I COMMENTI DEI GIORNALI


Vengono di seguito riportati stralci dei commenti e degli editoriali pubblicati a fine dicembre dai giornali oggetto della ricerca, a conclusione della stagione sindacale.

Gli articoli commentano la firma del Contratto dei metalmeccanici, il significato del successo sindacale e le conseguenze economiche, politiche e sociali di queste intensi mesi di lotta, facendo emergere gli elementi delle diverse posizioni assunte dai quotidiani durante la lunga battaglia contrattuale.

Si possono leggere gli articoli completi sulla Banca dati ricercando per titolo e/o pubblicazione e data.

 

Stralcio del commento pubblicato sul Corriere della Sera, dal titolo «Un passo importante» del 22 dicembre 1969:

Il nuovo Contratto nazionale dei metalmeccanici privati costituisce una base minima per tutti e nonostante le perplessità, si può dire che ritorna da oggi la normalità contrattuale. C’e aria nuova nel sindacato, bisogna riconoscerlo. Si teme la contestazione e perciò ci si preoccupa di prevenirla attraverso la consultazione. Si temono le iniziative frazionistiche delle frange estremiste e perciò ci si preoccupa di dare un carattere anche spettacolare al consenso di base. L’intesa unitaria fra le tre centrali ha poi funzionato in pieno, dall’inizio alla fine della trattativa.

Il successo conclusivo ha premiato questa azione serrata, che ha richiesto anche una buona dose di sacrifici ai lavoratori con i ripetuti scioperi. Se hanno perso in media centomila lire di retribuzioni con la lotta, ne hanno acquistati venti mila lire mensili, per ammissione degli stessi sindacati, che con un comunicato, hanno dichiarato questo nuovo contratto il più importante successo contrattuale che la categoria ha conosciuto dalle sue origini. Le richieste presentate alla fine di luglio sono state accolte al 90 %. Non scarsa influenza su questo successo la si deve per la componente politica a loro favore, sia per la nota qualificazione del ministro Donat Cattin, sia per la necessità di sbloccare la tensione sindacale che si era determinata nel settore più vitale della nostra industria trasformatrice. Ora che questa vertenza è risolta c’è da augurarsi che la spinta produttiva dei metalmeccanici riesca ad assorbire nella maggior misura possibile l’aggravio dei costi.

 

Stralcio del commento di Veniero Del Punta pubblicato su il Sole 24 Ore dal titolo «Conseguenze a catena» del 27 dicembre 1969:

Il cosidetto Autunno caldo è ormai da considerarsi alle nostre spalle. Con la conclusione della vertenza per il rinnovo del Contratto nazionale dei metalmeccanici privati, proprio in concomitanza dell'inizio dell'inverno. Questo contratto ricalca, salvo qualche sfumatura, quello già concluso dalla medesima categoria con le aziende a partecipazione statale. Non poteva che essere così, viste le circostanze particolari in cui si è svolto il negoziato. Da noi riveste poca importanza che un lavoratore presti la propria opera in un grande cantiere navale o in una piccola fabbrica di orologi: venendo comunque considerato un lavoratore metalmeccanico. Capita così che gli aumenti retributivi conseguiti dai dipendenti delle aziende a partecipazione statale - in genere di grandi dimensioni - saranno gli stessi di cui verranno a godere i dipendenti delle aziende metalmeccaniche private, formate da una miriade di ditte, in larga misura piccole o medie.

Ora, il dott. Glisenti, presidente dell'Intersind, dichiara che il nuovo accordo non lo soddisfa: se non è soddisfatto lui che rappresenta aziende il cui costo della manodopera per unità è relativamente basso, cosa potranno mai dire i titolari delle piccole e medie imprese in cui quel costo è molto più alto e non hanno nessuna protezione statale sui passivi? Ma il ministro del Lavoro ha dichiarato che questa preoccupazione non ha ragione di essere. Anzi, ha proseguito il ministro, gli imprenditori avranno maggiori possibilità di guadagno, dopo l'accresciuto potenziale della domanda interna conseguente agli aumenti delle retribuzioni.

Sembrerebbe logico. Gli sfugge che l'azienda che ha subito un aumento di costi o deve vendere un maggiore quantitativo di prodotti di prima con un margine unitario di profitto che gli consenta appunto, un utile globale maggiore, o deve traslare sui prezzi di vendita, con l'aggiunta di qualcosa, l'aumento unitario di costo addossatasi. Una cosa è certa: le difficoltà per molte aziende non mancheranno. Parecchi lavoratori ne subiranno le conseguenze. Mentre i prezzi tenderanno ad aumentare, non fosse altro perché i dettaglianti cercheranno di far lievitare i loro margini di guadagno al fine di conseguire anche essi aumenti di reddito paragonabili a quelli contrattualmente ottenuti dai lavoratori nel settore industriale.

