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L'andamento della contrattazione di secondo livello

Si è svolta il 21 giugno la riunione nazionale degli uffici sindacali che ha sviluppato un primo parziale bilancio dell'andamento della contrattazione di secondo livello.

Sulla base dei dati forniti dall'Osservatorio nazionale sulla contrattazione e delle ulteriori puntualizzazioni fornite dagli uffici sindacali regionali e territoriali si può costruire la seguente sintesi:

 

1.       L'andamento quantitativo 

Va sottolineato che in molte strutture regionali e territoriali è venuta meno una puntuale anagrafe degli accordi e delle piattaforme aperte, con difficoltà di confronto con il precedente periodo di contrattazione integrativa, quello conclusosi nel '98/99. E', dunque, una stima e non una registrazione dettagliata quella che oggi si può fare sugli accordi integrativi realizzati dal 1999 ad oggi e sulle piattaforme tuttora aperte.

In sintesi possiamo dire che finora sono stati realizzati accordi integrativi che hanno coinvolto circa 3600 aziende e 470.000 metalmeccanici. Sono aperte vertenze integrative nei grandi gruppi per circa 45.000 metalmeccanici. Resta tuttora aperta la vertenza Fiat, che allo stato non ha prospettive di conclusione e che riguarda circa 85.000 metalmeccanici, escluse le aziende terziarizzate. A questi si possono aggiungere circa altri 50.000 metalmeccanici di aziende medie e piccole per i quali è tuttora aperta o in via di apertura la contrattazione integrativa.

Complessivamente i metalmeccanici coinvolti nella contrattazione aziendale sono dunque:

accordi realizzati 470.000
vertenze aperte (grandi gruppi + medie e piccole) 95.000
vertenza Fiat 85.000
Totale 650.000

Anche se si dovessero realizzare gli accordi per tutte le vertenze aperte, cosa difficile da ipotizzare in particolare per la Fiat, si conferma che la contrattazione integrativa nei settori industriali copre meno della metà della categoria. Stimando in circa 1.750.000 i metalmeccanici dipendenti da aziende industriali associate a Federmeccanica e Confapi o non associate, la percentuale di incidenza dei lavoratori coinvolti nella contrattazione integrativa è di circa il 37%, mentre la percentuale di coloro interessati agli accordi è sinora attorno al 27%. Anche tenendo conto di una quota di accordi non registrati è difficile ipotizzare che i metalmeccanici interessati da accordi aziendali superino di molto il 30% della categoria.

I dati fin qui presentati sono aggregati e quindi non tengono conto delle tendenze territoriali diverse, che evidenziano invece una rilevante divaricazione. In Piemonte, in Liguria, in tutto il Mezzogiorno la contrattazione aziendale coinvolge meno lavoratori che nella tornata precedente e questo è chiaramente determinato dalla crisi della Fiat e più in generale dalle difficoltà in tanti grandi gruppi. Difficoltà che si trasferiscono sull'indotto e nelle medie aziende del territorio. In aree dell'Emilia, del Veneto e della Lombardia, invece la contrattazione aziendale si estende. Nelle altre regioni si realizza più o meno la stessa dimensione della tornata precedente. In sintesi la crescita non recupera quantitativamente le difficoltà.

A questi dati c'è da aggiungere quelli delle aziende artigiane. In questo caso c'è anche da tener conto che gli artigiani metalmeccanici hanno tuttora aperto il rinnovo del contratto nazionale per il periodo luglio 2000 - luglio 2004. A questo dato va aggiunto come elemento negativo il fatto che la contrattazione di secondo livello, che avviene su base regionale, sinora non ha toccato tutto il territorio nazionale. Sono stati realizzati 8 accordi regionali fra i metalmeccanici, di cui 2 non sottoscritti dalla Fiom. Un solo accordo per gli orafi, anch'esso non sottoscritto dalla Fiom. Questo risultato non sarebbe allarmante se fosse stato rinnovato il Contratto nazionale. Invece in assenza di questo rinnovo, la contrattazione regionale finisce per essere unica e quindi non più un secondo livello contrattuale. Dunque chi non ha il rinnovo regionale fra gli artigiani non usufruisce dal 1999 di alcun nuovo contratto.

 

2.       L'andamento qualitativo.

Il giudizio comune su tutto l'andamento della contrattazione è che essa si sia sempre più concentrata sulla definizione del Premio di risultato.

Naturalmente là ove sono presenti problemi organizzativi, produttivi, di ristrutturazione, la contrattazione li ha affrontati, ma in generale si tratta di problemi posti dalle imprese, spesso in una logica di scambio con accordi sul salario. Alcuni temi eccedenti il salario sono stati affrontati, in particolare quelli relativi al mercato del lavoro. Su questo piano si comincia ad affrontare la questione della precarizzazione. Tuttavia questo avviene in gran parte con accordi che definiscono "intenti politici", piuttosto che impegni cogenti, mentre sono rare le intese che comportino esplicite conferme o assunzioni a tempo indeterminato di contratti a termine o interinali.

E' pressoché assente dalla contrattazione la condizione di lavoro sia dal punto di vista della organizzazione che da quello dei tempi, dei ritmi e dei carichi. Anche là ove i premi di risultato comportano indici legati a produttività o a qualità, manca qualsiasi corrispondenza tra questi indici e un intervento delle Rsu sulla organizzazione del lavoro. Mancano altresì intese significative in applicazione della 626 e di interventi degli Rls.

Per quanto riguarda gli orari di lavoro non si registrano intese applicative del Ccnl, anche se c'è un certo numero di vertenze che tentano di regolare la banca delle ore.

