La testa, le braccia e il cuore

Antonio Amedeo

 

testa braccia cuore - Antonio Amedeo«La Fiom torna a parlare di formazione. Lo fa oggi quando alla restaurazione politica degli anni Novanta si sovrappone una pericolosa deriva che intende le lavoratrici e i lavoratori senza diritti e senza il riconoscimento della possibilità di conquistarli attraverso una rappresentazione collettiva fondata su regole certe di democrazia. E in tal senso questa pubblicazione acquista un valore in più.» Queste sono le parole con le quali Gianni Rinaldini, nella sua presentazione, accompagna la stampa del volume con il quale Meta Edizioni chiude le pubblicazioni del 2003.

L’autore si è occupato di formazione per decenni con la costante preoccupazione, come si legge nella sua premessa, «di valorizzare il livello culturale delle lavoratrici e dei lavoratori e di contribuire al suo sviluppo».

In questo volume Antonio Amedeo riporta gli «appunti» che riguardano le fasi dei corsi di formazione, dalla loro progettazione alla gestione, con indicazione riguardo i tempi, i modi e la cassetta degli attrezzi che l’esperienza ha messo insieme. La parte più sostanziosa è naturalmente dedicata alle esperienze più significative nella formazione dei lavoratori, dei delegati e dei funzionari sindacali maturate nella Fiom e nella Cgil.

Antonio Amedeo è nato a Verbania il 12 luglio del 1939. Subito dopo il diploma ha svolto mansioni impiegatizie per una decina d’anni scegliendo, nell’autunno del 1969, di fare l’operaio. Ha sempre alternato la vita in fabbrica – prima alla Girmi di Omegna, poi alla Candy di Brugherio – all’attività nella Fiom e nella Cgil, dedicata quasi esclusivamente alla formazione sindacale.

Nel periodo che comprende i tre decenni Settanta, Ottanta e Novanta, infatti, ha svolto un ruolo centrale in questa attività affrontando molte e diverse esperienze nella formazione dei lavoratori, dei delegati e dei funzionari sindacali.

Gli anni Settanta lo hanno visto coordinatore delle 150 ore per la Flm di Monza, e di un corso-ricerca per giovani delegati nel Consiglio di fabbrica della Candy (del quale è stato pubblicato un volume), ma anche impegnato a seguire la sindacalizzazione e la contrattazione sempre nella Flm di Monza. Dal 1984, con lo scioglimento dell’Flm, ha coordinato la formazione per la Fiom Lombardia – di questo periodo è il «corso di Pian dei Resinelli», per i sindacalisti a tempo pieno – e, facendo parte della Commissione nazionale per la formazione Fiom, ha partecipato al progetto «I lavoratori dentro l’innovazione tecnologica: uomini, macchine, società».

Tra il 1991 e il ’95 ha progettato e coordinato, su incarico della Fiom nazionale, l’attività formativa prima nel Nord-Est e successivamente in Toscana e Umbria.

Nei due anni successivi ha coordinato, per la Cgil Lombardia, la formazione per le Rsu prima e le formatrici e i formatori poi. Dopo un periodo trascorso nuovamente in fabbrica durante il quale ha coordinato due corsi per giovani lavoratori tra il 1998 e il 1999 è stato nuovamente incaricato di organizzare la formazione per la Fiom di Milano.

 


Recensioni


"Un condensato di esperienza, di professionalità e di passione, quello proposto dal libro pubblicato da Meta Edizioni di Roma, dedicato alla formazione dei lavoratori e dei quadri sindacali. Scritto da Antonio Amedeo (un intellettuale dalla parte del sindacato, che ha scelto per lunghi anni di fare l'operaio, da sempre impegnato sul fronte della formazione e del sociale, tipico esemplare di un militante che non c'è più, forse), il libro rappresenta lo sviluppo di un filo politico-metodologico, che è il lavoro della formazione nelle organizzazioni della rappresentanza. Dove l'ascolto degli altri è più importante delle lezioni impartite dall'alto. L'autore ripercorre la sua personale esperienza trentennale, che rappresenta un modello di azione e di efficacia, utile  non solo per il sindacato. Con le prefazioni di Gianni Rinaldini e Lidia Menapace, il libro pur presentandosi in punta di piedi è un distillato di teoria oltre che di pratica. Il segno di ciò che si può fare con i lavoratori. Il senso profondo di un lavoro spesso trascurato."