 

Stralcio del commento pubblicato su L’Unità dal titolo «Gli strateghi battuti» del 29 dicembre 1969:

La tendenza di questi ultimi anni del capitalismo italiano, ha portato in evidenza due fattori: da una parte l’introduzione di nuove tecniche produttive e organizzative, dall’altra un risparmio sul lavoro. L’autunno sindacale è stato fra l’altro una risposta dei lavoratori a questa linea di fondo del capitalismo italiano.

Ma già prima dell’autunno e proprio in vista di questo periodo, fin dall’anno passato, i due più prestigiosi esponenti dell’industria privata neo-capitalistica avevano impostato una strategia diretta ad evitare che il clima sociale all’interno delle loro aziende si scaldasse, disturbando l’ordine padronale. La linea di Agnelli e Pirelli aveva infatti dei connotati nuovi rispetto alla grossolana e tradizionale resistenza dei vecchi dirigenti della Confindustria. Gran battage pubblicitario sulla stampa borghese per ogni iniziativa presa, una sottolineatura dei pericoli presunti di uno sblocco rovente della lotta operaia, un richiamo alla piccola borghesia perché si differenziasse dalla «violenza operaia»; e infine la «carota» di promesse modeste, offerte nell’intento di svuotare il contratto della sua carica rivendicativa prima della sua scadenza, in modo da spezzare il fronte operaio. Ma dietro il tentativo di convincere della propria credibilità l’opinione pubblica, si celava il vero intento che era quello di colpire alla radice stessa l’organizzazione stessa dei lavoratori, nel momento in cui si stava delineando la preparazione e la direzione del movimento.

Seppur diversi nelle rispettive storie aziendali e da due analisi differenti dello stato di lotta all’interno delle due aziende, una cosa li ha unificati in negativo – la decisione comune di dichiarare la serrata della fabbrica nel momento più alto dello scontro di classe. Così come furono ugualmente negative e destinati a una cocente sconfitta, i tentativi di sopravvalutare i fenomeni di estremismi (con una violenta campagna da parte de La Stampa) e la nascita dei Cub – Comitati unitari di base. In particolare Pirelli si illuse che il sindacato, come forza dirigente unitaria della lotta, potesse essere spiantato attraverso la contrapposizione dei Cub. Ma esso non diventò mai il contraltare dei sindacati e la lotta in fabbrica assunse rapidamente una tensione unitaria che prima non aveva mai raggiunto.

 

Stralcio dell’editoriale di Giovanni Giovannini pubblicato su La Stampa dal titolo «I costi e ricavi dell’Autunno caldo» del 20 dicembre 1969:

In perfetta coincidenza con il calendario delle stagioni, termina oggi il caldo autunno sindacale italiano. L'accordo delle aziende metalmeccaniche private ricalca sostanzialmente quello già raggiunto dieci giorni fa dallo stesso settore a partecipazione statale, e costituisce per i sindacati il più grosso successo del dopoguerra sia in campo salariale che normativo. Dall'aumento delle retribuzioni alla riduzione degli orari, è tutto un complesso di miglioramenti che porterà nel giro di tre anni ad un rincaro del costo del lavoro vicino al 26 per cento, senza tener conto degli aumenti che deriveranno dalla contingenza e dalla contrattazione articolata.

Dalla lunga vicenda il sindacato esce riaffermando non solo verso la controparte, ma anche contro le frange anarcoidi, la sua presenza e il suo ruolo nell'azienda e fuori. E' una battaglia che è costata cara all'economia nazionale, mille miliardi di produzione persa, centinaia di miliardi di salari e profitti in meno. Peggio ancora, lascia il senso di una troppo facile tendenza alla violazione di metodi civili e democratici di vita. Si deve subito esaminare il problema di garantire che gli aumenti monetari conquistati oggi siano reali nella massima misura possibile, e di assicurare che l'industria possa reggere l'onere relativo e riprendere la via dell'espansione produttiva. L'Organizzazione sindacale non può sfuggire ad una più netta responsabilità, ad un suo impegno per la ripresa delle aziende da cui dipendono occupazione e reddito.

 

Stralcio del commento di Carlo Bonanni pubblicato su Avvenire dal titolo «Annata buona: 59 contratti» del 28 dicembre 1969:

Si tirano le somme dell'annata sindacale e grandi risultati sono usciti dalla firma dei contratti. E’ importante sottolineare il modo come sono stati ottenuti questi risultati. I sindacati non hanno solo cambiato i loro metodi di azione (scioperi articolati e ininterrotti fino alla conclusione positiva della vertenza) ma soprattutto il loro rapporto con i lavoratori. Tutte le decisioni, fino a quella dell'accettare o meno le conclusioni concordate, sono state prese attraverso la consultazione della base che ha assicurato il suo costante appoggio ai propri rappresentanti.

Importante anche che i sindacati intendono mettere in atto una serie di misure per evitare che i miglioramenti economici ottenuti vengono svuotati con uno sproporzionato rialzo dei prezzi e quindi dell'indice del costo della vita. Collegato a questo c'è poi il tema all'immediato esame dei sindacati - quello delle riforme della casa, fiscale e del sistema mutualistico. Il dato più importante del 1969 infine riguarda la maggiore unità fra i sindacati. E' venuta fuori non tanto nei congressi, quanto nel modo nel quale sono state condotte le battaglie per i nuovi contratti. Nel 1969 l'unità ha fatto progressi, nel 1970 potrebbe compiere passi decisivi.

