Circolare Inps sugli orari. conferma tutti gli allarmi della Fiom sulla flessibilità.

 

Roma, 12 dicembre 2003

invio in allegato copia della circolare INPS n.181 del 12/3/2003 in materia di “orario di lavoro”. Come potrete constatare in primo luogo l’INPS riepiloga l’ambito di applicazione del Dlgs 66/03: tutti i settori pubblici e privati ad eccezione del lavoro della gente di mare, del personale di volo dell’aviazione civile, dei lavoratori  neobili per le materie contenute nella Direttiva 2002/15/CE. Esse, infatti, essendo specifiche superano le norme generali.

Nella circolare INPS non viene citato il caso della scuola, tuttavia ne ricordo l’esclusione, così come il rinvio a specifiche contrattazioni nel caso dei settori pubblici.

L’estensione delle norme agli apprendisti maggiorenni richiede una particolare attenzione giacché vengono a decadere i limiti previsti dalla legge 25/1955 delle 8 ore giornaliere e 44 settimanali così come il divieto di lavoro notturno dalle ore 22,00 alle ore 6,00.

 

Definizione di orario di lavoro.

L’INPS si sofferma sulla definizione di orario di lavoro nell’ambito della quale non è più presente alcun riferimento alla nozione di orario di lavoro effettivo.

In precedenti circolari è stato evidenziato che quel mancato riferimento non va inteso nel senso di considerare “orario di lavoro” soltanto il tempo dedicato al lavoro, ma anche quello in cui il lavoratore è disponibile e presente nel luogo di lavoro.

 

Orario normale di lavoro.

L’INPS ricorda che l’art.3 del Dlgs 66/03 fissa in 40 ore settimanali l’orario normale e richiama la possibilità che i contratti collettivi stabiliscano una durata minore delle prestazioni in un periodo non superiore all’anno. Viene confermato quanto già previsto dall’art.13 della legge 196/’97 (Pacchetto Treu), mentre decade il rifermino alla contrattazione collettiva nazionale.

Sottolineo questo aspetto per richiamare la vostra attenzione sul fatto che nel Dlgs 66/03 è scomparsa qualsiasi gerarchia contrattuale, anzi è generalmente assente qualsiasi richiamo a quella nazionale. Se ne deduce una generica estensione delle prerogative a tutti i livelli della contrattazione collettiva con effetti che potrebbero essere di frammentazione esasperata delle regolamentazioni in materia di organizzazione dell’orario di lavoro: dalla durata dell’orario alle pause e riposi, dall’organizzazione dell’orario di lavoro notturno alle tutele per i singoli lavoratori.

 

Durata massima dell’orario di lavoro.

L’INPS rimarca che il Dlgs 66/03 non stabilisce un limite legale giornaliero, ma soltanto il diritto al riposo giornaliero non inferiore alle 11 ore di riposo consecutive ogni 24 ore. Sono previste, tuttavia deroghe.

L’art. 4 del Dlgs 66/03 fissa un limite di durata massima settimanale di 48 ore per un periodo di 7 giorni e comprensivo delle ore di lavoro straordinario. I contratti collettivi fissano tale limite considerando che la durata media dell’orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento ad un periodo non superiore a 4 mesi. Il periodo può essere elevato a 6 mesi fino a 12 mesi per ragioni obiettive, tecniche inerenti all’organizzazione del lavoro secondo scelte della contrattazione collettiva richiamata senza alcun ambito di riferimento.

 

Criteri di computo.

Viene ricordato che l’art.6 del Dlgs 66/03 esclude dal computo della media settimanale le assenze per malattia o ferie così come le ore di lavoro straordinario nell’ipotesi che la lavoratrice o il lavoratore interessato fruiscano di riposi compensativi. D’altra parte non vengono salvaguardate le diverse soluzioni contrattuali.

 

Il lavoro straordinario.