"Corriere Lavoro", supplemento al "Corriere della sera", 6 febbraio 2004 

 


Un corpo a corpo con il digitale


«La testa, le braccia, il cuore» di Antonio Amedeo, un volume sul filo della memoria di un'appassionata stagione passata all'interno di un sindacato che accetta la sfida di elaborare saperi per fronteggiare l'automazione del processo produttivo
PINO FERRARIS


Il Corriere della Sera ha fatto una segnalazione tanto breve quanto acuta del libro di Antonio Amedeo La testa, le braccia, il cuore, (Meta Edizioni, € 12). Il sottotitolo del volume recita: «Trent'anni di esperienza nella formazione sindacale». E' presentato dal segretario della Fiom Gianni Rinaldini ed è accompagnato da una bella prefazione di Lidia Menapace. L'estensore della nota sul Corriere fa un comprensibile errore nel riferire la biografia dell'autore. Antonio Amedeo non è un «intellettuale, che ha scelto per lunghi anni di fare l'operaio». Egli è un operaio di terzo livello che lavorava alla catena di montaggio, il quale inizia, con un distacco sindacale, una attività di formazione sindacale. Diventa uno straordinario organizzatore di cultura che è in grado di offrire un «distillato di teoria e di pratica» di grande efficacia formativa. Non bisogna però dimenticare che Antonio Amedeo diventa un «esubero» per la sua organizzazione sindacale e quindi ritorna a lavorare alla Candy, alla catena di montaggio e col terzo livello. Amedeo dedica questo suo libro «ad Angelo Dina, l'ingegnere degli operai». Dina è stato un maestro di cultura tecnica e di cultura umana che ha trasmesso saperi e valori a più generazioni di militanti e di dirigenti del sindacato dei metalmeccanici. Fu protagonista con Sandro Bianchi e Bruno Sacerdoti del più originale tentativo di ripresa culturale e politica del sindacato metalmeccanico dopo la sconfitta dell'80 alla Fiat. La Fiom decise un investimento eccezionale di risorse umane, intellettuali ed organizzative nel progetto «I lavoratori dentro le innovazioni tecnologiche» che voleva attivare un circolo virtuoso tra ricerca sul campo, formazione di massa e politiche contrattuali. Antonio Amedeo a Milano e Roberto Bennati a Bologna furono le figure di punta che emersero all'interno di una leva di giovani formatrici e formatori cresciuta nell'esperienza di quegli anni.

Un gruppo di psicologi, sociologi, tecnologi, informatici lavorò dal 1984 a quel progetto della Fiom nello sforzo di produrre una salto politico-culturale che aiutasse i metalmeccanici della «chiave a stella» a fronteggiare criticamente la nuova sfida del «digitale». Dispense pregiate e apprezzate pubblicate da Rosemberg & Sellier, lezioni in video-cassette, formazione di formatori per una autogestione sindacale su ampia scala del processo formativo, quasi quattromila delegati operai coinvolti nei corsi . Nel 1989, dopo quasi un decennio di utilizzazione esasperata e fallimentare della tecnologia dell'automazione flessibile come arma anti-uomo, Romiti scopre l'importanza della «risorsa umana» ai fini della qualità totale. Dal delirio di onnipotenza dell'ingegneria tecnica, il management Fiat passa al delirio di onnipotenza nell'ingegneria umana. Proclama Romiti: «Prima di costruire i prodotti l'azienda deve costruire gli uomini». E per costruire uomini fatti su misura dell'azienda propone ai sindacati metalmeccanici di inviare i propri delegati, utilizzando le ore dei permessi sindacali, a seguire corsi di formazione con contenuti, metodologie e docenti decisi dalla Fiat. Si trattava di mero indottrinamento ideologico sulle virtù dell'impresa e sull'intangibile determinismo tecnologico.Ricordo la riunione con il segretario generale della Fiom, Airoldi, che ci annunciò l'adesione alla proposta Fiat.

