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       Sessione
      internazionale 
        
         presentazione di Alessandra
        Mecozzi, responsabile Ufficio internazionale Fiom-Cgil. 
        
      Vogliamo dedicare questa sessione internazionale del XXIV
      Congresso nazionale della Fiom al nostro compagno Pino Tagliazucchi,
      scomparso il 2 ottobre dello scorso anno a Perugia. Per tanti anni ha
      diretto e collaborato alla rivista internazionale della Fiom «Notizie
      Internazionali», ed è stato di orientamento per tutti noi sulle
      questioni di politica internazionale. Lo abbiamo qui voluto ricordare, con
      la sua sensibilità, intelligenza e passione del mondo, attraverso la
      ristampa di un numero speciale della rivista dedicata a Seattle, luogo di
      nascita del movimento no-global internazionale, e con una serie di belle
      poesie vietnamite da lui tradotte con amore e conoscenza del Vietnam
      all’interno di un numero speciale. Ognuno ha trovato questo nel suo
      materiale. Salutiamo anche la sua compagna Manù, che ringraziamo per
      essere presente al nostro congresso. Grazie Pino!
      
      
      
       
      Adesso diamo il benvenuto a tutta la delegazione
      internazionale qui presente e che sarà la protagonista di questa sessione
      del Congresso. Li ringraziamo tutti, a cominciare dal segretario generale
      della Fism Marcello Malentacchi, da Carla Coletti, Fism, e Peter Scherrer,
      segretario generale della Fem, che abbiamo ascoltato ieri.
      
      
      
       
      Questa sessione del congresso ne è parte integrante, perché
      riteniamo che non sia oggi possibile separare i temi cosiddetti
      internazionali dalle nostre politiche locali e nazionali, come
      d’altronde non è possibile la costruzione di una forte iniziativa
      autonoma sindacale internazionale, se essa non si radica in ciascun paese,
      nella pratica della contrattazione e delle difesa dei diritti,
      nell’opposizione alle politiche liberiste che vorrebbero trasformare in
      merce lavoratori e lavoratrici.
      
      
      
       
      I temi che abbiamo scelto sono quelli della contrattazione
      collettiva, del ruolo autonomo del sindacato, elemento fondamentale di
      forza, come ci ha mostrato la nostra esperienza, anche recentissima,
      quella della lunga trattativa e lotta per ilo contratto nazionale di
      lavoro, sul cui risultato lavoratori e lavoratrici si pronunceranno con un
      referendum nei prossimi giorni. Negli anni particolarmente difficili degli
      accordi separati e delle lotte per i precontratti, il rapporto democratico
      ha reso possibile mantenere la fiducia tra Fiom e lavoratori ed ha
      consentito la ricostruzione di un rapporto unitario tra Fim, Fiom, Uilm,
      nonché il risultato della riconquista del contratto nazionale.
      
      
      
       
      Per questo riteniamo che il vincolo democratico sia
      irrinunciabile e uno degli strumenti che a livello locale e globale dà
      forza alla lotta sindacale per la contrattazione collettiva, sempre più
      necessaria in un’epoca in cui in tutto il mondo essa è sottoposta
      all’aggressione del sistema delle imprese e delle politiche governative.
      
      
      
       
      Questa aggressione passa attraverso la scelta delle imprese
      per conseguire il massimo profitto, di esercitare un controllo totale sul
      lavoro comprimendone costi e diritti, attraverso una sempre più spinta
      precarizzazione, l’aumento incontrollato dell’orario di lavoro e la
      sua flessibilizzazione totale, la volontà di cancellare il ruolo autonomo
      della contrattazione collettiva, sostituendovi quello di notaio delle
      scelte dell’impresa e la prospettiva del contratto individuale, puntando
      all’annullamento del conflitto sociale, anche limitando e sanzionando il
      diritto di sciopero. Ciò è vero per la legge 30 del Governo Berlusconi e
      il programma della Confindustria, in Italia come per la nuova legge del
      governo Howard, in un paese agli antipodi dell’Europa, l’Australia, in
      cui il movimento sindacale è oggi estremamente impegnato a sconfiggere
      quel Governo, la sua politica economica e di guerra e quindi anche quella
      legge. (Questo impegno è la ragione per cui Julins Roe, segretario
      generale del più grande sindacato metalmeccanico australiano non è
      presente).
      
