Ufficio Migranti

I mandarini non cadono dal cielo, ma le parole cadono nel vuoto

 

“Vivevamo in fabbriche abbandonate senza acqua, né elettricità. Il nostro lavoro era mal pagato. Partivamo dai luoghi dove dormivamo alle 6 di mattina per ritornare solo la sera alle 20 per 25 euro che non tutti arrivavano nelle nostre tasche. A volte, dopo una giornata di duro lavoro non riuscivamo nemmeno a farci pagare. Si rientrava con le mani vuote, il corpo piegato dalla fatica.”

I mandarini non cadono dal cielo - Roma 30.01.2010

 

 

Malgrado la solidarietà che si è creata attorno a noi, non riusciamo a non avere la sensazione che stiamo ricevendo elemosina. Non si lavora e non siamo venuti in Italia per tendere la mano.

Siamo stati obbligati a lasciare Rosarno dove in ogni caso avevamo un lavoro, anche se nelle condizioni che tutto il mondo conosce. I giovani italiani, che noi ringraziamo e che ci stanno aiutando in tutte le iniziative che intraprendiamo, nonostante la loro grande volontà, non hanno il potere di trovarci un lavoro regolare.

Ricordiamo alle autorità di rispettare gli impegni assunti a parole e di mantenere le promesse fatte più di 40 giorni fa. Durante questa lunga attesa, molti di noi sono stati obbligati a ritornare nei campi per la semina dei pomodori a Foggia, Brindisi e Napoli. La schiavitù continua e le autorità non possono ignorarlo. Noi non siamo soli, con noi portiamo la speranza dei nostri figli, genitori, fratelli e sorelle, ai quali non mandiamo più soldi da gennaio, quando siamo stati cacciati dai nostri luoghi di lavoro.

Noi attraverso il lavoro vogliamo ritrovare la nostra dignità, perché la situazione che viviamo è dura da sopportare.

Nel nostro primo comunicato abbiamo chiesto alle autorità di riceverci e di ascoltare le nostre richieste, loro lo hanno fatto e ci sono state fatte delle promesse che a tutt’oggi non sono state mantenute.

Noi non possiamo realizzare né noi stessi, né i nostri progetti se non attraverso il lavoro.

La stagione nei campi inizierà presto e le imprese agricole della Regione Lazio hanno bisogno di 8000 lavoratori stagionali, 1300 nella sola provincia di Roma. Chi merita più di noi di far parte di questa schiera?

Dateci il lavoro che ci farà ritrovare una parte della nostra dignità perduta.

Obbligati ad abbandonare Rosarno dove vivevamo e lavoravamo nelle condizioni che voi tutti conoscete, in quelle stesse condizioni ora saremo costretti a ritornare per sopravvivere, senza la garanzia di una vita degna di questo nome.

 

 

Assemblea dei Lavoratori Africani di Rosarno a Roma

(traduzione a cura di Sveva Haertter)

 

Roma, 5 giugno 2010