Sindacati americani. Scissione all’ultimo Congresso dell’Afl-Cio

 Le opinioni di un giornalista e di un sindacalista

 

Nel Congresso della Afl-Cio, tenutosi a Chicago nell’ultima settimana di luglio di quest’anno, si è verificata una scissione.  Due sono  i sindacati che se ne sono andati,  formando una nuova coalizione dal nome “Change to Win” (cambiare per vincere, ndt), sembra che altri seguiranno. Non è semplice capire le ragioni di fondo e le prospettive che si aprono con questo avvenimento. Anche negli Stati Uniti - e all’interno degli stessi sindacati - le letture e le interpretazioni sono diverse. Pubblichiamo due contributi diversi (un giornalista e un sindacalista) per dare un’idea del dibattito che si è aperto. Su "Notizie Internazionali" che uscirà il mese prossimo verrà dedicato ampio spazio al tema, importante per tutto il sindacalismo internazionale.

 

Rompere la grossa organizzazione sindacale per rimetterla a posto

Robert Kuttner – Boston Globe, luglio 2005

Senza grande sorpresa di nessuno, i sindacati dei servizi pubblici (Seiu) e dei camionisti (Teamsters) hanno lasciato l’Afl-Cio  e almeno altri due sindacati presto li seguiranno. Che sta succedendo in realtà? Questa scissione è un arretramento o un guadagno per i lavoratori e la politica progressista?

Questo scisma riflette in parte rivalità personali, in parte questioni di soldi. Se il Presidente dell’Afl-Cio Sweeney si fosse ritirato, la Federazione avrebbe probabilmente potuto tenere a bada i ribelli. È possibile che avvenga una futura riconciliazione.

Ma, come osserva il mio amico Marshall Ganz, già direttore organizzativo del sindacato degli agricoltori, la questione è anche relativa a differenze sostanziali su come ricostruire un movimento di lotta. Organizzare per mestiere, per industria, per comunità? Costruire un movimento centralizzato o un movimento popolare e democratico? Queste differenze hanno un’eco nella storia del movimento dei lavoratori, risalendo ai Cavalieri del Lavoro del diciannovesimo secolo, i “Wobblies”, e il Cio (Committee on Industrial Organization, costituito nel 1930, da sindacalisti radicali, al di fuori dell’Afl, ndt).

Ironicamente, Sweeney stesso è nel cuore un militante. Come candidato nel 1995 dell’antiestablishment, pose molte delle stesse questioni che pongono oggi i ribelli, e molte le ha applicate. Ma proprio i suoi figli spirituali hanno adesso hanno levato gli scudi.

Sul piano della strategia, molti sindacati che esaltano l’attività organizzativa, in particolare quello dei servizi e quello risultato della fusione tra tessili, lavoratori degli alberghi e ristoranti ("Unite here"), vogliono che l’Afl-Cio riduca della metà le contribuzioni per i sindacati che ne fanno parte, in modo da poter investire questi soldi nella sindacalizzazione. Vogliono che venga ridotto drasticamente lo staff della sede centrale dell’Afl-Cio e le spese per la politica. Sweeney ha dato una mezza risposta a queste richieste. Evidentemente non è stata sufficiente.

Ma, alla fine, questa scissione rende più forte o più debole il movimento dei lavoratori?

A breve termine, è un vero arretramento. Anche una Afl-Cio debole è ancora una voce essenziale sulla legislazione a favore del lavoro e per l’ala progresista del Partito Democratico. E’ una delle istituzioni più progressiste.

Dal punto di vista nazionale, l’Afl-Cio ha fatto un lavoro importante nel sostenere la creazione di consigli del lavoro locali e a livello di stati, che spesso sono diventati protagonisti nella politica locale. A Los Angeles, la locale federazione del lavoro è stata uno dei fattori principali per l’elezione del sindaco Antonio Villaraigosa. Ma il quadro di lungo periodo è più complicato. Se effettive risorse vengono spostate sulla sindacalizzazione, è un fatto importante. È stato un successo quando nel 1930 siindacalisti radicali fondarono il Comitato per l’organizzazione industriale, fuori dal debole Afl-Cio. Furono i sindacati che facevano capo a questo Comitato che sindacalizzarono nuovi settori industriali come l’auto, la siderurgia, in cui erano falliti i precedenti sforzi dei sindacati di mestiere.

L’Afl-Cio è certo stato un riferimento per una politica progressista di base. Ma singoli sindacati e iscritti sono la fanteria. Nel 2004, l’Afl-Cio fu in parte soppiantato nel suo ruolo da gruppi per la mobilitazione, indipendenti, i cosiddetti “ 527” , come America Coming Together, che era diretta dal precedente direttore politico dell’Afl-Cio.

Amici del movimento dei lavoratori temono che con una federazione rivale potranno esserci problemi e contenziosi giuridici tra sindacati Afl e non, che vogliano sindacalizzare gli stessi lavoratori. Ma l’Afl non è stata granché efficace nel prevenire conflitti tra sindacati affiliati.

