Documento
dell’Assemblea nazionale delle delegate e dei delegati Fiom-Cgil area
Ict Roma, 22 novembre 2004 Aprire la vertenza
nazionale di settore
Le condizioni in cui si trova tutta la filiera metalmeccanica dell’Ict (installazioni, produzione e ricerca, informatica) sono insieme espressione e sintomo delle scelte arretrate e fallimentari di politica industriale e sull’innovazione di sistema compiuta in questo paese. La
cultura e la pratica dell’industria italiana di concorrere nei mercati
internazionali secondo la logica del massimo ribasso, il disimpegno
nella produzione e ricerca di qualità, la smobilitazione di un
intervento pubblico nelle aree strategiche, sono motivo e conseguenza
della ristrutturazione avvenuta in questo comparto che ha anticipato di
qualche anno il declino industriale del paese. Negli
ultimi dieci anni il settore delle telecomunicazioni è stato investito
da profonde modifiche riconducibili a: -
la privatizzazione della Telecom (che condiziona ampiamente tutta
la filiera) con la creazione nei fatti di una sorta di monopolio
privato, attraverso l’affidamento in concessione della rete fissa. La
Telecom è un’azienda che ragiona con le logiche dell’impresa
privata quotata in Borsa, investe poco e dove ritiene più conveniente
non avendo vincoli nel garantire il rispetto del diritto universale alla
comunicazione e l’adeguamento tecnologico delle infrastrutture,
aumentando così fra l’altro il divario fra Nord e Sud del paese. Ha
provocato una micidiale rincorsa al ribasso sui costi fra i fornitori
con effetti gravi sulla stessa legalità del settore. -
La fine delle Partecipazioni statali e la scomparsa di grandi
aziende nazionali dell’hardware e del software, con la conseguente
perdita di funzioni strategiche nella produzione di innovazione. Oggi
l’Italia è ridotta a puro territorio di commesse e subforniture
rispetto a scelte di progettazione, commercializzazione e produzione
compiute altrove. -
La riorganizzazione delle grandi multinazionali e di tutte le
imprese attraverso i processi di esternalizzazione. Si è rotta
l’unicità del ciclo e sono nate aziende dedicate alle singole parti,
vincolate da rapporti di committenza e sottocommittenza. -
La finanziarizzazione spinta nei nuovi assetti proprietari cui si
deve la fragilità dei progetti industriali e il verificarsi nei casi più
drammatici di crolli fallimentari (es. Tecnosistemi, Finmek, Oli.It).
1. L’effetto
di questi processi è stato devastante: -
nelle installazioni la mancanza di investimenti adeguati nella rete
e la politica dei bassi costi insieme all’incapacità di innovazione
delle imprese del settore hanno dato vita a una fortissima
deregolamentazione. Sono avvenuti licenziamenti di massa e sono stati
tagliati i diritti attraverso l’abbattimento
dei costi con la disdetta dei contratti integrativi e l’utilizzo
sfrenato del subappalto; tutto ciò, unito al ricorso massiccio alla Cassa
integrazione per alleviare il disastro sociale, è stato utilizzato per
ottenere il massimo di flessibilità. La crescita del lavoro nero diventa
elemento interno a un sistema basato sullo sfondamento di ogni vincolo sui
costi e sui diritti. -
Nella produzione e progettazione c’è una permanente precarietà
degli stabilimenti e centri di ricerca, sottoposti a continui processi di
esternalizzazione, con fortissimi rischi per la sopravvivenza degli
stabilimenti, che ha prodotto disastro occupazionale in alcune aree del
paese, soprattutto al Centro-Sud dove le attività produttive avevano
usufruito di importanti sostegni pubblici. Lo sganciamento fra produzione
e ricerca già in gran parte avvenuto espone ancora di più ai rischi
della delocalizzazione in corso anche in questo settore. L’essere
diventati paese di subfornitura ha esteso inoltre il contract
manufacturing (produzione conto terzi) attraverso aggregazioni prive
di una logica industriale. -
Nell’informatica l’asfitticità di un mercato tutto interno per
la rinuncia a sviluppare una capacità competitiva sui mercati
internazionali e una domanda in gran parte vincolata alla Pubblica
amministrazione non centrata sulla qualità innovativa, ma sulle gare al
ribasso, deprime capacità professionali, droga il mercato del lavoro
facendo della precarietà del salario e dei diritti il massimo elemento
competitivo, segna la decadenza di un’esperienza nazionale e
internazionale radicata nel paese trasformando l’Italia in area di
importazione di innovazione. Le
lavoratrici e i lavoratori del settore stanno pagando duramente una
depressione della domanda determinata
dalle scelte del capitalismo italiano di concorrere su prodotti a
scarso valore aggiunto e quindi l’assenza di politiche industriali
sull’innovazione di prodotto, di processo e gestionali; la carenza di
investimenti adeguati dei gestori di telecomunicazione, in primo luogo la
Telecom detentrice della rete fissa; la mancata modernizzazione della
Pubblica amministrazione e delle varie articolazioni dello Stato. Oggi si pone con urgenza la necessità di aprire una vertenza a tutto campo, che blocchi il disfacimento dei diritti e dell’occupazione e che inverta una rotta pericolosissima per le capacità competitive del paese in termini industriali, di qualità dei servizi e delle infrastrutture. Una grande vertenza nazionale che abbia al centro le politiche di intervento pubblico di sostegno all’innovazione, di risanamento e di rilancio dell’Ict. L’interlocutore fondamentale è il governo e devono essere chiamate in causa la Telecom e i gestori di telecomunicazioni, le grandi aziende del settore e tutta la filiera. Bisogna
immediatamente difendere quanto ancora esiste in termini di capacità
produttive e di ricerca e sviluppo, bisogna salvaguardare le competenze,
le professionalità e l’occupazione e intrecciare questo con l’avvio
di una svolta sulle politiche del settore. 2. Punti
irrinunciabili della vertenza sono: -
il riconoscimento della funzione pubblica della rete fissa,
riportando sotto il controllo pubblico le politiche per gli investimenti
nello sviluppo e nella manutenzione della rete. -
La messa in campo delle risorse pubbliche e private necessarie al
mantenimento e al rilancio di ricerca e innovazione. -
Il rafforzamento del legame tra ricerca e produzione, anche come
elemento di qualità fondamentale per garantire la stabilità degli
insediamenti produttivi. -
La definizione di regole precise per garantire nelle gare il
rispetto dei diritti contrattuali e le condizioni dei rapporti di lavoro e
per stabilire modalità e quantità vincolanti per il ricorso al
subappalto con la garanzia di trasparenza e responsabilità su tutta la
filiera. -
L’individuazione di una strumentazione adeguata per affrontare le
crisi finanziarie provocate da operazioni speculative che rischiano di
soffocare parti rilevanti dell’esistente. -
L’impegno per la ricostruzione di gruppi industriali in grado di
avere missioni produttive chiare e competitive. -
L’utilizzo adeguato degli ammortizzatori sociali per risanare il
settore e non per accompagnarne la riduzione. La
Fiom, discutendo in primo luogo con Fim e Uilm, intende presentare la
piattaforma per la difesa e il rilancio dell’Ict agli enti locali, agli
istituti di ricerca, alle forze politiche, coniugando una capacità di
interlocuzione locale e nazionale. La
Fiom, con il sostegno della Cgil e ricercando punti di convergenza con le
altre categorie interessate, chiederà alle lavoratrici e ai lavoratori di
mettere in campo la mobilitazione necessaria per dare forza alla vertenza
nazionale del settore. Roma, 22 novembre 2004 |