U F F I S I N D  9

Nota Informativa dell’Ufficio sindacale

 

LE RETRIBUZIONI DEI METALMECCANICI: LE PIÙ BASSE D’EUROPA

 

La Federmeccanica, utilizzando i dati della propria Indagine, descrive un andamento delle retribuzioni lorde (e persino di quelle reali) dei lavoratori metalmeccanici superiore all’inflazione degli ultimi anni.

L’Indagine – come dichiarato nella stessa – coglie dati provenienti dalle medie e soprattutto grandi fabbriche collocate nel Centro-Nord del Paese, lasciando fuori (sia in termini di quantità che di qualità) molta della realtà diffusa delle imprese metalmeccaniche. Ma anche accogliendo una validità statistica formale dell’Indagine (e tenendo conto di altre fonti disponibili), non si può non rilevare come il dato di fonte Federmeccanica, una volta che lo si rapporti alla realtà, non solo mostri i limiti del campione, ma sottovaluti componenti importanti.

Vale a dire innanzitutto che il segno delle dinamiche cambia a seconda degli anni considerati. Inoltre il modo in cui le dinamiche retributive incidono è diverso a seconda delle qualifiche e dei livelli (dirigenti, operai, impiegati) considerati. Infine, la sostanza cambia a secondo che si tenga conto o meno degli incrementi unilateralmente elargiti dalle imprese, fuori da qualsiasi dialogo contrattuale.

Più in generale non si può non osservare come la situazione economica e sociale del Paese contraddica le risultanti retributive presentate da Federmeccanica. Un incremento dei salari reali dei metalmeccanici del 10% in pochi anni – quale si ricava dai dati dell’Indagine stessa – comporterebbe un quadro sociale ben diverso da quello esistente.

Un incremento delle retribuzioni di tal fatta comporterebbe un andamento dei consumi e dei risparmi diversi da quelli riscontrabili attraverso i principali indicatori economici nazionali. E’ anche Banca d’Italia a ricordare (“Bollettino economico”, n.39, novembre 2002) come i consumi privati siano diminuiti per due semestri consecutivi, risentendo anche della perdurante debolezza della capacità di spesa delle famiglie”.

Tenuto conto di queste premesse l’Ufficio economico e l’Osservatorio sulla contrattazione della Fiom hanno raccolto alcuni dati sull’andamento delle retribuzioni che qui sintetizziamo.

 

 

1.            Dinamica delle retribuzioni nei principali paesi industrializzati (1998-2004)

Sulla base di elaborazioni di dati Ocse (Economic Outlook, dic. ’02), fatto uguale a 100 l’indice delle retribuzioni nel settore privato nel ’97, l’Italia nel 2002 arriva a 110,0, poco al di sopra della Germania (108,4), ma al di sotto di Francia (111,4), Regno Unito (124,5) e Stati Uniti (121,6).

Si tratta di una dinamica delle retribuzioni italiane in linea (e non superiore) con quelle della media Euro (110,0) e ben al di sotto di quelle dei principali paesi industrializzati, esclusione fatta per il Giappone, in recessione ormai da diversi anni.

Se poi dalle retribuzioni nominali passiamo a quelle reali (che tengono conto dell’inflazione) nei principali paesi industrializzati, vediamo confermata una tendenza ben diversa da quella prospettata da Federmeccanica. Le retribuzioni reali – come è ovvio – individuano meglio il potere d’acquisto dei lavoratori rispetto alla retribuzione lorda.

Dal momento che la Federmeccanica ha affermato che i metalmeccanici vedrebbero anche un incremento delle loro retribuzioni reali, cioè del loro potere d’acquisto, si tratta di vedere se questo ha riscontro nell’intera economia.

Sulla base delle elaborazioni della Commissione europea (European Economy, n.5, ’02), fatte uguali a 100 le retribuzioni del ’97 (vedi figura 1), negli anni tra il ’98 e il 2001 esse hanno oscillato tra il 96,4 e il 96,9, per situarsi nel 2002 (stima) a 97,0. Le previsioni per il 2003-2004 (provenienti sempre dalla Commissione europea) danno incrementi rispettivamente dello 0,5 e dello 0,8%, meno di quanto si prevede per tutti gli altri paesi considerati e quindi meno della media europea (0,8% e 1,1%).

