Cosa è cambiato con l’accordo separato sui regimi di orario di lavoro

 

L’accordo separato firmato a maggio da Fim e Uilm sul Contratto, introduce una serie di rilevanti novità negative.

Come si può leggere nel testo dell’art. 5, al paragrafo 4, viene recepita all’interno della struttura contrattuale il D. Legge dell’8 aprile 2003 n. 66, che introduce cambiamenti disastrosi per i lavoratori nella struttura della gestione dei regimi di orario e nella sostanza stessa di questi.

La prima di queste è che, a differenza del Contratto del 1999, che regolamentava i regimi di orario plurisettimanali in una casistica precisa e definita oggi, con la nuova Legge recepita in quel testo non c’è più nessun limite di applicazione. E’ sufficiente che le aziende lo richiedano per poter introdurre l’orario plurisettimanale, mentre prima era vincolato all’accordo.

E andiamo a vedere che cosa dice la nuova struttura dei regimi di orario contenuti nel D.L. dell’8 aprile 2003 n. 66:

- L’articolo 4 parla della possibilità di introdurre l’orario plurisettimanale su 4, 6 o 12 mesi a partire dalla semplice richiesta dell’azienda e non è vincolato ad alcun tipo di controllo o accordo, né alle tipologie merceologiche, come invece avveniva precedentemente.

Il lavoro straordinario, definito nell’articolo 5 dello stesso D.L., può essere imposto senza contrattare con le organizzazioni sindacali. Basta una semplice comunicazione. Cioè è stato tolto il vincolo del controllo del sindacato sulle quantità e sulle modalità di effettuazione di queste prestazioni. In caso di lavoro straordinario derivante nell’orario plurisettimanale, le maggiorazioni, che ricordiamo possono essere estese a tutti i settori a seconda delle esigenze aziendali, sono del 10% dal lunedì a venerdì e del 15% per il sabato, la domenica, i notturni e i festivi. Tutto questo è peggiorativo del Contratto del 1999.

- L’articolo 6 del D.L., sempre in caso di orario plurisettimanale, prescrive che nel conteggio delle ore lavorate ai fini della prestazione, non sia computato il periodo di ferie annue e il periodo di malattia. Questo vuol dire che o vengono recuperati questi periodi oppure non sono pagati. Ciò significa ritornare a prima del 1973 quando per gli operai, in caso di malattia, la prestazione lavorativa per i primi tre giorni non era retribuita e per il periodo successivo era al 66%. Con una novità: che oggi viene eliminata la discriminazione tra operai e impiegati, non viene infatti pagata a nessuno l’assenza per queste mancate prestazioni. Tutto ciò è devastante rispetto alle abitudini di vita dei lavoratori che dovessero essere coinvolti in questo tipo di regime d’orario.

- Nell’articolo 9, per i riposi settimanali, si dice che il lavoratore ha diritto ad almeno 24 ore consecutive di riposo, di regola coincidenti con la domenica. Al “di regola” viene fatta eccezione con ben 12 casi, di cui è sufficiente citarne uno per capire che anche la domenica è messa seriamente in discussione. Perché – come cita il paragrafo b della parte 3 – “si può riposare in un giorno diverso dalla domenica, per attività industriali il cui processo richieda in tutto, o in parte, lo svolgimento continuativo per ragioni tecniche”.

Queste sono alcune delle particolarità negative introdotte dalla Legge, recepita nell’accordo firmato separatamente.
Tuttavia la cosa più grave è che l’azienda, con questa legge, può agire senza il consenso dei lavoratori e del sindacato su tutta una serie di punti che prima, invece, avevano precisi vincoli e possibilità di controllo. 
Con buona pace per chi non sa nemmeno cosa ha firmato, senza farlo votare ai lavoratori.
 

Segreteria nazionale Fiom

 

20 novembre 2003