 

Stralcio del commento pubblicato su Paese Sera dal titolo «Si apre il dopo-autunno sindacale. Per il governo è tempo di scelte» del 23 dicembre 1969:

Fin dall'inizio delle vertenze per i rinnovi dei contratti la Confindustria ha scelto la via della drammatizzazione dello scontro con massicce sospensioni, le serrate e tutto il resto. Fu una scelta che alla fine si è rivelata sbagliata, ma la Confindustria non ha abbandonato il tentativo di strumentalizzare la vertenza a fini chiaramente politici. Già di fronte alla proposta risolutiva di Donat Cattin risposero con una nota che il ministro del Lavoro giudicò alla stregua di un provocazione. Seguì un’accorata lettera al presidente della Repubblica contro lo Statuto dei lavoratori che un giornale confindustriale considera una iattura più grande della strage di Milano. Ora il presidente della Confindustria si è rivolta al presidente del Consiglio in cui si prefigura il caos per il paese e aggiunge che gli effetti economici non sono la cosa più grave, bensì quelli inerenti alla libertà sindacale che, secondo Costa, è venuta a mancare. Soprattutto in considerazione del fatto che le industrie a partecipazione statale stipulano, per pressioni politiche, contratti collettivi che rendono praticamente impossibile anche ai sindacati stipulare contratti differenti che pur sarebbero giustificati da differenze obiettive. L'attacco è diretto al ministro del Lavoro, come è avvenuto da parte della Confindustria e di tutta la stampa che ne recepisce l'ispirazione, durante tutta la lunga vicenda dell'autunno sindacale.

Nessuno sostiene che i rinnovi contrattuali di questo autunno, e di quello dei metalmeccanici in particolare, non avranno nessuna conseguenza economica. I riflessi economici dei contratti, dice la Fim, fanno diventare secondarie anche se non ignorabili, altre preoccupazioni di fronte alle tappe di progresso democratiche che si sono realizzate. La Fiom sottolinea che l'intesa raggiunta con la Confindustria segna indubbiamente una vittoria di grande portata di tutti i lavoratori metalmeccanici. Il problema adesso, aggiunge ancora la Fim, è quello di concordare la direzione della politica economica, monetaria, creditizia, degli investimenti, dei prestiti perché sia sostenuta nel complesso una politica di intenso sviluppo che sia lungi dallo svuotare i rapporti e i risultati economici dei contratti. E' questo il vero problema del dopo-autunno di cui è già investito il governo.

 

Stralcio del commento di Giancarlo Fossi, pubblicato su Il Mattino dal titolo «E’ stato un anno di grandi conquiste per milioni di lavoratori italiani» del 30 dicembre 1969:

Il 1969 è stato un anno di grandi conquiste per i lavoratori italiani. La riforma delle pensioni, l'abolizione delle zone salariali, il rinnovo di 50 contratti nazionali, l'avvio a definitiva soluzione del riassetto degli stipendi e delle carriere dei pubblici dipendenti, costituiscono traguardi importanti per l'attuazione di migliori condizioni di vita e di lavoro. I sindacati hanno acquistato forza e prestigio nei confronti delle maestranze e maggiore presenza nel Paese, arginando e rimontando i fenomeni di contestazione e di scavalcamento. Nelle vertenze più importanti si sono registrati miglioramenti notevoli per i lavoratori: si calcola che gli aumenti salariali hanno raggiunto una media di 70 lire all’ora per gli operai e le 15.000 lire mensili per gli impiegati, riduzione dell’orario di lavoro a 40 ore settimanali, oltre a una serie di norme come i diritti sindacali e la parità normativa operai-impiegati che non hanno precedenti.

Inoltre è importante sottolineare il modo come sono stati ottenuti questi risultati. E' la prima volta nella storia del nostro paese che i contratti di lavoro più importanti vengono rinnovati prima della scadenza. I sindacati non hanno solo cambiato i loro metodi di azione (scioperi articolati e ininterrotti fino alla conclusione positiva della vertenza) ma soprattutto il loro rapporto con i lavoratori. Tutte le decisioni, fino a quella dell'accettare o meno le conclusioni concordate, sono state prese attraverso la consultazione della base che ha assicurato il suo costante appoggio ai propri rappresentanti. Importante anche che i sindacati intendono mettere in atto una serie di misure per evitare che i miglioramenti economici ottenuti vengono svuotati con uno sproporzionato rialzo dei prezzi e quindi dell'indice del costo della vita. Collegato a questo c'è poi il tema all'immediato esame dei sindacati, quello delle riforme della casa, fiscale e del sistema mutualistico. Il dato più importante del 1969 infine riguarda la maggiore unità fra i sindacati. E' venuta fuori non tanto nei congressi, quanto nel modo nel quale sono state condotte le battaglie per i nuovi contratti.