Valutazioni di Fim, Fiom, Uilm, con proposte di modifica e di integrazione, sul Ddl 229

 

Premessa

Nel valutare condivisibile l'impostazione ed i contenuti del Disegno di legge n. 229 e connessi vorremmo apportare, come federazioni

nazionali dei metalmeccanici Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil (per il peso preponderante che il “rischio amianto” riveste nella nostra

categoria), un nostro contributo al lavoro dei componenti la Commissione di messa a punto e perfezionamento del Testo Unificato.

Procedendo in base alla sequenza degli Articoli che compongono il dispositivo di legge, esprimiamo, in modo unitario, le seguenti valutazioni ed alcune proposte di emendamento o integrazione, tenendo conto dell'esperienza accumulata in questi anni, nella difficile e controversa gestione dell'applicazione della Legge n. 257/92, come modificata dalla Legge n. 271/93, che coinvolgendo numerose aziende metalmeccaniche ci ha visto e ci vede ancora impegnati nel governo di molteplici contenziosi di natura tecnica e amministrativa con INAIL e CONTARP, con INPS e Ministero del Lavoro, oltre che interessati a molti dei contenziosi di natura giuridica tuttora aperti.

 

Proposte di emendamento di Fim, Fiom e Uilm nazionali

Articolo 1 (Integrazioni alla disciplina di cui alla legge 27 marzo 1992, n.257)

Questo articolo prevede giustamente, tenendo anche conto degli orientamenti della Corte Costituzionale, che i benefici previdenziali siano riconosciuti anche ai lavoratori esposti al rischio amianto, assicurati presso enti diversi dall'INAIL.

Al comma 3 è scritto che le domande per il riconoscimento delle predette prestazioni previdenziali devono essere presentate entro …… giorni [1] dalla data di entrata in vigore della nuova legge e che, decorso tale termine, le norme di cui al comma 8 dell'art. 13 della L. 257/92, e successive modificazioni, cessano di avere applicazione.

Pur non essendo questo lo spirito dei proponenti, questa formulazione si presta ad essere equivocata, in quanto non è realisticamente possibile che nei tempi stabiliti per la presentazione della domanda (pena il decadere di un diritto) si completi, da parte delle sedi INAIL, l'accertamento dell'esposizione e il rilascio delle certificazioni individuali.

Per superare questo problema, fonte di potenziali contenziosi giuridici ed amministrativi con gli enti preposti all'accertamento, proponiamo sia inserito al comma 3 il seguente periodo:

"L'applicazione della prestazione previdenziale di cui al comma 8 dell'art.13 della L.257/92, e successive modificazioni, viene comunque garantita a tutti coloro che nel predetto termine di …… giorni, dalla data in vigore della presente legge, presentano domanda per il riconoscimento, indipendentemente dai tempi necessari all'accertamento e alla certificazione dell'avvenuta esposizione come definito nel comma successivo".

Allo stesso fine, al punto C dell’art. 7 “norma transitoria” le parole "fino all'entrata in vigore della presente legge" andrebbero sostituite con "già rilasciati alla data di entrata in vigore della presente legge e quelli da rilasciare in base agli accertamenti conseguenti alle domande presentate entro il termine dei …… giorni previsti al comma 3 dell'Art.1".

I paragrafi 4 e 5, cogliendo la sostanza di quanto richiesto da oltre un anno da Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil, offrirebbero certezze procedurali ed uniformità di giudizio a livello nazionale per l'accertamento delle condizioni di esposizione al rischio amianto, consentendo di risolvere numerosi contenziosi tuttora aperti con le sedi regionali e territoriali dell'INAIL, di superare l'esclusione ingiustificata di determinati settori produttivi (es. l'alluminio) o di numerose piccole imprese, di eliminare inique disparità di trattamento per situazioni analoghe (vedi siderurgia, metallurgia non ferrosa, termo-elettro-meccanica, petrolchimica, raffinerie ecc.).