In sostanza, per i sette anni considerati (’98-’04) le retribuzioni medie reali italiane restano sempre sotto l’indice di partenza, uniche tra i paesi considerati (Francia, Germania,Regno Unito, Stati Uniti, Giappone). E’ quindi da evidenziare come tale dinamica ponga l’andamento delle retribuzioni reali italiane al di sotto della media dell’intera area Euro.

A conferma della moderazione salariale praticata dalle retribuzioni italiane, si possono recuperare i dati offerti dalla dinamica delle retribuzioni orarie nel settore manifatturiero (elaborazioni su dati Ocse, Main Economic Indicators,gennaio ’03) nei principali paesi industrializzati nel periodo 1995-02 (base 1995=100). Si conferma come nel periodo esaminato tali retribuzioni siano cresciute meno in Italia (19,7%) che nella media dell’area Euro (20,8%).

Se si correggono questi dati relativi alle retribuzioni nominali per le diverse dinamiche inflative, si ricava che nel manifatturiero italiano le retribuzioni orarie sono cresciute meno della media europea (8 punti percentuali di differenza!).

 

2.      Confronto tra le retribuzioni contrattuali metalmeccaniche in Europa

I dati sopra richiamati danno uno spaccato delle retribuzioni italiane (nell’intera economia e nel manifatturiero) con una dinamica assai contenuta rispetto a quella dei nostri diretti competitori.

Se in questo contesto generale le retribuzioni dei metalmeccanici confermassero le valutazioni di Federmeccanica, esse avrebbero un andamento assolutamente anomalo rispetto al resto dell’economia, il che non trova riscontro nelle statistiche disponibili.

Ma per venire a un confronto più ravvicinato circa le retribuzioni contrattuali metalmeccaniche europee, ci avvarremo qui delle indagini compiute dalla Fem (Federazione europea dei metalmeccanici), indagini che armonizzano i vari istituti e regimi retributivi al fine di rendere confrontabili i dati.

Vediamo qui di seguito alcuni esempi:

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operaio di III livello italiano o equivalente europeo

-   Italia                     euro mensili lordi           1.108,12

-   Finlandia                 euro mensili lordi               1.695,07

-   Austria                   euro mensili lordi               1.400,00

-   Belgio                     euro mensili lordi               1.408,00

-   Regno Unito           euro settimanali lordi            583.27

 

operaio specializzato equivalente V livello italiano

-   Italia                     euro mensili lordi           1.217,80

-   Finlandia                 euro mensili lordi               1.943,50

-   Germania                euro mensili lordi               1.751,00

-   Belgio                     euro mensili lordi               1.893,66

 

Impiegato  5S  o equivalente

   Italia                     euro mensili lordi          1.286,13

-   Finlandia                 euro mensili lordi               2.213,90

-   Germania                euro mensili lordi               3.004,18

-   Austria                   euro mensili lordi               2.109,54

                                                                    3.049,00

-   Regno Unito           euro settimanali lordi            928.60

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Come si vede da questi dati i salari metalmeccanici italiani in euro (riferiti al 2001) sono i più bassi d’Europa e questo senza tenere conto di ulteriori elementi, a svantaggio dell’Italia, quali servizi sociali e deduzioni fiscali per figli e famiglie monoreddito. Solo in Austria l’operaio di III livello monoreddito vede aggiunti alla sua busta paga 474 euro mensili di deduzioni fiscali.

Le paghe sono rapportate a 12 mensilità e, per quanto riguarda il Regno Unito, calcolate su base settimanale, è possibile chiaramente giungere alle paghe mensili che sono mediamente il doppio di quelle italiane.

 

3.         Le retribuzioni dei metalmeccanici nei dati Istat

Passando da un confronto di dati a livello europeo a un esame a livello nazionale, attraverso le retribuzioni contrattuali, possiamo cogliere ancora una volta come queste facciano fatica a tenere il passo con l’inflazione e a redistribuire quote di produttività.