E’ definito “orario di lavoro straordinario” quello prestato oltre l’orario normale di lavoro e i contratti collettivi ne regolamentano le modalità di esecuzione: In assenza di regole contrattuali, il limite individuale è fissato in 250 ore annue, mentre vengono soppressi i limiti di 80 ore trimestrali e 12 ore settimanali.

L’INPS ricorda che restano in vigore le norme previste dalla legge 549/’95 in materia di contributo aggiuntivo: per le imprese con più di 15 dipendenti, il 5 per cento della retribuzione oraria relativa, 10 per cento nelle imprese industriali per le ore eccedenti le 44 e 15 per cento, indipendentemente dal numero dei lavoratori occupati, per quelle eccedenti le 48 ore. Nel caso degli apprendisti maggiorenni il contributo aggiuntivo riguarda le ore prestate in eccedenza fino alla soglia massima delle 44 ore settimanali per un importo pari al 5 per cento.

Come è noto il Dlgs 66/03 affronta, inoltre, le materie dell’orario di lavoro notturno, pause di lavoro, riposo giornaliero e riposo settimanale, ferie.

Si coglie l’occasione di questa circolare per un breve riepilogo delle principali modifiche introdotte alle norme sul lavoro notturno.

 

Lavoro Notturno.

Esso è regolato dagli articoli che vanno dal n.11 fino a 15 e vengono introdotte modifiche a quelle norme che avevano ispirato la contrattazione collettiva, in primo luogo, quella nazionale. Le modifiche riguardano, in particolare, il superamento della priorità assoluta nell’adibizione al lavoro notturno per chi ne faceva domanda, mentre viene affidata alla contrattazione collettiva la possibilità di prevedere escludioni dal turno notturno.

La durata del lavoro notturno è indicata in 8 ore medie su ventiquattro e viene soppresso l’esplicito affidamento alla contrattazione collettiva a definire riduzioni di orario e relative maggiorazioni retributive.

Tra le modifiche più gravi vi è quella che riguarda la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori in turno notturno: è decaduto, infatti, l’obbligo, per le aziende, al trasferimento in turno diurno in caso di sopravvenuta inidoneità. Esso dovrebbe essere assoggettato ad una verifica della disponibilità ed esistenza di mansioni equivalenti.

Non si esclude, cioè, che la contrattazione collettiva possa prevedere l’assegnazione a mansioni non equivalenti.

Queste norme così come quelle inerenti alle deroghe fino al profilo principale che assume la contrattazione collettiva richiedono senz’altro un costante intervento del sindacato: da quello di categoria alle RSU, affinché siano preservate le norme contrattuali vigenti. Occorre, cioè, preservarne il contenuto e la loro unitarietà nell’ambito di un quadro normativo contrattuale fondato sull’interdipendenza tra i diversi livelli di contrattazione.

 

 

ALL.1

 

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Circolare numero 181 del 1-12-2003.htm

  
D.Lgs. 8.4.2003, n. 66.
Riforma della disciplina in materia di orario di lavoro in attuazione delle direttive 93/104/Ce e 2000/34/Ce.   

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Direzione Centrale

delle Entrate Contributive

 

 

 

Ai

Dirigenti centrali e periferici

 

Ai

Direttori delle Agenzie

 

Ai

Coordinatori generali, centrali e

Roma, 1 Dicembre 2003

 

periferici dei Rami professionali

 

Al

Coordinatore generale Medico legale e

 

 

Dirigenti Medici

 

 

 

Circolare n.  181

 

e, per conoscenza,

 

 

 

 

Al

Commissario Straordinario

 

Al

 Vice Commissario Straordinario

 

Al

Presidente e ai Membri del Consiglio

 

 

di Indirizzo e Vigilanza

 

Al

Presidente e ai Membri del Collegio dei Sindaci

 

Al

Magistrato della Corte dei Conti delegato

 

 

all’esercizio del controllo

 

Ai

Presidenti dei Comitati amministratori

 

 

di fondi, gestioni e casse

 

Al

Presidente della Commissione centrale

 

 

per l’accertamento e la riscossione

 

 

dei contributi agricoli unificati

 

Ai

Presidenti dei Comitati regionali

 

Ai

Presidenti dei Comitati provinciali

 

OGGETTO:

D.Lgs. 8.4.2003, n. 66. Riforma della disciplina in materia di orario di lavoro in attuazione delle direttive 93/104/Ce e 2000/34/Ce.

