Alcoa. Nota
di Roberto Poddu della Segreteria della Camera del lavoro del Sulcis Con questa comunque breve nota (rispetto alla vicenda) cerco di dare risposta alle tantissime richieste, che mi sono pervenute attraverso Facebook e altri strumenti, di informazioni facilmente comprensibili “anche ai non addetti ai lavori” sulla catastrofe industriale ed occupazionale del territorio con particolare riferimento al caso Alcoa. Una piccola premessa per dire che anche le ultime riunioni hanno fatto emergere i ritardi e l’inconsistenza delle due massime istituzioni, evidenziandone l’assenza di una (seria o meno seria… almeno ci fosse) politica industriale. Le questioni sono note e riguardano il settore industriale complessivo del nostro territorio che da solo ha un “peso” di oltre il 50% del suo PIL (reddito prodotto nel territorio) e che dunque traina la sua intera economia. Non è un caso che tutte le attività produttive, chi più chi un po’ meno, siano legate alla problematica del costo dell’energia e non è certamente a caso che, da più di un decennio, stiamo sollecitando quella soluzione definitiva di abbattimento del costo energetico, per uscire dalla dipendenza dagli umori, dalla sensibilità e/o insensibilità, dalla capacità o meno e dalla disponibilità del quadro politico al governo nel dato momento. Purtroppo siamo sempre a zero, anzi la cosa va peggiorando con il tempo come viene evidenziato dall’esito delle non poche riunioni che si stanno succedendo in queste ultime settimane. Quasi sempre si passa da una all’altra senza che l’esecutivo abbia fatto qualcosa di minimamente concreto: cioè qualcosa oltre il solito comunicato stampa che esalta il proprio impegno e rimarca relazioni proficue e rassicurazioni che poi si scontrano con la realtà dei fatti: cioè il niente su ogni singola situazione tranne – forse – una… la Portovesme srl che per intanto ha fermi 4 quinti dei suoi impianti con 750 lavoratori fuori dal ciclo produttivo. Senza dimenticare neanche per un momento l’Eurallumina, la ILA, la Rockwoll, la PVesme srl, la Carbosulcis, e gli annessi e connessi costituiti principalmente dal mondo degli appalti, il tasto più dolente ed impellente oggi è proprio l’Alcoa e le 2000 famiglie che da quella realtà produttiva traggono sostentamento. A metà degli anni 90, l’Alcoa con la privatizzazione dell’azienda a partecipazione statale ex Alumix acquisisce la fabbrica dalla quale viene scorporata la centrale elettrica, presente nello stabilimento, che viene nazionalizzata e assegnata all’allora Ente nazionale ENEL. All’Alcoa, in funzione di quanto sopra detto e dell’altissima incidenza (costo dell’energia per unità di prodotto che è fortemente legato al valore del prodotto finito - da non confondere con la quantità dell’energia utilizzata) del costo energetico nella produzione del metallo, viene garantito un regime tariffario speciale per il prezzo dell’energia elettrica con scadenza al 31 dicembre 2005. Prima della scadenza il Governo (lo stesso d’oggi), dopo la bocciatura di un primo Decreto per la fornitura a prezzi calmierati alla Portovesme per la produzione dello Zinco, scelse di fare il minestrone mettendo tutte le attività produttive nello stesso calderone. Cioè scelse di non seguire la più semplice e sicura pratica della proroga di quel regime tariffario speciale, legandola specificamente ad un progetto appunto di soluzione strutturale, fattibile attraverso lo sfruttamento del carbone Sulcis, che così, almeno per quel pezzo, sarebbe stato difficilmente contestabile dalla Commissione; sia perché proroga di procedimento ante direttive UE, che per i precedenti approvati ad altri e non pochi, Stati membri; e per l’altro verso di adottare una seria e concreta scelta di politica industriale per venire incontro in modo equilibrato e correttamente proporzionale (sempre in funzione dell’incidenza del costo per prodotto), verso le altre produzioni energivore dei materiali non ferrosi, della chimica e non solo. La norma, come prevedibile viene contestata da lobby e concorrenti, e puntualmente si apre la Procedura d’Infrazione dalla Commissione alla Concorrenza della UE e, poiché in questi ultimi giorni ne ho sentite tante anche da attori di “peso”, politico, istituzionale e anche sindacale, credo sia utile specificare che la Procedura d’infrazione (processo di verifica su una norma di uno Stato membro) non è verso l’Alcoa ma è aperta contro il Governo che si ritiene aver emesso una norma in contrasto con le regole della UE. Dunque ne consegue