Notizie Internazionali
Bollettino bimestrale della Fiom-Cgil a cura di Pino Tagliazucchi

Numero speciale "11 settembre"

Bin Laden

Descrivere il nemico, cioè bin Laden e la sua organizzazione Al-Qaida, è impossibile - perlomeno stando alle informazioni stampa. Ma poiché almeno qualcosa bisogna saperne raccogliamo per date ciò che troviamo.
 
1957   Nasce a Djedda, capitale dell’Arabia saudita (poi Riyadh), da madre siriana, Osama bin Mohammed bin Laden, che poi sarà il 17o dei 52 o 53 figli di Mohammed bin Oud bin Laden. Di suo padre si dice che venne dallo Yemen nel 1932, quando in Arabia saudita si stava installando la nuova dinastia regnante e che, per i suoi “contatti personali” con dei membri della famiglia reale (specialmente con il principe Turki bin Faisal bin Abdelaziz, capo dell’intelligence saudita per 24 anni, sino a poco tempo fa), divenne presto il costruttore preferito a corte, con la bin Laden Construction - una società ramificata in diversi paesi e del valore di parecchie decine di miliardi di dollari. [1]
 
1979  Si laurea alla King Abdel Aziz University di Djedda, dopo studi in management, economia (o ingegneria secondo altre fonti) e teologia. In questi studi religiosi ha avuto come guida il professore palestinese Abdallah Azzam, fortemente critico dell’Olp palestinese e orientato verso la jihad contro gli infedeli[2]. Subito dopo la laurea si dedica alla raccolta di fondi a favore dei mujaheddin afgani in lotta contro l’invasore sovietico, poi nel 1980 parte egli stesso per l’Afghanistan - dove in un primo tempo costruisce ospedali e rifugi antiaerei, per poi prendere le armi. In Afghanistan resta sino al 1989. Pare che nel 1988 abbia gettato le basi di al-Qaida.
 
1989  Dal 1989 al 1991, bin Laden vive in Afghanistan o a Peshawar, in Pakistan. [3]
 
1991 Nel 1990, in preparazione della guerra contro l’Iraq, le truppe americane vengono schierate in Arabia saudita, con l’accordo della dinastia regnante. Osama bin Laden protesta fortemente contro questa presenza di infedeli in una terra sacra; è arrestato ed espulso dal paese. Allora si trasferisce in Sudan - dove dominava il regime islamista di Hassan Turabi. Lì si dedica a diverse attività impren­ditoriali, agricole ed edilizie, e fonda la Al Shamal Islamic Bank, tuttora esistente e ora inclusa nell’elenco delle organizzazioni finanziatrici della rete terroristica, con ramificazioni a New York, Ginevra, Parigi, Londra.[4] 
1994  La sua cittadinanza saudita viene revocata, sotto pressione, pare, degli Stati Uniti. [5].
 
1996  Con una dichiarazione pubblica, bin Laden dichiara la guerra santa contro gli Stati Uniti. Viene espulso dal Sudan e torna in Afghanistan, dove è in stretto rapporto con il mullah Omar, capo del regime talebano.
 
1998  Naturalmente, degli anni successivi non si sa quasi nulla. Pare che nel 1998 ci sia stata una fusione tra al-Qaida e la organizzazione islamista egiziana Jihad - che aveva organizzato l’assassinio di Sadat; e che una cooperazione con la Gamaa Islamiya, dello sceicco cieco Omar Abdul Rahman, oggi in carcere negli Stati Uniti dal 1995, per l’attentato al World trade center nel 1993, abbia dato vita al Fronte mondiale di Jihad contro sionisti e crociati.[6]
 
Il documento con le prove contro bin Laden si limita a imputarlo degli attentati terroristici dell’11 settembre - e d’altra parte, come viene specificato, non vuole essere un documento di accusa da usare in giudizio; ma è noto che a bin Laden e alla sua rete vengono attribuiti diversi attentati contro presenze e forze americane in alcuni paesi del Medio Oriente. Un elenco di questi attentati indica che parecchi attentati sono stati compiuti da altre organizzazioni islamiste (e/o dell’estrema destra americana) e che gli ultimi sono invece attribuibili ad al-Qaida. Ecco l’elenco degli attentati antiamericani:
1983  In aprile un attacco suicida contro l’ambasciata americana a Beirut  (con 63 morti); nell’ottobre dello stesso anno, un altro attacco suicida contro la caserma dei marines sempre a Beirut (con 299 morti).
1988   Nel dicembre, una bomba fa esplodere un aereo della Pan Am, che cade sopra Lockerbie (con 270 morti).
1992 Nel dicembre, una bomba scoppia in un albergo dello Yemen, dove sino a poco prima avevano abitato dei marines.     
1993  Bomba al World trade center  e bomba contro una caserma di militari americani in Arabia saudita (con 18 morti).  
1995  Nell’aprile, una bomba contro un edificio federale a Oklahoma City (con 168 morti).  
1996  Nel giugno, un attacco al complesso militare americano a Dharan, Arabia saudita (con 19 morti). È la prima volta che bin Laden è sospettato di essere coinvolto; e gli attentati successivi gli vengono imputati.          
1998  In agosto, attentati alle ambasciate americane in Kenia e Tanzania (con 224 morti).       
2000  Nell’ottobre, un attacco suicida contro il destroyer americano Uss Cole (con 17 morti).
 