Ricordo lo sconcerto: sei anni di ricerca, di impegno culturale interdisciplinare, di programmazione e di verifica della didattica, azzerati. Sandro Bianchi, responsabile nazionale della formazione della Fiom diede la dimissioni. Angelo Dina venne gradualmente «pensionato». L'esperienza formativa di cui racconta Antonio Amedeo ha radici importanti in questa esperienza della Fiom nazionale più volte rievocata nel libro, ma ha anche sviluppi autonomi e di più lunga durata. Egli, a partire dal 1987, ha potuto contare su una intelligente e coraggiosa decisione dell'allora Segretario regionale della Fiom lombarda Giampiero Castano il quale si convince che è giunto il tempo di «rimandare a scuola i sindacalisti».

Nascono cosi i corsi di formazione per quadri dirigenti della Fiom lombarda al Pian dei Resinelli. In questa impresa Antonio Amedeo è il vero protagonista. Tenere un sindacalista della Cgil chiuso nel «convento» di Pian dei Resinelli per una settimana intiera e poi per cinque settimane successive rappresentava (e rappresenta) una impresa sicuramente temeraria. La Cgil non ha una solida e autonoma tradizione di formazione dei suoi quadri. Non ha una tradizione simile a quella della Cisl. Ariccia non ha mai assunto il ruolo della «scuola di Firenze» dove il sindacato cattolico ha costruito, nel corso di decenni, la sua identità e la sua autonomia politica e culturale. La Cgil aveva un forte sistema di riferimento esterno nei valori, nei saperi, nei linguaggi del movimento politico social-comunista e aveva una rete di trasmissione artigianale dei saperi pratici del mestiere del sindacalista solidamente radicata all'interno dell'esperienza di fabbrica.Quando la discontinuità tecnologica brucia senza residui i tradizionali saperi acquisiti dall'esperienza operaia e quando crollano i punti di riferimento ideali e culturali offerti dai partiti della sinistra allora un sindacato come la Cgil avverte quello «smarrimento» di cui parla ripetutamente il segretario lombardo Castano. Occorre avviare una curva di apprendimento per altre vie, con altri metodi. Si pone il problema di trovare spazi, tempi e mezzi per costruire orizzonti culturali, idealità politica e valori di orientamento del sindacato, in modo autonomo, facendoli maturare dall'interno della specificità del vissuto sociale e della pratica sindacale, alimentandoli con un confronto libero e pluralistico con le culture di movimento e con la ricerca intellettuale.

E' mia convinzione che la Fiom di quegli anni abbia percepito in modo più acuto e preciso della stessa confederazione la doppia sfida che veniva lanciata al sindacalismo della Cgil, alla sua cultura, alla sua identità dallo sconvolgente incastro tra la radicalità dei mutamenti sociali del post-fordismo ed i traumi della crisi del socialismo politico.La Fiom ha percepito, ha sperimentato ma ha anche dissipato, distrutto e dimenticato. Le vicende personali di Angelo Dina e dello stesso Antonio Amedeo portano un segno che va ben oltre la biografia dei singoli.Antonio Amedeo in questo suo libro, dal taglio apparentemente dimesso e biografico, non usa «paroloni difficili», non enuncia «teorie generali» ma racconta esperienze in modo preciso, ordinato e concreto. L'insieme dei «casi», degli «esempi», delle dettagliate «informazioni» è sempre retto però dal filo sotterraneo ma tenace di una originalissima sapienza pedagogica estratta dal tessuto ricco dei rapporti con donne e uomini del sindacato e verificata nella continua riflessione critica sui successi e sugli insuccessi, sulle possibilità e sulle difficoltà del suo lavoro.

