LE CHIAVI DEL SUCCESSO SINDACALE
In questa sezione si è cercato di sintetizzare quali siano state le chiavi del successo sindacale dell’Autunno caldo che sono emerse dalla lettura dei giornali. Come ogni tentativo di sintesi e interpretazione può essere oggetto di critiche, ma si è cercato di riportare gli aspetti principali che, se pur con toni diversi, sono stati riconosciuti da ogni parte, anche, alla fine della stagione sindacale, dalla stampa vicina alle posizioni industriali.
Oltre alla sintesi di questi elementi, al lettore viene fornita la piattaforma rivendicativa per il rinnovo del Contratto dei metalmeccanici presentata alla controparte nel luglio 1969 pubblicata dall'Unità dell'11 settembre e il testo dell’intesa firmato il 21 dicembre 1969 pubblicata dal Il Sole 24 Ore del 23 dicembre, per evidenziare come i sindacati siano riusciti ad ottenere «il 90 per cento delle richieste presentate a luglio» (come dichiara un editoriale del Corriere della Sera (vedi I commenti dei giornali).
Come già ricordato, i metalmeccanici erano allora divisi fra dipendenti delle aziende private e aziende a partecipazione statale. Per comodità riportiamo solo l’intesa dei metalmeccanici delle aziende private che nella forma e nella sostanza ricalca quella delle aziende pubbliche (intesa firmata il 9 dicembre 1969).
Come tutti i dati utilizzati in questa ricerca, la piattaforma e l’intesa sono tratte dai giornali.
La piattaforma rivendicativa metalmeccanica presentata a luglio 1969 (fonte L’Unità, 11 settembre 2009)
L’intesa firmata dai metalmeccanici delle aziende private il 21 dicembre 1969 (fonte Il Sole 24 Ore, 23 dicembre 1969)
Le chiavi del successo sindacale
Una piattaforma rivendicativa particolarmente innovativa che coniuga richieste di miglioramenti retributivi e riduzione di orario di lavoro (40 ore settimanali) con processi normativi che rafforzano la dignità, la libertà e la partecipazione dei lavoratori nel posto di lavoro, fra i quali il diritto di assemblea in fabbrica.
Un colloquio e un rapporto costante tra i vertici e la base. Tutte le fasi della trattativa, dalla formazione della piattaforma, alle decisioni da intraprendere di volta in volta, fino alla ratifica finale del contratto, vengono effettuate nelle assemblee di fabbrica e rafforzate dal lavoro costante delle nuove rappresentanze dei lavoratori all’interno della fabbrica che si affiancano alle già costituite commissioni interne. Il successo finale delle rivendicazioni è frutto certamente dell’opera della dirigenza sindacale, ma questa ha costruito la sua forza proprio grazie al fortissimo impegno e sostegno dei lavoratori. Inoltre la consapevolezza che era possibile cambiare la propria condizione, in fabbrica come nella società, ha costituito un valore aggiunto decisivo nella stessa battaglia contrattuale.
La creazione appunto dei delegati di linea e di reparto e dei comitati unitari di fabbrica. La loro azione è molto importante nel rapporto con i lavoratori e aiuta anche nei momenti difficili. Quando agli inizi di settembre, soprattutto alla Fiat e alla Pirelli si sviluppano le azioni degli scioperi a «gatto selvaggio» dei cosidetti «maoisti» o «filo-cinesi» (così vengono chiamati dai giornali conservatori i gruppi slegati dai sindacati confederali e in contatto con i movimenti extraparlamentari di sinistra), i sindacati confederali, nelle loro dichiarazioni pubbliche, non si scagliano contro questi gruppi, bensì accusano i padroni di attaccare il diritto di sciopero. Trentin affermerà che il sindacato non andrà mai contro chi fa sciopero, anche se lo sciopero è sbagliato. Anche l’Unità e Paese Sera mantengono questa linea: il nemico non è l’estremista, ma il padrone che non vuole far scioperare. Poi internamente, si cerca di risolvere la situazione che in alcuni casi sta creando non pochi problemi al sindacato. Per esempio, i rappresentanti delle federazioni dei metalmeccanici riusciranno ad attenuare la forte tensione alla Fiat Mirafiori, con un’opera di convincimento nei confronti della maggior parte dei lavoratori contestatari, sostenendo che solo un’azione unitaria è la chiave per la vittoria, mentre con gli «estremisti» attuano un’operazione di «persuasione» piuttosto energica che li isola dalla maggioranza degli operai.
L’unità sindacale, non ancora formalizzata (la costituzione della Flm - Federazione lavoratori metalmeccanici che unisce le tre sigle sindacali avverrà nella primavera del 1970), ma di fatto presente in tutti i passaggi fondamentali della trattativa. Leggendo i giornali si ha la netta impressione che il fronte unitario sia compatto e che il nemico da combattere è chiaramente solo e unicamente il padrone. Nelle dichiarazioni dei sindacalisti non ci sono nemici interni, ma solo l’obiettivo della vittoria finale. L’unità sindacale fa sì anche che i partiti e i movimenti sia essi di sinistra che cattolici vicini alle diverse componenti delle federazioni, creino un fronte compatto e un costante appoggio alla battaglia contrattuale.