 

SOMMARIO:

D.Lgs. 8.4.2003, n. 66. Riforma della disciplina in materia di orario di lavoro in attuazione delle direttive 93/104/Ce e 2000/34/Ce.

 

PREMESSA

Il decreto legislativo 8.4.2003, n. 66, pubblicato in Supplemento Ordinario n. 61 alla Gazzetta Ufficiale n. 87 del 14.4.2003 ed entrato in vigore il 29.4.2003, dà attuazione alle direttive n. 93/104/Ce e 2000/34/Ce e regola i profili di disciplina del rapporto di lavoro connessi all’organizzazione dell’orario di lavoro, al fine di realizzare un adeguato livello di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

 

RIEPILOGO DELLE PRINCIPALI DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ORGANIZZAZIONE DELL’ORARIO DI LAVORO

 

Ambito di applicazione

Le norme del D.Lgs. n. 66/2003 trovano applicazione, in base all’art. 2, co. 1, a tutti i settori pubblici e privati, ad eccezione del lavoro della gente di mare, del personale di volo dell’aviazione civile e dei lavoratori mobili (con riferimento ai profili di cui alla direttiva 2002/15/Ce)(1). Il co. 4 dell’art. 2 dispone inoltre che la nuova disciplina si applica anche agli apprendisti maggiorenni, per i quali, in precedenza, l’art. 11, co. 1, della legge n. 25/1955 conteneva specifiche disposizioni.  Per effetto di tale previsione si ha la piena equiparazione di tali soggetti, nella materia trattata dal decreto in oggetto, alla generalità dei lavoratori.

 

Definizione di orario di lavoro

In base all’art. 2, co. 1, lett. a) del D.Lgs. n. 66/2003, costituisce orario di lavoro qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni.

 

Orario normale di lavoro

L’art. 3 dispone che l’orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali e che i contratti collettivi possono stabilire una durata minore e riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni di lavoro in un periodo non superiore all’anno.Viene quindi confermato il meccanismo di determinazione dell’orario normale di lavoro previsto dall’art. 13 della legge n. 196/1997. La norma non contiene più, tuttavia, la previsione secondo la quale la possibilità di definizione dell’orario su base plurimensile é attribuita ai soli contratti collettivi nazionali, cosicché devono ritenersi abilitate in tal senso le fonti collettive di qualsiasi livello.

 

Durata massima dell’orario di lavoro

Il D.Lgs. n. 66/2003 non stabilisce un limite legale giornaliero di durata dell’orario di lavoro, definendo, per converso, soltanto il diritto al riposo giornaliero del lavoratore, che non può essere inferiore, ai sensi dell’art. 7, co. 1, alle undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore.

L’art. 4, co. 1, introduce inoltre un limite di durata massima settimanale dell’orario di lavoro. Tale limite legale viene individuato con riferimento ad un periodo di sette giorni ed include le ore di lavoro straordinario. Pertanto la durata massima dell’orario di lavoro stabilita dai contratti collettivi ai sensi del co. 1 dell’art. 4  non può comunque superare, ai sensi del successivo co. 2, le 48 ore per ogni periodo di sette giorni, comprese le ore di lavoro straordinario.

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha precisato con lettera circolare n. 5/27373/70 dell’ 11.9.2003 (relativa all’adempimento degli obblighi di comunicazione connessi al superamento delle 48 ore settimanali attraverso prestazioni di lavoro straordinario) che non può darsi della settimana lavorativa una definizione rigida. Si può quindi considerare tale ogni periodo di sette giorni, con la conseguente possibilità per i datori di lavoro di far decorrere la settimana di riferimento a partire da qualsiasi giorno, ovvero in alternativa di ritenere quale settimana quella prevista dal calendario (dal lunedì alla domenica).