Non è possibile riassumere in una formula il suo indirizzo formativo, si può solo vederlo dispiegato ed operante all'interno del racconto delle molteplici pratiche concrete. Ma c'è una indicazione politica profonda e forte che esce da questo libro, anche se si presenta sovente in modo implicito e in forme sussurrate. Quando Antonio Amedeo afferma con insistenza di «aver sempre fatto la formazione voluta dall'organizzazione», quando ostinatamente richiama l'esigenza di organizzare la memoria e la socializzazione delle attività svolte, quando parla della costruzione della rete delle formatrici e dei formatori egli vuole esprimere una convinzione precisa, una istanza sicura. Un sindacato del nostro tempo e che non voglia limitarsi a sopravvivere (malamente) in tempi come questi, non può concepire la formazione come un «fiore all'occhiello» o come una attività intermittente da appaltare ad agenzie esterne. Non si appalta la produzione di cultura e di identità, l'acquisizione, la sedimentazione e la valorizzazione dei propri saperi e delle proprie competenze.

La formazione permanente e gestita in autonomia dovrebbe far parte integrante del modo di essere, di riprodursi e di agire del sindacato, così come lo sono la contrattazione, la mobilitazione, l'offerta di tutela e servizi alle lavoratrici e ai lavoratori. E" chiarissimo che Antonio Amedeo con questo libro non vuole fare autobiografia e, tanto meno, storiografia, egli intende parlare nel presente in nome del futuro.

Sicuramente la presentazione di questo libro stesa dal segretario generale della Fiom non ha il valore formale di un atto di cortesia.

tratto da «il manifesto» dell' 11 marzo 2004


La testa, le braccia, il cuore. Se la cultura è un pezzo della lotta

Il libro di un formatore Fiom

 

"Chi progetta un corso assomiglia a uno sceneggiatore che costruisce la trama di un film, mentre quelli che lo coordinano fanno pensare a un regista attento allo svolgersi dell'azione e sempre pronto a introdurre modifiche, se la situazione lo richiede. Alcuni esperti di formazione definiscono invece il formatore con queste …semplici parole: ‘Organizzatore cognitivo anticipato'. Chiaro, no?".

Questo brano è un assaggio esemplare di ciò che si trova in un libro di Antonio Amedeo, operaio e delegato della Candy, che racconta trent'anni di esperienza nella formazione sindacale della Fiom. Un autoritratto da cui emergono la serietà, la passione, la competenza con cui il formatore pensa la progettazione e la gestione di un corso sindacale, come i vecchi operai di mestiere affrontavano il capolavoro, la prova che doveva dimostrare le loro abilità. Ma da questo schizzo vengono fuori anche l'ironia dell'uomo e l'innata diffidenza operaia verso la cultura e il linguaggio, iniziatico e autoreferenziale, degli esperti della formazione. Un mondo con il quale Antonio Amedeo ha saputo collaborare, dal quale ha imparato ad apprendere, ma anche a difendersi, per salvare i suoi spazi critici di autonomia.

In cento pagine, con un linguaggio sobrio e comunicativo, Amedeo racconta come si fa l'analisi dei fabbisogni formativi del sindacato, come si prepara un corso, come lo si coordina, come se ne valuta l'efficacia. La sua è una testimonianza preziosa, attenta anche ai minimi dettagli, che può essere letta anche come una guida, un manuale, per chi volesse riprendere oggi il cammino.

Ci sono due citazioni chiave per capire il filo del ragionamento dell'autore. La prima è di Galileo Galilei: "Non puoi insegnare qualcosa ad un uomo, puoi solo aiutarlo a scoprire dentro di sé". La seconda è la dedica. Scrive Antonio Amedeo: dedico questi appunti ad Angelo Dina, l'ingegnere degli operai. Impossibile trovare parole più semplici e penetranti di queste - l'ingegnere degli operai - per definire e ricordare l'amico scomparso, una straordinaria figura di ingegnere capace di progettare le prime macchine utensili a controllo numerico costruite in Italia e insieme di essere uno studioso e un militante della Fiom.

