COMUNICATO STAMPA

 

Industria metalmeccanica. Ufficio economico Fiom: non è il costo del lavoro il fattore che incide negativamente sulla competitività delle imprese italiane

 

Il costo del lavoro e, più in particolare, le retribuzioni non costituiscono un fattore negativo per ciò che riguarda le capacità competitive dell’industria metalmeccanica italiana nei confronti di quelle dei principali paesi concorrenti. Lo si ricava, una volta di più, da una serie di dati e comparazioni pubblicati nell’ultimo fascicolo, il n. 14, dell’“Osservatorio sull’industria metalmeccanica” pubblicato dall’Ufficio economico della Fiom-Cgil.

Il fascicolo, basato come sempre sull’analisi incrociata di dati forniti dalle più autorevoli fonti istituzionali, concentra l’attenzione sugli andamenti delle retribuzioni nel settore e, più in generale, nell’industria manifatturiera.

Il quadro di debolezza degli indici retributivi relativi alle tute blu italiane si delinea, in modo particolarmente netto, ricorrendo alle statistiche dell’Ufficio del lavoro (Bls) degli Stati Uniti, statistiche che forniscono informazioni sul costo del lavoro per ora lavorata per i principali comparti del settore metalmeccanico (dati disponibili fino al 2002).

Posto uguale a 100 il costo del lavoro orario in Italia, nel 2002 il più vicino è quello della Francia (115). Seguono poi il Giappone (130), gli Stati Uniti (149), e la Germania (169). Se poi si prende in esame l’intero periodo disponibile (1995-2002), si vede come in Italia il costo del lavoro sia sensibilmente inferiore rispetto alle maggiori economie industrializzate e come non vi sia una tendenza alla riduzione di tale differenziale ma, semmai, al suo ampliamento (vedi tab.22, pag.33 e testo pagg.15 e 16).

Allargando l’analisi all’insieme dell’industria manifatturiera, un analogo confronto internazionale mostra che l’aumento delle retribuzioni nominali, in Italia, è dato quasi per intero dal recupero dell’inflazione, peraltro più alta da noi che negli altri principali paesi industriali. Vale a dire che le retribuzioni reali, nel periodo 1995-2004, sono cresciute, in Italia, appena dell’1,4% contro il 5,3 degli Stati Uniti, l’8,8 della Germania, il 13,1 della Francia e, infine, il 25,6% del Regno Unito. Come dire: all’Italia l’inflazione più alta e le retribuzioni più basse (fig.4 e testo a pag.5).

Inoltre, dai dati pubblicati nell’“Osservatorio” si ricava che il basso profilo della produttività non può essere imputato al costo del lavoro. Anzi, quest’ultimo (Clup in termini reali), nel periodo 1995-2004, è diminuito del 4,0% (tab.9 – dati Eurostat - e testo a pag. 6, colonna sx).

La prolungata stagnazione economica è, in realtà, la prima responsabile dell’andamento insoddisfacente della produttività. Secondo l’Ufficio economico della Fiom, un modo efficace per invertire la tendenza è proprio il rilancio dei consumi attraverso un’effettiva crescita dei redditi.

 

Ufficio stampa Fiom-Cgil

 

 

Roma, 13 maggio 2005