Tesseramento Cgil - Il caso Fiom Rassegna Sindacale n. 18 - 25 maggio 1999 Quel piccolo esercito di addetti al proselitismo Grazie a un incremento di 244 adesioni, interrotto un trend negativo risalente al '90. Il segreto del mutamento di rotta? Aver puntato con forza sull'azione dei delegati: una schiera di 15 mila persone impegnate a far tessere nei luoghi di lavoro Cinquant'anni di storia sindacale dell'industria italiana. È quella contenuta in un grafico prezioso, che Gino Mazzone, segretario organizzativo della Fiom-Cgil, mostra con un certo orgoglio durante una pausa delle trattative per il rinnovo del contratto. C'è tutto in quella curva. Il grande picco del dopoguerra (630 mila iscritti per l'organizzazione di categoria della Cgil), con l'attesa quasi messianica delle grandi riforme economiche e sociali e il piano del lavoro del '49. La crisi degli anni Cinquanta (le prime elezioni perse alla Fiat nel '55 e il minimo storico del '59: 185 mila tessere), la risalita decisa dopo l'autunno caldo del '69 (230 mila tessere in più in un solo anno), fino al nuovo record dell'80 nell'era Flm (quasi 600 mila tessere) e la successiva ridiscesa. Ma la tappa più importante degli anni recenti è proprio l'ultima, quella del '98. Che interrompe un trend negativo risalente al '90. "Abbiamo chiuso a 365.942 iscritti, con un incremento di 244 tessere - spiega Mazzone. Sembra poco, ma per noi è importantissimo, perché segna finalmente un'inversione di tendenza". Due i momenti fondamentali di crisi degli ultimi anni: la fine dell'esperienza unitaria della Flm (che tra il '73 e l'84 aveva portato nel sindacato tanti lavoratori non direttamente politicizzati) e il quinquennio '89-93, in cui la campagna del tesseramento veniva condotta direttamente dalla confederazione. Ma cos'ha prodotto, oggi, questo mutamento di rotta? "La novità più importante - osserva Mazzone - è stata quella di aver puntato con forza sull'azione dei delegati, la cui elezione è stata completata nel '96. La nostra organizzazione può contare su un piccolo esercito di 15 mila persone, che fanno proseliti direttamente nei luoghi di lavoro. Ed è qui che bisogna puntare, non tanto sulle campagne d'immagine e sulla pubblicità". L'altro elemento che rende più solido il risultato è stato il completo rinnovamento delle deleghe: un lavoro immane, racconta Mazzone, ma che ha permesso di ristabilire un contatto diretto con tutti i lavoratori organizzati. "Le tessere non sono state distribuite - spiega il dirigente Fiom -, ma consegnate personalmente agli iscritti: ed è proprio grazie al contatto diretto che si crea il senso d'appartenenza alla categoria. I servizi sono importanti, certo, ma rimangono pur sempre un di più, un gadget. Non è di lì che passa la fidelizzazione." Insomma: la tessera non è un prodotto da "vendere" e rimane, in fondo, ancora una bandiera. A rifare da capo molte delle adesioni, comunque, la Fiom è abituata da sempre, con un turnover forte, e stimabile intorno a un costante 30 per cento, e con i processi di ridefinizione della struttura industriale del paese, che hanno coinvolto, prima di ogni altra, la base di rappresentanza della categoria dei metallurgici. Non è un caso, dunque, che negli ultimi anni, e anche nel '98, la maggiore crescita, o tenuta, tra gli iscritti sia stata registrata nelle regioni che meno hanno scontato la crisi della grande industria. Emilia-Romagna (più 1,55), Umbria (più 3,57%), Toscana (più 2,36%) e Marche (più 1,63%) hanno tutte chiuso il tesseramento '98 con risultati di segno positivo. Pagano, invece, le realtà legate ai grandi assetti produttivi: Lombardia (meno 0,76%), Liguria (meno 1,86%) e Campania (meno 0,61%). E i processi sono ancora più evidenti nella serie storica. In Lombardia, in particolare, la perdita degli iscritti è da imputare esclusivamente alla crisi dell'area milanese (meno 5,45%), dove particolarmente forti sono stati i processi di