Nel periodo 1995-02 le retribuzioni contrattuali lorde dei metalmeccanici sono cresciute di circa il 2% rispetto all’inflazione (prezzi al consumo per l’intera collettività). Esse infatti sono cresciute del 20,8% di fronte a un tasso d’inflazione aumentato del 18,8%.

Questo incremento è comunque una media tra andamenti differenziati delle retribuzioni, che hanno visto i livelli medio-bassi, operai e apprendisti in particolare subire un’erosione delle paghe rispetto all’inflazione, mentre dirigenti e livelli impiegatizi medio-alti, hanno tenuto il passo con essa. Nel 2001, ad esempio, i dirigenti e gli impiegati hanno visto aumentare le proprie retribuzioni del 4,6%, mentre gli operai e gli apprendisti solo dell’1,6%.

Se consideriamo la dinamica delle retribuzioni lorde per dipendente e quella del costo del lavoro per dipendente nelle grandi imprese, abbiamo degli indici significativi di questa tendenza.

Retribuzioni lorde per dipendente – base 1995=100

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Operai e apprendisti                          anno 1996                    indice 102,2

                                                         anno 2002                    indice 110,4

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Dirigenti e impiegati                            anno 1996                    indice 104,6

                                                         anno 2002                    indice 123,5

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Industria metalmeccanica                   anno 1996                    indice 103,5

                                                         anno 2002                    indice 117,9

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Come si vede la dinamica delle retribuzioni lorde dell’industria metalmeccanica (Istat, grandi imprese) corrisponde per il periodo preso in considerazione più o meno all’inflazione, che è attorno al 18%: gli operai e gli apprendisti hanno le paghe sotto l’inflazione, mentre i dirigenti e gli impiegati leggermente sopra (vedi figura 6). Le stesse tendenze rileviamo nella dinamica del costo del lavoro per dipendente nelle grandi imprese.

 

Costo del lavoro per dipendente  nelle grandi imprese – base 1995=100

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Operai e apprendisti                          anno 1996                    indice 97,9

                                                         anno 2002                    indice 106,6

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Dirigenti e impiegati                            anno 1996                    indice 100,7

                                                         anno 2002                    indice 118,1

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Industria metalmeccanica                   anno 1996                    indice 99,00

                                                         anno 2002                    indice 113,3

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Questo dato dimostra comunque che la dinamica media del costo del lavoro nell’industria metalmeccanica è inferiore a quella dell’inflazione nello stesso periodo. I dati riportati nelle tabelle precedenti sono elaborazioni su dati Istat grandi imprese e per il 2002 si riferiscono ai primi dieci mesi.

 

4.         L’inflazione

Le previsioni dei principali istituti nazionali e internazionali (elaborate tra settembre e dicembre 2002) indicano per il 2003 un’inflazione oscillante tra l’1,8 e il 2,5% (Ocse).Chi ha aggiornato le previsioni nel nuovo anno (come il ref. Irs) ha rivisto la stima dal 2,1% al 2,4%, aggiungendo che siamo entrati nel nuovo anno con il 2,8 rispetto al 2,4 del gennaio 2002.

La Confindustria (“Previsioni macroeconomiche”, settembre 2002) riconosce come la maggior parte dei consumatori europei sembra aver avuto l’impressione che l’inflazione si a aumentata a causa del changeover dell’euro, riconoscendo che anche in Italia gli aumenti più cospicui, diciamo sopra il 4%, hanno riguardato perlopiù beni di acquisto frequente (con aumenti fino al 15%). E ancora (sempre Confindustria, dicembre 2002): … l’inflazione di origine interna è molto vicina alla soglia del 3%, soprattutto a causa della sostenuta dinamica dei prezzi dei servizi (3,6%).

A queste e a rilievi similari Federmeccanica risponde che già in altre epoche (vedi il periodo 1994-96) lo scarto tra inflazione programmata e d effettiva è stato rilevante, senza che questo sollevasse un problema di inattendibilità del tasso di inflazione programmato.