Ai fini dell’applicazione in materia di durata massima settimanale dell’orario di lavoro, il co. 3 dell’art. 4 precisa che la durata media dell’orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento ad un periodo non superiore a 4 mesi.

Con circolare n. 27 del 30.7.2003 lo stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha identificato quale termine iniziale per la decorrenza del criterio legale di computo della media settimanale il 30.4.2003.

Ciò anche con riferimento ai casi di cui al successivo co. 4, in base al quale i contratti collettivi possono elevare il limite di cui al co. 3 fino a 6 ovvero fino a 12 mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro, che siano specificate negli stessi contratti collettivi. Il periodo di riferimento ai fini del calcolo della durata massima media dell’orario settimanale può essere individuato, oltre che secondo il criterio fisso indicato dalla legge (cioè a partire dal 30.4.2003) anche diversamente, essendo necessaria ai fini della verifica del rispetto della media settimanale soltanto la predeterminazione, e quindi la certezza, dei termini iniziale e finale del periodo stesso nonché della collocazione dei sette giorni di riferimento. Il superamento dei limiti settimanali può essere individuato solo a consuntivo, cioè al termine del periodo di riferimento legale di 4 mesi a decorrere dal 30 aprile 2003 ovvero di quello indicato dalla contrattazione collettiva.  Ai fini della verifica del rispetto o meno dei termini di riferimento faranno fede, in caso di determinazione contrattuale del periodo di riferimento, le indicazioni contenute nella comunicazione alla Direzione provinciale del lavoro.

Dal computo della media settimanale di cui all’art. 4 devono essere esclusi, per espressa disposizione dell’art. 6 del D.Lgs. n. 66/2003, i periodi di ferie annue e i periodi di assenza per malattia.

Le stesse ore di straordinario prestate non si computano ai fini della media settimanale nell’ipotesi in cui il lavoratore fruisca di riposi compensativi in alternativa o in aggiunta alla maggiorazione retributiva dovuta per lavoro straordinario, in base a quanto precisato dal co. 2 dello stesso articolo.

 

Il lavoro straordinario

L’art. 1, co.2, lett. c) del D.Lgs. n. 66/2003 definisce quale lavoro straordinario quello prestato oltre il normale orario di lavoro, così come definito dall’art. 3, quindi quello prestato oltre la quarantesima ora, ovvero oltre la minore durata stabilita dai contratti collettivi ai sensi dell’art. 3, co. 2.

Premessa l’enunciazione di principio che il ricorso al lavoro straordinario deve essere contenuto, l’art. 5 del D.Lgs. n. 66/2003 dispone che i contratti collettivi regolamentano le modalità di esecuzione del lavoro straordinario nel rispetto dei limiti di durata massima dell’orario di lavoro.

L’art. 4, co. 2, del D.Lgs. n. 66/2003, nel disporre che la durata media dell’orario di lavoro non può superare le 48 ore per un periodo di 7 giorni, comprese le ore di lavoro straordinario definisce  nuovi limiti di ricorso al lavoro straordinario.

In difetto di una disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso solo previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore per un periodo che non superi le duecentocinquanta ore annuali. Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, il ricorso al lavoro straordinario è inoltre ammesso in relazione alle particolari fattispecie indicate al co. 4 dell’art. 5 del D.Lgs. n. 66/2003(3). Gli stessi contratti collettivi possono consentire che, in alternativa o in aggiunta alla maggiorazione retributiva prevista dall’art. 5, co. 5, i lavoratori fruiscano di riposi compensativi.

In tal caso le ore di lavoro straordinario prestate non si computano, come sopra indicato, ai fini della media settimanale di cui all’art. 4.

