Mettere
in sicurezza i lavoratori e l’ambiente, mettere in sicurezza
l’occupazione e le aziende Sintesi
dell’introduzione di Giorgio Cremaschi Questa
non è la conferenza di produzione della siderurgia, ma l’avvio di un
programma di lavoro della Fiom che ha lo scopo di mettere in campo
un’iniziativa sindacale permanente e coordinata nel settore. Per
questo proponiamo alla discussione i seguenti punti: 1.
La siderurgia italiana è uno dei settori di punta del sistema
industriale del paese. Qui come in altri settori, ad esempio la
cantieristica, sono state smentite quelle valutazioni di alcuni esperti
secondo cui il settore era maturo e destinato ai paesi di nuova
industrializzazione. In
realtà la siderurgia ha trovato una sua posizione in una fase di grande
espansione mondiale. Naturalmente questo non significa che la situazione
sia priva di rischi. Si pone qui come tutte le industrie italiane, il
problema di reggere la nuova fase dei mercati con una crescita
qualitativa delle produzioni, con l’innovazione e, in questo caso
siamo di fronte a questioni strategiche, con
interventi di fondo sull’impatto ambientale e sui problemi
energetici. 2.
Il
mercato mondiale della siderurgia ha toccato, quest’anno, la
produzione di circa un miliardo di tonnellate. Più di un quarto della
produzione mondiale avviene in Cina. Il nostro paese, con i suoi 28
milioni di tonnellate circa, è quindi una media potenza siderurgica.
L’espansione enorme della siderurgia è dovuta, prima di tutto, alla
crescita del mercato cinese e poi indiano e brasiliano. Questi paesi
hanno permesso a tutte le aziende siderurgiche di crescere e guadagnare,
perché hanno assorbito gran parte della produzione. Ora la situazione
sta cambiando, 3.
E’ iniziata la fase di concentrazione in grandi
multinazionali. Tutti i grandi gruppi puntano a una forte crescita della
propria dimensione produttiva, avendo ad esempio il mercato dell’auto.
Qui, oltre i primi cinque produttori mondiali producono quasi l’80%
del prodotto complessivo. La siderurgia è molto meno concentrata in
tutto il mondo, ma molto concentrata invece in Europa. Questo squilibrio
determina lo spazio nel quale si muovono le grandi multinazionali. E’
ipotizzabile, quindi, che, in un mercato mondiale che si attesta attorno
alla dimensione di quest’ultimo anno, tra breve avremo grandi gruppi
in grado di raggiungere su base mondiale i cento milioni di tonnellate
annue, e magari di superarle. Da questo punto di vista la produzione
globale di una sola multinazionale diventerà superiore a quella della
maggior parte degli stati industriali, Cina esclusa. Questo naturalmente
ripropone la questione dei vincoli dei controlli che si pongono alle
grandi multinazionali. La
sconfitta che il sistema paese ha subito alla ThyssenKrupp di Terni, ove
pur in presenza di un positivo accordo sindacale di garanzia per i
lavoratori, non siamo però riusciti a mantenere in Italia la produzione
del magnetico, è un segno delle difficoltà che abbiamo di fronte. Tra
l’altro in quella vicenda le nostre valutazioni erano completamente
giuste. Oggi l’acciaio magnetico è uno di quelli che permettono il
massimo di guadagno e averlo perso nella produzione nazionale ci toglie
un terreno di crescita qualitativo importante. Nel
nostro paese sono presenti quasi tutte le principali multinazionali
dell’acciaio. Da Arcelor a Thyssen, agli ultimi arrivati di Severstal.
Diventa quindi decisivo che si definiscano precisi protocolli di
comportamento per le multinazionali, coinvolgendo in primo luogo le
istituzioni ed il governo. Anche qui, del resto come in altri settori,
siamo a un passaggio decisivo. I processi di concentrazione delle
aziende possono far sì che in breve il peso delle multinazionali sia
preponderante. Non siamo ancora a questo punto, ma per reggere con
grandi gruppi nazionali come Riva, occorrono investimenti, strategie e
politiche industriali, delle aziende e del governo, che oggi non
vediamo. 4.
