DOCUMENTI

La Commissione Politica all’unanimità ha assunto gli emendamenti ai documenti congressuali, provenienti dal Congresso regionale della Fiom Emilia-Romagna, che pertanto passano al congresso nazionale della Cgil.

  Emendamenti allo Statuto


I seguenti Ordini del giorno sono stati assunti all’unanimità dalla commissione politica:

Programma fondamentale

Progetto per il potenziamento dell’azione degli rls/rsu su salute e sicurezza

Riduzione orario di lavoro

Contrattazione sociale

Migranti

Solidarietà con il sindacato Sintratucar (Tubocaribe/Tenaris) e tutti i sindacalisti in Colombia

"Si alle energie rinnovabili, no al nucleare"

Coordinamento aziende in crisi

Nuovo modello energetico e di sviluppo

Stm e Numonyx

Rete di distribuzione locale

Acqua un bene comune universale

Ponte sullo stretto di Messina

Settore telecomunicazioni

Il seguente Ordine del giorno è stato approvato dal Congresso a grande maggioranza:

Diritti umani e diritto internazionale per tutti: no all’impunità della politica israeliana in Palestina

 Human rights and international law for all: No to impunity for Israeli policy in Palestine!


Il XXV Congresso della Fiom, chiamato a votare tra due documenti ha approvato, a maggioranza, il documento presentato da Gianni Rinaldini.

- Dichiarazione di Fausto Durante

- Dichiarazione di Gianni Rinaldini, segretario generale della Fiom, sul voto relativo ai due documenti

Documento politico
presentato da G. Rinaldini

Documento politico
presentato da F. Durante

. Sintesi dell'intervento di Maurizio Landini, Segretario nazionale Fiom  (16 aprile)

. Sintesi dell'intervento di Fausto Durante, Segretario nazionale Fiom  (16 aprile)

. Sintesi dell'intervento di Giorgio Cremaschi, Segretario nazionale Fiom  (16 aprile)

Sintesi dell'intervento di Guglielmo Epifani, Segretario generale Cgil  (15 aprile)

Relazione introduttiva di Gianni Rinaldini, segretario generale Fiom (14 aprile)


Mozione 1

I diritti e il lavoro oltre la crisi

Primo firmatario Guglielmo Epifani

Mozione 2

La CGIL che vogliamo"

Primo firmatario Domenico Moccia


Sintesi dell'intervento di Maurizio Landini, segretario nazionale Fiom

Nessuno ci ha mai regalato nulla, i diritti sono stati conquistati sul campo, giorno per giorno, dalle lavoratrici e dai lavoratori.

Anche lo “Statuto dei lavoratori”, che oggi viene messo pesantemente in discussione, è stato conquistato prima proprio nelle fabbriche metalmeccaniche.

E’ uno Statuto anzitutto delle lavoratrici e dei lavoratori metalmeccanici.

Se si perde di vista questo aspetto si rischia di non capire cosa sta succedendo oggi.

Non possiamo scoprire improvvisamente che il centrodestra e Confindustria hanno un potere enorme: se così fosse, si porrebbe un serio problema di memoria.

Perché c’è una cosa che dobbiamo ammettere: Confindustria e centrodestra non hanno mai fatto mistero dei propri “progetti”, in questi anni hanno sempre detto con chiarezza cosa volevano fare: già nel “Libro bianco” c’era scritto tutto quello che sta accadendo oggi, compreso l’arbitrato.

L’assalto di oggi ai diritti fa parte della stessa strategia.

C’è un elemento di distinzione rispetto al 2003: allora la reazione della Fiom e della Cgil portarono addirittura in piazza tre milioni di persone, oggi non è così.

Oggi siamo di fronte al fatto che non nel 2013 ma nei prossimi mesi (lo hanno già dichiarato a Parma) hanno intenzione di mettere in discussione tutto, di sferrare l’attacco finale ai diritti del lavoro e alla contrattazione.