 

 

CONTRIBUTO AGGIUNTIVO SUL LAVORO STRAORDINARIO

 

Le disposizioni del D.Lgs. n. 66/2003 regolano, per espressa indicazione dell’art. 1, i profili di disciplina del rapporto di lavoro connessi all’organizzazione dell’orario di lavoro e non determinano alcuna modifica in materia di disciplina del contributo aggiuntivo sul lavoro straordinario.

La legge n. 549/1995, quale apposita fonte normativa di disciplina di tale contribuzione, ha dettato al co. 18 dell’art. 2 una definizione di lavoro straordinario ai soli fini dell’applicazione della contribuzione da essa prevista, a conferma della autonomia delle disposizioni in materia contributiva rispetto a quelle in materia organizzativa dell’orario di lavoro, nozione e disciplina che rimangono integralmente in vigore, e per l’applicazione delle quali si rimanda alle circolari emanate nel tempo (4).

 

Superamento del limite settimanale

L’introduzione del limite massimo delle 48 ore su sette giorni non incide sulla previsione del versamento di una contribuzione pari al 15%  sul lavoro straordinario prestato oltre  la 48esima ora per le aziende industriali ovvero pari al 5% per le imprese diverse da quelle industriali. 

Come sopra è stato precisato, le disposizioni del D.Lgs. n. 66/2003 non modificano la materia del versamento della contribuzione aggiuntiva sul lavoro straordinario, quale disciplinata dall’art.2 della legge n. 549/1995. Non è inoltre sanzionata la violazione del limite settimanale di svolgimento del lavoro straordinario. Ne consegue che detto contributo rimane in vigore ed è dovuto ogni qualvolta si verifichi a consuntivo del periodo individuato ai fini del calcolo della media settimanale il superamento del limite massimo delle 48 ore di lavoro, fermo restando il versamento della contribuzione pari al 5% per le ore di straordinario svolte dalla quarantesima ora fino alla quarantottesima, elevato al 10% per le imprese industriali con più di 15 dipendenti per le ore successive alla quarantaquattresima.

 

Esclusioni

Tenuto conto della definizione orario di lavoro contenuta nell’art. 2, co. 1, lett. a), quale “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività e delle sue funzioni”, si osserva che l’art. 16, co. 1, lettere da a) a p) del decreto n. 66/2003 elenca una serie di attività che sono escluse dall’ambito di applicazione della disciplina della sola durata settimanale dell’orario dettata dall’art. 3 dello stesso (che individua quale orario normale di lavoro quello delle 40 ore settimanali) e non anche dall’applicazione dell’art. 4, che individua la durata massima dell’orario di lavoro, fissata in 48 ore per un periodo di 7 giorni (come sopra illustrato); ne consegue che anche le  attività indicate nelle lettere da a) a p) del co. 1 dell’art. 16 sono soggette ai limiti di durata massima settimanale dell’orario di lavoro indicati del decreto n. 66/2003 (5).

Pertanto anche in tali settori l’eventuale superamento del limite delle 48 ore settimanali, in caso di superamento dei limiti multiperiodali, comporta il versamento del contributo aggiuntivo sul lavoro straordinario, a decorrere dalla verifica a consuntivo del superamento del limite. Sono inoltre fatte salve le condizioni di miglior favore stabilite dai contratti collettivi nazionali.

Per quanto attiene, invece il lavoro straordinario prestato tra la quarantesima e la quarantottesima ora in questi stessi settori (che rimangono esclusi dal limite di durata settimanale di cui all’art. 3 del D.Lgs. n. 66/2003), sono stati richiesti chiarimenti al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali circa la perdurante applicabilità delle istruzioni di cui alla circolare n. 100 del 1996, attesa la provvisorietà delle stesse nonché la rinnovata nozione di orario di lavoro contenuta nel D.Lgs. n. 66/2003. Nelle more delle indicazioni ministeriali continuano a trovare applicazione le disposizioni di cui alla circolare dell’Istituto n. 174 del 1996  per le attività indicate nelle lettere da a) a n) dell’art. 16, co. 1, del D.Lgs. n. 66 del 2003 . Per le attività indicate alle lettere o) e p) di quest’ultima norma, invece, il versamento del contributo aggiuntivo sul lavoro straordinario è comunque dovuto anche per le ore dalla quarantesima alla quarantottesima, in quanto non contemplate nell’elenco contenuto nella circolare n. 100 del 1996 del Ministero del lavoro.   