che in caso di condanna ne ha danno sia il Paese, con le sanzioni conseguenti e, in via derivata, la stessa Alcoa che, nel caso, dovrebbe restituire quanto “risparmiato” in funzione della stessa norma. Non è qui interessante sapere la qualità e la misura della possibile sanzione verso lo Stato ma, per quanto riguarda la restituzione eventuale da parte di Alcoa, tale importo supera i 400 milioni di €. Importo, come detto coperto da fideiussione, per la quale l’azienda ha impegnato il suo intero valore patrimoniale, con la chiara conseguenza che non mi sembra qui il caso di specificare. La stessa Commissione aveva poi suggerito una soluzione transitoria da legare alla soluzione strutturale (per molti con il nostro carbone), indicando la via del VPP (mercato elettrico virtuale). Il governo la segue – malamente o furbescamente - e la storia si ripete: una norma conquistata con la mobilitazione del Sulcis ed in particolare dai lavoratori con i sacrifici derivanti da scioperi e manifestazioni, va a dare i suoi benefici ad altri, per altri interessi e da altre parti d’Italia. Infatti all’Enel e alla E.ON viene sottratta una consistente quota di energia, che è già stata venduta all’asta a prezzi determinati (vicini ai costi marginali di produzione) dall’Autorità per l’Energia, con la beffa che a tale asta non sono stati ammessi gli energivori, cioè gli utilizzatori, ma solamente i grossisti che quindi hanno potuto beneficiare di un business piovutogli dal cielo. Ma in quello stesso provvedimento si sancisce anche il termine per il regime tariffario speciale (concesso, seppure con fideiussione, nelle more della decisione della Commissione) che viene fissato perentoriamente per il prossimo 17 novembre 2009. Ora quindi, prima ancora della definizione della procedura d’infrazione per la quale si “spera” in una soluzione positiva, occorre una soluzione immediata al prezzo dell’energia per poter proseguire nella produzione dal prossimo 18 novembre. Nella riunione del 5 novembre il ministero ci ha comunicato 3 interventi tecnicamente possibili, di cui non entro nello specifico, per abbattere il prezzo dell’energia. Provvedimenti che hanno comunque necessità di definizione materiale con altrettante deliberazioni, ma che comunque non determinano il prezzo sopportabile per il processo produttivo. Dunque è ormai chiaro che non ci sono altre soluzioni materialmente praticabili se non la stipula di un accordo bilaterale (contratto fra un produttore di energia e l’Alcoa) per la fornitura dell’energia elettrica ad un prezzo sostenibile per consentire la competitività con le produzioni di alluminio in Europa, dove il MWh ha un prezzo medio di 27 €, mentre in Italia è intorno ai 70. Non essendo possibile obbligare chicchessia e fornire la propria produzione a prezzi inferiori al proprio mercato (e questo vale per tutto e tutti), non c’è altra strada che individuare e mettere a disposizione, dell’eventuale contraente, adeguate contropartite e/o compensazioni. Questo è chiaramente nella esclusiva titolarità e disponibilità, dunque nella responsabilità, del Governo nazionale e regionale che deve decidersi e dare immediata e concreta applicazione alle decisioni. Al Presidente della Regione abbiamo più e più volte sollecitato di mettersi alla guida del movimento e di pretendere, congiuntamente alle Organizzazioni Sindacali regionali e territoriali ed ai Sindaci del Sulcis, quindi con tutta la forza rappresentativa del popolo del Sulcis e della Sardegna, un incontro risolutore con la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Noi, il Sindacato ed i Sindaci, quella richiesta l’abbiamo fatta più e più volte e l’ha fatta anche il popolo del Sulcis con la grandissima manifestazione del 13 marzo, senza ricevere alcuna risposta formale e sostanziale forse proprio per la mancanza di vero interesse o supporto da parte del massimo responsabile della Sardegna. Ora però posso dire di aver rilevato almeno la sua assunzione della consapevolezza del dramma che si sta vivendo, manca però ancora la necessaria fermezza e l’adeguata determinazione. Ci resta una settimana e non passerà giorno senza un’iniziativa, non contro qualcosa o qualcuno ma per ottenere quanto riteniamo sia dovuto al nostro territorio ed alla sua gente garantendo la prosecuzione della produzione di alluminio e, creandone urgentemente le condizioni, il ripristino di quelle che si sono fermate appunto per l’inconsistenza di una ferma determinazione del Governo nazionale e regionale.
8 novembre 2009 |