Intervista
a: Gianni Rinaldini
a
cura di Angelo Faccinetto
22.02.2003
I
metalmeccanici hanno fatto la loro parte
È soddisfatto, il leader della Fiom, Gianni Rinaldini. Non
era uno sciopero facile, quello di ieri, visto che non era uno sciopero per il
contratto. E che di scioperi, in questi mesi, ne sono stati fatti tanti.Ma il
risultato è stato positivo. E costituisce un segnale forte «per richiamare
tutti alla necessità di combattere il declino industriale del Paese». Con una
politica industriale e del lavoro finalizzate alla qualità e all’innovazione.
E non con la riduzione delle tutele e dei diritti, come invece hanno sin qui
scelto di fare governo e Confindustria.
Rinaldini, la Fiom ha deciso di «raddoppiare» lo sciopero. Come è stata la
risposta dei lavoratori?
«La partecipazione dei metalmeccanci è stata ancora una volta particolarmente
significativa. Lo stanno ad indicare sia i dati dell’adesione allo sciopero
che la loro partecipazione alle diverse manifestazioni, come ho potuto
verificare io stesso a Brescia».
Un
dato particolarmente significativo di queste manifestazioni?
«La presenza ai cortei degli studenti, dei giovani. Una presenza che è
diventata una costante. Si è aperto un ciclo segnato da un nuovo protagonismo
giovanile, nelle manifestazioni sindacali e non solo».
Il
segnale forte che esce dalla vostra protesta? Se non è stato sciopero per il
contratto, non si può dimenticare che avete una vertenza, difficilissima,
aperta.
«Abbiamo sottolineato il rapporto sempre più stretto che esiste tra politiche
industriali e politiche del lavoro. Le deleghe sul lavoro, l’inizio della
discussione sull’articolo 18, configurano una riscrittura dei rapporti di
lavoro nel nostro Paese che avranno aspetti devastanti, perché fondati sulla
precarizzazione di massa e, di fatto, sull’annullamento di qualsiasi
significato al ruolo della contrattazione».
Federmeccanica,
davanti alla vostra protesta, ha minacciato sanzioni. Cosa risponde?
«Che non è stato uno sciopero per il contratto. Il richiamo di Federmeccanica
al sistema di regole è del tutto fuori luogo. Non è un caso che proprio ieri
(giovedì, ndr) al tavolo negoziale con Confapi non sia stato posto alcun
problema di questa natura. Certo, è evidente che le deleghe sul lavoro decise
dal governo, come ricordavo, nelle definizione dei decreti attuativi potranno
avere una ricaduta anche sui contratti. Ma, ripeto, lo sciopero non era sul
contratto, ma contro queste deleghe. Oltre che contro il declino industriale».
A
che punto è la vicenda Fiat, che di questo declino è certamente l’emblema?
«La vicenda Fiat è esemplare. Governo ed azienda stanno producendo un processo
di smantellamento del settore auto. È sempre più evidente che i protagonisti
in campo sono altri. Da una parte le banche, che devono garantirsi
sull’indebitamento, dall’altra General Motors, che decide sul destino del
settore auto. Questo mentre per i lavoratori ci sono solo licenziamenti e cassa
integrazione».
Epifani,
a Pescara, ha detto “peccato che non ci siano Cisl e Uil”. Lei cosa dice?
«Confermo. Peccato che non ci siano state anche Cisl e Uil. Partendo dal fatto
che il Patto per l’Italia si è rivelato una scelta assolutamente
fallimentare. Devo però registrare, nel frattempo, dichiarazioni come quelle
fatte da alcuni dirigenti della Fim e della Cisl sulle indicazioni antisciopero
date da Federmeccanica. Dichiarazioni assolutamente incomprensibili per
qualsiasi organizzazione sindacale».
Una
battuta sulla vertenza contrattuale. Si parla con insistenza di un possibile
accordo separato. Lei cosa risponde?
«Ribadisco che per quanto ci riguarda qualsiasi accordo ha una validità se
sottoposto al voto dei lavoratori. Chi volesse perseguire - mi riferisco a
Federmeccanica - la strada degli accordi separati deve mettere in conto un
conflitto sociale molto aspro e pesante. Per le imprese e per i Paese». |