UFFISIND2
Nota
dell'Ufficio economico e dell'Ufficio sindacale in vista del
rinnovo del contratto nazionale di lavoro
E'
necessario riprendere il quadro dei dati sull'andamento dei salari e
dell'inflazione, alla vigilia del rinnovo del Ccnl. L'accordo separato sul
precedente biennio economico ci consegna una situazione aperta non solo sul
piano formale e delle relazioni, ma anche su quello tecnico. E' evidente che le
18.000 lire in meno sottoscritte da Fim e Uilm nel contratto Federmeccanica
rispetto a quello Confapi, non solo ripropongono il problema politico della
gravità dell'accordo separato e quello delle regole democratiche nei contratti,
ma aprono una contraddizione formale. Infatti se Fim e Uilm mantengono l'impegno
sottoscritto con Federmeccanica, dovrebbero richiedere a questa organizzazione
almeno 18.000 lire in meno (o 9,3 Euro) rispetto agli altri tavoli. E' evidente
dunque che l'apertura della nuova vertenza contrattuale implica il superamento
dell'accordo separato altrimenti per la prima volta la categoria si troverebbe
di fronte a richieste differenziate tra i tavoli.
Con
questa premessa, che implica una forte iniziativa politica della Fiom per
ristabilire regole democratiche e superare il "vulnus" dell'accordo
separato, diamo qui un primo quadro di conti utili all'elaborazione della
richiesta salariale.
Il
rinnovo del 2000
Il
rinnovo biennale (dicembre 2000-dicembre 2002) della parte salariale del
contratto nazionale di lavoro dei lavoratori dell’industria metalmeccanica si
è chiuso – come tutti ricordano – con un accordo separato (3 giugno 2001)
tra Federmeccanica e Assistal da un lato e Fim, Uilm e Fismic dall’altro.
La
piattaforma rivendicativa – unitariamente sottoscritta – prevedeva una
richiesta di aumenti pari a 135 mila lire (4,65%, ovvero 69,72 Euro) al 5°
livello fondata su:
- inflazione programmata 2001-2002;
- recupero dello scostamento tra inflazione programmata e inflazione effettiva nel periodo 1999-2000;
- un’ulteriore quota di salario motivata dal positivo andamento del settore.
Inflazione
programmata
Scostamento tra inflazione
Redistribuzione
Totale
biennio
2001 – 2002
programmata e reale
ai lavoratori di una quota
adeguamento
biennio 1999-2000
di produttività realizzata
salariale
2,9%
1,2%
0,55%
4,65%
Come si sa l’accordo (non sottoscritto dalla Fiom-Cgil) realizzò:
- 85mila (43,9 Euro) lire a titolo di inflazione programmata 2001-2002;
- 27mila (13,94 Euro) lire a titolo di recupero dello scostamento tra inflazione reale e programmata nel periodo 1999-2000,
- 18mila (9,3 Euro) lire a copertura dell’inflazione effettiva a tutto il 30.06 2001 (nel senso che - come recita il testo dell’accordo separato - …” l’eventuale recupero salariale relativo al biennio 2001-2002 da discutere nel prossimo rinnovo contrattuale, ai sensi del Protocollo del 23 luglio 1993, considererà esclusivamente il 2° semestre 2001 e l’anno 2002”...
Quindi, il risultato è stato di 112mila lire, 57,84 Euro (o di 130mila - 67,14 Euro - se si considera che è stata impegnata l’inflazione del primo semestre del 2002, oggetto in realtà del prossimo contratto).
Contemporaneamente, come si ricorderà, è stato firmato unitariamente e senza lacerazioni rispetto alla piattaforma, il contratto con la Unionmeccanica – Confapi che prevedeva:
- 85mila lire (43,9 Euro), a fronte dell’inflazione programmata 2001-2002;
- 35mila lire (18,08 Euro) come recupero dell’inflazione reale 1999-2000;
- 10mila lire (5,16 Euro) a titolo di riconoscimento del buon andamento di settore
Il tutto
per un totale di 130mila lire (67,14 Euro), senza compromissione di quote di
inflazione futura.
Di fronte a questa situazione consideriamo alcuni dati.
Inflazione reale: Inflazione programmata:
1999 1,6 1999: 1,5
2000 2,6 4,2 2000: 1,5 3,0 differenza = 1,2
2001 2,7 2001: 1,7 (2,7)
2002 2,3* 5,0 2002: 1,2 (1,7) 4,4 differenza = 0,6
*
stima inflazione attesa
In
merito all’inflazione programmata, le percentuali riportate tra parentesi
relative al 2001 e al 2002, corrispondono alla revisione effettuata dal Dpef
del giugno 2001, proprio in concomitanza con la “rottura” sul rinnovo
del contratto. La revisione si rese necessaria in considerazione del
significativo scostamento tra inflazione reale e programmata.
