Nota di sintesi dopo il Coordinamento nazionale della siderurgia del 3 luglio 2009


 

Il coordinamento ha discusso sulla situazione del settore siderurgico, le prospettive di gestione della crisi, il bilancio e il coordinamento della contrattazione di secondo livello.

Le prospettive di uscita dalla crisi

Oltre ai fenomeni di speculazione finanziaria che sono stati descritti, si può definire la crisi globale che stiamo attraversando come crisi da sovrapproduzione. Sovrapproduzione non coperta dai redditi necessari per il suo consumo, e questo vale per i redditi medio bassi, che non si sono rivalutati in questi anni, nei paesi industrializzati e ancor di più per quelli del sud del mondo. O meglio, si tratta di sovrapproduzione di determinati beni, mentre, a livello globale, restano enormi bisogni sociali inevasi (questa potrebbe essere una prospettiva su cui indirizzare la ripresa dell’economia reale).

Essendo la siderurgia alla base di gran parte delle produzioni materiali, segnali di ripresa dell’economia reale dovrebbero vedersi immediatamente sulle produzioni siderurgiche (ovviamente scontando le scorte accumulate e l’andamento delle importazioni…).

In ogni caso, al di là delle diverse previsioni su una uscita dalla crisi più o meno lontana, un dato è abbastanza scontato: anche quando, gradualmente, si avvierà una ripresa produttiva, il quadro non sarà più quello precedente, sia rispetto ai volumi produttivi, che saranno inferiori, sia rispetto alle richieste di tipologie e qualità dei prodotti. Questi mutamenti potrebbero produrre anche riassetti nei gruppi siderurgici e cambiamenti nelle stesse dislocazioni territoriali dei siti produttivi.

In questa situazione, alcune scelte innovative, che da più parti vengono proposte (a partire dagli USA di Obama) nel campo delle energie rinnovabili, del risparmio energetico, di una economia a bassa emissione di carbonio, della produzione di veicoli ecologici, necessitano tutte di materiali innovativi a cui anche la siderurgia è chiamata a fare la sua parte. Ed inoltre, per quanto riguarda i processi produttivi, emergono nuove e fondamentali variabili: la questione degli impatti ambientali, i cambiamenti climatici, le questioni energetiche, il reperimento delle materie prime.

Quindi, oltre a misure di difesa immediata, per salvaguardare i lavoratori e la struttura produttiva servono politiche industriali che guardino avanti, serve innovazione nei cicli produttivi, negli impatti ambientali, nei prodotti, con una programmazione almeno su base europea. L’esperienza europea sviluppata dal dopoguerra dalla CECA (la Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio), per una riduzione bilanciata delle produzioni e una qualificazione del settore siderurgico, potrebbe essere utile anche oggi.

La siderurgia italiana ed europea stanno a questo livello del confronto? A che punto è l’attività di R & S della piattaforma europea ESTAP e della piattaforma italiana ACIES?

A questo proposito, serve una iniziativa più incisiva del sindacato a livello europeo, la recente presa di posizione della FEM (Un new deal europeo per l’acciaio, 5 richieste ai governi, 5 richieste alle aziende) rappresenta un cambiamento di impostazione importante, che dobbiamo coerentemente sostenere. (A fine 2008, durante la discussione sulla direttiva europea sull’energia e il clima, la FEM aveva avuto una posizione, per qualche verso, subalterna a quella delle imprese siderurgiche).

In questo quadro è da segnalare che, in questi ultimi giorni, è stata raggiunta una importante ipotesi di accordo europeo con il gruppo ArcelorMittal sulla gestione complessiva della crisi (sulla quale si apre adesso la consultazione in ogni sito e in ogni paese europeo), che ovviamente non potrà risolvere tutti i problemi aperti, ma indica un percorso utile anche per altri gruppi multinazionali.

Dobbiamo tener presente questo quadro complessivo nel confronto con le aziende, in particolare in sede di informazioni annuali.