Allora il nodo per noi è come arriveremo al 2013 e se siamo in grado oppure no di mettere in campo – adesso, non tra qualche tempo – una reazione forte.

Oggi c’è qualcuno che mi viene a spiegare come si fa la contrattazione? Ma se c’è una categoria che contratta tutti i giorni, che difende i posti di lavoro e contemporaneamente cerca di conquistare migliori condizioni di lavoro e salariali, sono i metalmeccanici e la Fiom.

Noi abbiamo una caratteristica che ci differenzia dagli altri: noi gli accordi non li firmiamo se i lavoratori non ci dicono che vanno bene.

Questo è un nodo di fondo.

a contrattazione o è tra interessi diversi, oppure non è.

Quello che alcuni stanno facendo adesso non è contrattazione ma adesione alle posizioni della controparte.

Firmare accordi che prevedono deroghe al contratto nazionale, salario totalmente variabile rispetto alla presenza: faccio contrattazione, oppure apro con la firma la strada a cancellare la possibilità di contrattare per migliorare le condizioni di lavoro?

Allora c’è il problema della democrazia, ma anche di determinazione.

Bisogna avere il coraggio, di fronte alla radicalità con cui le imprese stanno difendendo i propri interessi, di difendere gli interessi dei lavoratori con la stessa radicalità.

Il Pdl ha sbagliato a presentare le liste, in occasione delle ultime elezioni amministrative, e poi ha portato la gente in piazza, dicendo che veniva loro negata la libertà di votare. Ma nessuno, a destra come a sinistra, in questo paese, dice nulla se alle lavoratrici e i lavoratori in fabbrica viene negato il diritto di voto!

Qualcuno pensa di ricostruire un percorso di unità sindacale se non viene dato ai lavoratori il diritto di votare?

Ma l’unità non è un diritto del sindacato, è un diritto delle lavoratrici e dei lavoratori.

Anche per questo abbiamo avviato la campagna per la raccolta firme a supporto della proposta di Legge di iniziativa popolare sulla democrazia e la rappresentanza.

Va portata velocemente in Parlamento, per chiedere alle forze politiche se le lavoratrici e i lavoratori italiani sono cittadini anche nei luoghi di lavoro oppure no.

Tutti parlano della crisi, ma qui vogliono farcela pagare due volte, senza neppure mettere in discussione quello che l’ha determinata.

Allora noi dobbiamo essere in grado di difendere la struttura industriale, ma non ci possiamo limitare a dire che la difendiamo così come è, dobbiamo mettere in discussione il modo in cui si produce. Tutta la Cgil dovrebbe pensare e agire rispetto a un modello di sviluppo diverso.

Vuol dire porre il problema di come si ridisegnano le città ma anche della responsabilità sociale delle imprese e della centralità del lavoro.

Abbiamo il problema di tenere insieme la difesa del posto di lavoro e dei diritti nei luoghi di lavoro.
Se è vero che le elezioni stanno andando in un certo modo serve un punto di vista diverso, oppure i processi non si mettono in moto.

Abbiamo deciso di mobilitarci per riconquistare il contratto.

Abbiamo fatto questa discussione mentre era in corso il Congresso della Cgil. Noi tutti insieme siamo riusciti a stabilire che quello che vale è il contratto nazionale di lavoro, abbiamo costruito insieme una proposta di iniziativa di legge, abbiamo deciso insieme come aprire una fase di contrattazione nelle aziende per rendere inapplicabile l’accordo separato, stiamo praticando insieme quello che abbiamo deciso e questo non ci ha impedito di fare non il Congresso della Fiom, ma il Congresso della Cgil senza particolari problemi.

Sono legato alla Fiom ma ho anche il senso del limite e della realtà. Questo è il momento della responsabilità, e mi pare che siamo in grado di confermare che c’è una unità negoziale della

Fiom che si traduce nella stesura della piattaforma per il 2011.

Avrei trovato presuntuoso che una categoria, pure importante come la nostra, fosse in grado di fare una sintesi rispetto alle questioni poste nel Congresso della Cgil.

