Si è concluso ad Istanbul il progetto di formazione tra Birlesik Metal-Is e Fiom-Cgil, sostenuto dalla Commissione Europea. Si è svolto in due parti, ognuna di tre giorni. La prima parte a Roma, la seconda parte ad Istanbul. Qui, il terzo giorno è stato dedicato ad una Conferenza sul tema "Allargamento della UE: una sfida per i sindacati europei", relativo alla candidatura della Turchia all'entrata nella UE, per la quale sono in corso i negoziati. Sono intervenuti il presidente Adnan Serdaroglu e il Segretario generale di Birlesik Metal-Is Selcuk Goktas, il vicesegretario generale della FEM, Bart Samyn, il rappresentante dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro, Frank Hoffer, la ricercatrice Nevra, e vari delegati/e turchi/e e italiani/e.  La relazione conclusiva del corso, per trasmettere i suoi risultati alla platea di circa 150 delegati/e mtalmeccaniche e di altre categorie, è stata presentata da Alessandra Mecozzi, responsabile dell'Ufficio Internazionale della Fiom, sulla base delle valutazioni espresse, la sera precedente, da tutti/e i/le partecipanti al corso.

  

IL PROGETTO DI FORMAZIONE TRA BIRLESIK METAL-IS E FIOM-CGIL, SOSTENUTO DALLA COMMISSIONE EUROPEA, SI E’ CONCLUSO AD ISTANBUL. E’ STATO UN SUCCESSO. CONTINUEREMO A LAVORARE INSIEME!

 

RELAZIONE  DI ALESSANDRA MECOZZI ALLA CONFERENZA CONCLUSIVA  ISTANBUL, 17 NOVEMBRE 2007

 

Affronterò tre punti: come e perché è nato questo progetto congiunto, che cosa abbiamo fatto nelle due sessioni di Roma e Istanbul, uno sguardo sul futuro.

 

1.     Come e perché è nato il progetto.

Viviamo in un’epoca di grandi trasformazioni e sconvolgimenti, caratterizzata dalla globalizzazione e dalla guerra globale. La stessa globalizzazione liberista è una guerra economica e sociale ai diritti di donne e uomini, i diritti del lavoro fondamentali sono fortemente minacciati e attaccati, spesso i lavoratori vengono messi gli uni contro gli altri dalle scelte delle imprese. Ma sono anche sempre di più coloro che vogliono farli valere, opponendo alla globalizzazione del capitale quella dei diritti e della dignità umana. Ricordiamo, fin dal Forum sociale mondiale di Porto Alegre, nel 2001, le migliaia di donne e uomini, associazioni, sindacati che insieme hanno cominciato a discutere e costruire strategie. Vogliamo che anche l’Europa sia uno dei luoghi dove possa svilupparsi questa controffensiva,  e che il sindacato europeo ne sia un protagonista. Per questo abbiamo parlato dei diritti del lavoro e sindacali in Turchia come di una sfida europea che chiama in causa tutti: lavoratori e lavoratrici, sindacati, istituzioni, nazionali ed europee. Senza valore del lavoro, senza un lavoro con diritti e dignità, la democrazia può essere solo formale. E noi vogliamo una democrazia reale.

Questo progetto è nato anche su queste ragioni condivise ed è stato ideato – dopo uno scambio di idee tra Gaye Yilmaz (responsabile internazionale per Birlesik metal) e me,-  nell’incontro tra segreterie del sindacato turco Birlesik e della Fiom, qualche anno fa in occasione di un Congresso Internazionale. C’era un interesse reciproco alla conoscenza e al lavoro in comune, soprattutto in un periodo di rapidi insediamenti industriali in Turchia, anche di aziende con casa madre in Italia e stabilimenti in Turchia. Un interesse comune a sviluppare cooperazione e solidarietà internazionale, sulla base della affermazione dei diritti e della democrazia, nella consapevolezza che chi ha meno diritti, come in Turchia, può trarre vantaggio dal sostegno e dalla solidarietà di chi ne ha di più - , ma anche – per gli italiani – la consapevolezza che i propri diritti acquisiti con molti anni di lotte, in una economia globalizzata, si possono difendere ed estendere, solo se si affermano ed estendono negli altri paesi. E in particolare nel caso della Turchia, candidata ad entrare in Unione Europea, ci è sembrato e ci sembra essenziale sostenere la lotta per l’applicazione dei diritti fondamentali e le libertà sindacali, negata dalle attuali leggi e disposizioni.  E dobbiamo anche criticamente rilevare, dalla lettura del rapporto 2007, che da parte della Commissione Europea non c’è sufficiente attenzione a questo capitolo. Non è accettabile, ma è comprensibile, perché l’Unione Europea continua ad essere un’Europa del mercato e della sua massima libertà, della dittatura del mercato, come dice qualcuno,  non una Europa sociale, che è quella che noi vogliamo. Perciò, mentre ringraziamo la CE per l’aiuto che ha dato alla realizzazione di questo progetto, la invitiamo anche ad ascoltare ciò che ne è emerso.