I problemi produttivi delle imprese sono determinati dalla
necessità di affrontare e definire già sin d’ora: -
problemi
di rifornimento delle materie prime, che riguardano sia i minerali che
il rottame; -
problemi energetici, che oggi vengono affrontati azienda
per azienda che richiedono, invece, un piano nazionale nel quale sia
rilevante il ruolo della diversificazione e delle fonti rinnovabili; -
problemi di impatto ambientale, che non possono più
essere affrontati solo quando le popolazioni non ne possono più e che
richiedono, invece, una politica di investimenti delle imprese e una
precisa gestione strategica del governo, anche alla luce degli obblighi
del protocollo di Kyoto. In questo senso è decisivo un intervento
organico di politica industriale per attuare le Bat (utilizzo delle
tecnologie ottimali); -
la crescita qualitativa delle produzioni come condizione
per reggere sui mercati nei prossimi anni; -
programmi nazionali per l’innovazione e la ricerca. 5.
Noi vogliamo salvaguardare la nostra siderurgia come
elemento fondamentale del sistema industriale, ma per fare questo
occorre che la messa in sicurezza delle imprese sia fondata sulla messa
in sicurezza dei lavoratori e dell’ambiente. Siamo contrari al
“modello Bagnoli”, cioè alla chiusura totale di uno stabilimento
pensando che turismo e terziario sostituiscono l’industria. Pensiamo
però che la salvaguardia delle imprese debba essere costruita
rendendoli compatibili con il territorio, e con lo sviluppo del paese.
E’ un investimento strategico, quello che è necessario fare, per
impedire che dopo i periodi delle vacche grasse vengano nuove
drammatiche ristrutturazioni, questa volta senza neanche il vasto
sostegno degli ammortizzatori sociali degli anni Ottanta. Quest’insieme di problemi produttivi, energetici, ambientali, vanno affrontati con un approccio unico. Per questo noi abbiamo chiesto la costituzione di un vero tavolo di politica industriale presso il governo, con la presenza responsabilizzata della Federacciai e delle imprese. E’ sparare sulla croce rossa, oggi, lamentare la totale inadeguatezza del governo, l’assenza di qualsiasi serio intervento di politica industriale, l’incomprensione dei problemi, come abbiamo potuto già misurare con la vertenza ThyssenKrupp. Però è bene dire che anche dal sistema delle imprese vengono solo lamentele e richieste episodiche. Non c’è la comprensione della necessità di un progetto di politica industriale nazionale per la siderurgia, e quindi si vivacchia sugli eccezionali profitti di questi ultimi anni, senza prepararsi agli appuntamenti annunciati. Per
queste ragioni noi intendiamo rivendicare in tutte le principali imprese
del settore una precisa contrattazione dei programmi e dei progetti
industriali per il futuro. Proprio adesso che le aziende guadagnano,
bisogna fare in modo che gli ingenti profitti servano a mettere in
sicurezza le imprese e i lavoratori e non finiscano, invece, ad
alimentare speculazioni finanziarie o scalate. Il governo, le regioni e
gli enti locali, tutte le istituzioni, devono essere soggetti in un
progetto di politica industriale teso a rendere competitiva una
siderurgia sicura. 6.
I lavoratori siderurgici in Italia sono circa 60.000, sono
cioè ancora una forza rilevante nel sistema industriale paese. Essi
hanno subito un enorme rinnovamento generazionale, perché con
l’amianto si è concluso un lungo processo di ricambio della forza
lavoro. Oggi la classe operaia siderurgica è tra le più giovani del
nostro paese e la più grande e giovane fabbrica italiana è in
siderurgia a Taranto, ove abbiamo solo come diretti 14.000 addetti.
Questa nuova classe operaia sta subendo complessivamente lo stress di
un’organizzazione produttiva tirata al massimo. Le imprese italiane,
dopo anni di tagli, si sono viste improvvisamente possibilità di
mercato che hanno sfruttato facendo andare oltre il massimo produzioni e
impianti. Lo stress sugli impianti si è quindi trasformato in pressione
enorme sulle condizioni di lavoro, con i drammatici risultati che
sappiamo sul terreno degli infortuni gravi o mortali. I
dati Inail accorpano la siderurgia complessivamente nel settore della
metallurgia, che ha circa 160.000 addetti. Gli infortuni gravi sono in
questo settore 15.000 all’anno e quelli mortali quasi una trentina.
