Relazione di Gianni Rinaldini Segretario generale Fiom-Cgil

Esecutivo Fem - Lussemburgo 11 dicembre 2006

 

Il sistema contrattuale nel nostro paese è fondato su due livelli negoziali.

Il contratto nazionale con una cadenza di quattro anni sulla parte normativa e di due anni sulla parte retributiva. La parte retributiva ha come riferimento l’inflazione programmata e l’andamento di settore.

L’inflazione programmata è definita nel documento di Programmazione economica e nella legge Finanziaria proposta dal Governo ed approvata dal Parlamento.

L’inflazione programmata può essere decisa unilateralmente dal Governo o concordata con il consenso delle parti sociali.

In presenza in una inflazione programmata “comune” tra il governo e le parti sociali, nel rinnovo del biennio retributivo si dovrà tenere conto anche della differenza che si è determinata tra l’inflazione reale e l’inflazione programmata nel biennio precedente.

Viceversa, in assenza di un’inflazione programmata “comune”, le richieste di aumento retributivo sono determinate dalla scelta delle Organizzazioni sindacali.

Nell’ultimo rinnovo del biennio retributivo abbiamo svolto una vertenza durata 13 mesi dove abbiamo rivendicato ed ottenuto un aumento retributivo superiore all’inflazione programmata, che è stata decisa unilateralmente dal Governo.

Il secondo livello negoziale è quello aziendale che interviene sulle condizioni di lavoro e gli aumenti retributivi che hanno come riferimento la produttività e la redditività aziendale e/o di gruppo.

La retribuzione aziendale, dicasi “Premio di Risultato”, è variabile rispetto agli obiettivi concordati e viene totalmente e/o in parte, consolidato, cioè diventa permanente in genere con il rinnovo del Contratto aziendale successivo.

I soggetti negoziali sono le Organizzazioni sindacali nazionali per il livello nazionale. Le Organizzazioni sindacali e le Rsu (rappresentanze sindacali unitarie) a livello aziendale.

Le Rappresentanze sindacali unitarie sono elette ogni 3 anni da tutte le lavoratrici e lavoratori (iscritti e non iscritti alle organizzazioni sindacali) per 2/3 dei componenti su base proporzionale e su liste di organizzazione; mentre 1/3 dei componenti sono nominati dalle organizzazioni sindacali  e suddivisi pariteticamente. Le decisioni sono assunte a maggioranza.

Inoltre è consuetudine l’utilizzo dello strumento del “referendum” a livello nazionale ed aziendale per l’approvazione delle piattaforme e degli accordi.

Questo è oggi il sistema contrattuale vigente nel nostro paese (Italia) che è oggetto di confronto tra le Organizzazioni sindacali per un’eventuale revisione che non ne modifica l’impianto fondamentale.

Viceversa la confindustria vuole modificare l’assetto contrattuale per ridurre il ruolo del Contratto nazionale a un accordo quadro che definisca le condizioni minime e legare agli aumenti retributivi aziendali alla redditività dell’impresa rendendoli totalmente variabili.

In questo quadro si colloca la questione della precarietà che viene spesso confusa con la flessibilità.

La precarietà, o meglio l’inserimento di nuove tipologie di rapporto di lavoro inizia negli anni ’80 e trova la sua massima espressione dalla metà degli anni ’90 con l’introduzione dei contratti a termine e  interinali e, successivamente con la legislazione del governo Berlusconi.

Sono diversi passaggi di un percorso che ha determinato come risultato la riduzione della flessibilità a un processo di precarizzazione.

Fondamentalmente su tre aspetti

  1. Le causali, le ragioni produttive che rendono possibile l’attivazione dei diversi rapporti di lavoro a termine, sono praticamente scomparse perchè sono state nello stesso tempo ampliate e di fatto unificate. Con le stesse motivazioni è oggi possibile instaurare rapporti di lavoro a termine, interinali  e di affitto a tempo indeterminato (staff-leasing). Si è in questo modo depotenziato il ruolo della contrattazione.

