Pacchetto europeo sull’energia e sul clima

 

Fim, Fiom, Uilm hanno sempre sostenuto con convinzione i principi di fondo del pacchetto europeo sull’energia e sul clima.

Oggi, alla vigilia del vertice europeo, ribadiamo questo orientamento per ragioni che sono, contemporaneamente, di ordine ambientale e industriale. Infatti, misure di attenuazione degli impatti delle attività industriali avrebbero anche il formidabile scopo di incentivare l’innovazione nei processi e nei prodotti, che è l’unica strada per salvaguardare la competitività del sistema produttivo europeo rispetto ai paesi emergenti, e quindi anche per salvaguardare i posti di lavoro.

Peraltro, anche negli Stati Uniti, l’annunciato global green della nuova presidenza si dà come vincolo quello di uno sviluppo economico sostenibile.

Usare la crisi in atto come argomento per attaccare il pacchetto legislativo dell’Unione europea è cosa miope anche rispetto alle scelte produttive ed industriali. Rispetto alla complicata situazione creata dalla crisi economica e finanziaria, ci pare evidente che la ripresa potrà avvenire solo dal rilancio dell’economia reale, dalle produzioni materiali. Ma questo non vale per qualsiasi tipo di produzione. Solo le produzioni innovative e di qualità - quelle che sapranno usare nel modo più razionale le risorse e l’energia necessarie, quelle che meglio riusciranno a fare i conti anche con le sfide ambientali e dei cambiamenti climatici - avranno sicuri vantaggi competitivi.

La sfida va colta rilanciando in avanti, non guardando indietro. La denuncia dell’aggravio dei costi che deriverebbe da un’adozione unilaterale del protocollo di Kyoto, rispetto ai paesi che non vi aderiscono, così come il pericolo del cosiddetto carbon leakage, non dovrebbe portare a snaturare la proposta della Ue, ma semmai ad operare per estendere a quanti più paesi nel mondo vincoli uguali o comparabili. Oggi, dopo il cambio dell’Amministrazione degli Stati Uniti, questa prospettiva può essere più vicina.

Non è vero che con le attuali tecnologie nei cicli siderurgici si è arrivati al limite di efficienza. Sia per i consumi energetici, che nella limitazione delle emissioni di Co2, esistono ancora significativi margini di recupero. Infatti, non tutti gli impianti in funzione sono al livello delle migliori tecnologie disponibili, mentre la loro gestione non è la più efficiente e virtuosa possibile (visto che alcuni stabilimenti sono ampiamente sotto ai limiti di emissioni attuali e altri già li superano).

Il problema non è solo quello di garantire uguali condizioni tra i paesi produttori (di acciaio o di altri beni) per giuste regole di concorrenza, ma anche quello di contrastare la possibile convenienza dei grandi gruppi siderurgici multinazionali a spostare produzioni e investimenti dove vi sono meno vincoli.

In una situazione, che dovrebbe essere da tutti auspicata, nella quale si tende a raggiungere in tutto il mondo un sistema di regole omogeneo, solo le aziende che per prime avranno sperimentato innovazioni compatibili con la salvaguardia dell’ambiente e con i diritti sociali saranno avvantaggiate.

Per tutto questo, riteniamo che il senso generale del compromesso raggiunto sul pacchetto europeo, con il voto della Commissione Ambiente del Parlamento, sia da sostenere. Un fatto è discutere di alcune flessibilità nella sua applicazione, altro sono i tentativi di blocco o di svuotamento del pacchetto che parecchie associazioni imprenditoriali in Europa e qualche Governo, a partire da quello Italiano, continuano a portare avanti.


 

Fim, Fiom, Uilm nazionali

 

Roma, 10 dicembre 2008