Facendo le dovute proporzioni si può dire che nella siderurgia italiana
abbiamo oltre 6.000 infortuni gravi e dai 15 ai 20 infortuni mortali
all’anno. E’ un tributo inaccettabile al profitto e, soprattutto, un
costo umano che potrebbe essere tranquillamente evitato se
l’organizzazione del lavoro fosse governata dal principio della
sicurezza e dalla valorizzazione del lavoratore. Per
queste ragioni con Fim e Uilm abbiamo deciso di aprire la vertenza
nazionale sulla sicurezza, che dovrà poi articolarsi nelle vertenze
aziendali e di stabilimento, come si sta proponendo a Taranto. Per
queste ragioni, intorno alla metà di ottobre, ci sarà lo sciopero
nazionale di tutti i lavoratori siderurgici, con al centro la sicurezza
del lavoro. Non
ci stanchiamo, infatti, di ripetere che il futuro delle aziende è
legato agli investimenti sull’ambiente e sulla sicurezza e alla qualità
dell’organizzazione del lavoro. Le aziende che oggi degradano su
questi piani non saranno in grado di reggere la concorrenza delle
imprese emergenti. Quelle che oggi, invece, scelgono la qualità degli
impianti e dell’organizzazione del lavoro, saranno in grado di essere
all’avanguardia nei mercati, avendo già assorbito per tempo i costi
della messa in sicurezza. In ogni caso, visti i precedenti, noi
confermiamo qui l’indicazione che abbiamo già dato a Taranto, ove
c’è stata una battaglia della Fiom sacrosanta a difesa della salute
dei lavoratori, che ha visto l’azienda rientrare dai licenziamenti per
la prima volta da sempre. Vogliamo, cioè, affermare con forza il
principio per cui in caso di mancata sicurezza si sospende
immediatamente il lavoro. C’è una sentenza della Cassazione recente,
che va diffusa in tutte le aziende, che autorizza completamente questi
comportamenti. Rsu e Rls devono, quindi, operare di conseguenza. Mettere
in sicurezza le aziende, mettere in sicurezza i lavoratori è quindi il
punto fermo della nostra iniziativa. 7.
La crescita dei profitti nell’industria siderurgica non
giustifica più in alcun modo le condizioni salariali e i comportamenti
contrattuali delle aziende. Noi vogliamo una crescita del salario dei
siderurgici e per queste ragioni riteniamo che le aziende siderurgiche
dovrebbero essere le prime, vista la loro condizione, a premere sulla
Federmeccanica perché rinnovi il contratto nazionale. Dovremmo
decidere, se questo non avviene, di far pesare nelle aziende
siderurgiche la nostra forza contrattuale, come è avvenuto in altre
vertenze contrattuali. In
ogni caso dobbiamo costruire o rafforzare in tutte le imprese e in tutti
i gruppi un sistema di contrattazione e di relazioni sindacali che
stabilisca il pieno controllo su politiche delle assunzioni e appalti,
con la totale responsabilizzazione delle aziende su tutta la forza
lavoro impiegata. Vogliamo riprendere la contrattazione su orari,
condizioni di lavoro, organizzazione del lavoro e, infine, riprendere in
mano tutta la questione della professionalità. Abbiamo cioè da
affrontare, sia nella nuova tornata delle vertenze aziendali e di
gruppo, sia nella contrattazione quotidiana, il tema complessivo della
posizione del lavoratore di fronte all’azienda. Non accettiamo più
aziende che hanno incamerato enormi profitti, non ne ridistribuiscano
almeno una parte nel miglioramento delle condizioni di lavoro e delle
relazioni sindacali. 8. Vogliamo dare un carattere permanente al coordinamento della siderurgia. Sia sul piano delle politiche industriali, sia su quello del coordinamento delle politiche contrattuali. Questa assemblea, quindi, avvia un lavoro che dovrà essere poi portato avanti da un coordinamento siderurgico nazionale che dovrà gestire tutta la politica di settore. Nello stesso tempo intendiamo organizzare tutti i coordinamenti di gruppo, anche quelli oggi non attivi, e dare carattere continuativo alla loro attività sulla base delle regole democratiche che ci siamo dati nella Fiom. Intendiamo anche continuare e sviluppare l’attività unitaria, proponendo a Fim e Uilm di operare allo stesso modo assieme.
Piombino,
23 settembre 2005 |