Bisogna guardare in faccia la realtà, questo è un periodo in cui il conservatorismo è in ascesa. Non è una sorpresa che i progressisti americani si trovino a far fronte a dure scelte che a volte diventano fratricide.

Quando Nader corse per Presidente, la causa era una vera frustrazione nel vedere che la politica progressista era quasi totalmente bloccata dall’influenza dei poteri forti economici in entrambi i partiti. Quella iniziativa non si rivelò utile alla causa più grande, ma si può capire l’esasperazione.

L’anno scorso, due giovani ambientalisti hanno pubblicato un documento dal titolo La morte dell’ambientalismo, che scosse il movimento. Il punto centrale era che la coalizione dei più importanti gruppi ambientalisti con sede a Washington spendeva un sacco di soldi, centinaia di milioni di dollari, e perdeva le battaglie più importanti. Essi sostenevano che era meglio far saltare tutto, e ricominciare con energie fresche e una coalizione più ampia.

Guardando alla storia americana, dal movimento per i diritti civili degli anni 60, al movimento operaio industriale dei ‘30 e la rivolta agraria del 1880, non si può prevedere assolutamente quando scoppierà il prossimo movimento per la giustizia sociale. Ma potete con certezza scommettere che sarà diretto dai giovani e dai radicali.

Una cosa è quando Martin Luther King e gli studenti attivisti dei diritti civili si sono levati contro i brutali e razzisti sceriffi, è più doloroso quando si tratta di una lotta all’interno della stessa comunità progressista.

È sempre rischioso manomettere istituzioni liberali quando sono sotto attacco, come hanno scoperto i seguaci di Nader. Ma è anche meglio rompere qualche porcellana che svanire lentamente nella irrilevanza.

 

Leo Casey – Sindacato Insegnanti di New York

Il problema che si ha nel cercare di spiegare questa scissione nel movimento sindacale americano è che di solito si cerca di ricorrere ad una causa razionale per spiegare degli avvenimenti, a qualche differenza sostanziale che possa giustificare un passo così radicale. Si cerca ad esempio di pensare a differenze politiche importanti perché sembra ovvio che ci sia una sostanza dietro a una tale scissione. Ma esiste effettivamente questa sostanza?

Non c’è dubbio che il movimento sindacale americano sia in pessima forma, dal momento che è passato dall’organizzare un americano su tre dopo la seconda guerra mondiale fino all’attuale basso livello di un americano su dieci. Ma non è questo il problema; tutti riconoscono questa crisi. Il problema è se "Change to Win" (la coalizione di sindacati che ha fatto la scissione, ndr) ha differenze sostanziali dall’attuale leadership della Afl-Cio circa il modo di affrontare questa crisi,  tali da giustificare una scissione. Si parla molto della precedente scissione della Cio (Committee for Industrial  Organisation) ma il parallelo non sembra adeguato. Il Cio aveva differenze sostanziali dall’Afl circa l’idea e il programma di un sindacalismo industriale e si può facilmente comprendere perché il rifiuto dell’Afl di affrontare seriamente questa questione ha originato una divisione. Ma che cosa propone "Change to Win" di sostanzialmente diverso da ciò che oggi fa l’Afl-Cio? In ultima analisi, mi sento di dire, non un granché.

Certo, nessuno è in disaccordo sulla necessità di una maggior sindacalizzazione. Alcuni sindacati della nuova coalizione, come quello dei servizi pubblici (Seiu), ha un buon record in questo campo; altri, come i teamsters (camionisti), non stanno meglio di altri sindacati industriali nella Afl-Cio. Allo stesso modo, anche all’interno della Afl-Cio, sindacati come Aft, Cwa, Afscme, hanno buoni livelli di organizzazione mentre i vecchi sindacati industriali – auto, siderurgia, machinists - hanno perso migliaia di iscritti negli ultimi trent’anni. È innegabile che non tutti i sindacati fanno ciò che potrebbero e dovrebbero fare, ma rimane il fatto che in una economia globale, i sindacati che organizzano lavoratori nei servizi pubblici e nei settori pubblici, dove i posti di lavoro possono ben difficilmente essere delocalizzati in Cina o in India, hanno un compito ben più facile di coloro che devono organizzare i lavoratori del settore privato e manifatturiero. Ma non è solo l’attenzione all’organizzazione che ha portato successi al Seiu, Aft, Cwa, Afscme. Se questo fosse tutto ciò di cui c’è bisogno, "Unite here", che è parte di "Change to Win" ed ha forte attenzione alla sindacalizzazione, avrebbe successi simili nel tessile.  Ma purtroppo non è così.

E il fatto che il sindacato dell’auto sta cercando all’impazzata di sindacalizzare ogni studente laureato invece dei lavoratori della componentistica  auto (largamente non sindacalizzato negli Stati Uniti), dice qualcosa sulla difficoltà relativa dei due compiti e non solo sulla perdita di  priorità e strategia dell’Uaw (sindacato dell’auto).

