COMUNICATO  STAMPA

 

Gruppo Marconi. Fim, Fiom, Uilm “Con l’accordo di ieri a Palazzo Chigi, stabilito che l’accordo precedente non potrà essere modificato senza l’assenso di Governo e Sindacati”

Le Segreterie nazionali di Fim, Fiom, Uilm hanno emesso oggi un comunicato relativo all’incontro svoltosi ieri a Roma in relazione al gruppo Marconi. Ne riportiamo qui di seguito ampi stralci.

 

“Con le riunioni del 31 marzo e del 1° aprile, alla presidenza del Consiglio dei Ministri, si è chiusa una fase importante della vertenza Marconi. Vertenza aperta, in pratica, a fine luglio 2001, quando emerse pubblicamente il disastro industriale procurato dal management della multinazionale. Da allora, mentre gli organici della multinazionale, nel mondo, scendevano precipitosamente dai 54.000 lavoratori agli attuali 14.000, mediante vendite e licenziamenti, Fim, Fiom, Uilm hanno operato per ridurre l’impatto sulla parte italiana del gruppo Marconi, puntando a salvaguardarne il patrimonio industriale e quindi il potenziale di professionalità.”

“Abbiamo finora evitato che le attività messe in vendita fossero oggetto di speculazioni di aziende estere interessate ad entrare nel mercato italiano della difesa. Volevamo una vendita in blocco di tutta Marconi Mobile. Non è stato così, però stiamo riuscendo comunque a far acquisire da Finmeccanica tutte le imprese del gruppo messe in vendita. Manca solo Marconi Mobile Access (270 lavoratori fra Chieti e Genova). Sono passati a Finmeccanica 3.469 lavoratori di Marconi Strategic e 572 di Ote.”

“Dal Piano di risanamento delle banche, oggi proprietarie di fatto di Marconi Plc, la casa madre britannica (da giugno lo saranno anche di diritto) era scaturito, nel novembre scorso, un piano industriale per la Marconi italiana che prevedeva 1.100 messe in mobilità (ovvero licenziamenti) sui 2.240 lavoratori di Marconi Communications.”

“Non era una finta. Era l’applicazione all’Italia delle stesse misure adottate nel mondo, a partire dal Regno Unito. Sarebbe stata la Caporetto della Marconi italiana. Con la mobilitazione di tutti i lavoratori, compresi quelli già passati in Finmeccanica, abbiamo respinto il Piano industriale, abbiamo costretto l’azienda a modificarlo, a ritirare i licenziamenti, a programmare il rilancio della Marconi italiana e quindi a non parlare di esuberi strutturali (lavoratori destinati a non rientrare in azienda dopo la Cassa integrazione). Abbiamo ridotto l’impatto dell’abbattimento costi da 1.100 a 430 lavoratori. Abbiamo preteso e concordato la rotazione in pratica, con un massimo di 4 mesi di Cassa integrazione per ogni lavoratore. Abbiamo garantito che lo stipendio individuale per ogni lavoratore, a qualsiasi livello di inquadramento appartenga, nel caso più oneroso non scendesse sotto l’81%, con una integrazione salariale versata dall’azienda.”

Ieri sera, al tavolo governativo, abbiamo discusso con il Governo e l’azienda della reale autonomia della Marconi italiana e abbiamo concordato che, per i prossimi tre anni del Piano, l’azienda, prima di decidere azioni societarie, finanziarie o industriali che possano alterare l’assetto strategico di Marconi Italia, deve avere il parere del Governo e delle Organizzazioni Sindacali. Così, dopo aver bloccato l’operazione che le banche inglesi vogliono imporre alla Marconi italiana (in contrasto con la legislazione del nostro Paese), abbiamo stabilito, con l’accordo di ieri sera, che nulla potrà intervenire a modificare l’accordo sottoscritto senza l’assenso del Governo e delle Organizzazioni sindacali.

 

Uffici stampa Fim, Fiom, Uilm

Roma, 2 aprile 2003