La Fism sulla Organizzazione mondiale del commercio

 

Riunione del gruppo di lavoro Fism su Commercio, Finanza e politiche per lo sviluppo, in vista del Vertice OMC di Hong Kong (13-18 dicembre 2005). 18 ottobre 2005.

 

Partecipanti: Ig metall, Germania; CNM-CUT, Brasile; UOM (Argentina); SMEWFI, India; Fiom/FLM, Italia; IMF-JC, Giappone; NUMSA, Sud Africa; Marcello Malentacchi e Carla Coletti, FISM (assenti CAW, Canada; IAMAW, Stati Uniti; Svenska Metall, Svezia).

L’Organizzazione Mondiale del Commercio, nata nel 1995 e composta di 135 paesi e 33 osservatori, terrà la sua prossima Conferenza ministeriale in dicembre ad Hong Kong. La Fism , che ha affrontato il tema nel suo recente Congresso a Vienna anche con una specifica risoluzione,  vi parteciperà con una delegazione composta da un rappresentante della Segreteria Fism (Carla Coletti), il segretario generale di Numsa (Silumko Nondwango) e quello della CNM-CUT (Fernando Lopez).

La riunione del gruppo di lavoro si è concentrata sulla discussione della posizione da sostenere come FISM, in particolare in relazione ai negoziati OMC detti NAMA (non agricultural market access), cioè al settore che comprende i prodotti industriali (oltre a quello della pesca, delle miniere, ecc). Entro la metà di novembre verrà prodotto un documento in tal senso e il resoconto della riunione verrà portato alla riunione dell’esecutivo Fism, che si terrà a Ginevra il 2 e 3 novembre 2005.

Ecco i punti di comune accordo:

-         necessità di estendere ed approfondire la conoscenza e la discussione all’interno di tutte le organizzazioni, anche a livello regionale e nazionale, dove non c’è una cultura sulle materie del commercio internazionale e poco si conoscono le implicazioni, molto pesanti per lavoratrici e lavoratori, politiche industriali, occupazione e sviluppo, nel sud e nel nord del mondo. I temi della agricoltura, della sicurezza alimentare, della salute sono essenziali in particolare per i paesi del Sud del mondo.

-         Le posizioni di lavoratori e sindacati sono diverse da quelle dei rispettivi governi e istituzioni (come l’Unione Europea) spesso in contraddizione (come dimostra il caso della lotta contro la Direttiva Bolkestein , liberalizzazione totale dei servizi e regola del paese di origine, corrispettivo europeo del GATS a livello globale; oppure il caso della lotta di sindacati e movimenti dell’America Latina contro l’Accordo di libero commercio delle americhe, ALCA). E’ dunque necessario renderle esplicite e sostenerle anche con la mobilitazione e il collegamento con movimenti e  ong che si muovono in direzione analoga (come avvenuto nel 1999 in occasione del vertice OMC a Seattle). Non si può stare sulla difensiva.

-         La totale liberalizzazione del commercio relativamente ai prodotti industriali (abolizione barriere tariffarie) comporterebbe per molti paesi del Sud del mondo il blocco o addirittura l’impossibilità (per quelli meno sviluppati, i più poveri) di uno sviluppo industriale indipendente e lederebbe in modo irreversibile la sovranità di ciascun paese.

-         Nel caso della abolizione o riduzione delle barriere non tariffarie (punto che è parte del negoziato NAMA), cioè standards ambientali, sociali, di qualità della produzione, ecc. c’è la possibilità (ad esempio relativamente a prodotti quali automobili, frigoriferi, ecc.) di un arretramento di norme definite a livello nazionale o continentale (es Europa) anche per i lavoratori dei paesi del Nord. Processo che si aggiunge a quello già in corso e che tenderebbe ad aumentare della delocalizzazione industriale.

-         Non ci può pertanto essere nessun accordo prima che ci sia un quadro chiaro e dettagliato di ciò che esso potrebbe comportare in termini economici, occupazionali, sociali, ambientali. In ogni caso dicembre non sarà il mese conclusivo dei negoziati, che dureranno almeno altri sei mesi. Nessun accordo è meglio di un brutto accordo.

-         La diversità di situazioni economiche e sociali di ciascun paese deve essere considerata e i diritti delle persone vanno affermati e difesi anche a livello di ciascun paese, tenendo anche conto della forte presenza dei lavoratori migranti che si trovano spesso nei lavori peggiori e meno tutelati, rifiutando quindi qualsiasi ipotesi di regole o formule uguali per tutti i paesi. I Governi devono avere la possibilità di decisione sulla riduzione delle barriere tariffarie, quindi il sistema non può che essere flessibile e riservare quindi uno spazio politico di decisione per i Governi nazionali.

-         La questione della presenza della Cina nell’OMC va affrontata dentro una impostazione generale del sindacato che per tutti i paesi mette al centro anche delle relazioni commerciali l’attenzione sui diritti fondamentali (core labor standards secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro).

-         In questo senso è importante il lavoro della Fism, che attualmente presiede l’organismo sindacale  consultivo dell’OCSE (TUAC) , per l’affermazione delle linee guida sulle multinazionali che l’OCSE stesso ha prodotto, come anche la Commissione diritti umani delle NU. Gli accordi quadro internazionali sindacali non sembrano essere sufficienti dal punto di vista della effettiva trasparenza e applicazione dei diritti da parte delle imprese transnazionali, in particolare in tutta la catena dei fornitori, appalti e subappalti.

 

Si concorda che:

-         la prossima riunione sarà di due giorni

-         potranno essere invitati rappresentanti di altre Federazioni internazionali particolarmente attive sul tema, ong, esperti/e.

-         lavorare non solo per fare pressioni ma anche per promuovere mobilitazione

A cura di Alessandra Mecozzi, responsabile internazionale Fiom (per Fim, Fiom, Uilm nel gruppo di lavoro)

 

Ulteriori informazioni e opinioni sul tema OMC, compresa la Dichiarazione delle Confederazioni Internazionali, sulla settimana di incontri e mobilitazioni internazionali che si svolgeranno ad Hong Kong dal 10 al 18 dicembre 2005 sui siti:

www.imfmetal.org - www.tradewatch.it - www.fiom.cgil.it - www.cgil.it