La sola idea programmatica che "Change to Win" ha da offrire riguardo alla sindacalizzazione è l’idea che la densità sindacale (avere sindacalizzato un alto tasso di una industria, almeno in una data regione geografia) sia la chiave del successo nell’organizzare e che sindacati più grandi e più aggregati, con aree di intervento chiare, sono necessari per ottenere quella densità e l’inversione di tendenza del declino sindacale negli Stati Uniti… Dal mio punto di vista questa tesi sostenuta in modo particolare da Steve Lerner del sindacato dei Servizi Pubblici, non è convincente: mi sembra che la densità sindacale sia un effetto e non una causa del successo della sindacalizzazione. Negli ultimi 25 anni siamo passati attraverso molte fusioni sindacali, ma non c’è prova che nessuna di esse abbia migliorato la prospettiva della sindacalizzazione. Per esempio la parte tessile (Unite) di "Unite here" è il risultato della fusione di diversi sindacati e non ci sono competitori in questo settore, tuttavia  ha potuto fare ben pochi progressi nel suo settore industriale.

I critici temono che il programma di consolidamento e raggruppamento sindacale di "Change to Win" significherà una diminuzione nella democrazia sindacale e nel controllo della base sui sindacati. Dato che tre dei Sindacati americani con una storia provata di corruzione e controllo da parte della criminalità organizzata e cioè con pratiche antidemocratiche – Teamsters, Laborers, Carpenters – sono all’interno di "Change to Win", questi timori non sembrano totalmente infondati. E’ certo che la concentrazione di sindacati è anche un accentramento di potere e la motivazione addotta da alcuni dirigenti autori della scissione per “maggior competizione” sindacale, usando il linguaggio delle multinazionali, e esaltando le virtù del modello competitivo, oltre che fastidiosa è anche contraddittoria con la idea stessa di concentrarsi su una area ben definita, che sembra piuttosto evocare un’idea monopolistica.

Vale anche la pena di sottolineare che la crisi del movimento sindacale non appartiene solo agli Stati Uniti. Ogni movimento sindacale in economie avanzate in Europa, Asia e nelle Americhe, con la notevole eccezione degli scandinavi, è in una condizione simile e molti di loro sono organizzati in modo del tutto diverso dall’Afl-Cio. Il fattore chiave per la spiegazione di questo sembra essere quello degli effetti di una economia globale emergente sui settori industriali altamente sindacalizzati (siderurgia, auto, trasporti, petrolio e chimica) che sono stati la spina dorsale di quel sindacalismo. C’è accordo sul fatto che la risposta sindacale debba essere “internazionale”, ma nessuno riesce ad immaginare che cosa in pratica questo voglia dire. In questo quadro, le proposte sulla “densità sindacale” appaiono come un girare in una strada senza uscita.

Infine bisognerebbe considerare il fatto che l’istruzione è l’unica industria negli Stati Uniti che ha una forte densità sindacale, con la sola eccezione degli Stati “right to work” (diritto al lavoro: si intendono gli Stati con legislazione anti-sindacale). E proprio perché i sindacati degli insegnanti hanno così grande successo nel contesto del sindacalismo americano in generale, siamo nel mirino dei repubblicani e delle imprese che vedono una opportunità di distruggere completamente il sindacalismo negli Stati Uniti….La lezione che dovremmo trarne è che finché l’intero movimento sindacale è in questa disperata condizione, ogni sindacato è vulnerabile. Ma questo aggiunge una buona ragione per dividere il movimento sindacale?  Anche se si accetta la logica fortemente contestata del sindacato dei servizi pubblici questa fornisce una base sufficientemente solida – analoga alla centralità del sindacalismo industriale che fu alla base del Cio – alla divisione del sindacalismo americano? Che cosa faranno i sindacati di Change to Win fuori dell’Afl-Cio che non possono fare adesso, al suo interno? In discussioni private con molti di quelli che lavorano per Change to Win, sentirete che non vedono un carico di prove a favore della scissione, che non afferrano la logica di questa. Ma forse non c’è una logica. Forse la triste verità, alla fine, è che siamo stati presi dentro una lotta personale largamente svuotata di sostanza politica. Ego e ambizione  titanici  sembrano essere la miglior spiegazione per ciò che sta avvenendo. Stern, Hoffa e gli altri dirigenti in Change to Win non sono riusciti a convincere la maggioranza della Afl-Cio a muoversi in direzione della concentrazione sindacale, e così sono determinati nella scissione. Ma non sono essi i soli a dover essere condannati. Perché John Sweeney (presidente dell’Afl-Cio, ndt), che aveva promesso di ritirarsi in pensione adesso, al momento in cui fu eletto e che non durerà in carica ancora molto in ogni caso, non annuncia il suo ritiro per il bene del movimento sindacale? Forse che un tale gesto personalmente magnanimo svelerebbe dietro il velo del Mago di Oz di "Change to Win" il piccolo uomo anziano con ambizioni personali?  E perché Sweeney ha rafforzato proprio quelle parti dell’agenda di "Change to Win" così dannose per il lavoro sindacale, decimando il dipartimento internazionale della Afl-Cio come i programmi per salute e sicurezza sul lavoro e indennità per i lavoratori, in nome della “sindacalizzazione”?

Non siamo davvero di fronte a un bel quadro!