Roma,
9 febbraio 1973: La
manifestazione nazionale di 250.000 metalmeccanici rappresentò la spinta per il
rinnovo contrattuale caratterizzato principalmente dalla conquista
dell'inquadramento unico (operai-impiegati) e delle 150 ore. A differenza di
quanto accaduto per la manifestazione del novembre 1969, la Confindustria non
rispose alle proposte del nuovo sindacato unitario, la Flm nata nel settembre
del 1972, con un "no" pregiudiziale. Le trattative si prolungarono
comunque fino al 9 febbraio, data in cui la Flm aveva deciso di manifestare la
sua determinazione rispetto ai risultati che voleva raggiungere con il rinnovo.
«Gli industriali sia privati che pubblici avevano prudentemente evitato fino ad
allora lo scontro frontale, nella consapevolezza che, se anche sul piano
politico prevalevano forze moderate con il governo Andreotti di centrodestra e
che, se anche in campo sindacale la costituzione della Confederazione della
Cgil-Cisl-Uil segnava un successo di moderati, tuttavia nel settore
dell'industria e specie in quella metalmeccanica, la bilancia continuava a
pendere in favore dei lavoratori.» (Fiom.
Cento anni di un sindacato industriale, pag.
222).
L'«autunno
caldo» aveva lasciato dei segni indelebili, sia dentro che fuori la fabbrica:
nuove strutture organizzative si erano affermate ovunque, nuove forze compatte
organizzavano e partecipavano a scioperi e a nuove battaglie. Il 19 aprile 1973
Bruno Trentin, Pierre Carniti e Giorgio Benvenuto firmarono, la prima volta come
segretari generali della Flm, l'accordo con la nuova associazione degli
imprenditori metalmeccanici: la Federmeccanica. La chiusura del contratto dunque
vedeva soddisfatti i metalmeccanici e la Flm. Faticosamente si concretizzarono
anche i risultati delle diverse battaglie sindacali relative alle riforme,
all'occupazione e al Mezzogiorno. Il sindacato trovò numerosi ostacoli ad
estendere la sua azione dalla fabbrica alla società; gli accordi presi con il
governo, il Parlamento e le forze politiche spesso rimanevano sulla carta.
Tuttavia, gli scioperi tra il ‘73 e il ‘74 a sostegno delle vertenze
aziendali per una nuova organizzazione del lavoro e per qualificati e cospicui
investimenti al Sud portarono a sostanziali accordi integrativi aziendali che
includevano aumenti salariali, nuove organizzazioni del lavoro, nuovi posti di
lavoro e realizzazione di investimenti nel Mezzogiorno. «
(…) Sentiamo che colpendo i lavoratori si tenta di scardinare le basi della
democrazia. ma noi siamo consapevoli di essere una grande forza che difende la
libertà, la dignità degli uomini, la vita democratica, come forza
indispensabile della convivenza civile…portate avanti con fermezza questa
lotta, coscienti di non essere soli. Tutti i lavoratori sono con voi.» (dal
discorso di L. Lama, segretario generale della Cgil in Con
i metalmeccanici, pag. 67)
«Roma
9 febbraio: fin dalle quattro del mattino cominciano ad arrivare nei quattro
punti stabiliti treni e pullman con i metalmeccanici che partecipano alla
manifestazione. I sindacati dei metalmeccanici e dei ferrovieri collaborano per
ricevere i lavoratori e per informare sugli orari di arrivo dei diversi treni.