L'autonomia e gli strumenti critici per conquistarsela. Fare formazione sindacale affinché i lavoratori ricostruissero un loro punto di vista autonomo sulla fabbrica, sulle tecnologie, sull'organizzazione del lavoro, sulla loro condizione. Questo è stato l'assillo costante di tutto il lavoro di Amedeo nella formazione sindacale, un'esperienza che ha attraversato le 150 ore poi i decenni della ristrutturazione tecnologia e organizzativa. Un lavoro di ricostruzione di una cultura del lavoro autonoma da quella dell'impresa che ebbe un momento magico nella seconda metà degli anni 80. Ma incontrò anche una crisi drammatica quando nel '90 la Fiom firmò un accordo che appaltava alla Fiat la formazione dei delegati sindacali. Da allora si è spenta la luce, anche se Amedeo a provato a resistere e, finché gliene è stata offerta la possibilità, a fare il suo lavoro di formatore sindacale.

La Fiom torna a parlare di formazione, scrive Gianni Rinaldini nella presentazione. Allora il libro di Amedeo arriva nel momento giusto, mentre la Fiom va a congresso per consolidare la sua autonomia. Per farlo dovrà rimettersi a lavorare anche sulla formazione: se non ora quando?

 

Sandro Bianchi

tratto da «liberazione» del 3 giugno 2004


Fiom/Appunti di un formatore

 

Un lavoro importante, quello di Antonio Amedeo, che il segretario generale della Fiom Gianni Rinaldini, in presentazione, invita a “leggere con attenzione” e che Lidia Menapace considera “un libro di testo da inserire in tutti i corsi di comunicazione formativa”. Con un linguaggio chiaro, ricco di esemplificazioni, approfondito, l’autore si propone di condensare in un centinaio di pagine quanto ha appreso quanto ha appreso nel corso di trent’anni di esperienza, in Fiom e nelle strutture confederali della Cgil, anche attraverso la collaborazione con le persone con le quali ha lavorato: ne nomina centosettanta, in apertura del libro, oltre ai numerosissimi corsisti e formatori, tutte persone dalle quali ha appreso qualcosa riguardo ai contenuti e alle metodologie per la formazione.

Non ci si lasci ingannare dal tono discorsivo che Amedeo ha dato a questi suoi “appunti”. Non si tratta del saggio autobiografico di chi – andato in pensione – ripercorre con nostalgia le tappe più significative della propria attività. La passione c’è – e si sente – per un lavoro che richiede sensibilità, capacità di ascoltare e di rimettersi in discussione. E che si ritiene vitale per il sindacato, ancorché trascurato dall’organizzazione in una fase in cui sarebbe tanto necessario.

Ma c’è anche approfondimento teorico, analisi politica, traduzione di alcune acquisizioni intellettuali in scelte concrete.

Ad esempio l’incontro con il femminismo ha portato a progettare i contenuti dei corsi introducendo il punto di vista della donna e cercando di assicurare una partecipazione paritaria tra i due sessi (sembrerebbe scontato, ma in realtà non lo è affatto). Ancora, il rapporto con i delegati appena eletti e senza altre esperienze sindacali alle palle ha indotto a ricecare metodi più diretti e coinvolgenti per introdurre questi giovani nel sindacato, fornire loro gli strumenti indispensabili per iniziare l’attività di rappresentanza, capire quale immagine dell’organizzazione veniva percepita.

Dunque, anziché una generica fiducia nei giovani, un lavoro politico, in stretta connessione con l’organizzazione, per far crescere e valorizzare queste risorse, oltre che per arricchire la percezione del mondo del lavoro da parte di funzionari e dirigenti sindacali attraverso il confronto con i nuovi arrivati.