Il
rinnovo del 2002
I dati appena richiamati ci portano al rinnovo del contratto nazionale di lavoro che abbiamo davanti (scadenza: dicembre 2002).
In
termini di inflazione programmata il Documento di riferimento è rappresentato
dal Dpef 2002-2006, pubblicato nel corso del 2001.
Qui l’inflazione programmata per il 2002 viene appunto fissata al 1,7%.Ma vediamo alcuni termini del quadro macroeconomico programmatico individuato dal governo in questo Documento:
2001
2002-
2003
2004
2005
2006
Pil
2,4
3,1
3,2
3,1
3,1
3,1
Importazioni
di
beni e serv.
6,5
8,9
10,3
7,6
6,2
6,0
Esportazioni
di
beni e serv.
5,9
6,5
6,8
7,0
7,3
7,2
Investimenti
fissi
lordi
3,1
5,4
6,4
4,6
4,5
5,0
Clup
2,3
0,9
0,9
0,5
0,3
0,3
Retribuzioni
ind.in
s.s.
2,9
2,7
2,4
2,4
2,2
2,3
Tasso
di
Disoccupazione
9,8
9,5
8,9
8,4
7,7
7,0
A fronte di
questo quadro i consuntivi relativi al 2001 evidenziano una crescita del Pil
pari all’ 1,8% (1,6% la media dei paesi europei). Sempre nel 2001 la produzione
manifatturiera è scesa dello 0,7%, mentre quella metalmeccanica è
calata del 2,5%.
Il negativo
andamento delle dinamiche produttive si riflette sulla variazioni del valore aggiunto (a
prezzi costanti), -0,7%- e in considerazione del fatto che vi è stato un
incremento dell’occupazione metalmeccanica (+5000, ovvero + 0’2%), ciò
determina una diminuzione delle produttività media del settore pari
allo 0,9%.
Possiamo
quindi ricostruire in questo modo le variazioni percentuali della produttività
nel nostro settore:
Produttività*
negli anni 1997-2001 (variazioni percentuali)
1997
3,5
1998
-1,1
1999
-0,1
2000
3,1
2001
-0,9
*Si
tratta del rapporto tra il valore aggiunto a prezzi costanti e gli occupati
totali
Se
ne ricava un incremento medio nell’arco degli anni considerati pari a 4,5%,
corrispondente a un aumento medio per anno pari a 0,9%. Se si tiene conto che le
previsioni di Federmeccanica collocano il periodo peggiore del settore a cavallo
fra 2001 e 2002 e che successivamente programmano una ripresa, si può dire che
abbiamo di fronte un periodo di progressiva ripresa della produttività dopo la
caduta del 2001. In ogni caso il dato qui fornito conferma che nel periodo medio
di 4-5 anni la produttività cresce ad un ritmo di circa un punto all'anno.
Questo naturalmente è solo uno dei dati dell'andamento di settore perché i
profitti delle imprese possono crescere, come sono cresciuti, a ritmi più
consistenti.
A nostro
avviso un
valore oscillante tra 2,3 e 2,4% ci sembra allo stato il più attendibile.
Per quanto
riguarda le retribuzioni
contrattuali per dipendente del settore metalmeccanico, l’Istat ci
informa che nel 2001 sono cresciute del 2,2 (inflazione 2,7%). Ciò ha
determinato una contrazione delle retribuzioni contrattuali in termini reali
Retribuzioni
contrattuali per dipendente (variazioni %) e inflazione (tra parentesi)
1998
3,1 (2,0)
1999
2,2 (1,7)
2000
2,3 (2,6)
2001
2,2 (2,7)
Se
prendiamo gli indicatori
del lavoro nelle grandi imprese (oltre 500 addetti), vediamo che le
retribuzioni lorde sono cresciute del 3,4%(inflazione 2,7%). Ma se scomponiamo
questo dato per operai e apprendisti da una lato e per dirigenti, impiegati e
intermedi dall’altro, vediamo che le prime aumentano solo dell’1,4%, mentre
le seconde ben del 4,6%.
Su questa
base se prendiamo gli ultimi sei anni (’95-01), vediamo che le retribuzioni
degli operai sono cresciute del 14,0%, mentre le altre del 27% (a fronte di un
incremento del tasso di inflazione del 15,9%).
Ciò
determina diverse dinamiche del costo del lavoro per dipendente. Infatti per il
2001 aumenta complessivamente del 2,9% (1,3% per operai e apprendisti e 3,9% per
dirigenti e impiegati).