Credo possiamo uscire unitariamente da questa fase congressuale, come ci siamo entrati, rispetto alla linea contrattuale e, contemporaneamente, possiamo dare il nostro contributo al Congresso Cgil.

L’elemento di tenuta nostro è legato al percorso democratico con le lavoratrici e i lavoratori in tutti i momenti della discussione.

Di fronte al nuovo modello contrattuale, penso che abbiamo fatto un errore scegliendo una divisione categoria per categoria. Sarebbe stato più forte se tutta la Cgil avesse chiesto il blocco di quel modello.

Se ognuno fa quello che vuole, esce un sindacato che è il “sindacato delle libertà” e finisce la confederalità.

Qui è in gioco il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori di essere liberi di contrattare la propria condizione.

Ho conosciuto due tipi di sindacalisti: chi ha il coraggio di rischiare e fa le scelte provando ad affrontare la situazione e assumendosi la responsabilità anche se non va bene; e chi deve avere sempre la via d’uscita e sapere prima come va a finire (basta mettersi d’accordo prima).
La Fiom a ogni livello è fatta di persone che hanno dimostrato di non avere paura di portare avanti scelte difficili.

Noi abbiamo fiducia nelle lavoratrici e nei lavoratori e crediamo di avere la possibilità di modificare la situazione.
i sono momenti in cui c’è anche un elemento di responsabilità individuale, in cui scelte sono giuste, anche se non vanno bene per te.

Chi voleva qualche sedia non ha presentato una mozione alternativa.

La crisi che sta dentro i partiti forse è già dentro di noi e allora serve coerenza oppure non c’è il futuro.

Tutti assieme dobbiamo avere il coraggio delle nostre idee e mobilitarci per i diritti. Adesso, perché non c’è il secondo tempo e non possiamo correre il rischio di intervenire a partita finita.

 


 

Sintesi dell'intervento di Fausto Durante, segretario nazionale Fiom

Siamo alla fine del percorso congressuale della nostra categoria e questa è la sede migliore per esprimere da parte di ciascuno di noi un giudizio, valutazione, provare a fare un bilancio e qualche considerazione.

Lo dico in apertura: penso che questo congresso stia mancando uno dei suoi obiettivi, quello di fare un bilancio equanime della strada compiuta e indicare la direzione di marcia futura, provando a farlo come nel passato sulla base di una sintesi delle diverse posizioni.

Voglio dare una notizia che non è stata data da nessuno, neppure dalla relazione introduttiva. La notizia è che dentro la Fiom il 27% delle lavoratrici e dei lavoratori ha votato il documento 1.

Il non riconoscere, il non citare nemmeno questo dato di realtà rappresenta di per se la volontà di non pervenire ad una sintesi unitaria.

Poi c’è il merito, ma prima andrebbe riconosciuto, anche a chi fa una battaglia e viene sconfitto, almeno l’onore delle armi.

Il merito. La Fiom è stata unita sulla vicenda contrattuale dal primo all’ultimo minuto. Abbiamo fatto bene. Non c’è alcuna differenza di posizione tra noi. Per me e chi ha sostenuto la mozione 1, l’unità sulla linea contrattuale della Fiom non verrà messa in discussione.

Però nei luoghi di lavoro che ho potuto frequentare, nelle riunioni degli organismi dirigenti,sento crescere una domanda: la Fiom, ora, cosa fa?

E’ la stessa consapevolezza che porta la Cgil a interrogarsi su cosa fare dopo aver detto no al modello contrattuale.

Dopo la scelta della Fim e della Uilm di non sottoporre al voto l’accordo, il conflitto e la lotta rischiano di essere armi spuntate se non si raggiungono velocemente dei risultati.

In secondo luogo, considero, a differenza di molti di voi, il no della Fiom all’accordo di Fim e Uilm e Federmeccanica un pezzo della strategia decisa dalla Cgil per smontare il modello contrattuale che non ha firmato.
Per questo non ritengo che la Fiom abbia sbagliato e non credo che abbiano sbagliato le categorie che hanno potuto firmare i loro contratti sulla base dei vincoli posti dalla Cgil.