ristrutturazione. Per il resto, i risultati sono buoni: 15 mila nuovi iscritti e la presenza di delegati in 5 mila fabbriche. "Il problema rimane Milano - racconta Tino Magni, segretario generale della Fiom lombarda. A Sesto San Giovanni, Breda, Ansaldo e Falck non ci sono più, e alla Falck l'80% degli operai era iscritto al sindacato. Sia ben chiaro: l'occupazione non è diminuita, ma si è parcellizzata in realtà che il sindacato fatica a intercettare. Fino a qualche anno fa, per esempio, la sede sindacale di Lambrate aveva a pochi metri di distanza 10 mila lavoratori di Maserati, Faema e altre aziende. Oggi non è più così." Nell'area Olivetti ci sono più addetti di prima, ma sono giovani assunti con contratti non tradizionali. Qui la Fiom ottiene ottimi risultati nelle elezioni delle Rsu (54% dei voti in Infostrada), ma fatica poi a tesserarli, questi giovani. "Il sindacato spesso non lo conoscono - aggiunge Magni -, oppure pesano la sua forza sui servizi che offre, mentre è ancora lontano il senso dell'autotutela collettiva. Un altro problema è quello della sindacalizzazione degli impianti, che per noi non è mai stata facile." A Milano, proprio per questi motivi, si sta investendo sul decentramento organizzativo, mentre è partito in questi mesi un corso per tesseratori. "Abbiamo selezionato un gruppo di diciotto delegati - racconta Antonio Amedeo, responsabile formazione della Fiom meneghina - per i quali è stato organizzato un corso di formazione in tre moduli: creatività sindacale (per esempio, come ravvivare una bacheca, inventare slogan e manifesti), tecniche di lavoro di gruppo, clima organizzativo e sistema premiante. La finalità è quella di tradurre in adesioni le motivazioni di fondo dei lavoratori." Insomma: fare proseliti con modalità "scientifiche". Il progetto è partito a ottobre e procede speditamente. Ma l'inizio non è stato facile: molti funzionari, raccontano alla Fiom, accoglievano con sospetto le modalità del marketing nella tradizionale pratica sindacale. Comunque, tra ottobre e marzo i tesseratori hanno raccolto 300 nuove iscrizioni. "I diciotto delegati - sottolinea Amedeo - si sono dati come ulteriore obiettivo 500 tessere entro dicembre. I risultati sono quindi positivi, anche se siamo ancora dentro a una fase sperimentale. Vogliamo portare questi contributi all'interno dell'organizzazione: i tesseratori dovranno lavorare con i funzionari che già operano nelle cinque zone in cui è divisa Milano." Anche sui dati del tesseramento della Campania (meno 0,61% di iscritti) pesa la crisi della grande industria: pure se, in effetti, l'ultimo anno ha portato 3 mila nuovi iscritti. In questo caso, però, a perdere terreno è il modello delle partecipazioni statali, con la graduale fuoriuscita di migliaia di lavoratori (prepensionamenti e interventi sull'amianto) e una diversa localizzazione dimensionale e geografica delle attività produttive. "Dalla fascia costiera dell'insediamento di Bagnoli, della Sofer di Pozzuoli e dell'area Torrese-Stabiese, il baricentro s'è spostato verso le zone interne, soprattutto ad Avellino - spiega Maurizio Mascoli, segretario organizzativo della Fiom Campania -, dove negli ultimi tre anni sono stati assunti circa 3 mila giovani: è questa la nuova classe operaia della regione." La rete industriale dell'avellinese comprende Fma, Marelli, Iveco e Piaggio: ma qui, dove moltissimi sono giovani, i tassi di sindacalizzazione sono tre volte minori rispetto agli insediamenti tradizionali. "Proprio per questo - conclude Mascoli - abbiamo lanciato il progetto "Fiom giovani", che è stato affidato a un giovane delegato. L'obiettivo è quello d'affrontare in maniera diversa temi classici dell'attività sindacale, come contrattazione e previdenza integrativa. Il progetto è partito soltanto all'inizio del '99, ma già da ora registriamo un incremento di iscritti". a cura di Stefano Iucci
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