lavoro. Con un’iniziativa
visibile che, oltre ai temi che qui abbiamo proposto nei confronti delle
regioni – per quanto ci riguarda – per la contrattazione
aziendale, ma per il dovere che sentiamo rispetto a questi morti, a questi
continui infortuni che ci sono ogni giorno nei luoghi di lavoro, pensiamo
che non basta solo la contrattazione e chiedere alle regioni e alle Asl di
fare e compiere il loro dovere. Pensiamo invece di fare qualcosa di più: presentare una piattaforma nazionale e
aprire una vertenza con il
governo su questi temi. Vertenza nazionale a sostegno di tutte le
iniziative territoriali e nei luoghi di lavoro, perché non ci rassegniamo
all'idea che gli incidenti e i morti del lavoro sono dovuti alla
fatalità, ma per combattere i fattori di rischio.
- A questa nostra
impostazione noi ci crediamo, e per questo pensiamo che la riunione di oggi
possa dare un contributo propositivo, per
arricchire la piattaforma che vogliamo presentare al ministero del
Lavoro e discutere con tutti i lavoratori e le lavoratrici.
- Vorrei
cominciare, e mi pare la cosa più importante, dicendo che a nome di tutta
la segreteria nazionale vi ringrazio veramente per la partecipazione
all'incontro di oggi. La sala piena è stata il segno più importante di
quanto sugli argomenti che oggi abbiamo discusso sia necessario continuare
l'impegno, ma anche del fatto che noi non partiamo assolutamente da zero.
La vostra presenza e il sapere che oltre a voi molte altre centinaia di
persone nelle fabbriche metalmeccaniche hanno assunto questo impegno come
Rls, è un punto di partenza fondamentale ed è la garanzia che sul tema
della sicurezza e della salute possiamo fare delle ottime cose.
- Credo
sia giusto partire dalla denuncia che molti degli intervenuti hanno fatto
sulla solitudine degli Rls, che è una percezione soggettiva, penso in
molti casi motivata da come funzionano un po' le cose, da come funzioniamo
come sindacato, da come funzionano le presenze del sindacato in fabbrica,
cioè le Rsu. Ma insieme a questa denuncia abbiamo ascoltato molti
interventi che ci hanno dimostrato che si possono ottenere dei risultati,
cioè che non siamo dei Don Chisciotte che si battono contro i mulini a
vento, ma che con un minimo di volontà di fare e con un po' di
coordinamento alle spalle c'è la possibilità davvero di migliorare
fortemente la situazione nelle fabbriche, sia sul versante della riduzione
drastica del numero degli infortuni, come sul versante della riduzione dei
fattori di rischio che portano malattie professionali.
- Quindi
io riassumerei brevemente tre-quattro filoni di lavoro su cui dobbiamo
sentirci impegnati.
- Il
primo: la vertenza che richiamava Ferrara nella sua relazione, che ha come
primo interlocutore il governo per la realizzazione rapida di una serie di
provvedimenti, e in seconda battuta anche le Regioni e i provvedimenti che
riguardano il miglioramento degli iter processuali, degli iter giudiziari.
Da questo punto di vista il merito lo ha già segnalato Ferrara nella sua
relazione, io non lo riprendo, ma direi solo una cosa. Da decenni in
Italia tutte le volte che parliamo di problemi della salute o di problemi
relativi al lavoro nero, che spesso è l'ambiente migliore per far nascere
infortuni, denunciamo l'assoluta carenza di personale ispettivo. In altri
paesi vicino al nostro, penso per esempio alla Francia, so che ciò che la
Pubblica amministrazione mette a disposizione per fare ispezione sia sul
versante della regolarità dei rapporti di lavoro che su quello
dell'antinfortunistica è immensamente migliore di quello che c'è in
Italia. A me pare davvero singolare che un governo di centro sinistra non
sia riuscito in quattro anni a intervenire su questo aspetto, perché come
sindacato, come Rls noi possiamo metterci molto naturalmente, noi dobbiamo
sempre partire da quello che abbiamo in campo, dalle persone come voi che
stanno nelle fabbriche, dalle infinite possibilità di contrattualizzare i
problemi, ma certamente ci sono mille episodi nei quali senza un appoggio
efficiente ed efficace della Pubblica amministrazione ci troviamo un po' a
un punto morto.