Si è trattato per le altre categorie di accordi con luci ed ombre e quando c’erano anche ombre (come nel caso del citato contratto dei chimici) la Cgil si è espressa chiaramente.

Non c’è una Fiom lasciata sola dalla Cgil. E se alcune controparti di altre categorie non hanno pregiudiziali nel rinnovare i contratti, in Federmeccanica prevalgono i falchi, a partire da Bombassei.

Dobbiamo avere un obiettivo: riconquistare un giusto, condiviso anche dalla Fiom, modello contrattuale che rilanci tutti i livelli della contrattazione, con politiche fiscali e redistributive che abbiano l’ambizione di migliorare la condizione dei lavoratori, un modello che definisca le regole, che stabilisca i limiti e i diritti di chi siede al tavolo.

Di regole c’è bisogno, altrimenti è il dumping sociale.

Quella della Cgil mi pare una scelta politica chiara e trovo ingeneroso descrivere una Cgil che in silenzio si appresterebbe a rientrare nel nuovo modello contrattuale.

Noi abbiamo fatto il nostro congresso.

Rinaldini ha detto che le due mozioni sono state presentate nel 52% delle assemblee e questo vuol dire che le regole non funzionano. Sono d’accordo. Ma a differenza di Gianni questa convinzione la ho maturata nel 2004, quando il documento alternativo a quello della maggioranza della Fiom è stata presentata in un numero minimo di realtà.

Alla fine di quel percorso congressuale ho scritto una lettera a Rinaldini in cui proponevo alcune riflessioni che ho visto a distanza di anni presenti nelle riflessioni della mozione 2. Ne sono contento. Ma la democrazia, la tendenza a non fregarsi a vicenda, per me deve valere sempre.

Sono d’accordo: non ci possono essere seggi volanti o itineranti. Ma questi seggi non sono buoni se stanno nelle fabbriche metalmeccaniche e diventano negativi se stanno nelle assemblee dei pensionati o in altre categorie: così è democrazia a geometria variabile.

La Fiom è casa nostra, di tutti, anche di quelli che non la pensano come il segretario generale.
Sono sempre stato un dirigente della Fiom.

Sono orgoglioso della mia esperienza, sono stato orgoglioso sempre anche quando, non avendo paura di fare scelte scomode, ho presentato documenti alternativi e avuto posizioni diverse da quelle del segretario generale e della maggioranza della Fiom.

Per questo orgoglio dobbiamo avere il coraggio di guardarci dentro, evitando la pericolosa tentazione di trasformare il congresso in una sorta di autocelebrazione identitaria.

Dobbiamo essere contenti delle cose che vanno bene e non dobbiamo nasconderci i limiti e le difficoltà che abbiamo di fronte.

Dobbiamo dirci anche quando gli scioperi non vanno bene. Dobbiamo dircelo con la stessa fermezza con cui rivendichiamo le cose buone che facciamo.

Dobbiamo dirci quando chiamiamo i lavoratori a scioperare di venerdì e poi fanno gli straordinari al sabato. Dobbiamo dirci che facciamo troppe manifestazioni cui non partecipano neppure i funzionari, che ci sono troppi rivoluzionari che hanno la partita iva e il secondo lavoro.

Dobbiamo dirci che siamo in una condizione particolare nel rapporto tra noi e la confederazione.
Sono anni che abbiamo una posizione alternativa e opposta a quella della confederazione sulle grandi questioni generali su cui si discute.

Dobbiamo porci il problema. Abbiamo a disposizione il conflitto, gli strumenti della democrazia, ma soprattutto noi dobbiamo contrattare.