Un ultimo
richiamo può essere fatto al costo del lavoro per unità di prodotto (Clup),
inteso come rapporto tra costo del lavoro per dipendente e produttività in
termini reali. Esso ha avuto un andamento assai contenuto negli ultimi anni:
fatto pari a 100 il 1990, eravamo a 121,4 nel ’97, a 121,7 nel ’98, a 125,9
nel ’99, a 124,7 nel 2000 e a 128,5 nel 2001. Anche se la serie storica, alla
luce dell’ultimo dato 2001 va rivista (nel senso che l’aggiunta di un nuovo
dato modifica un poco i dati precedenti), va considerato che l’aumento del
3,8% relativo al 2001 dipende in larga misura (visti gli elementi che compongono
il clup) dalla diminuita produttività e dalla crescita positiva, seppur
modesta, dell'occupazione..
Sulla base
di questi dati si possono dunque definire i seguenti punti:
-
l'andamento dell'inflazione reale è costantemente sopra a quello di
quella programmata di almeno un punto all'anno;
-
l'andamento delle retribuzioni metalmeccaniche segna una caduta pesante
della tutela delle retribuzioni lorde operaie rispetto all'inflazione, mentre
non avviene altrettanto per i livelli medio alti del lavoro impiegatizio e per i
dirigenti;
-
nel medio periodo è costante l'andamento del costo del lavoro per unità
di prodotto al di sotto dell'inflazione;
-
la crescita della produttività ha innanzitutto risentito
dell'insufficiente attività innovativa connessa ai carenti investimenti in
tecnologie per l'informazione e la comunicazione. La competitività delle
imprese deve passare per una crescita sostenibile della produttività della mano
d'opera e del complesso dei fattori produttivi, tale da finanziare sia programmi
di espansione che di sostenere aumenti delle retribuzioni in termini reali. In
questo senso ci sembra vada evidenziata la definizione descritta nella
"Relazione sulla competitività europea 2001" (Commissione delle
Comunità Europee), secondo cui per competitività si intende uno sviluppo
durevole nei redditi reali e nel tenore di vita associato alla disponibilità di
posti di lavoro. Si tratta certo di una definizione che amplia il più ristretto
concetto di competitività delle imprese ma che non pone in contraddizione
crescita del reddito reale pro capite e crescita della produttività del lavoro.
La Fiom ha
deciso al Congresso di confermare l'impostazione del precedente contratto,
secondo la quale nel contratto nazionale vanno rivendicate quote di salario
legate all'andamento del settore. Inoltre, la Fiom ha deciso di non considerare
più come riferimento unico l'inflazione programmata, non più credibile e non
più condivisa tra le parti sociali, ma quella attesa.
Sulla base
di queste considerazioni e dei dati si può dunque prevedere che la prossima
richiesta contrattuale dovrebbe prevedere una quota per il recupero
dell'inflazione pregressa pari a circa 2 punti, un'altra pari a una stima
dell'inflazione nel biennio pari a 4/5 punti, una quota pari all'andamento del
settore che può ridistribuire risorse senza intaccare i ritmi medi di sviluppo
della produttività del settore nella dimensione di 1 punto all'anno.
E' bene
tuttavia sottolineare che queste valutazioni prescindono dall'effetto che
avrebbe sui redditi da lavoro dipendente l'eventuale approvazione della
controriforma fiscale proposta dal Governo. E' chiaro che la modifica delle
aliquote a favore dei redditi più alti e i tagli alla spesa sociale, che
deriverebbero inevitabilmente dalla riduzione complessiva del gettito fiscale,
avrebbero ripercussioni profondamente negative sulle condizioni sociali e di
reddito del lavoro dipendente. E' evidente che i contratti non potrebbero che
tenere conto di questa nuova e profondamente negativa situazione.
Va inoltre
sottolineato che la Fiom ha sottoscritto, assieme a Fim e Uilm, la
"Dichiarazione di Francoforte" dei sindacati metalmeccanici europei,
nella quale si ritiene necessaria una politica di più forte ridistribuzione
salariale rispetto al passato.
Resta da
definire, e tocca farlo al dibattito politico nell'organizzazione, il peso che
si assegna alla ridefinizione dell'inquadramento e come affrontare la
sperequazione retributiva che ha colpito i salari operai.
In ogni
caso i primi dati qui elaborati, nonché le scelte della Fiom, ci indicano uno
spazio rivendicativo sul piano salariale nettamente superiore a quello degli
ultimi due rinnovi biennali.
Roma,
27 maggio 2002