      
      
       
      In tutti i paesi industrializzati, al nord come al sud,
      l’affermarsi della globalizzazione liberista, della centralità del
      mercato e del potere delle imprese, in parti colare le grandi imprese
      transnazionali, determina processi di delocalizzazione con la conseguente
      perdita di migliaia di posti di lavoro e il permanente ricatto sui
      lavoratori a rinunciare ai propri diritti per non veder trasferita la
      propria fabbrica o parti di essa. Questo è vero anche all’interno
      dell’Europa, di cui abbiamo salutato l’allargamento ad est, che
      tuttavia comporta nuove contraddizioni e rischi di dumping sociale (per
      questo in tutta Europa ci battiamo contro la Direttiva Bolkestein e saremo
      a Strasburgo insieme ai movimenti sociali a manifestare sotto il
      parlamento europeo il 14 febbraio). L’organizzazione mondiale del
      commercio, ancora nella sessione dello scorso anno a Hong Kong, non ha
      definito nessuna regola né per l’affermazione e salvaguardia dei
      diritti del lavoro: il risultato è che i diritti anziché essere estesi
      vengano erosi dove ci sono e totalmente negati a tempo indeterminato dove
      non ci sono. Per questo, insieme alle lotte in ciascun paese è
      indispensabile una mobilitazione e un a lotta sindacale internazionale che
      unisca sindacati e movimenti sociali contro lo strapotere delle
      multinazionali e per una regolazione multilaterale equa e democratica del
      commercio internazionale. Accordi per la liberalizzazione del commercio o
      hanno come risultato, particolarmente nei paesi del sud, lavoro e sviluppo
      sostenibile, o vanno rifiutati (America del Sud contro Alca). Il terreno
      delle delocalizzazioni è un nuovo e difficile banco di prova per una
      contrattazione che superi limiti nazionali e si opponga a mettere i
      lavoratori lì uni contro gli altri.
      
      
      
       
      La contrattazione collettiva significa per noi due cose: il
      contratto nazionale nei suoi aspetti salariali e normativi come strumento
      di solidarietà e unità di lavoratori e soggetti che vivono nei posti di
      lavoro nelle fabbriche, e sperimentano le stesse condizioni con
      soggettività diverse: donne e uomini, giovani ed anziani, migranti e
      nativi. La contrattazione aziendale o di gruppo come strumento a
      disposizione di lavoratrici e lavoratori per la richiesta di salario
      legato al lavoro nella specifica situazione della loro fabbrica e per
      controllare e intervenire sulla condizione e organizzazione del lavoro.
      Nell’ultimo contratto nazionale è stato introdotto un nuovo elemento
      importante, sia pur limitato l’aumento salariale per tutti quei
      lavoratori e lavoratrici che non hanno la possibilità per le dimensioni
      della propria fabbrica, di svolgere la contrattazione aziendale.
      
      
      
       
      Il percorso democratico di costruzione ed approvazione di
      piattaforme rivendicative ed accordi, basato sulla partecipazione nelle
      assemblee e sul voto conclusivo sulle une e gli altri, dà la forza
      necessaria alle lavoratrici e ai lavoratori, al sindacato per mantenere la
      propria essenziale autonomia dalle imprese e l’indipendenza dalle 
      forze politiche, e dai governi, qualsiasi sia la loro composizione.
      Autonomia che è alla base della possibile costruzione di alternative alle
      logiche di predominio del mercato, che mettano al centro il protagonismo,
      i diritti, l’umanità di lavoratrici e di lavoratori.
      
      
      
       
      In un mondo sconvolto da politiche liberiste e razziste, da
      guerre e occupazioni militari ed economiche, come è il caso dell’Iraq
      (oggi pomeriggio) e della Palestina, contro cui il movimento per la pace e
      la Fiom con esso, si mobiliterà di nuovo il 18 marzo, il lavoro e la
      lotta sindacale, la solidarietà e condivisione tra tutti i lavoratori e
      le lavoratrici di strategie e pratiche comuni, rappresentano un punto
      fermo di resistenza civile e di lavoro per la pace, contro chiunque, e
      sono sempre i potenti, che hanno interesse alle divisioni di natura etnica
      o religiosa.
      
       
      Contrattazione, democrazia, autonomia, sono per noi principi
      costitutivi e strumenti del sindacato, per un più forte rapporto tra
      sindacati di Europa e del sud del mondo, sono le armi pacifiche con cui è
      possibile in tutto il mondo rispondere alle strategie liberiste di dominio
      economico e sociale. Per questo chiediamo ai nostri invitati, lo farà
      Sabina Petrucci con precise domande, di esprimersi su questi temi in base
      all’esperienza (Spagna, Repubblica Ceca, Germania, Sud Africa, Brasile).
      
       
      Daremo la parola per ultimo al segretario generale della
      Fiom Gianni Rinaldini. Siamo certi che il dibattito e l’ascolto di
      questa sessione ci consentiranno di fare un passo avanti sulla strada
      difficile ma indispensabile, della costruzione di forti sindacati europei
      e internazionali, con la partecipazione delle lavoratrici e dei 
      lavoratori metalmeccanici.
      
       
       
      
       
       
      
       
      Montesilvano, 8
      febbraio 2006
      
       
       
      
      
      
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