Rispetto a ciò anche volendo lasciare in secondo piano il fatto che il tasso di inflazione attuale non è stato concordato (come dovrebbe essere, secondo la norma) con nessuna parte sociale, non possono non balzare agli occhi le differenze strutturali profonde tra oggi e la prima metà degli anni ’90 in termini di inflazione e di finanza pubblica. Nel periodo recente avevamo conquistato, a prezzo di sacrifici, il superamento quasi completo del gap inflativo tra noi e i principali competitori europei, tant’è, per altro verso, che si era realizzata una certa coerenza tra andamento delle retribuzioni contrattuali e inflazione programmata. Questo non è più stato vero nell’ultimo biennio e abbiamo assistito a una continua ridefinizione (V. i vari Dpef) delle previsioni di crescita del Pil e una revisione dei tassi di inflazione programmata.

 

5.      Andamento della produttività

La produttività media nel settore metalmeccanico non è un indice privo di significato, come a volte è stato sostenuto, ma invece un indice medio che ha lo stesso valore di quelli che misurano l’inflazione, il fatturato e le retribuzioni. Come tutti gli indici medi esso non dà un quadro preciso e mirato degli andamenti economici, tuttavia definisce con chiarezza tendenze di fondo a livello macroeconomico che sono utilizzabili dalla contrattazione.

Per quanto riguarda il settore metalmeccanico si può stimare corretto un indice medio annuale del 2% di incremento della produttività. Questo indice può variare negli anni: è più elevato negli anni di sviluppo e più basso o anche negativo negli anni di crisi. Tuttavia l’andamento nel periodo medio conferma la tendenza di fondo, come mostrano i dati:

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Produttività                                        anno 1990                    indice 100,0

                                                         anno 2000                    indice 122,3

                                                         anno 2003                    indice 121,2

 

variazione percentuale 2001-1990 = 21,2%

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6.      Considerazioni conclusive

 

1.      Le retribuzioni lorde dei metalmeccanici tengono mediamente il passo con l’inflazione, ma in modo assai discontinuo nel tempo (né nel 2000 né nel 2001 sono, ad esempio, riuscite a tenere il passo con l’inflazione) e in maniera differenziata tra i livelli medio-alti e quelli medio-bassi, a danno di questi ultimi.

2.      Tra i paesi industrializzati si mostra una difficoltà generale delle retribuzioni italiane a tenere il passo con l’inflazione.

3.      Le retribuzioni dei metalmeccanici italiani, alla verifica dell’Euro, risultano tra le più basse d’Europa.

4.      La produttività non viene redistribuita, in quanto sommando l’inflazione ufficiale e la produttività, si ha un incremento che è circa il doppio di quello che indica la dinamica delle retribuzioni contrattuali. Anche adottando il dato elaborato nell’Indagine Federmeccanica che indica un incremento delle retribuzioni di oltre il 27%, non si raggiunge il valore derivante dalla somma tra inflazione e incremento della produttività.

5.      E’ bene ricordare che la Fiom, assieme alla Fim e alla Uilm, hanno firmato il 10 maggio del 2002, a Francoforte, un impegno di coordinamento delle politiche salariali tra tutti i sindacati metalmeccanici che prevede che l’insieme delle politiche contrattuali debba portare ad aumenti che comprendano l’inflazione più il tasso di produttività. Dai dati Fem risulta che l’Italia negli ultimi anni sia sotto almeno dello 0,6% l’anno.

6.      Bisogna infine tenere conto che sulle paghe dei metalmeccanici ha sempre maggiore incidenza la politica unilaterale delle aziende nella concessione di incrementi dei salari. Questa politica incide, secondo Federmeccanica, per il 13% medio sugli incrementi retributivi, tenendo conto che questo dato è irrisorio per i livelli più bassi, mentre arriva a quote intorno al 38% peri livelli più alti.

7. Tabelle

 

 (Fonte: «Osservatorio Economico» n. 8,  febbraio 2003)