Una delegazione della Flm di Roma è presente in ogni punto di arrivo. Alla
stazione Tiburtina arrivano 13 treni e 100 pullman da Milano, Bergamo, Lecco,
Treviso, Venezia, Verona, Trento, Brescia. Il corteo è aperto da Milano e
chiuso da Brescia. Alla
stazione Ostiense arrivano 8 treni e 69 pullman dalla Calabria, da Torino, da
Varese, Novara, Trieste, Livorno, Pisa, Lucca, Massa Carrara, Savona, La Spezia,
Genova. Il corteo è aperto da Reggio Calabria e chiuso da Genova. Al
piazzale di Cinecittà arrivano 800 pullman provenienti dal Lazio, Biella,
Vercelli, Cremona, Mantova, Pavia, Bolzano, Padova, Rovigo, Vicenza, Crema,
Napoli, Pistoia, Siena, Ancona, Macerata, Potenza, Trapani, Siracusa, Sassari,
Rimini, Ferrara, Forlì, Parma, Reggio Emilia, Bologna; apre il corteo la Fatme
di Roma e lo chiude Bologna. In
piazza dell'Esedra arrivano, oltre ai lavoratori che viaggiano con treni
ordinari, altri 100 pullman, dalla Val d'Aosta, da Como, Trento, Verona,
Piacenza, Catania, Palermo, Crotone, Siracusa, Messina, Arezzo e Firenze. Sono
inoltre presenti le delegazioni romane delle altre categorie e di segretari
nazionali delle organizzazioni sindacali. Aprono il corteo gli edili romani e lo
chiude Firenze.» (Con i metalmeccanici,
pag. 23)
(…) «…una
folla immensa, valutabile in 250.000 persone, converge verso piazza S. Giovanni.
I quattro cortei sembrano non finire mai: sui visi dei cittadini romani che
sostano ai lati delle strade o si affacciano alle finestre, si legge simpatia,
emozione ed anche sorpresa: l'affluenza dei lavoratori metalmeccanici ha
superato le più ottimistiche previsioni della vigilia. Scriviamo lavoratori
metalmeccanici perché, naturalmente, essi costituiscono il grosso dei cortei,
lo rivelano i cartelli e gli striscioni che recano i nomi di centinaia e
centinaia di fabbriche, le bandiere con la scritta Fim-Fiom-Uilm o, più spesso,
la nuova e già ben conosciuta sigla unitaria Flm. Lo rivelano ancora gli slogans
sulla lotta per il contratto e quelli che sottolineano il contestuale
impegno della grande categoria dell'industria per l'occupazione, le riforme, il Mezzogiorno.
Ma non ci sono solo i metalmeccanici, tutte le categorie sono rappresentate:
dagli edili ai braccianti, dai chimici ai tessili, dai ferrovieri a vari settori
del pubblico impiego e dei servizi; e i giovani, gli studenti recano il loro
apporto di entusiasmo e combattività. Sui
muri migliaia di manifesti: delle organizzazioni sindacali, dei partiti
democratici, delle Acli. I manifesti dei partiti, in particolare, sottolineano
il significato politico della grande manifestazione di massa; ma questo
significato politico trova espressione soprattutto all'interno dei cortei,
attraverso immagini e scritte con cui si è sbizzarrita la creatività operaia,
ora ironiche e mordaci, ora accorate e indignate. il governo di centrodestra è
messo duramente sotto accusa da decine di migliaia di lavoratori: è - affermano
nei loro cartelli gli operai della Zanussi - il governo delle fabbriche chiuse.»
(Con i metalmeccanici,
pag.
7) «A
nome dei metalmeccanici, dei lavoratori di Reggio Calabria e di tutto il
Mezzogiorno vi chiediamo di riconfermare la volontà della categoria di portare
avanti con la stessa forza con la quale ci battiamo per il contratto, la
vertenza con le imprese a PP. SS. per una nuova politica di investimenti e di
occupazione nel Mezzogiorno…il governo Andreotti che è pronto a regalare
1.000 miliardi ai padroni con la fiscalizzazione, non si è nemmeno degnato di
rispondere alle richieste delle Confederazioni di provvedimenti organici, dopo
l'alluvione che ha distrutto case, strade, colture e che ha creato 30.000 senza
tetto e nuovi disoccupati.» (dal saluto portato da un operaio dell'Omeca di
Reggio Calabria, in Con i metalmeccanici,
pag. 39) «Si
è tentato di far svolgere la manifestazione in un clima di isolamento cercando
di stendere su questa prova di forza e di maturità della categoria un velo di
silenzio con la complice assistenza della Radio e della Televisione…il fatto
importante, invece, che la manifestazione di oggi esalta nella sua giusta
dimensione, è la consapevolezza, ormai penetrata in tutti i settori del
movimento, che la posta in gioco al tavolo della trattativa non riguarda solo i
metalmeccanici, ma l'intero movimento sindacale.» (dal discorso del segretario
della Flm di Roma, Ottaviano del Turco in Con
i metalmeccanici, pag. 51) |