Roma,
22 giugno 1979: A sostegno della trattativa per il rinnovo contrattuale il 22 giugno 1979, duecentomila metalmeccanici sfilarono per le vie di Roma. Al comizio di S.Giovanni erano presenti Pio Galli, Bentivogli e Mattina non distolti né tanto meno scoraggiati dall’azione di Federmeccanica, che «per la prima volta nella storia delle relazioni sindacali del dopoguerra, citava in giudizio la Flm nelle persone dei suoi Segretari generali…, quali responsabili dell’adozione di metodi di lotta sindacale contrari alla legislazione e diretti a coartare la libertà della controparte riguardo alla stipula del nuovo contratto collettivo». (Fiom. Cento anni di un sindacato industriale, pag. 233)
Il contratto aprì la strada a una nuova fase di sviluppo del nostro paese: non risolse i problemi di occupati, disoccupati, giovani e donne emarginati, ma rese più urgente e concretamente possibile affrontare questi problemi. Continuavano i dirigenti della Flm: «Il dottor Carli, che è stato l’alfiere di una battaglia così importante e ha tenacemente difeso un disegno contemporaneamente neo-liberista e di corporativizzazione di tutta la società, ha visto sfumare e tramontare un’ipotesi che aveva cercato di ridefinire la Confindustria come un pilastro decisivo della politica economica e quindi in definitiva arbitra, anche sul piano tattico, degli indirizzi complessivi dello sviluppo sociale del paese». (in «I Consigli», 1979) Tutto ciò fu impedito dalla determinazione, il rumore e la creatività della classe operaia che vinse sulle velleità padronali di giocare una piattaforma e sui tentativi di vincolare i risultati contrattuali sull’orario di lavoro a condizionamenti giuridici inaccettabili. Il «paraorecchie» per non sentire
Naturalmente i primi ad adottarlo sono stati la Rai e la grande stampa, che essendo operatori dell'informazione, sono stati informati subito. In una settimana, tutti col paraorecchie modello “Agnelli”, perché l’avvocato, che è un uomo generoso ne aveva distribuiti gratis cinquantamila. I metalmeccanici hanno cominciato ad accorgersene vedendo che, almeno per due mesi, non c’era verso di trovare notizie sulla vertenza. Per intere settimane, nelle case, davanti alla tv si aspettava la fatale ultima dicitura del telegiornale, l'ultimo titolo. Il più ottimista tutte le volte diceva ad alta voce: "L'ultimo titolo sarà ‘Le iniziative di lotta dei metalmeccanici’". Invece le notizie erano di questo tipo: Sofia Loren, grane col fisco. Si ribalta in canoa il premier Troudeau. La Ferrari va forte in prova. Caroline di Monaco sposa un russo. Finché un giorno qualcuno disse: “E’ da due mesi che non danno notizie su di noi; non sarà che ci censurano?”, “Dio – gli fu risposto – come pensi subito male: avranno molto da fare, saranno molto impegnati con le elezioni, con il riflusso, bisogna capirli”. Ma uno che non era convinto andò a controllare e tornò tutto trafelato dicendo:”Guarda, sono stato alla Rai e ai giornali e ho scoperto il mistero, hanno tutti il paraorecchie di Agnelli: è per quello che non potevano dare le notizie, non ci sentivano protestare e del resto nessuno li ha potuti avvisare. Quindi alcuni gruppi di metalmeccanici a Milano, a Roma, a Torino, andarono sotto le sedi Rai e nei giornali a chiedere gentilmente di togliersi un momento il paraorecchie e ascoltare le loro ragioni. Ma cortesi direttori e gentili funzionari dissero loro: “Ci dispiace, ma c’è un problema, col paraorecchie non sentiamo se fate la manifestazione, se ce lo togliamo e ci dite che fate la manifestazione ce lo dobbiamo rimettere per il rumore”. Quale è allora la soluzione? Ma è chiaro: si smette di manifestare, si chiudono i campanacci nel cassetto, si ripiegano gli striscioni, si aspetta qualche mese che ai padroni sia passata la paura, e quando Agnelli timido timido si leva prima un paraorecchie, poi l’altro e dice: “Posso? C’è silenzio?”, allora con calma ci si siede e si parla dell’orario, e il Carli ci spiega l’impresa libera e intanto magari si prende anche un tè, a bassa voce. Intanto è passato un anno senza contratto, ma senza rumori molesti. Invece si è insistito nella tattica suicida: si suonavano i campanacci e tutti si chiudevano le orecchie, perché quel rumore dava tanto, tanto fastidio. E’ venuto poi il giorno della grande manifestazione. E dai, e dai, i paraorecchie sono saltati. La manifestazione è andata in diretta alla tv, la grande stampa ha avuto un bagliore di interesse. Trecentomila, non si può far finta di non sentirli. Dopo sono venuti alla televisione due giornalisti della Stampa e del Giorno a difendersi dicendo che loro dei metalmeccanici sono grandi ammiratori, ma danno più spazio ad Aquila selvaggia perché è più importante: e se poi devi andare ad una manifestazione e non c’è l’aereo in orario? Almeno però loro sono venuti: pensate che Di Bella e Scalfari, che sono due che alla televisione ci vanno anche per parlare di floricoltura non c’erano: i metalmeccanici non sono giornalisticamente interessanti. Bene, quel giorno ci sono state cento e cento idee, i pupazzi, i cartelli…ma soprattutto c’era rumore. Un rumore tanto forte, che molti paraorecchie sono saltati. E allora gastriti, otiti, nevrosi. Anche Lama ha avuto un momento di strimizzore. Adesso sono tutti lì che riparano i paraorecchie con i cerotti e con lo scotch. Ne preparano anzi di più forti, con tre strati di coibentazione, con la radiolina incorporata. Con la paura che arrivino dei campanacci più grandi, dei tamburi più sonori e più gente a suonare. Gli operai sono irresponsabili: si divertono solo a fare casino. E Agnelli è sempre lì, col paraorecchie sul tavolo. E ogni tanto arriva Carli e gli fa: “Gianni, adesso sentiamo la quinta”. “Che bello! La quinta sinfonia di Beethoven?” – “No, la quinta lega di Mirafiori” e da lontano, si avvicina il ben noto frastuono. Agnelli si porta una mano allo stomaco e diventa pallido.» (Stefano
Benni, in «I Consigli», 1979) |