Siglata ipotesi di accordo sugli esuberi alla Tenaris/Dalmine di Bergamo

 

È stata siglata il 2 agosto tra la direzione Tenaris/Dalmine e la delegazione della Rsu, con Fim, Fiom, Uilm di Bergamo, un’ipotesi di accordo per la gestione del piano della riorganizzazione del settore impiegati dopo l’apertura da parte dell’azienda, il 27 maggio 2004, della procedura di mobilità per 136 lavoratori.

Ci sono voluti sei mesi di trattativa per arrivare (entro il limite massimo di tempo previsto dalla procedura di mobilità, vale a dire l’11 agosto), grazie soprattutto alla fermezza della Fiom Cgil, a un testo che la delegazione trattante giudica buono: non si deroga al principio del licenziamento e ci sono una serie di garanzie per tutti i lavoratori interessati.

Il livello degli incentivi all’esodo è buono, ed essendo indirizzati anche a lavoratori al di fuori delle aree interessate dagli esuberi, permetterà scambi interni.

Tutti gli strumenti indicati (trasformazione in part-time, ricollocazione interna aziendale o interaziendale, contratti di solidarietà, incentivi alla mobilità, novazione che consente di  mantenere il proprio trattamento economico pur passando da impiegato a operaio) sono accessibili volontariamente; a chi non può accedere ai vari strumenti verrà offerto un posto operaio compatibile con le proprie caratteristiche individuali.

 

Questo, in estrema sintesi, l’accordo.

La sigla ufficiale avverrà a settembre, dopo le assemblee e la riunione delle Rsu al completo; l’azienda si è impegnata a tenere tutto fermo fino ad allora e a realizzare il piano tra settembre del 2004 e marzo del 2005, con due riunioni, a dicembre e a febbraio, per fare il punto della situazione.

La vertenza Tenaris/Dalmine parte da lontano: nel 2003, dopo la privatizzazione del gruppo Dalmine (passata dalle partecipazioni statali al gruppo Techint nel 1996, colosso globale con sede in Argentina), la Dalmine è entrata a tutti gli effetti nel gruppo Tenaris (con un’operazione di cambio azionario).

Nel marzo 2004 l’azienda ha ufficializzato che alcune funzioni, soprattutto impiegatizie, sarebbero venute meno in quanto spostate in altri paesi (Argentina, Uruguay, Cina ecc.) e altre perché sarebbero stati completati progetti informatici, oltre alla cessione ad altre aziende di alcuni servizi.

L’azienda, fin dall’inizio, ha escluso il ricorso alla cassa integrazione straordinaria e la dichiarazione dello stato di crisi con motivazioni legate al tipo di riorganizzazione.

Tutte le riorganizzazioni precedenti, compresa quella del 1999, quando l’azienda era già stata privatizzata, erano state gestite con la cigs e con il passaggio di tutti i lavoratori interessati dalla mobilità alla pensione; stavolta invece solo una parte minoritaria dei 136 esuberi avrebbe potuto optare per questa soluzione.

L’azienda, pur presentando un piano industriale di garanzia per il futuro delle unità produttive in Italia, pur offrendo una serie di incentivi economici e disponibilità a ragionare sulla possibilità di trasformare il rapporto di lavoro da full a part-time e da impiegatizio a operaio, con ricollocazioni sia interne che esterne, ha invece continuamente opposto resistenza a una gestione che prevedesse l’esodo volontario.

Le tre organizzazioni sindacali e le Rsu, che erano partite unitariamente sul concetto di volontarietà, si sono presto divise tra Fim e Uilm da una parte, che spingevano per fare un accordo a ogni costo e la Fiom che invece insisteva sul concetto che nessun lavoratore doveva essere espulso dall’azienda senza il proprio consenso.

A questo punto la Fiom  non ha escluso di arrivare a un mancato accordo  (la procedura scade l’11 agosto), con il rischio per l'azienda di dover espellere i lavoratori più giovani anziché quelli da lei individuati.

In occasione dell’appuntamento all’ufficio regionale del lavoro, previsto dalla legge sulla mobilità, l’azienda ha lasciato intravedere nuove disponibilità anche sul punto cruciale della consensualità e quindi la trattativa è ripresa.

Si è riusciti, su proposta della Fiom-Cgil, a inserire come ulteriore strumento di salvaguardia dei posti di lavoro, il ricorso al contratto di solidarietà e la disponibilità dell’azienda a garantire a tutti un posto di lavoro operaio compatibile con le caratteristiche individuali.

La trattativa si è però interrotta di nuovo nella notte del 27 luglio perché nella formulazione dei testi l’azienda chiedeva di firmare il ricorso alla legge di mobilità (quindi il licenziamento) per coloro che alla fine del percorso non avessero trovato nessuna ricollocazione.

La Fiom-Cgil insisteva nel proporre una formulazione che prevedesse ulteriori passaggi sindacali per evitare di arrivare ai licenziamenti; di fronte a tale ferma determinazione l’azienda ha successivamente valutato che probabilmente era disponibile a rinunciare al principio dopo aver tentato, fino all’ultimo, di lavorare sulle divisioni sindacali per arrivare ad un accordo a lei favorevole.

Nei prossimi giorni verranno discussi dall’insieme della Rsu i contenuti dell’intesa per una valutazione e per attivare, nella prima settimana di settembre, le assemblee di illustrazione; le parti hanno infatti stabilito di comune accordo di non procedere all’applicazione operativa sino alla ratifica definitiva dell’accordo da parte delle lavoratrici e dei lavoratori.

Fiom-Cgil Bergamo

Bergamo, 3 agosto 2004