Marconi/Ericsson: pessima partenza

   

Quando, fine dicembre 2005 fummo chiamati come organizzazioni sindacali a esperire la procedura per l’acquisizione della Marconi da parte di Ericsson, fu confermato, in quella sede, che, pure all’interno della nuova compagine societaria, Marconi avrebbe mantenuto piena autonomia.

Le parti si diedero infine reciproca disponibilità a portare al tavolo della Presidenza del Consiglio dei ministri la questione Marconi in rapporto all’acquisizione da parte di Ericsson, in coerenza con gli accordi precedentemente stipulati che prevedono un costante monitoraggio da parte del Governo sui grandi eventi che avrebbero interessato Marconi.

Cosa poi sia successo è sotto gli occhi di tutti: la responsabilità della “Market Unit” è stata tolta a Marconi, e assegnata ad Ericsson (oggi si parla addirittura di un formale passaggio di ramo d’azienda – per l’area interessata – a favore di Ericsson); nel giugno scorso, l’Amministratore delegato di Marconi si è dimesso ed è stato repentivamente sostituito, con un uomo di provenienza Ericsson, l’ingegner Improta; nei giorni scorsi le due aziende hanno richiesto alle organizzazioni sindacali un incontro che si sarebbe dovuto tenere “congiuntamente”, quasi fosse ormai una società unica e non più due realtà distinte.

Quello che è ancora più grave – e sindacalmente inaccettabile – è il fatto che Ericsson, contrariamente a quanto sostenuto formalmente nella procedura di acquisizione di Marconi, si è dichiarata non interessata a partecipare al tavolo di confronto con il Governo, ribadendo la necessità di incontri ai tavoli “naturali”.

Perché, cosa ha da temere Ericsson da un confronto sulle problematiche Marconi tenuto al tavolo delle istituzioni ai massimi livelli?

Per il sindacato e per i lavoratori (sia di Marconi che di Ericssson), il passaggio col Governo è invece essenziale per ottenere da Ericsson la conferma degli attuali siti Marconi, sia sotto il profilo tecnologico che industriale e occupazionale.

A fronte della “filosofia Ericsson” di decentrare sostanzialmente tutta l’attività manifatturiera, delocalizzando la stessa anche nel lontano oriente, e alla diversa impostazione di Marconi che mantiene – invece – importanti e competitivi avamposti produttivi al proprio interno (vedi il sito di Marcianise e della “collegata” Jabil), quale sarà la filosofia a prevalere?

Per il sindacato non ci sono dubbi: Ericsson non può che confermare, davanti al Governo, l’impegno a mantenere in Italia tutta la catena del valore Marconi, ivi compresa la componente manifatturiera (che potrebbe anzi essere implementata grazie a possibili ricadute produttive derivanti dalla stessa Ericsson).

La multinazionale svedese, per la quale l’Italia rappresenta il 3° mercato mondiale dopo Usa e Cina non potrebbe infatti considerare il nostro paese solo come un “grande mercato” da sfruttare!

Proprio perchè si tratta di delineare gli assetti industriali/strategici di Ericsson/Marconi, questo va fatto al tavolo istituzionale (in continuità con la peraltro positiva esperienza Marconi a riguardo); come abbiamo formalmente già comunicato alle aziende, siamo disponibili come organizzazioni sindacali a sederci al tavolo naturale solo “un minuto dopo” il confronto istituzionale.

Mentre invitiamo Ericsson a evitare forzature e a non vivere le organizzazioni sindacali e i lavoratori come una minaccia ma come una opportunità, chiediamo al Governo di convocare – senza indugi – le parti sociali per affrontare la delicata questione delle prospettive Ericsson/Marconi.

La fase è comunque di grande incertezza e preoccupazione, e necessita di precise risposte e garanzie da parte di Ericsson.

Come prima risposta alla netta chiusura aziendale a riguardo viene proclamata

 

un’ora di sciopero  

con assemblee informative da tenersi nei luoghi di lavoro

 

 

Fim, Fiom, Uilm nazionali

Roma, 17 luglio 2006