Comunicato sindacale 

Industria. Fiom: per i metalmeccanici, lo sciopero Cgil del 21 febbraio passa da 4 a 8 ore

 

La Segreteria nazionale della Fiom, sulla base del mandato ricevuto dal Comitato centrale, decide di portare a 8 ore lo sciopero di tutti i metalmeccanici in occasione della giornata di sciopero dell’industria proclamata dalla Cgil per il 21 febbraio.

A livello territoriale, lo sciopero potrà essere organizzato con particolari modalità, tali da permettere la migliore partecipazione possibile alle manifestazioni.

Le ragioni dello sciopero sono determinate sia dalla gravità della situazione occupazionale del settore metalmeccanico, sia dalla pesantezza dell’attacco ai diritti per il lavoro.

Ottantamila lavoratori metalmeccanici rischiano il posto, la mobilità, la Cassa integrazione a zero ore, il licenziamento in tutti i principali settori dall’auto, alle telecomunicazioni, ai settori ad alta tecnologia, all’impiantistica, all’indotto.

Interi siti industriali sono minacciati nel loro futuro, da Torino ad Arese e da Cassino a Termini Imerese per l’auto, all’Aquila per l’elettronica, a intere aree e realtà di piccole e medie imprese.

Nel giro di poco più di un anno trentamila giovani assunti a vario titolo con contratti precari sono stati lasciati a casa.

Mentre la crisi industriale mantiene tutta la sua gravità, il governo e la Confindustria, invece di porsi l’obiettivo e assumersi l’impegno di impostare e realizzare nuove politiche industriali, perseguono la via dei licenziamenti e della flessibilità selvaggia.

In tutte le principali crisi industriali, la via maestra scelta dalle imprese, con il consenso del governo, è quella del licenziamento massiccio di tutti i dipendenti ultracinquantenni. Viene respinto l’uso degli strumenti più adeguati a salvaguardare il futuro dell’occupazione, quali i contratti di solidarietà, la rotazione nella Cassa integrazione, la redistribuzione del lavoro.

Nello stesso tempo, il governo insiste nel volere far rapidamente approvare le leggi delega sul mercato del lavoro, la 848 e la 848 bis, che portano un attacco devastante ai diritti e alle condizioni dei lavoratori.

Le leggi delega sul mercato del lavoro destrutturano i contratti nazionali e la legislazione esistente; ciò in quanto creano un’area senza precedenti di forza lavoro che opera al di sotto delle regole e dei limiti definiti dai contratti e dalle leggi. I lavoratori di tale area verrebbero assunti con contratti, orari e salari che si collocherebbero al di fuori di quanto garantito oggi in Italia e in tutti i paesi più avanzati dell’Europa. Allo stesso modo, il tentativo di allargare l’area dei lavoratori non tutelati dall’articolo 18 contro i licenziamenti ingiusti colpisce i più elementari diritti del lavoro.

Rispondere alla crisi industriale con l’accentuazione della flessibilità selvaggia del lavoro, con l’attacco ai diritti e con la deregolazione contrattuale non è solo ingiusto, ma rappresenta sicuramente un ulteriore elemento di aggravamento della crisi.

La Fiom lancia un fortissimo allarme sull’impatto sociale che il combinarsi della crisi industriale con nuove misure di precarizzazione del lavoro produce in un Paese come il nostro, ovvero in un Paese che conserva altissimi tassi di disoccupazione e di lavoro precario e nero. C’è il rischio di un disastro sociale senza precedenti nella nostra storia dal dopoguerra ad oggi. Disastro che colpirebbe sia le generazioni giunte alla soglia del pensionamento, sia tutte le generazioni più giovani.

Ancor più grave è poi il fatto che, in questo contesto, il governo insista nel voler far approvare la legge delega sulle pensioni che, con la riduzione dei contributi per i lavoratori più giovani e per i nuovi assunti, mette in discussione il futuro pensionistico di tutte le nuove generazioni e gli equilibri stessi del sistema previdenziale pubblico. Inoltre, non può essere accettato il dirottamento obbligatorio del tfr verso le pensioni integrative, misura questa che colpirebbe complessivamente il reddito dei lavoratori.

Di fronte a questo attacco complessivo alle condizioni e ai diritti del lavoro, è necessaria una grande mobilitazione di tutti i lavoratori e, in particolare, dei metalmeccanici.

La Fiom, quindi, non solo respinge le scelte del governo e della Confindustria, ma chiede una svolta nelle politiche industriali del paese per affrontare finalmente i motivi reali delle difficoltà del sistema produttivo economico italiano.

·        Occorre bloccare i licenziamenti e le chiusure delle fabbriche e utilizzare, nelle fasi più acute delle crisi, i contratti di solidarietà, la redistribuzione del lavoro e la Cassa integrazione a rotazione.

·        Occorre puntare sulla ricerca, sull’innovazione e sullo sviluppo.

·        Occorre una politica della qualità dei prodotti e del lavoro.

·        Occorrono piani di settore e piani specifici di intervento per il Mezzogiorno.

·        Occorre un rinnovato intervento pubblico che impedisca il degrado e l’abbandono del sistema industriale.

·        Occorre puntare sul lavoro e sulla qualità, e quindi valorizzare l’occupazione e le risorse sociali e civili del paese.

·        Occorre mettere fine a una politica di competitività basata solo sul taglio del costo del lavoro e sul risparmio sugli investimenti.

Per tutte queste ragioni, la Fiom chiama i metalmeccanici alla lotta e alla continuità nella mobilitazione in difesa del lavoro e dei suoi diritti.

L’Assemblea nazionale dei delegati Fiom, che si terrà a Bologna il 14 febbraio, definirà ulteriori obiettivi e iniziative della categoria.

 

Segreteria nazionale Fiom-Cgil

Roma, 4 febbraio 2003