Dobbiamo fare in modo che le lavoratrici e i lavoratori guardino alla Fiom non solo come all’ultimo baluardo che difende i loro diritti, ma come soggetto che sa indicare vie di uscita. Dobbiamo tornare a far sognare i nostri iscritti e far sperare i lavoratori italiani rispetto ad un futuro migliore.

 


 

Sintesi dell'intervento di Giorgio Cremaschi, segretario nazionale Fiom

Voglio subito dire che non ci sono rivoluzionari a partita Iva nella Fiom.

Rispetto moltissimo la diversità e il dissenso e la democrazia comincia da due, quando c’è uno al comando abbiamo altre storie, quelle cupe già viste, quella che rischia di travolgere questo paese.

Voglio dire a Epifani che non sono d’accordo con il fatto che il sindacato esiste se fa accordi. Per me il sindacato esiste se fa giustizia, la contrattazione e gli accordi sono un mezzo.

Di questo deve discutere il congresso, e trovo strano che l’unico che non può dire quello che pensa è il segretario generale della Fiom.

Se Rinaldini fa un ragionamento così fermo, preoccupante, se descrive un quadro tanto cupo, non si può dire che lo fa per ragioni congressuali. Non è nella sua natura, non è nella nostra natura.

L’accusa ai dirigenti che stanno chiusi nelle loro stanze non può essere rivolta a Rinaldini, che ha diretto la Fiom stando sui tetti, davanti alle fabbriche, tra i lavoratori. Voglio ricordare la vicenda della Innse: mesi con i lavoratori senza distinzione tra funzionari, segretari generali. Voglio ricordare che Roberto Giudici, un funzionario della Fiom, è salito sul carroponte con i lavoratori e lì è rimasto fino a quando non si è trovata una soluzione. Questa è la Fiom.

Nella nostra vicenda contrattuale c’è un intreccio tra la strategia, la linea, come si muove la Cgil e il fatto che le lavoratrici e i lavoratori metalmeccanici non hanno un contratto democratico degno di questo nome.

E’ frutto della nostra incapacità a contrattare, a trovare le mediazioni?

Non è stata Federmeccanica a fare il contratto separato, è stata Confindustria a decidere che proprio nei metalmeccanici si doveva sperimentare il nuovo modello contrattuale, nella forma più dura dell’accordo separato.

Federmeccanica è Confindustria e Confindustria è Federmeccanica.

Questo non è solo un meccanismo sindacale. Il nocciolo della crisi sta diventando per le forze peggiori (padronali, sociali, politiche) di questo paese è l’occasione per fare i conti con la democrazia e distruggere la Costituzione e questo passa anche dal nostro accordo separato.

Vorremmo essere un categoria diversa, non la categoria da cui “tutto passa”. Ma è così.

C’è stato il Congresso di una categoria che ha accolto il ministro Sacconi con gli applausi: sono sicuro che da noi non sarebbe successo e ne sono fiero.

Siamo o no di fronte al più duro attacco ai diritti dei lavoratori dal ‘45 ad oggi? Qui c’è il tentativo di costruire un nuovo modello di relazioni sociali, di cui il nostro contratto separato è un pezzo.

E quelle nuove relazioni sono l’altra faccia della medaglia di quello che nel paese stanno costruendo la Lega e Berlusconi.

Se noi reggiamo possiamo smascherare il partito che, più di altri anche se dichiara il contrario, è contro i lavoratori: la Lega. Perché l’ideologia della Lega è il fai da te contrattuale, è la frantumazione dell’idea di stare insieme che distrugge i diritti ma non produce soluzioni.

Invito tutti noi a leggere la lettera dell’imprenditore che ha pagato 10.000 euro per pagare la mensa ai bambini poveri. In Italia c’è il razzismo verso i poveri: se sei povero costi e sei un problema, e quella lettera diceva: stanno alzando sempre più in alto l’asticella dell’ingiustizia.

Questo avviene anche nei luoghi di lavoro. A Pomigliano si fanno prove tecniche di distruzione del sindacato: o mangi questa minestra o sei fuori.

Vedremo tra poco Marchionne in camicia verde.

