- Sintesi del programma d'azione per il 2002-2005 I testi
del congresso in versione integrale si possono trovare sul sito della Fism da Sydney, Daniela Binello Riunione del Comitato centrale (presenti le delegazioni di 42 paesi) "Non è tempo di
deregulation, il rischio di una recessione devastante è alle porte.
Occorre un’azione mondiale per evitarlo". E’ una delle
dichiarazioni di Klaus Zwickel, presidente Fism (dell’IG Metal tedesca), nel suo discorso di apertura della riunione del
comitato centrale. Zwickel
mette in relazione, a titolo d’esempio, l’attuale crisi
internazionale e il crollo delle borse del ’29 con le sue conseguenze
negative per il mondo del lavoro. "L’attuale situazione è
molto critica, crea un clima d’incertezza che si aggiunge ai gravi
problemi per i diritti delle lavoratrici/lavoratori che sono e saranno
una delle nostre principali problematiche da affrontare nel programma
d’azione della Fism per il 2002-2005". "I
crumiri che
vogliono distruggere il sindacato esistente o evitare la nascita di
nuove organizzazioni dei lavoratori – dichiara Marcello Malentacchi, segretario
generale della Fism – sono di nuovo in azione negli Usa e in molti
altri paesi americani o filoamericani. Sul portale della Fism
aggiorniamo giorno per giorno tutte le segnalazioni e le denunce che ci
indirizzano le nostre affiliate". Poi
fa una panoramica sulle gravi violazioni contro i lavoratori e cita la
situazione asiatica come quella fra le più gravi (percentuali del 71
per cento di arresti di lavoratrici/lavoratori, 87 per cento di casi
d’intimidazioni e molestie contro lavoratrici/lavoratori). Mancanza di considerazione
per le normative fondamentali Oil
(in particolare quelle contro lo sfruttamento del lavoro minorile),
verso la materia dei diritti per le lavoratrici/lavoratori, non
applicazione dei codici di condotta, inaccessibilità per il sindacato
all’interno delle export processing zones (zone franche), carenza di sicurezza sul
lavoro. Questi sono i principali problemi che da domenica 11 novembre si
affronteranno durante il 30° Congresso mondiale. La Fism che
rappresenta “solo” 23 milioni di lavoratori nel mondo (su almeno 70
milioni di metalmeccanici) deve incrementare la sua presenza e
rafforzare la sua capacità d’intervenire di fronte agli effetti
critici della globalizzazione racchiusi palesemente nel motto adottato
dalle multinazionali: “no
control or rules”. Vengono approvate 15 (su
16) nuove richieste d’affiliazione alla Fism da parte di
organizzazioni di 10 paesi. Vengono, invece espulse 6 organizzazioni di
6 paesi, poiché nella la maggior parte dei casi queste sigle o non
funzionano o si sono sciolte, mentre sul Turk Metal Sendikasi (Turchia) le informazioni ottenute evidenziano
il suo coinvolgimento con componenti del regime militare. Inoltre, con
questo sindacato _ inadempiente sotto il profilo dei versamenti delle
quote associative nonostante possegga addirittura aerei privati _ non è
mai stato possibile avere relazioni dirette o rapporti di comunicazione. Kjell Biorndalen (presidente Fellesforbund,
Norvegia) è il nuovo presidente del dipartimento costruzioni navali
della Fism (sostituisce Max
Baehring che passa nel comitato esecutivo Fism). Peter Tighe, segretario nazionale del
settore elettronico e delle telecomunicazioni dell’affiliata
australiana (Amwu) segnala
che nell’ambito della sua area di rappresentanza si è passati dai
20mila iscritti di vent’anni fa a meno degli attuali 2mila. E’ un
segnale d’allarme che pone l’accento sulle due cause principali del
problema: la delocalizzazione della produzione di molte imprese
australiane, che hanno ridotto notevolmente quella rimasta nel
continente, e una politica ferocemente antisindacale da parte del
partito liberale alla guida del paese. Proprio oggi, sabato 10
novembre, i liberali hanno nuovamente vinto le elezioni federali
riconfermando ancora una volta il governo guidato dall’avvocato John Howard (primo ministro). Non si è
verificato lo swing che
auspicavano i laburisti (il passaggio di voti al centrosinistra nei
collegi marginali australiani avrebbe rappresentato un elemento
strategico, visto il sistema maggioritario definito “puro” che vige