- Però
io sono d’accordo soprattutto con i molti che hanno sostenuto che al
primo punto del nostro impegno ci deve stare la preoccupazione di far
rispettare le leggi che già abbiamo, è importante anche migliorare,
ovviamente, le leggi ma come è noto è inutile sforzarsi di migliorare le
leggi se poi non c'è una capacità di farle rispettare. E questo io credo
dipenda in buona parte da come lavoriamo noi, su due piani secondo me: un
piano squisitamente organizzativo e un piano contrattuale.
- Partirei
dal secondo: ci sono stati molti interventi che hanno spiegato come dalla
rilevazione dell'esistenza dei problemi ambientali e dalla conoscenza un
po' precisa di che cosa prevedono leggi e contratto, è possibile far
nascere delle vere e proprie
vertenze. Io penso che sia questo l'elemento fondamentale dell'attività
che dobbiamo proporci. Per poterlo mettere in campo è necessario che si
diffonda appunto una forte competenza sulla materia, devo confessarvi che
molte delle cose che ho sentito dai vostri interventi personalmente non le
conoscevo, molte delle opportunità che l'incrocio tra legge e contratto
ci dà sul piano vertenziale sono per me una cosa poco conosciuta e quindi
condivido tutti gli interventi che hanno richiesto il fatto che si trovino
delle sedi nelle quali scambiarsi esperienze, scambiarsi informazioni,
perché è assolutamente sbagliato dal mio punto di vista immaginare che
le Rls, nate dall'applicazione di una direttiva europea, siano una specie
di corpi separati ai quali si demandano i problemi ambientali come se
fossero una cosa diversa dal sindacato e separata dall'azione sindacale,
che è la contrattazione. Io penso esattamente il contrario, cioè penso
che la legge ci ha dato una grande opportunità di individuare nelle
fabbriche degli attivisti e dei dirigenti sindacali che si specializzino
su questo problema che è un problema che richiede oltre che passione e
militanza, appunto, conoscenza di merito. Ma questo problema deve entrare
a pieno titolo nelle preoccupazioni contrattuali di tutti i giorni, noi
siamo in piena fase di elaborazione delle piattaforme aziendali, credo che
un primo segnale dovrebbe essere che grazie alle Rls, grazie a quello che
loro segnalano alle Rsu, in ogni piattaforma ci deve essere un capitolo
dedicato agli interventi più importanti in materia di sicurezza e di
ambiente di lavoro. Se non c'è questo passaggio noi perdiamo una
straordinaria opportunità e credo che il nodo della solitudine vada
affrontato da questo versante.
- L'
Rls è a pieno titolo un dirigente sindacale aziendale, è uno che si
differenzia dagli altri perché ha un campo di intervento più
specialistico, più limitato ma assolutamente importante nella sensibilità
dei lavoratori, mette a disposizione una competenza che tra l'altro va
anche costruita sul campo, ripeto, perché non diventi una sfera separata
di attività, ma perché diventi uno dei punti prioritari della nostra
azione contrattuale. Abbiamo sentito molti esempi di come si
può fare e credo anche molti suggerimenti di merito, che però
ovviamente in un'assemblea nazionale come questa non possono essere
adeguatamente sviluppati. E' necessario che si ripetano incontri di questo
tipo ma a livello periferico, io penso che in ogni territorio noi dovremmo
organizzare degli incontri con la finalità di mettere in comune le
esperienze positive che ci sono state in modo tale che ciascuna Rls non si
trovi nella situazione di doversi inventare da sola tutto quello che può
fare ma che si possa imparare gli uni dagli altri. Da questo punto di
vista evidentemente ci sono due grandi filoni, io credo, che riguardano la
vertenzialità aziendale, tutto l'intervento sui macchinari, sui
meccanismi di sicurezza ecc. ma anche l'insistenza assoluta che noi
dobbiamo avere e dobbiamo mettere nelle piattaforme sulla formazione dei
lavoratori.