E poi, naturalmente, gli attacchi suicidi alle torri gemelle, l’11 settembre 2001.
 
Anche sulla rete terroristica che ruota attorno ad al-Qaida, le informazioni stampa non vanno lontano - e devono essere assunte con circospezione. Però esse danno un’idea se non proprio della rete in sé, dell’estensione di un fenomeno tutt’altro che nuovo, ma che, ignorato a lungo, ha assunto oggi un’importanza eccezionale. Le Figaro[7] fornisce una sorta di mappa dei gruppi terroristici, o presunti tali, in vari paesi - e vale la pena di elencarli:
Algeria         Gia (Gruppo islamico armato); Gruppo salafista di predicazione e di lotta;
Cashmir        Harakat al-Mudjaiddin;      
Egitto            Al-Jihad;
                     Al-Gamaa al-Islamiya, organizzazione responsabile dell’attacco a una comitiva di turisti a Luxor, nel 1997; Filippine       gruppo indipendentista di Abu Sayyaf;  
Libia             gruppo islamico di lotta;            
Somalia        Al Itihad al Islamiya;          
Uzbekistan    Movimento islamico;          
Yemen          Armata islamica di Aden.
 
E, naturalmente, al-Qaida, in Afghanistan. A questi gruppi vanno aggiunte delle ong sulle quali Washington ha puntato il dito, accusandole di fiancheggiamento: Wafa e Maktab al-Khidamat al-Kifah, in Afghanistan; Al Rashid Trust, in Pakistan; la Maamun Darkazanti Import-Export, senza localizzazione. Queste organizzazioni, scrive il quotidiano, sono collegate ad al-Qaida, o servono di copertura e “finanzierebbero sottobanco le campagne terroristiche degli estremisti islamisti”.
Il settimanale Time[8] aggiunge i nomi del vertice di al-Qaida. Osama bin Laden sarebbe “emiro generale”; sotto di lui operano due luogotenenti: Ayman al-Zawahri e Mohammed Atef. A essi bisogna aggiungere Suleiman Gaith, imam kuwitiano, che avrebbe raggiunto bin Laden dopo gli attentati dell’11 settembre e sarebbe oggi il suo portavoce[9]. Poi viene la Shura Majlis (consiglio direttivo) che riunisce quattro comitati: religioso-legale, finanziario, comunicaziioni, militare. E infine le singole cellule operative. Prendendo per buona questa struttura, oltre a bin Laden abbiamo almeno due luogotenenti che potrebbero pren­derne il posto; ma tutto resta nebuloso. Scrive infatti l’Observer[10] che “al-Qaida non è né una gerarchia tradizionale, né una pura e semplice associazione di individui collegati tra loro. È entrambe le cose e nessuna delle due cose”. Perciò si sa qualcosa, ma per il resto si naviga al buio - perlomeno come lettori della stampa.
Vediamo le informazioni sui due luogotenenti, per farcene un’idea. Mohammed Atef - conosciuto anche come Abu Hafs el Masri, o come sceicco Taseer Abdullah - è nato nel 1958 nel villaggio egiziano di Quenna[11], ha lavorato non si sa per quanti anni nella polizia egiziana, poi nei primi anni Ottanta andò in Afghanistan, unendosi ad Ayman al-Zawahri, che poi lo presentò a bin Laden. Pare che abbia girato per diversi paesi - specialmente in Somalia nel 1992 e 1993 - per organizzare dei gruppi armati locali; sarebbe anche il dirigente dei campi di addestramento di al-Qaida, in Afghanistan. Insomma, l’organizzatore militare. Il personaggio di maggior rilievo sarebbe Ayman al-Zawahri. È nato al Cairo nel 1951, in “una famiglia di medici e di eruditi. Suo nonno era il grande imam di Al-Azhar, al Cairo, una delle più importanti moschee del mondo arabo ed uno dei centri del pensiero dell’I­slam. Uno dei suoi prozii è stato il primo segretario generale della Lega araba. Un altro prozio è un alto dirigente di un importante partito di opposizione in Egitto”. [12]
