Documento di valutazione sulla situazione Fiat

 

La questione Fiat rappresenta la crisi del più importante gruppo industriale del nostro paese che, in una fase di stagnazione e di cambiamenti radicali nella struttura del mercato dell’auto, perde drasticamente competitività e quote di mercato a causa della scarsa qualità e dell’assenza  di reale innovazione nei suoi prodotti.

Sono queste le conseguenze di scelte strategiche sbagliate compiute dal gruppo Fiat. Per questo misure di intervento sul mercato, come gli eco-incentivi, non hanno alcun effetto sulla crisi del gruppo ma anzi, paradossalmente, possono persino aggravarla riducendone ulteriormente la sua quota di mercato.

La crisi Fiat va affrontata come parte di una crisi industriale del sistema Italia e le misure da adottare devono dunque muoversi partendo da questa valutazione. Si tratta di avere come riferimento i seguenti dati:

1.      Il mercato italiano dell’auto è stabilmente uno dei più importanti di Europa e del mondo, con un acquisto medio di auto pari a 2.200.000 l’anno, con 2.400.000 vetture raggiunte negli anni più favorevoli.

2.      La produzione di auto nel nostro paese prima della crisi attuale Fiat si era progressivamente ridotta da un 1.700.000 auto prodotte nel 1977 a meno di 1.500.000 nel 2001 e 2002; questo considerando sia le auto vendute in Italia sia quelle esportate. Il mercato dell’auto è quindi in deficit strutturale per il nostro paese.

3.      La questione di fondo è quella di perseguire il mantenimento e l’innalzamento della quota di auto prodotte in Italia rispetto a quante ne vengono complessivamente acquistate. Questo tenendo conto che l’Italia, anche in questa ipotesi, resterebbe l’unico grande paese industriale, assieme alla Gran Bretagna, che consuma più auto che quelle che produce.

4.      In sintesi la quota di 1.500.000 di vetture prodotte complessivamente nel nostro paese con il rilancio di progettazione e ricerca rappresenta la quota limite venendo meno la quale l’Italia non avrebbe più una propria industria dell’auto, ma diventerebbe un paese consumatore di automobili.

Sulla base di queste considerazioni, va definito un piano industriale esplicitamente finalizzato al rilancio del settore dell’auto nel nostro paese. Questo obiettivo è perseguibile compiendo una scelta precisa sul terreno della ricerca, innovazione e qualità del prodotto che sono le nuove frontiere della competizione internazionale e che richiedono adeguate risorse finanziarie.

Questo piano industriale deve necessariamente prevedere  il mantenimento degli attuali siti produttivi e dell’occupazione. Viceversa, il piano industriale presentato dalla Fiat, in sostanziale accordo con General Motors e le banche, è finalizzato ad un ulteriore ridimensionamento delle capacità produttive e dell’occupazione nel nostro paese in funzione della vendita prevista. Allo stato attuale, con queste impostazioni il piano Fiat Gm non è accettabile perché configura lo smantellamento del settore auto ridotto, nel migliore dei casi, ad alcune aree di assemblaggio.

Per questo è necessario un piano di rilancio del settore auto in Italia che assuma i seguenti criteri:

1.      Incremento ed accelerazione degli investimenti per l’innovazione di prodotto e per il lancio di nuovi modelli prevedendo anche l’anticipazione dei modelli previsti.

2.      Lo sviluppo programmato di nuovi prodotti che progressivamente introducono i componenti essenziali di una vera e propria rivoluzione tecnologica basata su propulsori alternativi a bassa o zero emissione come il motore ad idrogeno.

3.      Programmi di investimento sul sistema di mobilità e sull’integrazione dell’auto in un più vasto sistema per la mobilità. In questo ambito, la riorganizzazione completa, la riqualificazione ed il potenziamento della struttura commerciale e di assistenza. Nello stesso tempo, occorre definire tutte le forme di intervento di accompagnamento da parte dei poteri pubblici che abbiano lo scopo di favorire l’integrazione fra ricerca, sviluppo, interventi ambientali, mobilità nel territorio.

La realizzazione di questi interventi richiede consistenti risorse finanziarie, che rendono necessarie la ricapitalizzazione ed un nuovo assetto proprietario della società. Ricapitalizzazione a cui deve concorrere in primo luogo la Fiat.  In quest’ambito, va previsto un intervento di capitale pubblico realizzato attraverso finanziarie pubbliche con l’eventuale coinvolgimento  delle regioni ove esistono gli stabilimenti del gruppo.

L’intervento pubblico e il nuovo assetto societario devono essere esplicitamente accompagnati da un nuovo piano industriale che garantisca l’occupazione e gli attuali stabilimenti.

Coerentemente ad un piano industriale per il rilancio del settore auto, gli strumenti per affrontare la fase transitoria devono escludere la chiusura di stabilimenti, la Cassa integrazione a zero ore ed essere fondati viceversa su forme di rotazione e di solidarietà che garantiscano, anche attraverso un provvedimento del governo, un sostegno al reddito, estendendo il suo utilizzo a tutto l’indotto coinvolto.

Segreteria nazionale Fiom-Cgil

Roma, 17 ottobre 2002