 

Deroghe

L’art. 17 del D.Lgs. n. 66/2003 prevede alcune deroghe alla disciplina in materia di riposo giornaliero, pause, lavoro notturno e durata massima settimanale dell’orario di lavoro. Riveste interesse ai fini della presente circolare quanto disposto dal comma 5 della norma che stabilisce, tra l’altro, che le disposizioni di cui agli articoli 3 e  4 dello stesso decreto legislativo non si applicano ai lavoratori la cui durata dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata, non è misurata o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi e in particolare, quando si tratta di: dirigenti, personale direttivo delle aziende o di altre persone aventi potere di decisione autonomo, manodopera familiare, lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose,  prestazioni rese nell’ambito di rapporti di lavoro a domicilio e di telelavoro. A causa della particolare natura dei rapporti di lavoro e le particolari modalità di esecuzione della prestazione di lavoro, per il personale dirigenziale e con funzioni direttive e per i lavoratori a domicilio non è dovuto, come noto, il versamento del contributo aggiuntivo sul lavoro straordinario. Per quanto attiene, invece, alle prestazioni rese nell’ambito dei rapporti di telelavoro, lo stesso contributo aggiuntivo deve essere versato in assenza di esplicite previsioni normative di esonero.

 

Apprendisti maggiorenni

La piena equiparazione degli apprendisti maggiorenni agli altri lavoratori disposta dall’art. 2, co. 4, del D.Lgs. n. 66/2003 comporta l’assoggettamento al contributo aggiuntivo sul lavoro straordinario delle ore prestate in eccedenza fino alla soglia massima delle 44 ore settimanali pari al 5%.

 

IL DIRETTORE GENERALE f.f.

TOMASSINI

NOTE

1)      Il co. 2 dell’articolo 2 rimanda, per le particolari categorie di personale in esso elencate, all’emanazione di un decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, e della salute, economia e delle finanze e per la funzione pubblica, da adottare entro 120 giorni dall’entrata in vigore del decreto.

2)      Cfr. circolare INPS n. 15 del 24.01.1998.

3)      Il testo dell’art. 5, co. 4 è il seguente: “Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario è inoltre ammesso in relazione a :

a)      casi di eccezionali esigenze tecnico-produttive e di impossibilità di fronteggiarle attraverso l’assunzione di altri lavoratori;

b)      casi di forza maggiore o casi in cui la mancata esecuzione di prestazioni di lavoro straordinario possa dare luogo ad un pericolo grave ed immediato ovvero a un danno alle persone o alla produzione;

c)      eventi particolari, come mostre, fiere e manifestazioni collegate alla attività produttiva, nonché allestimento di prototipi, modelli o simili, predisposti per le stesse, preventivamente comunicati agli uffici competenti ai sensi dell’articolo 19 della legge 7.8.1990, n. 241, come sostituito dall’art. 2, comma 10, della legge 24.12.1993, n. 537, e in tempo utile alle rappresentanze sindacali aziendali.

4)      Cfr. Circolari n. 40 del 20.2.1996, n. 174 28.8.1996, n. 246 del 10.12.1996, n. 264 del 30.12.1996, n. 13 del 23.1.1997, n. 247 del 29.11.1997.

5)      Le deroghe alle nuove disposizioni sono indicate agli articoli 16 (relativo alle deroghe alla disciplina della durata settimanale dell’orario) e 17 (relativo alle deroghe in materia di riposo giornaliero, pause, lavoro notturno, durata massima settimanale) del D.Lgs. n. 66/2003.