da
«il manifesto» del 27 aprile 2007
«In
Fondo vi conviene»
Tfr,
avanti piano. Scelgono i più anziani, giovani ancora fermi. «Colpa
delle imprese». Parla Gianni Ferrante, dei fondi Cometa e Fondapi
Intervista
di Roberta Carlini a Gianni Ferrante
Fondi
pensione, avanti al ralenti. Dall'osservatorio di due dei più
importanti fondi pensione collettivi in Italia viene la conferma dei
dati anticipati la scorsa settimana da un sondaggio Assogestioni: a
optare per i fondi, per ora, è stata solo una minoranza dei lavoratori.
Segno che i lavoratori e le lavoratrici italiane hanno mal digerito la
riforma e l'ingresso forzoso nella previdenza integrativa? Paura
dell'incerto? O effetto di una «tattica del rinvio»? Ne parliamo con
Gianni Ferrante, della Fiom, presidente di Fondapi e componente del
consiglio di amministrazione di Cometa. A Fondapi aderiscono dipendenti
delle piccole e medie imprese dei settori metalmeccanico, tessile,
chimico, alimentare, grafico e delle pulizie; mentre Cometa è il fondo
negoziale dei metalmeccanici, il più grande in Italia.
La riforma del Tfr è entrata in vigore a gennaio, i lavoratori
hanno tempo fino al 30 giugno 2007 per optare per i fondi (chiusi o
aperti) o per il mantenimento del Tfr. E' vero che le adesioni ai fondi
stanno arrivando con il contagocce?
Da gennaio a marzo a Cometa sono arrivate 18.500 adesioni, a Fondapi
2.000. Bisogna considerare la platea di riferimento: i lavoratori
metalmeccanici che possono aderire al fondo Cometa sono in tutto circa 1
milione, 320.000 dei quali già vi sono iscritti. La platea di
riferimento di Fondapi è invece di 500-600.000 persone.
Dunque finora pochi hanno scelto. Come mai?
Secondo me il numero delle opzioni espresse è positivo, pur
non essendo straordinario. Il sindacato si sta attivando molto, abbiamo
agende fittissime di incontri con i lavoratori per spiegare la riforma.
Se si va piano, in parte lo si deve al fatto che noi italiani siamo
fatti così: quando c'è una scadenza, aspettiamo sempre l'ultimo
momento. Poi c'è il fatto che l'informazione segue traiettorie sue,
particolari: nelle piccole aziende in periferia il messaggio finora è
arrivato poco. Il freno maggiore viene dalle imprese: le più piccole
(quelle sotto i 50 dipendenti, ndr) perché sperano che, spostando la
decisione, all'ultimo momento sia più facile convincere i lavoratori a
lasciare il Tfr in azienda. E in generale, le imprese devono dare i
moduli, attivarsi, cosa che tendono a rinviare. E sono aiutate da quei
sindacati che fanno campagna contro quello che chiamano «lo scippo»
del Tfr.
Ma non sarà che gli stessi lavoratori hanno paura di perderci?
Guardano con sospetto a una riforma che spinge verso la previdenza
complementare, e preferiscono il vecchio sistema del gruzzoletto a fine
carriera?
E' chiaro che la legge sta cercando di indirizzare le nuove generazioni
verso la previdenza complementare, per la necessità di integrare la
pensione pubblica: ma questo è un fatto, non è che lasciando il Tfr in
azienda - o nel fondo tesoreria Inps - si potenzia la pensione pubblica.
Detto questo, negli incontri che facciamo vengono poste infinite
domande, dalle più generali alle più pignole, sulla destinazione dei
propri soldi. Va spiegato che chi perde il lavoro non perde il Tfr, ma
può riscattarlo, o trasferirlo. E chi aderisce ai fondi non perde la
possibilità di ritirare in un'unica soluzione la metà di quel che ha
versato (o anche più, fino al 100% dei versamenti, qualora le quote
versate non consentissero una rendita di entità sufficiente, secondo
criteri statisticamente fissati). Moltissime sono le domande sulla
reversibilità: cosa succede se muoio? Quali eredi hanno diritto? Molte
le domande anche sul livello di rischio dei fondi.
Ecco, il rischio. I rendimenti migliori vengono - quando va bene
- dagli investimenti più rischiosi, mentre quelli «garantiti» non
sono così remunerativi.
In 5 anni i fondi pensione negoziali hanno reso il doppio del
Tfr: nella media hanno guadagnato il 20,3%, contro il 10,7 del Tfr. Si
può scelgiere tra diversi comparti. Il profilo «garantito» del Fondo
Cometa - quello con zero rischi, che avevamo anche prima che la legge lo
imponesse come una delle scelte a disposizione degli iscritti e come la
destinazione naturale delle quote di Tfr che arrivano in virtù del «silenzio
assenso» - prevede un rendimento fisso del 2,5% l'anno, fino al 2010.
Cioè meno di quello del Tfr.
Il 2,5% è il rendimento minimo garantito, se è andata meglio
può fruttare anche di più. Ma soprattutto, il Fondo ha, rispetto al
Tfr, maggiori contributi del datore e del lavoratore (per i
metalmeccanici, l'1,2% più l'1,2%) e un trattamento fiscale di favore.
In ogni caso, vorrei sgombrare il campo da paure e fantasmi: la
speculazione non appartiene ai fondi collettivi, siamo nati per fare un
altro lavoro. Mi preoccupererei di più dell'aggressività di banche e
assicurazioni, che cercano di convincere i piccoli imprenditori - magari
con promessa di agevolazioni creditizie - a far spostare i propri
lavoratori verso i loro prodotti finanziari.
Chi aderisce di più, e chi di meno?
Sono i lavoratori più anziani quelli che per ora si muovono di
più, mentre è proprio per i più giovani che l'adesione ai fondi
sarebbe importante, perché la loro pensione sarà proporzionalmente più
bassa. E' importante dunque che versino il loro Tfr ai fondi, ottenendo
così anche il versamento aggiuntivo proprio e del datore di lavoro -
non previsto invece se il Tfr resta in azienda - e i relativi vantaggi
fiscali.
Se un lavoratore non si esprime, ma nella sua categoria c'è un
fondo negoziale, alla fine il Tfr andrà al Fondo. Dunque, crescerete
molto. Già adesso gestite circa 3 miliardi. Dove andranno, questi
soldi?
Noi fissiamo i criteri e i paletti, che servono per garantire
l'investimento: mai più del 5% su un singolo titolo, obbligo di
segnalazione ove si investa in titoli di società aderenti al fondo
stesso, solo titoli di paesi Ocse, rispetto del rating, etc. I gestori,
scelti con gara pubblica e con mandato a scadenza ogni 5 anni, devono
rispettare il mandato, salvo revoca.
Si dice che la previdenza complementare serve per far decollare
la borsa. Ma tutti i fondi vanno a investire all'estero. Anche voi?
E' inevitabile, finché il mercato azionario italiano resta così
limitato. Il discorso cambia se si introducono incentivi alla crescita
del mercato finanziario italiano.
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