- Io
tanti anni fa mi sono occupato di siderurgia, mi sono
capitati purtroppo degli incidenti mortali e ricordo i delegati che
ovviamente ne sapevano più di me, perché stavano in fabbrica tutti i
giorni, che nel fare la trattativa con l'azienda insistevano moltissimo
sulla formazione dei nuovi assunti, e non a caso nella relazione Ferrara
ci ricordava che l'incidenza più alta di incidenti l'abbiamo o tra gli
anziani per motivi, diciamo, di stanchezza, o tra i giovani per motivi di
inesperienza. E l'inesperienza in parte almeno può essere sostituita da
un'adeguata formazione all'ingresso proprio sui problemi
dell'antinfortunistica.
- Credo
inoltre che almeno allo stato attuale dei fatti il problema della
protezione delle Rls sia un problema che si pone non in termini drammatici
perché nella stragrande maggioranza delle aziende le nostre Rls sono
anche Rsu quindi in quanto Rsu godono di tutte le protezioni sindacali
previste e credo che questo sia un dato positivo perché è la premessa a
far sì che ci sia un travaso di esperienze e di responsabilità.
- Penso
sia sbagliato immaginare che sui problemi della sicurezza debba scattare
una sorta di delega. Cioè ci sono gli addetti ai lavori: questo è
sbagliato, ci sono gli specialisti, ci sono quelli che ne sanno un po' di
più degli altri, ma che poi devono riportare dentro il Consiglio di
fabbrica la problematica che va assunta a pieno titolo come problematica
contrattuale di tutti, va trasformata in punti precisi da mettere nelle
piattaforme nei contratti aziendali, altrimenti non superiamo questo tipo
di problema.
- Il
terzo punto è il lavoro organizzativo. Come sempre, questa è una
tradizione del sindacato dei metalmeccanici, noi abbiamo la grande
fortuna, in parte è anche un merito, di fare sindacato basandoci su
un'immensa rete di dirigenti che stanno nelle aziende, questo è il punto
di forza storico del sindacato dei metalmeccanici, la sala piena di
oggi, i dati che abbiamo in mano dimostrano che già nelle fabbriche si è
costruita una discreta rete di presenze.
- Allora
primo punto, dobbiamo sforzarci di eleggere, nominare le Rls in tutti i
posti di lavoro, da questo punto di vista abbiamo il bicchiere mezzo vuoto
e mezzo pieno, insomma abbiamo già moltissime presenze ma dobbiamo
completare il quadro. Secondo punto, è assolutamente indispensabile, io
credo, che in ogni territorio, e questa è una competenza delle segreterie
territoriali, si individui un responsabile territoriale, cioè una persona
che diventi il riferimento di tutti gli altri, se la situazione
organizzativa lo consente, meglio sarebbe se fosse un sindacalista a tempo
pieno, ma siccome sappiamo che abbiamo anche territori piccoli e con poche
risorse, lo si può fare anche prendendo un Rls particolarmente preparato
e facendogli fare il compito di coordinatore dell'attività in tutto il
territorio. Questo è fondamentale perché ovviamente può capitare a
tutti di trovarsi di fronte un problema che non sanno come risolvere, è
necessario avere a portata di mano, cioè a livello territoriale, una
persona a cui ci si può rivolgere per farsi dare una mano ad affrontare i
problemi che da soli non si sarebbe in grado di affrontare. Quindi primo,
estendere la rete delle presenze nelle fabbriche, secondo costruire la
rete e le sedi perché le esperienze si travasino una con l'altra e ci sia
la contaminazione positiva di quello di buono che si è fatto.
- Io
credo che tutte e tre le organizzazioni devono impegnarsi a realizzare nei
territori un responsabile e un coordinamento di queste attività e poi a
risalire, ovviamente, io penso che a partire dall'assemblea di oggi noi
potremmo costruire dei coordinamenti nazionali di intervento su questo
problema che fanno a loro volta da seconda istanza di riferimento, di
coordinamento e di messa in campo di competenze per tutti quelli che
operano nel settore. Questo è il lavoro organizzativo indispensabile per
dare continuità al lavoro sul tema e per combattere il problema della
solitudine. Da questo punto di vista io credo che sia un dovere delle
strutture sindacali, il nazionale non basta, quello di fare una grande
offerta formativa alle Rls, questo come dicevo è un tipo di militanza
particolare, ci vuole contemporaneamente una grande fiducia nel ruolo. Cioè
una grande convinzione e un grande senso della missione se volete, che però
è una caratteristica un po' comune a tutti noi, ma in questo ruolo oltre
alla passione la competenza è fondamentale, altrimenti uno non sa che
pesci pigliare.