È convinzione di Amedeo che la “Cgil di oggi, dopo il crollo dei muri e lo scioglimento delle componenti partitiche, abbia un disperato bisognodi produrre una propria cultura sindacale e che questo lo possa fare attraverso un certo tipo di formazione, non semplice addestramento, ma nemmeno solo laboratorio politico-culturale.” E dunque per chi, funzionario o delegato, scelga di dedicarsi a questa attività l’autore fornisce “qualche idea sulla progettazione” dei corsi, alcuni “accenni alla gestione” dell’aula ttraverso le metodologie attive che fanno leva sulla valorizzazione dell’esperienza dei partecipanti e, infine, un approfondimento riguardo alla terza fase del corso, spesso la più trascurt, che consiste nella “verifica, valutzione, memoria e socializzazione delle attività svolte”.

Questa parte, ricca di spunti e di esemplificzioni sin nei dettagli organizzativi, si completa con una rassegna delle esperienze più significative di tipologie di corsi realizzati nell’arco di trent’anni. Si parte dal “corso-ricerca” alla Candy di Brugherio del 1979, realizzato dalla Flm milanese per favorire l’integrazione dei delegati più giovani con i quadri storici del consiglio di fabbrica. E si conclude con la riproposizione di un’attività formativa atipica realizzata nella stessa azienda nel 1997, quando Amedeo va  lavorare in fabbrica, abbandonando temporaneamente il ruolo di funzionario sindacale in distacco, e trova un ambiente molto diverso, segnato soprattutto da una forte lontananza nei confronti dell’azione sindacale da parte dei giovani delegati.

“La Fiom torna a parlare di formazione” scrive Rinaldini. Lo fa con questo lavoro, utile per chi voglia capire cos’è una buona pratica di formazione sindacale, le ragioni per le quali oggi viene trascurata, quale ruolo può svolgere nel rivitalizzare il rapporto tra delegati e dirigenti sindacali.

 

Anna Avitabile, articolo pubblicato su «Rassegna sindacale» n. 21 del 27 maggio 2004

 


Trent’anni di esperienza nella formazione sindacale

«La Fiom torna a parlare di formazione. Lo fa oggi quando alla restaurazione politica degli anni Novanta si sovrappone una pericolosa deriva che intende le lavoratrici e i lavoratori senza diritti e senza il riconoscimento della possibilità di conquistarli attraverso una rappresentazione collettiva fondata su regole certe di democrazia. E in tal senso questa pubblicazione acquista un valore in più.» Queste sono le parole con le quali Gianni Rinaldini, presenta "La testa, le braccia e il cuore. Trent’anni di esperienza nella formazione sindacale", un libro edito nel dicembre 2003 da Meta Edizioni con una prefazione di Lidia Menapace.

L’autore, Antonio Amedeo, si è occupato di formazione sindacale nella Fiom e nella Cgil per decenni con la costante preoccupazione di “di valorizzare il livello culturale delle lavoratrici e dei lavoratori e di contribuire al suo sviluppo”.

Nel suo libro Amedeo riporta gli ‘appunti’ che riguardano le fasi dei corsi di formazione, dalla loro progettazione alla gestione, con indicazione riguardo i tempi, i modi e la cassetta degli attrezzi che l’esperienza ha messo insieme. La parte più sostanziosa è naturalmente dedicata alle esperienze più significative nella formazione dei lavoratori, dei delegati e dei funzionari sindacali maturate nella Fiom e nella Cgil.

Antonio Amedeo è nato a Verbania il 12 luglio del 1939. Ha sempre alternato la vita in fabbrica – prima alla Girmi di Omegna, poi alla Candy di Brugherio – all’attività nella Flm, nella Fiom (in Lombardia, nel Nord-Est, in Toscana e in Umbria) e nella Cgil. Nel periodo che comprende i tre decenni Settanta, Ottanta e Novanta, infatti, ha svolto un ruolo centrale in questa attività affrontando molte e diverse esperienze nella formazione dei lavoratori, dei delegati e dei funzionari sindacali.

tratto da «il metallurgico» del luglio 2004