Per quanto ci riguarda abbiamo chiesto un incontro a Federacciai e convenuto su una richiesta comune di un tavolo politico presso il Ministero delle Attività Produttive (che nel frattempo è stato convocato per il prossimo 22 luglio).

Gli orientamenti che ci eravamo dati:

1) mantenimento degli impianti, anche con i necessari investimenti e innovazioni (cicli, impatti ambientali, prodotti), e mantenimento dell’occupazione in tutte le tipologie contrattuali e equa gestione delle riduzioni produttive tra tutti i lavoratori (Cassa integrazione a rotazione, riduzione turni, contratti di solidarietà…);

2) Forme di integrazione salariale da parte delle aziende per garantire un reddito dignitoso;

3) Mantenimento delle scadenze degli integrativi anche per affrontare la condizione e l’organizzazione del lavoro per affrontare e superare la crisi.

I risultati e le prospettive. Come abbiamo già detto, finora, generalmente, siamo riusciti a fare accordi che tengono positivamente conto di questi obiettivi, il problema è adesso come continuare a tenere, nell’ipotesi, quasi certa, che le situazioni di crisi continuino ancora per un certo periodo. La necessità di respingere gli esuberi deve essere perseguita fino in fondo, dove non dovessimo farcela deve essere evidente la più ferma contrarietà della Fiom, anche sperimentando ulteriormente forme di contratti di solidarietà. (documentazione). Ipotesi di uscite volontarie, in qualche modo incentivate, devono essere il più possibile accompagnate nell’immediato da stabilizzazioni di lavoratori precari e tenere aperta la possibilità che altre assunzioni siano fatte in futuro, appena ci sarà una ripresa, per ristabilire i livelli occupazionali e mantenere la struttura produttiva.

Occorre fare una verifica puntuale sull’esaurimento delle 52 settimane di CIGO nei vari siti, ovviamente resta ferma la nostra richiesta di raddoppio del periodo, per arrivare alle 104 settimane, ma in ogni caso, anche alla fine del periodo massimo di CIGO, vanno trovati tutti gli strumenti per scongiurare dichiarazioni di esuberi strutturali (cassa in deroga; Cigs; Contratti di solidarietà).

Attenzione alle modifiche nella organizzazione del lavoro e ai regimi di orario. Con l’argomento dei costi energetici (questo in particolare nei cicli elettrici) vengono proposti regimi di utilizzo degli impianti che funzionano prevalentemente la notte e il sabato e la domenica… non possiamo non prendere in considerazione il problema, ma la soluzione non può essere quella di avere cicli orari strutturali con turni di 10 o 12 ore. Tutto questo anche per le implicazioni che avrebbe sulla sempre critica situazione della sicurezza.

La contrattazione di secondo livello. Dobbiamo completare il quadro della contrattazione in atto, ma in ogni caso, sia dove ci sono le scadenze degli integrativi, sia dove si fanno accordi di gestione delle riduzioni produttive o accordi stralcio (i testi degli accordi che ci vengono inviati sono a disposizione sul nostro sito), è necessario intervenire affinché i premi di risultato per il 2009 diano qualche risultato economico significativo, anche come integrazione alle perdite salariali dovute alla cassa integrazione, riconfermando sempre la nostra pratica di consultazione democratica di tutti i lavoratori interessati.

Coordinamenti di gruppo. Vanno completate le riunioni nazionali dei coordinamenti già formalmente costituiti e anche quelle degli altri gruppi più significativi.

Infine, è stato deciso di preparare una nostra iniziativa nazionale della siderurgia in autunno…(non a Roma, ma in una città siderurgica) una assemblea nazionale, che in questa situazione sarà proposta solo da noi come Fiom, dobbiamo vedere comunque se e come dargli un taglio non solo interno, ad esempio coinvolgendo le Oo.Ss. Europee e anche le controparti imprenditoriali e governative, per farla diventare un evento con cui tutti debbano misurarsi, dove avanziamo una nostra ipotesi di politica industriale per la siderurgia.

Fiom nazionale

 

Roma, luglio 2009