Relazione di Giorgio Cremaschi alla
II Assemblea nazionale dei migranti metalmeccanici
Brescia, 14 novembre 2006 Con questa Assemblea intendiamo
dare vita a un’iniziativa continua della Fiom a tutela del lavoro
migrante metalmeccanico, nell’ambito del nostro impegno più generale
per conquistare la piena parità di diritti per tutte le migranti e i
migranti. Il nostro impegno riguarda sia le modifiche che chiediamo alla
legislazione, sia l’iniziativa vertenziale, sia le pratiche concrete
dell’organizzazione. Nella storia dei metalmeccanici i migranti sono
sempre stati una forza che ha permesso di cambiare le cose. Così è stato
per i migranti che sono venuti a lavorare al Nord dal Mezzogiorno
d’Italia. Ora si tratta di costruire le condizioni per cui i migranti
che vengono da altre nazioni possano esercitare appieno il loro diritto a
conquistare una vita sicura e dignitosa, a partire dai luoghi di lavoro.
Abbiamo bisogno della forza organizzata dei migranti e per questo dobbiamo
cambiare il modo di lavorare dell’organizzazione. Considerato che in
importanti province del Nord il lavoro migrante è ormai da ¼ a 1/3 della
forza complessiva dei metalmeccanici, dobbiamo far sì che questa forza
pesi nella contrattazione e nell’organizzazione. Occorre quindi
un’iniziativa di inclusione anche nella Fiom, sia costruendo
un’attitudine alla mediazione culturale nella nostra struttura
organizzata, sia facendo entrare nelle Rsu, nei direttivi, negli apparati
le lavoratrici e i lavoratori migranti. La stessa formazione sindacale,
che intendiamo rilanciare ovunque, deve fornire strumenti per comprendere
la nuova realtà del lavoro migrante nelle nostre fabbriche. In sintesi
dobbiamo considerare l’organizzazione del lavoro migrante una delle
frontiere fondamentali per la crescita del potere contrattuale dei
lavoratori e della Fiom nei luoghi di lavoro. Intendiamo qui riassumere,
ribadire, approfondire i temi e le questioni più urgenti, definendo così
anche il nostro impegno concreto. 1 – Diritti e leggi Vogliamo innanzitutto ribadire
l’impegno per il quale siamo scesi in piazza il 4 novembre e cioè la
totale abrogazione della Bossi-Fini, l’eliminazione dei Cpt, la fine del
regime persecutorio nei confronti dei migranti che chiedono il permesso di
soggiorno per lavorare. Occorre abbattere i costi
delle pratiche amministrative, che invece sono aumentati con la
finanziaria e, soprattutto, rendere la pratica per il permesso di
soggiorno un elemento trasparente e normale nella vita del lavoratore
migrante e non quel momento di abuso e precarietà simboleggiato dalle
file di fronte alle questure e agli edifici pubblici. Va totalmente soppresso il
principio che lega rigidamente il permesso di soggiorno al rapporto di
lavoro. Principio che ha, nei fatti, privatizzato il permesso di soggiorno
dando all’impresa sia il potere di licenziare sia quello di espellere il
lavoratore e i suoi familiari. Occorre, in generale, una
nuova disciplina dell’accoglienza che riconosca la personalità, la
cultura, la storia e i diritti dei migranti, dalla libertà di culto al
titolo di studio. Occorre andare a un
superamento della vessazione amministrativa e a una semplificazione delle
pratiche, sia in Italia sia nei paesi di residenza. Va agevolato il
ricongiungimento familiare. Chiediamo poi l’affermazione
del diritto di voto, intanto per le elezioni amministrative, per i
migranti residenti da diversi anni e la progressiva sostituzione del
principio del diritto di sangue con quello di suolo e l’assegnazione
della cittadinanza. I figli dei migranti che
nascono in Italia devono poter essere anche cittadini italiani.
2 – Lotta alla precarietà Con la grande manifestazione
del 4 novembre abbiamo voluto riportare al centro politico la questione
della lotta alla precarietà, il lavoro migrante è precario due volte,
perché vive le condizioni di precarietà che colpiscono tutto il mondo
del lavoro, e a queste aggiunge quelle della propria specifica condizione.
