Notizie Internazionali n.78
Bollettino bimestrale della Fiom-Cgil a cura di Pino Tagliazucchi

 

Le lotte dei sindacati europei

 

In tutta Europa si registra una nuova fase di lotte, per contrastare le politiche liberiste dei governi di destra che si sono affermati con le ultime tornate elettorali,  e a difesa dello stato sociale.

La Confederazione europea dei sindacati (Ces) parla di una possibile azione del sindacalismo confederale europeo, di una giornata di agitazione comune di tutti i paesi d'Europa, che dia forza agli scioperi già annunciati nei singoli Stati, e in alcuni paesi già effettuati.

Nell'Esecutivo del 5 e 6 giugno a Bruxelles, è stata infatti decisa per i prossimi mesi una campagna di difesa dei diritti dei lavoratori, del modello sociale europeo e dei servizi pubblici

In Italia, dopo il successo della manifestazione nazionale del 23 marzo, a Roma, proclamata dalla Cgil, e dopo lo sciopero generale unitario del 16 aprile, si lotta adesso contro la volontà del governo di modificare l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e c'è in programma un altro sciopero generale, questa volta convocato dalla sola Cgil, per il prossimo autunno, mentre in questo inizio d'estate si stanno effettuando scioperi articolati a livello regionale.

Il 18 giugno, in Grecia, c'è stato uno sciopero generale proclamato dalla Confederazione generale dei lavoratori (Gsee) e Adedy, la Confederazione del settore pubblico, per protestare soprattutto contro la riforma del sistema pensionistico e il congelamento dei salari, in coincidenza della discussione in Parlamento del progetto di legge sulla riforma delle pensioni. Il settore pubblico è quello maggiormente colpito dai nuovi provvedimenti, che porterebbero la copertura dal 65% al 45% dell'ultimo stipendio.

Il 20 giugno, sciopero generale in Spagna, proclamato da Comisiones obreras e da Union general  dos trabajadores, con una grande manifestazione nazionale che si è tenuta a Siviglia, e altre in varie città. Tutta la Spagna si è paralizzata, per protestare contro le riforme legislative proposte dal governo di Aznar, senza consenso del sindacato, contro i licenziamenti più facili e meno cari per le tasche dei padroni, contro la riduzione delle indennità di disoccupazione. È stata una mobilitazione contro l'aumento del potere arbitrario delle aziende, per evitare il cambiamento della natura giuridica delle indennità di disoccupazione, per non trasformarle in "concessioni amministrative". Lo sciopero generale è stato anche una mobilitazione di tutta la società per esigere dal governo un cambiamento di orientamento rispetto al tentativo di creare un modello produttivo che basa la competitività economica sulla precarietà e sui costi di lavoro minimi, sul potere arbitrario del datore di lavoro e il degrado delle condizioni di lavoro, della salute e della sicurezza. Facendo così, si provocherebbe lo smantellamento progressivo dei pilastri del modello sociale europeo, basato su un insieme di diritti ai quali i cittadini, in nessun paese, possono rinunciare. Quello spagnolo non è stato uno sciopero corporativo, ma uno sciopero che ha avuto l'appoggio della maggioranza della società civile, proclamato con l'obiettivo di convergere con l'Europa in materia di giustizia e di coesione sociale, per migliorare le condizioni di vita e di occupazione delle lavoratrici e dei lavoratori.

Nella stessa giornata, anche in Portogallo migliaia di persone sono scese in piazza per manifestare in particolare contro orari di lavoro troppo flessibili e licenziamenti senza giusta causa, e contro l'annullamento degli accordi collettivi e il blocco della contrattazione nell'industria automobilistica.

Intanto, in Germania prosegue la vertenza dei metalmeccanici, che comunque in maggio, con gli scioperi indetti da Ig-Metall, che hanno coinvolto migliaia di lavoratori del settore, hanno raggiunto un accordo per le regioni del Baden-Wuerttemberg e di Berlino-Brandeburgo.

Anche nel Regno Unito spirano venti di protesta, nel settore ferroviario soprattutto, che si trova nel caos dopo che la liberalizzazione dei servizi pubblici, ormai datata otto anni, e la politica di Margaret Thatcher degli anni 80 di restrizione del potere sindacale, ha causato uno sbilanciamento nel rapporto tra sindacato e dirigenti, solo a favore di questi ultimi. Nel Regno Unito, è rigidamente regolamentato il diritto allo sciopero, i picchetti sono limitati alle aziende e sono vietati i movimenti di solidarietà. È stata emenata una legge volta a indebolire ulteriormente le organizzazioni sindacali, che non possono definire le proprie regole costitutive: tutto questo ha provocato un calo drastico degli iscritti in tutti i sindacati dei ferrovieri, dove è diventato sempre più difficile mobilitare i lavoratori per ottenere miglioramenti sociali, anche perché le aziende minacciano di licenziare gli scioperanti, costringendoli a firmare "contratti privati", in cui rinunciano alle loro rivendicazioni pur di non perdere il posto di lavoro.