Infine, c'è da sottolineare che in diverse vertenze di grandi gruppi si sta richiedendo l'attuazione di forme di sanità integrativa, tramite fondi aziendali ad hoc, che fuoriescono chiaramente dagli schemi e dai limiti definiti su questo piano dalla Cgil. E' questo un tema che dovrà essere specificamente affrontato, in quanto sinora è mancata una linea unificante della Fiom e quindi le vertenze si sono aperte spesso semplicemente accogliendo le impostazioni delle altre organizzazioni.

Un problema persistente di tutta la contrattazione integrativa è quello delle quote contratto. Di fronte alle decisioni congressuali e statutarie della Fiom, che impongono la delega positiva come unica forma di possibile sottoscrizione, abbiamo ancora casi, in particolare nell'artigianato, nei quali ciò non avviene.

 

3.     Il salario

La contrattazione integrativa sui temi salariali ha riguardato esclusivamente, tranne impercettibili eccezioni, il Premio di risultato. Le questioni della professionalità, delle politiche salariali aziendali, dei percorsi di carriera, la gestione dei salari di fatto e dei superminimi di impresa, i benefit, sono stati tutti estranei alla contrattazione integrativa.

Per quanto riguarda gli accordi sui premi si possono trarre le seguenti stime sintetiche.

Rispetto alla precedente tornata contrattuale, che aveva visto i risultati reali delle intese (non quelli stimati o previsti), portare un incremento medio a regime del Pdr pari a una cifra tra il 1.000.000 e il 1.500.000, la nuova tornata di accordi incrementa questa cifra di circa 1,5/1,8 milioni di vecchie lire. In questo caso siamo di fronte però a cifre attese e non a bilancio conclusivo.

C'è da dire che la contrattazione ha particolarmente affrontato il problema del consolidamento o almeno della certezza delle cifre concordate. Si può dire anzi che questa tornata contrattuale sia stata meno rigorosa sulla qualità e definizione degli indici, accettandone di tutti i tipi, compresi naturalmente quelli di redditività, ma che abbia piuttosto "mirato al sodo". Le Rsu hanno concordato quasi ovunque quote di consolidamento e hanno ottenuto, per vie più o meno informali, la certezza di una parte dell'aumento. In alcuni casi questo è stato determinato da vere e proprie operazioni di scambio. Sono state concesse varie forme di flessibilità in cambio di un adattamento degli indici che permettesse di ottenere l'aumento previsto. Tutto questo indica che se da un lato le cifre attese sono molto più credibili di quelle della precedente tornata contrattuale, d'altro lato la contrattazione degli obiettivi ai quali legare gli indici e gli aumenti, è stata semplicemente ignorata. Inoltre si sta diffondendo la pratica delle "una tantum" e degli "accordi di liberalità" che in alcuni casi sostituiscono il rinnovo del Premio.

In diversi territori il legame del salario con la presenza è stato mantenuto o esteso, mentre è più piccolo il numero delle vertenze che vanno nella direzione opposta, quella del superamento dei premi di presenza già esistenti.

Si è inoltre sottolineato il fatto che la decontribuzione nel premio di risultato, accumulata ormai per 6-8 anni, per una parte della categoria, sta determinando un ulteriore danno per le pensioni dei più giovani.

C'è in fine da considerare che i dati medi sin qui illustrati avvengono sulla base di stime e non colgono la divaricazione dei risultati che invece è in crescita. Aumenta la distanza tra i risultati migliori e quelli peggiori. Vi sono lavoratori che nel quadriennio portano a casa oltre 10 milioni delle vecchie lire, e altri che accumulano un aumento complessivo inferiore ai tre milioni. Se si tiene conto che nelle passate tornate contrattuali il Contratto nazionale non ha recuperato integralmente le perdite rispetto all'inflazione reale, si comprende come solo una quota ancora più ristretta di lavoratori, rispetto a tutti quelli che fanno la contrattazione di secondo livello, usufruisca di un'effettiva tutela contro l'inflazione e di qualche recupero di produttività.

 

Conclusioni.

I dati sin qui a disposizione dell'organizzazione sono abbastanza eloquenti. Pur tenendo conto del fatto che evidenti difficoltà organizzative hanno fatto venir meno un costante afflusso di dati al centro nazionale, è evidente che siamo di fronte a una stagnazione della contrattazione integrativa. Essa non riesce a toccare nemmeno la metà della categoria e, sul piano dei contenuti, si trasforma sempre di più nel puro adeguamento del Premio di risultato. Questa tendenza è cominciata prima dell'avvio della fase di ristrutturazione attuale, che ha visto, soprattutto nelle grandi imprese,  nell'auto e nella componentistica, la crescita pesante della Cassa integrazione. Secondo l'Osservatorio negli ultimi sei mesi gli accordi di ristrutturazione registrati a livello nazionale, escludendo la Fiat, hanno più che triplicato la dimensione della platea interessata, passando da 2000 a 7000 dipendenti.

E' quindi evidente che il bilancio della contrattazione aziendale, anche tenendo conto delle vertenze ancora aperte, non può essere considerato quantitativamente e qualitativamente soddisfacente, nonostante l'impegno rilevante delle strutture. E' questa una riflessione necessaria per la Fiom alla vigilia del più importante rinnovo contrattuale nazionale da diversi decenni a questa parte.

Sul piano organizzativo è necessario che tutta l'organizzazione collabori con maggiore convinzione e organicità all'attività dell'Osservatorio, che potrebbe fornire ulteriori strumenti di iniziativa se non dovesse subire le improvvise cadute di informazioni dai territori.

 

Luglio 2002