Riunione donne Fiom 21 settembre 2010

Barbara Pettine

Gli effetti della crisi sull’occupazione femminile

- Occupazione femminile - 1,4% ( in due anni persi circa100.000 posti di lavoro nella sola industria) . siamo scesi al 46% di tasso medio di occupazione ma 56% al nord,51,5% al centro e 30% al sud. Il differenziale tra occupazione maschile e femminile segna – 22% come media nazionale.

- Aumenta l’inattività femminile, ci sono più donne inattive che occupate ( 49% contro il 46%)

- La disoccupazione femminile 9,7% rispetto al 7,5% degli uomini (la disoccupazione non tiene conto della cassa integrazione altrimenti sarebbero altri due punti in percentuale da considerare).

L’aumento dell’occupazione femminile è un obbiettivo prioritario delle politiche economiche e deve essere centrale nelle strategie per uscire dalla crisi

 

Proposte

- Inserire incentivi per l’assunzione a tempo indeterminato. di donne nella prossima finanziaria. ES : incentivo di decontribuzione per 36 mesi (le aziende pagano contributi pari agli apprendisti, la differenza a carico dell’INPS) e 44 mesi al sud. per le aziende che assumono con contratti a tempo indeterminato donne con figli minori di 3 anni l’incentivo è raddoppiato

- No ai contratti di inserimento che sono precari e prevedono il sotto inquadramento.

- Programmi con università del sud per inserimento qualificato di giovani donne nelle tecnologie di produzione a forte risparmio energetico e generazione di rinnovabili. Finanziamenti regionali. uso dei fondi europei

Gli effetti della deregolazione legislativa e contrattuale sulle condizioni del lavoro femminile

- La legge sull’arbitrato e il diritto del lavoro attualmente in discussione in parlamento, inserisce la possibilità di fare contratti individuali che, se certificati dalle commissioni di certificazione (tra cui anche gli enti bilaterali) possono contenere clausole in deroga al contratto nazionale su salari, orari, diritti. inoltre il lavoratore all’atto dell’assunzione sarà chiamato a firmare un impegno a non ricorrere al giudice del lavoro per qualsiasi contenzioso riguarderà in futuro il rapporto di lavoro.

Per questa via il contratto potrebbe contenere la rinuncia ad avvalersi di diritti fondamentali quali quelli previsti per la tutela della maternità e del lavoro di cura, così come potrà prevedere magari un minor salario proprio a fronte della maggiore difficoltà occupazionale delle donne.

La maggiore precarietà e fragilità dell’occupazione femminile, verrà utilizzata come ricatto verso la qualità dell’occupazione e la salvaguardia di condizioni paritarie.

- La distruzione del contratto nazionale attraverso un sistema di deroghe che Fim e Uilm stanno contrattando con Federmeccanica, apre la strada alla possibilità di contrattare addirittura condizioni “differenti” per le donne con la scusa di voler favorire l’occupazione femminile “.

- Rischio non solo di gabbie salariali ma di forti sperequazioni nelle condizioni di lavoro, della cancellazione di conquiste e diritti.

La difesa del contratto nazionale è la difesa delle condizioni di diritti e dignità del lavoro per salvaguardare parità e uguaglianza tra i sessi nel lavoro.

 

Proposte

- Nelle iniziative (di lotta e contrattuali) per conquistare contratti aziendali che riaffermano il CCNL del 2008 e creano le condizioni per una nuova piattaforma di rinnovo nazionale i temi della parità di genere e della qualità delle condizioni di lavoro delle donne devono essere esplicitati e messi al centro delle richieste della Fiom.

- Va avviata una ricognizione di massa di cosa avviene nelle fabbriche rispetto ai diritti di tutela della maternità, ai congedi parentali, alle condizioni di lavoro nelle donne , nelle nostre fabbriche, cominciando anche da una lettura critica dei rapporti sul personale femminile 2008 2009 che tutte le aziende al di sopra dei 100 dipendenti devono aver consegnato entro l’aprile 2010 alle Rsu.

I dati richiesti dal formulario governativo sono scarsi e mal congegnati, tuttavia ci forniscono alcune informazioni, si potrebbe avviare una verifica a partire dagli stessi, chiedendo alle direzioni aziendali incontri di confronto ad hoc, per esempio sui differenziali salariali, sulle politiche di assunzione e sui percorsi di carriera e di valorizzazione delle professionalità, sulle politiche formative.

- Si potrebbe anche elaborare una nostra controproposta su come fare la rilevazione, sulla base della quale chiedere un confronto con la rete delle consigliere di parità, depositaria istituzionale di verifica su questa rilevazione biennale.

 

Salario di produttività e detassazione

- Va denunciato come la detassazione del cosiddetto salario di produttività, in particolare il salario legato ad obbiettivi di presenza e disponibilità, nonché dello straordinario aumenta il differenziale salariale fra i sessi, configurando in tal senso una politica implicitamente discriminatoria.

 

Proposte

- Va contrapposta alla detassazione del salario di produttività la detassazione al 10% dei salari e pensioni fino ai 15.000 euro annui (che comprende tutte le indennità di disoccupazione, cassa integrazione, mobilità, e i livelli più bassi dei salari operai quali apprendisti e 1 e 2 livello del Ccnl)

- Va detassata l’indennità di maternità e i congedi parentali, così come il pt, quando viene richiesto per lavoro di cura. ( per i congedi parentali non retribuiti si potrebbe chiedere la detassazione del n. di mensilità corrispondenti al n. di mesi di durata del congedo stesso)

- Per i congedi parentali inoltre va prevista a carico dell’inps l’intera copertura contributiva, al fine di non disincentivarli ai fini pensionistici

- Vanno previste forme di incentivo pubblico (es. defiscalizzazione e decontribuzione) per le aziende che concordano a livello aziendale istituti aggiuntivi a sostegno delle/i dipendenti con responsabilità di cura ( es estensione dei congedi parentali e/o maggiore retribuzione degli stessi, piani di inserimento professionale per donne di rientro dalla maternità, ecc.)

 

Sistema pensionistico

Va ribadita la nostra contrarietà all’aumento dell’età pensionabile, e proposta una forma di mobilitazione nazionale (Assemblea nazionale ?) anche nel rapporto con altre donne che si sono mosse su questo obbiettivo vedi appello “se 60 ore vi sembran poche” , partendo dalla ricostruzione di iniziative comuni con le donne del pubblico impiego. Il tema del non innalzamento dell’età pensionabile deve essere al centro della manifestazione nazionale del 16 ottobre e portato come contributo alla manifestazione europea del 29 settembre.

Proposta finale fare un volantone come donne metalmeccaniche per la preparazione della manifestazione del 16 ottobre, promuovere un appello di donne di adesione alla nostra manifestazione, promuovere nell’ambito degli incontri con i giovani e le associazioni anche una riflessione sul lavoro con le studentesse e le giovani precarie.