 

Art.2 (Poteri sostitutivi)

In relazione ai piani di bonifica da parte delle regioni e province autonome, o del Governo in caso del potere sostitutivo di cui al comma 1, sarebbe opportuno inserire nel dispositivo di legge l'impegno ad adottare specifiche misure fiscali d'incentivo per i soggetti privati che hanno l'obbligo di demolire, bonificare, smaltire o mettere in sicurezza strutture, impianti, edifici o macchinari coibentati con amianto. La modalità proposta è di "prevedere detrazioni fiscali, fino al 50 per cento delle spese sostenute, a condizione che i lavori siano eseguiti in completa sicurezza da ditte specializzate e certificate, con la garanzia che tutte le misure di prevenzione e sorveglianza sanitaria, a tutela dei lavoratori coinvolti e dell'ambiente circostante, siano adottate e monitorate dagli organismi di vigilanza e controllo."

 

Art.3 (Attività lavorative comportanti esposizione all'amianto)

La scelta, da noi condivisa, di superare le misure di individuazione e classificazione adottate fino ad oggi per l'accertamento dei casi di avvenuta esposizione al rischio amianto (riferimento alle 100 fibre/litro come dato quantitativo di esposizione media giornaliera), è coerente con quanto espresso negli ultimi anni dalla comunità scientifica e condiviso dall'Istituto Superiore della Sanità, che nel suo rapporto su "La mortalità per tumore maligno della pleura nei comuni italiani (1988-1997)" riferendosi allo studio di Hillerdal[2] afferma che "si evidenzia come non vi sia prova dell'esistenza di un valore di soglia, ovvero di un livello minimo al di sotto del quale l'inalazione di amianto non causi tumore della pleura e, quindi, appare plausibile che anche bassi livelli di esposizione possano indurre la patologia (anche se con un rischio estremamente basso".

Affermato ciò, rimane un'oggettiva difficoltà (e un'oggettiva difformità di valutazione pur in presenza di situazioni analoghe), se l'accertamento dell'avvenuta esposizione pregressa al rischio amianto è lasciato all'onere della prova del lavoratore che presenta la domanda e a dei tecnici la cui istruttoria dipende in gran parte dall'accesso a documentazione e informazioni disponibili o alla discrezionalità dell'azienda coinvolta a fornirle e a collaborare.

Pertanto, in base all'individuazione per legge delle attività lavorative comportanti esposizione all'amianto e a successivi decreti del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che, con il supporto di ISS, ISPESL e INAIL, integrino tali lavorazioni sulla base di evidenze empiriche o di risultati di studi epidemiologici (a partire dai dati del Registro Nazionale Mesoteliomi), bisogna dare sia certezza istruttoria e d'indirizzo all'INAIL - nei suoi organismi tecnici preposti all'accertamento -, sia certezza di diritto ai lavoratori e agli istituti di patronato.

Per garantire ciò, è necessario che le attività lavorative individuate per legge (e quelle successivamente integrate per decreto), diventino insieme ai settori e comparti produttivi di riferimento, una "tabella di rischio cancerogeno amianto" ai fini dell'accertamento e della certificazione delle condizioni che danno diritto alla prestazione previdenziale e al risarcimento del danno in caso d'insorgenza di patologie correlate.

Occorrerebbe, quindi, aggiungere all'art.3 un altro comma nel quale il Comitato nazionale di cui al comma 4 dell'art.1, sentite le organizzazioni sindacali e imprenditoriali delle categorie interessate, emana la "tabella di rischio cancerogeno amianto", entro 90 giorni dall'entrata in vigore della nuova legge.

