nota stampa
Perché riteniamo inaccettabile il piano industriale inglese. Il ruolo incomprensibile di Finmeccanica. di Elio Troili - coordinatore nazionale Marconi per la Fiom-Cgil La Marconi italiana fino al 1998 era una società di costruzione di apparati telefonici con un fatturato di 700 miliardi di lire, di cui il 70% in esportazione, con profitto operativo pari al 30% e con principali mercati in Scandinavia, Nord Africa, Medio Oriente. Nei
successivi processi di fusione (vedi allegati), nell’ambito della General electric
company (Gec) poi ridenominatasi Marconi communications plc (plc =
public company), ha finora mantenuto interlocuzione con i suoi mercati
tradizionali, sviluppando e producendo i prodotti per quei clienti. Attualmente
la Marconi italiana produce e sviluppa prodotti per il 55% per il mercato
italiano (Telecom Italia, Wind, ecc) e per il 45% per il mercato estero (Scandinavia,
Medio Oriente, Usa, Nord Africa). Dopo
la disastrosa avventura americana, che ha lasciato la multinazionale inglese con
20.000 miliardi di vecchie lire di esposizione finanziaria verso banche (28) e
obbligazionisti, è stato concordato con i creditori un business plan, da
cui scaturisce anche il piano industriale presentato alle Organizzazioni
sindacali che prevede, per poter trasformare il credito in azioni (99,5%), di:
Il
core business è solo la telefonia fissa, ovvero solo parti di apparati. La
telefonia fissa è in calo del 7% annuo su tutti i mercati, mentre quella
mobile, anche dopo la “bolla 2000-2001”, è in continuo aumento.
In
realtà Marconi non ci è mai entrata, perché la acquisita Reltec non ha
prodotto fatturato.
Che
significa per la Marconi Italia: a-
mercato di riferimento Italia, Spagna e Portogallo: quindi un fatturato
85% Italia, 15% estero b-
produzione, sviluppo e commercializzazione di prodotti solo per i mercati
assegnati. Infatti
il piano industriale prevede:
·
il taglio della manifattura di quei prodotti (Marcianise). Questi
tagli sono il 90% dei 1.100 esuberi richiesti. Queste
attività, finora svolte in Italia, saranno di competenza della casa madre
che si riserva i mercati esteri di sicuro riscontro, lasciando all’azienda
italiana la Spagna e il Portogallo. E’
nostra convinzione che tale operazione sia propedeutica alla vendita della
Marconi italiana, dopo averla però “liberata” dei suoi mercati
tradizionali. ·
Altra vicenda industrialmente incomprensibile è quella relativa alla
operazione d’acquisto da parte di Finmeccanica delle società Ote, Mms e dello
stabilimento di Giugliano. Opzione accesa il 2 agosto 2002 da Finmeccanica con
una trattativa in corso da quattro mesi. Finmeccanica
compra da Marconi plc non solo la divisione “telecomunicazioni per la
difesa” ma anche tre società, Prodel Larimart
e Sirio controllate al 60% da Marconi, che operano sul radio mobile analogico e non
compra la Ote di Firenze che opera sul radio mobile digitale - tecnologia
proprietaria tetra - che è l’evoluzione tecnologica del prodotto analogico. Non
ci risulta esserci un problema di prezzo nella trattativa. Ma non si capisce
cosa manca a Finmeccanica per procedere alla acquisizione di Ote (600
dipendenti). E’
un’operazione industriale incompleta. ·
Lo stesso vale per lo stabilimento di Giugliano (in affitto dentro lo
stabilimento Alenia di Finmeccanica). Il
2 agosto 2002, Finmeccanica ha acquisito dentro Marconi mobile Spa la Amtec e
quindi anche il redditizio business della Security. La
società Amtec (Siena, Roma) opera sul mercato della sicurezza (reti,
trasmissioni cifrate). Questo
mercato chiede pacchetti completi di sicurezza, quindi anche quella fisica,
sulla quale lavora da anni lo stabilimento di Giugliano. Anche
in questo caso, operazione industriale incompleta. ·
La Marconi mobile access consta di circa 300 tecnici (80% ingegneri con
laurea 30 e lode selezionati da Marconi 3 anni fa o provenienti da Telettra – Alcatel). Sono
laboratori di ricerca e sviluppo. Producono tecnologia informatica per le
comunicazioni, di cui la nostra nazione è importatrice. E’
il più grande centro italiano di ricerca in questo settore. Questi
300 ricercatori, non fatturano. Possono solo giustificarsi se inseriti in un
grande gruppo che ha possibilità e necessità di farli lavorare, su tecnologie
da applicare a prodotti civili o militari (radio mobile, difesa, avionica, ecc).
Complessivamente, su circa 3.700
dipendenti di Marconi in Italia sono: -
in vendita 1.000 dipendenti (Firenze, Chieti, Genova, Giugliano.); -
in dichiarato esubero altri 1.100 dipendenti (Genova, Marcianise Roma). Roma,
13 dicembre 2002 |