Il continuo supporto della Cgil, Cisl e Uil alle lotte delle singole categorie è anch’esso un elemento fondamentale. Per esempio quando i metalmeccanici privati non riescono ancora a far firmare alla Confindustria il contratto, dopo che l’Intersind lo aveva già firmato, le tre confederazioni sindacali indicono uno sciopero generale di tutta l’industria per quattro ore per il 19 dicembre, proprio quando si svolgono le trattative più febbrili. Questo sciopero poi verrà revocato, perché la Confindustria cede e firma.
L’altra chiave vincente oltre all’unità, è la costante azione che lega l’azione sindacale ai bisogni reali dei lavoratori. Non solo dal punto di vista della condizione in fabbrica, come salari migliori, meno lavoro, più sicurezza e più diritti, ma anche per i problemi di tutti i giorni. Alle rivendicazioni salariali e normative affiancano una battaglia contro il costo della vita, per il diritto alla casa, per una riforma fiscale che alleggerisca gli oneri dalla busta paga dei lavoratori e per una migliore assistenza mutualistica. I sindacalisti sono consapevoli per esempio, del problema a Torino come a Milano degli immigrati del Sud, che vengono indicati come una buona parte degli operai coinvolti nei gruppi «estremisti» proprio per l’esasperazione che vivono: lavoro duro e tante difficoltà fuori la fabbrica. Quindi fanno proprie queste problematiche e proclamano lo sciopero generale del 19 novembre (il primo di tutte le categorie dopo quello del 1948 in occasione dell’attentato a Togliatti), incontri con il governo e una concreta vittoria con il blocco dei fitti. Per onore di cronaca, si deve registrare una defezione della Cisl in questa lotta. Infatti le federazioni dell’industria della Cisl dichiarano che gli scioperi per la casa, l’assistenza sanitaria e la riforma fiscale contrastano e forse danneggiano le agitazioni per il rinnovo di numerosi contratti nazionali. Il tono polemico del comunicato dei sindacati Cisl nei confronti della segreteria confederale conferma la frattura all’interno dell’organizzazione, già manifesta in occasione dell’ultimo congresso nazionale, anche su altri temi come il disarmo della polizia nei conflitti di lavoro, le forme di rappresentanza e l’unità sindacale.
La questione della democrazia, emersa nella battaglia per i diritti di assemblea in fabbrica, per la tutela dei rappresentanti dei lavoratori nelle aziende contenuti nella piattaforma, è portata avanti non una tematica astratta, ma concretamente vissuta dagli operai nella vita di tutti i giorni. La vittoria di far entrare i sindacalisti nelle fabbriche, come nell’episodio storico di Trentin nella fabbrica della Fatme di Roma, è sentito come momento concreto e reale da parte dei lavoratori del significato di democrazia e partecipazione.
La capacità del sindacato di
«inventarsi»
forme nuove di lotta: come lo sciopero articolato di mezz’ora, un’ora o tre
ore che colpisce di più i padroni e costa meno all’operaio. A
questo proposito, si deve
sottolineare il sacrificio fatto dall’operaio metalmeccanico per conquistare
i suoi diritti: da dati pubblicati sui giornali si è calcolato che alla fine
dell’Autunno caldo il numero totale delle ore di sciopero dei metalmeccanici
(vicino alle 200) ha portato una riduzione di stipendio pari a circa 90.000
lire: nel 1969 lo stipendio medio di un metalmeccanico era di 100.000 lire:
ciò significa che su quattro mesi il lavoratore ha percepito praticamente un
intero stipendio in meno. Tutto questo in famiglie operaie a maggioranza
monoreddito.
Altro esempio di capacità di innovazione è quando il sindacato viene
accusato delle violenze nei cortei e di non saper tenere a bada i propri
lavoratori negli scontri delle manifestazioni di piazza. Il sindacato
reagisce a questa «accusa» strutturando il servizio d’ordine nei cortei. I
metalmeccanici nella manifestazione a Torino del 25 settembre si inventano
le fasce al braccio con le sigle sindacali e organizzano un imponente
servizio composto da circa duemila operai. La manifestazione è molto temuta
a causa della scelta della città, teatro di molte tensioni alla Fiat, ma
l’operazione funziona perfettamente e anche i giornali conservatori ne
riconosceranno l’efficacia.
Il rapporto nuovo che si stabilisce con i mezzi di comunicazione di massa, in particolare la televisione. I metalmeccanici organizzano manifestazioni di protesta davanti alle sede della Rai-Tv in diverse città per chiedere maggiore visibilità delle lotte operaie, riescono ad ottenere per la prima volta la diretta Tv della trattativa dei metalmeccanici, il TV7 manderà in onda uno speciale sulla battaglia contrattuale. A Roma verrà creata la Radio Unità operaia da Fim-Fiom-Uilm per stabilire un contatto diretto con i lavoratori e informare la base con il sistema più rapido possibile di quanto avviene a Roma sull’andamento dei negoziati.