  2. Il ruolo della contrattazione nella legislazione più recente è stata cancellata ad esempio sui contratti a termine fino a sette mesi prorogabili e, ridotta a pura funzione adattiva di applicazione della legge;

Va altresì tenuto presente la diffusione del rapporto di lavoro a progetto che rappresenta una vera e propria truffa che copre il  lavoro subordinato. Per questa ragione è esploso, mi pare il termine più appropriato lo “scandolo” della condizione delle lavoratrici e dei lavoratori dei call-center, assunti con questo tipo di contratto. La richiesta, molto popolare è la trasformazione in Contratti a tempo indeterminato e ciò sta avvenendo in molte realtà.

  1. L’insieme di queste questioni ci consegna una realtà sociale che vede una molteplicità di rapporti di lavoro assolutamente privi di senso se non quello della frammentazione del lavoro, della divisione delle lavoratrici e dei lavoratori, della costruzione permanente di un esercito da riserva come parte esenziale di un processo di destrutturazione della condizione lavorativa e della contrattazione.

Nel 2005 la maggioranza delle assunzioni sono avvenute attraverso contratti di lavoro atipici. Pare evidente la tendenza in atto negli ultimi anni.

La precarietà costituisce la vera grande questione sociale che coinvolge tutti i paesi perchè è l’espressione del neo-liberismo.

L’insicurezza sociale nel lavoro e nella vita rappresenta lo status dei processi in atto che ci interrogano sul futuro, sullo stesso futuro del movimento sindacale.

Di questo si tratta, della precarietà come condizione generale.

-        Precarietà in ingresso nelle forme prima richiamate con il ricatto permanente della certezza del lavoro.

-        Precarietà nella prestazione lavorativa per affermare la gestione unilaterale lavorativa.  Questo significa la pretesa della Confindustria di superare l’orario settimanale ed affermare un utilizzo del tempo di lavoro a seconda delle esigenze della produzione, senza alcuna contrattazione con la rappresentanza sindacale. Non si tratta di negare la flessibilità ma questa deve essere contrattata.

-        Precarietà in uscita, con i ripetuti tentativi di estendere la libertà di licenziamento senza motivazioni reali - noi diciamo “la giusta causa”

Pare allora evidente che non è divisibile nella nostra iniziativa il rapporto tra la necessità di una nuova e diversa legislazione del lavoro ed una coerente pratica contrattuale.

E’ ciò che tentiamo di fare con la nostra iniziativa anche con il nuovo Contratto nazionale che scade nei primi mesi del 2007.

Ma questo è anche il banco di prova per il nuovo Governo.

Con il mese di gennaio è prevista l’apertura di un confronto tra governo e parti sociali per la definizione di una nuova legislazione sul lavoro.

E’ prevedibile che le Associazioni Padronali tenteranno di proporre uno scambio tra qualche timida riduzione della precarietà con l’abolizione di qualche rapporto di lavoro come quello a chiamata, non utilizzato dalle imprese, e la gestione unilaterale dell’orario di lavoro.

Una strada non percorribile perchè l’orario è materia negoziale delle categorie.

Riteniamo necessario che ci sia una legislazione ad una contrattazione fondata sul lavoro a tempo indeterminato che riconduca l’utilizzo del contratto a termine alla funzione di particolari esigenze produttive, come i picchi produttivi, con una temporalità che preveda entro un periodo definito la trasformazione a tempo indeterminato.

Viceversa  vanno rafforzati gli aspetti di Contratto di lavoro a causa mista, dove il ruolo della formazione sia sempre più importante e non semplicemente uno strumento per ridurre i costi. Questo è il ruolo che deve assumere l’istituto dell’apprendistato.

Gli ammortizzatori sociali devono essere estesi all’insieme del lavoro dipendente e rafforzati come strumento di tutela.

Non credo che la situazione del nostro paese sia molto diversa da quello che accade negli altri paesi europei, in forme e modalità diverse, ma con lo stesso segno sociale.

Il ricatto della delocalizzazione è parte di un disegno più generale di precarietà e di peggioramento delle condizioni lavorative.

Per questo, in previsione del Congresso della FEM, propongo alla vostra attenzione la necessità di costruire una “giornata di mobilitazione europea contro la precarietà”.