La lotta alla precarietà e al
lavoro nero tra i migranti non può essere vista come separata da quella
che stiamo conducendo per abrogare Il lavoro migrante in
particolare è interessato alla riscrittura delle norme e all’intervento
dell’autorità e del sindacato su tutte le forme di decentramento e
appalti. Va affermato il principio di responsabilità dell’azienda madre
per tutto il lavoro che essa affida ad altri. Va affermata la piena parità
contrattuale del lavoro nei cantieri assieme alla lotta a fondo contro
tutte le pratiche che, con le assunzioni all’estero di lavoratori che
vengono poi a lavorare in appalto in Italia, aggirano norme e contratti e
nei fatti mettono in pratica la direttiva Bolkestein senza che essa sia
stata ancora varata. Occorre un rafforzamento di
tutte le attività ispettive, perché il lavoro migrante è un crocevia di
violazioni di norme e contratti. Occorre che la questione della salute e
della sicurezza siano affrontate specificamente rispetto alle condizioni
dei migranti. Nella lotta al lavoro nero
consideriamo poi decisivo il principio del coinvolgimento diretto del
lavoratore sfruttato e quindi rivendichiamo il permesso di soggiorno per
il lavoratore che denuncia il lavoro nero e anche per i suoi familiari. 3 – Questioni sociali La condizione dei lavoratori
migranti oggi esalta tutte le contraddizioni del nostro stato sociale e
gli arretramenti nei diritti di tutti. La questione della casa, della
scuola, della sanità, sono temi centrali che richiedono una politica
sociale diversa dal passato, capace di includere non di escludere. Rivendichiamo un piano
generale per la casa che, affrontando i problemi delle abitazioni per
tutti, e non utilizzando la questione dell’abitabilità come strumento
per emarginare e colpire i migranti, assegni uno spazio specifico alle
esigenze dei migranti. Bisogna costruire case per i nativi come per i
migranti. Rivendichiamo altresì il
diritto allo studio e quello alla salute, con adeguato potenziamento delle
strutture pubbliche. 4 – Pensioni e Tfr I migranti contribuiscono
spesso gratuitamente all’equilibrio del sistema pensionistico italiano.
Chiediamo il diritto dei lavoratori migranti a non perdere quanto maturato
come contributi, se tornano nei loro paesi. Per quanto riguarda il Tfr la
nuova normativa rischia di essere ulteriormente penalizzante per i
migranti, perché il principio del silenzio-assenso, che non condividiamo,
toglie diritti a chi, come i migranti, ha meno informazione. I migranti
non possono accedere al fondo Cometa con le stesse prospettive dei nativi;
c’è quindi il rischio che essi perdano i soldi ed è quindi necessaria
una diversa e maggiore tutela per essi. Il Tfr per molti migranti è
uno strumento per finanziare viaggi e trasferimenti o per la casa. Occorre
quindi una normativa specifica su pensioni e Tfr che tuteli i diritti dei
migranti, e dei loro familiari. 5 – Lavoro e contratti L’iniziativa vertenziale per
la limitazione dei contratti precari e la stabilizzazione va rivolta con
particolare determinazione nelle realtà ove è presente il lavoro
migrante. Già nell’ultima vertenza contrattuale e normativa, che si
concluse con l’accordo separato, avevamo posto una serie di diritti
specifici per il lavoro migrante. Vogliamo ribadirli in vista del nuovo
rinnovo contrattuale, per il quale siamo impegnati a realizzare una
piattaforma unitaria. In particolare vogliamo
conquistare nel contratto il diritto a una gestione del tempo funzionale
alla condizione dei migranti, con la possibilità di cumulare le ferie e
le riduzioni d’orario per i viaggi nel paese di origine. Occorre agevolare l’utilizzo
dei congedi parentali e dei permessi per le pratiche amministrative. Vogliamo inoltre che nelle
imprese metalmeccaniche la questione linguistica sia affrontata a tutti i
livelli, in particolare sulle norme di lavoro e sulle condizioni di
sicurezza. Ci devono essere indicazioni in più lingue per tutte le
attività fondamentali, soprattutto rivolte ai lavoratori appena arrivati.
Chiediamo poi la
generalizzazione, anche oltre le percentuali contrattuali, dell’utilizzo
delle 150 ore per corsi per i migranti, con al centro l’apprendimento
della lingua italiana e delle principali norme, nonché dei diritti
sanciti dalla Costituzione. Va sviluppata la formazione
professionale con ricadute sull’inquadramento, che per i migranti è
quasi sempre inferiore a quello degli altri lavoratori. Occorre un’attività
specifica sul terreno della sicurezza e della salute rivolta verso i
migranti e, in particolare, nelle situazioni di appalto e decentramento
produttivo. Va affermato il principio che
la mensa deve rispettare i diritti e le consuetudini religiose dei
migranti, mentre occorre garantire nelle imprese il rispetto delle
principali festività religiose attraverso permessi o accordi sugli orari.
E’ comunque impegno del
sindacato contrastare ovunque eventuali pratiche discriminatorie, anche
con la definizione di specifici protocolli. 6 – L’organizzazione
della Fiom Vogliamo dare vita a un
coordinamento nazionale, formalmente definito, dei migranti che abbia la
possibilità di formulare proposte e di intervenire sulle decisioni della
Fiom su tutti i temi di fondo, compresi i contratti nazionali. Vogliamo organizzare in tutte
le principali province ad alta densità migranti coordinamenti
territoriali, con le stesse funzioni rispetto alle questioni specifiche
del territorio. L’organizzazione deve essere
impegnata a promuovere e sostenere candidature di migranti nell’elezione
delle Rsu. Occorre affermare il principio
che abbiamo deciso al congresso di una corrispondenza tra gli organismi
della Fiom e la presenza del lavoro migrante, con l’impegno da qui a un
anno a inserire un adeguato numero di lavoratrici e lavoratori migranti a
tutti i livelli dell’organizzazione. Va definito un programma
specifico di formazione rivolto al lavoro migrante, con l’organizzazione
di corsi che siano in grado di stabilire un’effettiva mediazione
culturale. Anche per le strutture della Fiom intendiamo realizzare moduli
formativi che permettano di comprendere la realtà del lavoro migrante e
che operino a favore della mediazione culturale e dell’inclusione. |