Portovesme. Paralizzata dalla protesta tutta l'area industriale mentre si avvicina la data in cui la fabbrica potrebbe chiudere i battenti. Alcoa, in strada la rabbia delle tute blu
Blocchi nelle strade e presidi con gli operai in tutti gli accessi del polo industriale di Portovesme: la rabbia dei lavoratori dell'Alcoa si è fatta sentire anche ieri mattina con un'iniziativa che ha paralizzato per diverse ore tutta l'area industriale. Impossibile arrivare alle fabbriche, così come spostarsi da Portoscuso o imbarcarsi per Carloforte: i blocchi organizzati di buon mattino dai lavoratori hanno creato parecchi disagi, ma quasi nessuno ha provato a forzarli. Anzi dagli automobilisti, finiti loro malgrado nel bel mezzo della protesta, è arrivata tanta solidarietà per i lavoratori che rischiano di vedere chiusa la loro fabbrica. «È un po' strano sentirsi quasi licenziati da un'istituzione, com'era diventata Alcoa in questi anni - dice Massimiliano Basciu, delegato Cisl della Rsu - eppure sta succedendo. Oggi abbiamo ricevuto molta solidarietà dalla gente comune, che era informatissima della nostra vertenza e ci chiedeva notizie dei nostri colleghi sulla torre». L'incontro di giovedì al Ministero non ha schiarito l'orizzonte dei lavoratori Alcoa, che si sentono in bilico, con la data del 17 novembre (giorno in cui scade il regime energetico agevolato attuale) sempre più vicina. «Le notizie arrivate da Roma mi hanno lasciato ancora più perplesso - dice Stefano Lai, delegato Cub - perché la soluzione è sì possibile, ma quanto tempo sarà necessario e perché siamo arrivati fino a questo punto?». Il Governo ha illustrato la ricetta per abbassare i costi dell'energia, ora si tratta di trovare un punto di incontro con le esigenze di Alcoa. Tenendo d'occhio anche la decisione della Commissione Europea sulla procedura di infrazione aperta per il regime speciale: se l'Ue ritenesse le tariffe un aiuto di Stato, Alcoa dovrebbe sborsare più di 400 milioni di euro. «Sul versante europeo abbiamo sentito a Roma parole tranquillizzanti - dice Andrea Cuccu, segretario della Uilm - ma per noi sono solo parole, al momento». Gli operai non hanno ritenuto soddisfacente l'incontro di giovedì, vogliono avere la certezza che la fabbrica non chiuderà. E ieri hanno organizzato i blocchi stradali, mantenendo il presidio in stabilimento. Sulla torre d'acciaio, ormai da cinque giorni, resistono i tre lavoratori asserragliati a 60 metri di altezza: l'unico riparo, in queste lunghe giornate di pioggia e vento, è un insieme di cartoni e sacchi che però non bastano a rendere più ospitale la torre. Tanto che nei giorni scorsi uno dei tre ha avuto un malore. Di scendere non vogliono proprio sentirne parlare, almeno fino a quando non avranno la certezza che il posto di lavoro è davvero salvo. « Siamo determinati a non mollare e a continuare con le iniziative - dice Bruno Usai, delegato Cgil nella Rsu - per salvare la fabbrica serve un fronte unitario, che si batta per risolvere il problema del caro-energia, tenendo a mente gli interessi di questo territorio». Per lunedì, alle 17, il presidente della Provincia, Pierfranco Gaviano, ha convocato una riunione con tutte le forze politiche, istituzionali e sindacali. «Questa crisi - ha detto Gaviano - rischia di ingenerare la più devastante deriva sociale degli ultimi 40 anni». Sul caso Alcoa ha lanciato un appello anche Giommaria Uggias, europarlamentare dell'Idv. Ieri in fabbrica si sono incontrati la Rsu, il Coordinamento Appalti e le segreterie dei Metalmeccanici: «Siamo fortemente preoccupati per i ritardi e le mancate promesse che non possiamo più tollerare - si legge in una nota - in fabbrica il malumore e le tensioni continuano a crescere, e potrebbero portare ad azioni incontrollabili ed ingestibili».
Antonella Pani Sabato 7 novembre 2009 |