Al-Awahri è medico - e pare che sia anche molto bravo - ma le notizie che troviamo riguardano quasi soltanto la sua attività politica. Si impegnò molto giovane nella Fraternità musulmana, “gruppo non violento che auspicava la creazione di un’unica nazione islamica formata dagli Stati arabi” - e che fu proibita e repressa dal governo egiziano nel 1954. Le seguì la Djihad islamista, nel 1973 - che si proponeva di rovesciare il governo con la forza e che nel 1981 assassinò Sadat. Al Zawahri fu arrestato e accusato di cospirazione - e pare che egli già godesse di una posizione di spicco nell’organizzazione. Fu liberato nel 1984 e aprì una clinica a Maadi, nella periferia ricca del Cairo;  “curava dei pazienti provenienti da ricche famiglie egiziane e si occupava della sua famiglia. Il suo prozio Mahfur Azzam, vice presidente del partito laburista di opposizione e avvocato alla corte penale, l’ha descritto come un padre di famiglia dedito alla moglie e ai figli”. Nel 1985 lasciò la clinica e lavorò nella Mezzaluna rossa, l’organizzazione medica che curava i combattenti afghani dell’epoca - e pare che lì abbia incontrato bin Laden. “I due uomini erano ricchi. Provenivano entrambi da famiglie note nei loro paesi d’origine. Avevano entrambi studiato in scuole private di prim’ordine”.
Pare che al-Zawahri abbia in quel tempo persuaso bin Laden a perseguire la formazione di uno Stato islamista comprendente diversi paesi musulmani; comunque, stando al racconto fatto da un ex associato ad Al-Sharq al-Awsat, giornale saudita pubblicato a Londra, al-Zawahri sarebbe diventato per bin Laden “ciò che il cervello è per il corpo”. Tra il 1990 e il 1991, al-Zawahri avrebbe viaggiato estesamente, in Egitto per sviluppare la Djhad islamista, poi in Europa e anche in California, per raccogliere fondi; nel 1993 il governo di Benazir Bhutto l’avrebbe cacciato dal Pakistan ed è stato poi condannato a morte in Egitto per il tentativo di assassinio della signora Bhutto, a quel tempo primo ministro. Si rifugiò in Sudan, poi pare che abbia partecipato alla guerra in Bosnia. Insomma, scrive sempre Le Monde, “all’inzio degli anni Novanta, al-Zawahri era responsabile della Djihad islamista egiziana”, impegnata ormai in diversi attentati - tra cui quello all’ambasciata d’Egitto a Islamabad, nel 1995. Solo nel 1998, quando bin Laden lanciò il suo proclama di guerra santa “contro i sionisti e i crociati”, fu conclusa l’alleanza tra la Djihad e al-Qaida - o perlomeno tra al-Zawahri e bin Laden

[1] Vedi specialmente: The spider in the web, "Economist", 22 settembre 2001;  Ch.L.., CV d’un terroriste, "Le Figaro", 12 settembre 2001; e Who is bin Laden, "International Herald Tribune", 14 settembre 2001. Per le date che seguono mi riferisco a questi due ultimi quotidiani, se non altrimenti indicato.
[2] Charles Lambroschini, Ben Laden, l’ennemi numéro un, "Le Figaro", 12 settembre 2001.
[3] Les preuves contre Oussama Ben Laden, "Le Monde", 9 ottobre 2001. Secondo questo documento, al-Qaida è stata fondata nel 1989.
[4] "Economist," 22 settembre 2001, già citato. 
[5] "Le Figaro", 12 settembre 2001, già citato.
[6] "Economist" del 22 settembre 2001, già citato.
[7] Thierry Oberlé, La mappemonde de la terreur islamiste, "Le Figaro", 26 settembre 2001.
[8] Osama’s world, "Time", 24 settembre 2001.
[9] L’état major d’Al Qaida, "Le Figaro", 10 ottobre 2001. Suleiman Gaith avrebbe combattuto in Bosnia nel 1994. Insegnava studi islamici in una scuola del Kuwait.
[10] Jason Burke, Public enemy No 1, "The Observer", 16 settembre 2001.
[11] Jason Burke, Bin Lden and son: the grooming of a dynasty, "The Observer", 23 settembre 2001. Un’altra fonte (Dan Eggen, An egyptian mastermind, "International Herald Tribune", 8 ottobre 2001) dice invece che è nato nel 1944.
[12] T. Christian Miller, Ayman Al-Wawahri, le ‘cerveau’ de Ben Laden, "Le Monde", 12 ottobre 2001. Le citazioni seguenti provengono da questa fonte, se non altrimenti indicato.