Perù: sciopero e manifestazione dei metalmeccanici.

 

Il 14 luglio 2000 metalmeccanici peruviani hanno scioperato e manifestato nel quadro della mobilitazione nazionale indetta dalla Confederazione Generale dei Lavoratori peruviani (CGTP).

Oltre che contro il Trattato di Libero Commercio, imposto dagli Stati Uniti a vantaggio delle multinazionali, la lotta dei metalmeccanici è rivolta contro la caduta del potere di acquisto (del 3,48% nel 2004, secondo l’Istituto Nazionale di statistica); contro la precarietà del lavoro (dalla  eliminazione nel 1995 della garanzia del posto di lavoro, attraverso l’instaurazione del licenziamento arbitrario, fino al 2003, i lavoratori stabili sono diventati il 23%, contro il 77% di precari o senza contratto). Ciò ha comportato l’abbassamento del livello di sindacalizzazione del settore privato a meno del 5%, circa 3 volte meno di paesi come Argentina, Brasile, Colombia e Cile. Nel settore elettromeccanico ci sono oltre 60.000 lavoratori che vivono di lavoro informale, cioè senza alcun beneficio né sicurezza sociale, mentre la produttività è in forte aumento.

Per coloro che si sono visti obbligati a iscriversi a Società che amministrano fondi pensione, i costi delle commissioni sono i più alti d’America, mentre queste imprese sono diventate le più redditizie di tutte, con un alto pericolo per le risorse dei lavoratori, dati i rischiosi investimenti in borsa di tali aziende. Inoltre il Trattato di Libero Commercio, allo scopo di “rendere competitive le esportazioni”, obbligherebbe ad ulteriori tagli del costo del lavoro, per cui le imprese chiedono che il Governo dimezzi i giorni di ferie annuali da 30 a 15. Il costo del lavoro orario nell’industria manifatturiera in Perù, era nel 1997 di 1,73 dollari, cioè il più basso di tutta l’America Latina (secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, ufficio regionale).

Infine, il sindacato Cemetal denuncia che le aziende transnazionali hanno per molti anni ottenuto l’esenzione dal pagamento delle tasse e il rapido recupero degli investimenti, tanto che hanno ottenuto di comprare a prezzi stracciati, su pressione del Fondo Monetario Internazionale, le imprese pubbliche con maggior redditività e i giacimenti minerarii e di risorse energetiche più ricchi

 

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