Siamo di fronte a questo attacco e allora il problema è: chi risponde a questo?

Solo la Fiom nel suo contratto o tutta la Cgil con una mobilitazione generale?

Ho trovato deludenti su questo le parole del compagno Epifani. E’ più grave del non essere d’accordo.

Perché non si può dire “qualche categoria ha fatto accordi buoni, qualcuna così così, tra due anni andiamo lì e rifacciamo il modello contrattuale”.

Ma con quali rapporti di forza, se i metalmeccanici non riescono a fare il loro contratto?

I contratti delle altre categorie sono stati firmati non dopo scioperi e scontri difficili (ho massimo rispetto per quello che il sindacato riesce a fare, quando mette in campo tutto il possibile) ma senza una sola ora di sciopero e la Confindustria ha dichiarato: “è un nostro successo”.

Non posso credere che quei contratti che accettano il sistema contrattuale che la Cgil non ha firmato vanno bene e andiamo bene anche noi che abbiamo subìto il contratto separato per non accettare quel modello.

Quando Trentin non era d’accordo con la Fiom, veniva a discutere con noi, discuteva con i lavoratori. Il segretario generale della Cgil non aveva problemi a discutere con un consiglio di fabbrica per decidere la linea. Quella era una Cgil forte.

Quello che è avvenuto oggi corrisponde alla deriva della sinistra politica, che perde le elezioni perché non sta mai in mezzo alla gente, ai suoi problemi.

Allora dobbiamo cambiare se vogliamo essere coerenti con l’idea che dobbiamo costruire una risposta all’attacco di diritti.
La Fiom è un’anomalia, un pezzo? Discutiamo davvero, altrimenti non potremo trovare compromessi e mediazioni e poi misurarci.

C’è bisogno di un altro tipo di rapporto con i lavoratori, perché i lavoratori oggi si sono abituati a un certo tipo di sindacato e quando si trovano un sindacato vero, che discute con loro le piattaforme e gestisce con loro le lotte, che fa le assemblee, si stupiscono.

Questo vuol dire che siamo un’area settaria che non riconosce gli altri?

I metalmeccanici sono stati storicamente la categoria più unitaria del movimento sindacale. Negli anni 70 arrivarono al limite della rottura con la Cgil perché volevano l’unità sindacale subito.

Nella nostra storia c’è l’unità tra diversi, ma è fondata sulla partecipazione e sulla democrazia, non è dei vertici che dicono ai lavoratori “noi siamo uniti, tu soffri”, “in nome dell’unità ho fatto un brutto accordo”, “in nome dell’unità non ti faccio votare”. E’ questa l’idea di unità che vogliamo?

Fim ha detto che si augura un confronto con noi su diversi modelli sindacali.
Il nostro è fondato sulla democrazia e sul conflitto.

Ma adesso non c’è la libera competizione. Con quello che sta facendo il governo, con quello che stanno facendo con gli accordi separati non c’è competizione.

Vogliono imporre il loro modello sindacale e cancellarci.

Credo che il gruppo dirigente della Fiom sia odiato dai padroni, perché dietro al loro modello c’è un’idea di società e di rapporti sociali.

E un sindacato che lotta, autonomo, che costruisce con i lavoratori le piattaforme, che li fa votare, non è compatibile con il modello di società che vogliono Berlusconi, Confindustria e di cui Cisl e Uil sono complici.

Allora la battaglia per la democrazia è battaglia sui valori.

Proviamo a riconquistare il contratto nazionale – è la cosa più difficile che tentiamo di fare dal 1945 ad oggi – presentando una piattaforma nel 2011 costruita con il massimo di partecipazione e consenso dei lavoratori. E’ difficile ma non c’è alternativa.

Dobbiamo rifiutare la logica del meno peggio. Abbiamo una lunga marcia davanti a noi e ce la faremo: perché questo è l’impegno che abbiamo non solo verso a noi ma verso quelli che verranno dopo di noi. Questo è il nostro lavoro.