 

2.     Che cosa abbiamo fatto

In ottobre a Roma, in questi giorni di novembre ad Istanbul, con il prezioso contributo di formatori/trici e professori, oltre che di dirigenti sindacali, abbiamo ripercorso la STORIA delle lotte per i diritti e la dignità del lavoro, non solo con relazioni, ma anche con due bei film prodotti dalla Fiom, a Roma, e da Birlesik metal, a Istanbul. Abbiamo affrontato i temi del LAVORO E DELLA PRODUZIONE, soffermandoci sulla attuale fase, su quelle politiche della PRECARIETA’, che tendono a ridurre le persone ad oggetti, da usare e poi buttar via. Lo strumento principale del sindacato è la CONTRATTAZIONE COLLETTIVA, e ne abbiamo confrontato lo stato, verificando le enormi difficoltà che affronta il sindacato in Turchia, dove praticamente non esiste il diritto alla contrattazione collettiva e quindi la necessità di legami internazionali per sostenerne l’applicazione. Ma anche la lotta in corso in Italia per la difesa del Contratto nazionale sotto attacco e l’ottenimento delle richieste presentate. Sono stati discussi i temi dei diritti di CITTADINANZA E DELLA DEMOCRAZIA, tra questi del DIRITTO DI SCIOPERO, anche esso pesantemente limitato in Turchia. Particolarmente interessante qui a Istanbul è stata la finestra aperta sui CAMBIAMENTI SOCIALI IN TURCHIA,  SU UNA CULTURA DIVERSA,  incluso il peso e il ruolo della RELIGIONE, la questione dei diritti DELLE DONNE, che qui hanno dato una notevole prove di forza e protagonismo, sia le delegate di fabbrica che le docenti universitarie, sfatando molti luoghi comuni,  permettendoci un  inizio di vera conoscenza. E’ cresciuta la consapevolezza della necessità di lottare collettivamente, ma anche dell’ impegno individuale allo studio e all’apprendimento, senza il quale la lotta collettiva è più debole. Ma il nostro corso ha avuto anche una parte pratica: ieri abbiamo portato la solidarietà  alle lavoratrici e lavoratori della Telecom in sciopero da un mese, contro il taglio per legge di diritti acquisiti; a Roma abbiamo visitato la ABB, e qui abbiamo visitato la BIALETTI. E visitare le fabbriche è sempre uno strumento di comunicazione particolarmente significativo.

 

3.     Uno sguardo al futuro

Ieri sera abbiamo scambiato le nostre valutazioni e siamo arrivati a queste conclusioni: c’è volontà comune di proseguire, e non solo con altri seminari o corsi di formazione, ma anche  applicando alcuni elementi emersi nella discussione: lavoreremo per nuovi CAE, costituiremo una rete tra i partecipanti e i sindacati, possiamo pensare ad un sito web? Se ne dovrà continuare a discutere. Ma è emersa  anche la volontà di trasmettere l’esperienza fatta a compagni e compagne di lavoro. E a questo scopo abbiamo pensato alla possibilità immediata di tradurre in un piccolo libro – in italiano e in turco – tutte le presentazioni di Roma e di Istanbul. La cultura è anche questo, trasmissione e allargamento delle conoscenze.

Ma proprio dai delegati della Bialetti è venuta l’idea di cominciare da subito il lavoro per il cambiamento e il miglioramento della condizione di lavoro, anche usando quella maggior forza  acquisita in queste giornate di lavoro e conoscenza comune.

Da lunedì infatti cominceranno lo sciopero degli straordinari per ottenere dalla Direzione l’eliminazione del pesantissimo odore che abbiamo sentito in quella fabbrica, dovuto ad esalazioni di olio e vernice velenosa. E non sarebbe male se anche il delegato potesse avere la 626 tradotta in turco, dato che è stata definita da un responsabile della azienda il suo riferimento fondamentale.

Se qualcuno pensava che le multinazionali europee sono più aperte e disponibili ad applicare i diritti nel posto di lavoro , ha capito che non è così: abbiamo bisogno di strategie e lotte per il cambiamento, che sempre più possiamo costruire insieme, a cominciare da un terreno fondamentale che è quello della salute e sicurezza sul lavoro. Una lotta che non finisce mai, e lo dice chi viene da un paese che su questo ha molto lottato, ma che detiene un triste record europeo per gli infortuni mortali sul lavoro. Si lavora per vivere e non per morire.

Eccoci dunque quasi arrivati alla fine del nostro progetto, ma ci rendiamo tutti conto che si tratta dell’ inizio di un lavoro in comune, di lotta collettiva, di apprendimento, e sappiamo che potremo ottenere risultati. Ci faremo guidare da quello “spirito mediterraneo” - evocato da una nostra cara compagna turca ieri sera - che ci ha fatto da subito trovare in sintonia, ci ha fatto lavorare bene  insieme e guardare al futuro condividendo esperienze e problemi e, adesso, volendoci anche un po’ di bene.