- Questo
non è un tema dove basta buttarla in politica per cavarsela, qui o sai
dove mettere le mani, o sai citare la legge giusta e l'articolo giusto del
contratto o sai a quali istituzioni rivolgerti, o sei disarmato. E
naturalmente siccome la scienza infusa non ce l'ha nessuno la formazione
sindacale per gli Rls è un impegno fondamentale, visto che pensiamo a una
rete vasta, non si può pensare che questo tipo di dovere lo assolva solo
il livello nazionale, il livello nazionale qualcosa lo ha già fatto, ma
certamente noi dobbiamo mettere in campo una formazione anche a livello
territoriale, insomma, per arrivare nel modo più ampio possibile.
L'ultimo punto che volevo ricordare è quello del rapporto coi lavoratori.
Io credo che abbia ragione Ferrara nella relazione quando dice che per i
lavoratori le esigenze di salute e di sicurezza sono un problema molto
importante e che spesso non trova un'adeguata attenzione da parte nostra.
- Io
ho in mente anche diverse ricerche fatte dove si chiedono ai lavoratori le
priorità dei titoli su cui il sindacato si dovrebbe impegnare: la salute
e la sicurezza precedono nell'ordine delle priorità lo stesso salario che
dovrebbe essere il mitico argomento
che è sempre al primo posto. Questo la dice lunga su quanto è importante
per la nostra rappresentatività impegnarci su questo capitolo.
- C'è
anche l'altra faccia della medaglia, però, e cioè facendo un po' a
spanne come capita di fare nel mio ruolo, delle verifiche su come sta
andando la contrattazione aziendale, capita anche di sentirti
dire che soprattutto nelle aziende medio piccole c'è una tendenza
quasi spontanea dei lavoratori a chiedere la famosa monetizzazione della
salute e della sicurezza. Questo avviene per due motivi: primo
probabilmente perché la nostra azione di proposta verso quei lavoratori
non è stata sufficientemente efficace o non è stata fatta per nulla,
secondo perché sappiamo che spesso anche tra i lavoratori ha troppa
pressa l'idea che con i soldi si compera tutto. Noi dobbiamo da questo
punto di vista essere inflessibili nell'indicare ai lavoratori che la
salute non si vende, non ha prezzo, né la salute né la sicurezza.
- Non
è un'operazione scontata, è un'operazione che richiede una costante
capacità da parte nostra di parlare con i lavoratori e da questo punto di
vista a me sembrano molto interessanti alcune cose che sono emerse tipo
quella di chiedere ore supplementari di assemblea da dedicare
all'argomento o, io aggiungo, se non si riesce ad avere ore supplementari,
possiamo darci almeno come obiettivo a livello territoriale il fatto che
una o due delle dieci ore che abbiamo, per regia sindacale e delle Rsu, si
usino per parlare di questi problemi ai lavoratori. Abbiamo sentito da
esperienze dirette quanto facendo queste cose si incontra immediatamente
una attenzione e una risposta assolutamente interessanti.
- Quindi
come vedete i piani di lavoro sono molti, una buona parte delle cose
dipendono esclusivamente da noi, sia la parte organizzativa sia la parte
di rapporto con la gente sia la parte di trasformazione in vertenzialità
di tutti i problemi ambientali che il lavoro delle Rls riesce a rilevare.
- Quindi
concludo dicendo che la riunione di oggi è un segno molto importante e,
vi dico sinceramente, visto che la partecipazione è andata al di là
delle più rosee aspettative che avevamo, che certamente hanno ragione
tutti quelli che hanno chiesto che la riunione di oggi sia in qualche modo
un inizio di un lavoro costante e capillare su un tema su cui
sicuramente possiamo qualificarci come un sindacato, a proposito di
parole di moda, davvero moderno. La modernità è prima di tutto saper
difendere le cose importanti, la salute dei lavoratori è una cosa che
deve essere al primo posto.