 

Proposte di integrazioni di Fim, Fiom e Uilm

A queste valutazioni e proposte d'emendamento inerenti i primi tre Articoli e alla Norma transitoria del Disegno di Legge in questione, si aggiungono da parte nostra due richieste "politicamente" rilevanti che, insieme ai commi 4 e 5 dell'Art.1 avrebbero però il vantaggio di risolvere la quasi totalità dei contenziosi giuridici esistenti contro l'INPS e di risolvere il contenzioso potenziale per coloro che continuano e continueranno, anche in futuro ad essere esposti al rischio amianto:

1.      trovare una soluzione all'annoso problema della "barriera" dei 10 anni (521 settimane) di esposizione all'amianto, come soglia minima di accesso alla prestazione previdenziale. Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil nazionali, sin dall'audizione promossa da Camera e Senato nel 1997[3], proposero il superamento di questa soglia in ragione delle conoscenze scientifiche e di ordine sanitario raccolte e, successivamente, confermate e rafforzate dai risultati della Conferenza Nazionale Amianto del marzo 1999. Per questa ragione siamo per richiedere che il coefficiente di moltiplicazione dell'1,5 per cento sia calcolato sui mesi di accertata esposizione al rischio amianto, eliminando il riferimento ai 10 anni, come previsto in diversi disegni di legge presentati in Commissione Senato. Se motivi di costo economico o necessità di sintesi tra le diverse proposte, hanno sconsigliato di inserirlo nel Testo Unificato, riteniamo sbagliato lasciare le cose come stanno senza ricercare un ragionevole punto di equilibrio. Ad esempio, per l'esposizione dalle 5 alle 520 settimane (10 anni) si potrebbe applicare un coefficiente moltiplicatore più basso ed i costi relativi potrebbero essere recuperati finanziando il Fondo per le vittime dell'amianto solo con contributi a carico delle imprese. La cosa non dovrebbe suscitare reazioni, visto che la Confindustria così attenta ai conti pubblici, dovrebbe sapere che - ad esempio - negli USA i costi di risarcimento degli esposti all'amianto sono solo a carico delle imprese responsabili, mentre in Italia i dati INAIL rilevano che il 93 per cento delle aziende, nelle quali sono stati accertati casi di esposizione al rischio amianto, non hanno pagato il premio assicurativo per "asbestosi", configurando in questo modo l'evasione contributiva maggiore (per dimensione temporale ed estensione quantitativa ) subita dal nostro sistema assicurativo obbligatorio per i rischi occupazionali;

2.       mantenere - dopo che le norme del citato comma 8 dell'articolo 13 della legge n.257 del 1992, e successive modificazioni, cessano di avere applicazione (fatte salve le casistiche contenute nella norma transitoria) - l'attuale sistema "compensativo rispetto alla certezza di un'attesa di vita più bassa per gli esposti all'amianto in rapporto al resto della popolazione", per tutti coloro che continueranno a lavorare in condizioni accertate di esposizione al rischio amianto[4], anche se con un coefficiente di moltiplicazione più basso applicato per ogni mese lavorativo e con un tetto massimo predefinito di anni aggiuntivi al normale trattamento previdenziale, come previsto nell'attuale normativa per le attività lavorative usuranti.

  Le Segreterie nazionali

FIM-CISL                   FIOM-CGIL                    UILM-UIL

Gianni Alioti              Gianfranco Tosi          Luca M. Colonna

Roma, 16 settembre 2002



[1] Il termine di 180 giorni indicato nelle discussioni in Commissione ci sembra assai “stretto”, sarebbe più opportuno concedere un anno di tempo.

[2] Hillerdal G. "Mesothelioma: cases associated with non-occupational and low dose exposures". Occupational and Environmental medicine, 1999.

[3] Pubblicazione a cura del Senato della Repubblica: Audizione Volume 1°, Atti volume 2° - tomo II

[4] Ad esempio:

- lavorazioni di decoibentazione o bonifica di strutture, impianti, edifici o macchinari contenenti amianto;

- manutenzione, riparazione, revisione, collaudo o assistenza tecnica di strutture, impianti, edifici o macchinari contenenti amianto, non ancora bonificati o in contesti (es. all'estero) nei quali l'amianto non è stato ancora messo al bando;

- raccolta, trasporto, stoccaggio e messa in discarica di rifiuti contenenti amianto.