Posizione della Fism sui negoziati dell’Organizzzione Mondiale del Commercio ad Hong Kong, in particolare il negoziato Nama

La FISM e i sindacati affiliati seguono con particolare attenzione quanto avverrà a Hong Kong in occasione della Conferenza della Organizzazione Mondiale del Commercio, in particolare per quanto riguarda l’eventualità di un nuovo negoziato per l’accesso al libero mercato dei prodotti non agricoli (NAMA).

I Governi stanno progettando di liberalizzare i settori rimanenti (oltre a servizi e agricoltura) e ce ne sono alcuni di particolare interesse per i sindacati metalmeccanici. In teoria il risultato del NAMA dovrebbe produrre sviluppo e occupazione di alta qualità per i paesi in via di sviluppo. Tuttavia proprio i sindacati di quei paesi denunciano i rischi di un esito del negoziato NAMA disastroso per lo sviluppo e i lavoratori.

I paesi altamente industrializzati come gli USA e la UE hanno identificato in un ordine del giorno del negoziato NAMA molto aggressivo una eventuale compensazione per la eventuale opposizione, dati gli interessi dei paesi in via di sviluppo, alla liberalizzazione dei settori agricoli,  che si avvalgono di forti sussidi da USA e UE.

Il mandato NAMA si rivolge ai dazi, alle barriere doganali e alle barriere non tariffarie al commercio. La questione chiave continua ad essere la formula da applicare per l’abbassamento delle barriere tariffarie industriali e i vincoli tariffari. La formula attualmente in discussione aprirebbe i settori manifatturieri dei paesi in via di sviluppo all’accesso ai mercati da parte delle multinazionali. E’ da evitare il pericolo di un pesante impatto sui paesi con settori industriali deboli, dove industrie nascenti verrebbero spazzate via dall’importazione di manufatti industriali a buon mercato, e verrebbe sacrificata l’occupazione attuale e futura.

E’ dunque indispensabile che per i paesi in via di sviluppo sia garantita la flessibilità necessaria a realizzare il proprio sviluppo, realizzare l’obiettivo della fine della povertà, e realizzare politiche per un’occupazione di qualità.

Sulla base delle proposte attuali, non sembra che ci siano all’ordine del giorno reali garanzie di un loro migliore accesso ai mercati dei paesi industrializzati attraverso l’eliminazione o una significativa riduzione di picchi tariffari e di alte tariffe  e un’attenta rivisitazione delle barriere non tariffarie.

Il ciclo attuale di negoziati è basato sul mandato della Agenda per lo sviluppo di Doha, ma non è assolutamente visibile la priorità dello sviluppo. Effettivi obiettivi di sradicamento della povertà non possono essere ottenuti attraverso la creazione di pochi, precari e mal pagati posti di lavoro in qualche paese in via di sviluppo, al prezzo della distruzione e precarizzazione dei posti di lavoro in paesi più sviluppati o in più forte sviluppo.

La presunzione che sottende l’intero negoziato della organizzazione mondiale del commercio è che un commercio più libro è sempre meglio perché aiuta ad aumentare il benessere abbassando i prezzi al consumo e generando reddito e lavoro attraverso la conquista di nuovi mercati all’esportazione. Però le promesse circa il potenziale della liberalizzazione commerciale ha fallito dal punto di vista della creazione di posti di lavoro migliori sia per i paesi in via di sviluppo che per quelli industrializzati. Una corsa al ribasso fatta di lavoro a basso costo e peggiori condizioni di lavoro minaccia il lavoro dignitoso a vantaggio della massimizzazione dei profitti delle multinazionali.

Riaffermiamo energicamente il nostro disaccordo per l’esclusione del rispetto dei diritti umani e del lavoro fondamentali, dai negoziati basati sull’agenda dello sviluppo di Doha. Questo rispetto dovrebbe essere assunto come una priorità in tutti gli accordi su liberalizzazione del commercio e investimenti per il futuro nella Organizzazione mondiale del Commercio come negli accordi a livello regionale e bilaterale.

Il lavoro di qualità quale unica strada per uscire dalla povertà  deve essere posto al centro della liberalizzazione del commercio. Questo richiede una definizione pubblica dell’impatto delle attuali regole del commercio su occupazione e sviluppo. Chiediamo quindi che ogni ulteriore negoziato sulla liberalizzazione del commercio, particolarmente il negoziato NAMA, venga fatto dipendere dalla valutazione delle sue ripercussioni sullo sviluppo sostenibile e sull’occupazione, in modo particolare nei paesi in via di sviluppo e meno sviluppati.

 

Marcello Malentacchi

Segretario Generale FISM

www.imfmetal.org

 

dicembre 2005