soltanto in questo paese, in virtù del quale la differenza non la fanno
i voti raccolti in più nei seggi “sicuri”, bensì quelli espressi
nei seggi “incerti”). Il paese, che appoggia in maniera sostenuta la politica britannica e americana, è stato uno dei primi, subito dopo il Regno Unito, a proporre d’inviare un contingente militare esperto in Afghanistan. E’ assai probabile, quindi, che una delle prime azioni del governo in fieri sia quella di dare corso al primo invio effettivo di soldati non appena gli Usa lo richiederanno. Sidney: La sede del congresso è a Darling Harbour, la zona avveniristica della città (sulla baia) che ha ospitato le Olimpiadi. L’Opera House è il famoso teatro sulla baia, avente una struttura a forma di vele sovrapposte. Un treno su monorotaia sopraelevata esegue un tour circolare della città passando a pochi metri d’altezza fra case e grattacieli. Non è solo un’attrazione per turisti perché svolge anche un servizio di trasporto pubblico. I pedoni hanno rigorosamente la precedenza e ci sono numerosi ponti pedonali su tutto lo snodo delle strade che raggiungono il centro città. Non sono molti i quartieri dove sono stati conservati palazzi d’epoca, ma in uno di questi (the Rocks) ci sono ancora le tipiche case in stile vittoriano. Per il resto, Sidney è una città molto moderna che riflette in maniera più grandiosa lo stile architettonico tipico anche delle altre più importanti città del paese (l’Australia ha pochi abitanti, 19 milioni, e territori immensi praticamente disabitati e quasi irraggiungibili). Cerimonia di apertura del Congresso (presenti 800 delegati di circa cento paesi) “Affrontare
le sfide globali” è lo slogan del congresso che, come specifica Klaus Zwickel, presidente Fism,
significa mettere al centro della nostra missione sindacale la
solidarietà per l’occupazione dei metalmeccanici e il riequilibrio
della situazione economica mondiale. Ha poi continuato il discorso di apertura riferendosi
all’attacco agli Stati Uniti dell’11 settembre, con le conseguenze
che tutti conosciamo, concludendo che l’unica strada da percorrere,
che vedrà impegnata la Fism
e le organizzazioni che ne fanno parte, è quella di chiedere ai governi
e alle istituzioni di cambiare l’attuale sistema neoliberista in cui
si annidano, senza dubbio, le radici del problema della disuguaglianza
sociale e del rischio per la sicurezza di tutti i cittadini. «Non significa respingere la globalizzazione – ha
specificato – ma occorre adottare quelle riforme che invochiamo da
molto tempo per Banca mondiale, Fmi, Wto e altri organismi, introducendo
misure fiscali adeguate come la Tobin tax e altre». «I sindacati
mondiali sono votati a questa causa» ha concluso. Marcello Malentacchi, segretario generale, ha parlato dell’ondata di
licenziamenti che stanno abbattendosi sulle teste dei lavoratori e ha
commentato: «Con la scusa del disastro economico intervenuto da
settembre, mentre in realtà i segnali della crisi erano evidenti da
molto prima, si stanno licenziando migliaia di lavoratrici e lavoratori,
mascherando così la totale incompetenza di molte compagnie nell’avere
saputo organizzare e gestire bene l’impresa». Doug Cameron, segretario nazionale Amwu (Australian Manufactoring
Workers’ Union), ha dichiarato che per rispondere alla domanda che
potrebbe farsi ognuno di noi, oppure che potrebbe farsi ciascun
lavoratore, e cioè “Di fronte
all’attuale situazione di crisi internazionale e rischio sicurezza
cosa deve fare il sindacato?”, bisogna rispondere che il sindacato
internazionale deve continuare a combattere per la libertà, contro
l’oppressione e il fondamentalismo, contro fame e disuguaglianza, a
favore dell’educazione e della salute, dei salari e dei diritti umani.
«Howard (il
primo ministro australiano del Partito liberale che ha di nuovo vinto le
elezioni) ha sfruttato il senso del razzismo come un “punchingbag” (sacco che i pugili colpiscono per allenarsi).
Purtroppo anche il Partito laburista australiano si è adeguato a questa
linea, con l’effetto paradossale di alimentare la vittoria dei
liberali. E’ da otto anni che i laburisti sono all’opposizione senza riuscire a mettere a fuoco
le differenze con il partito antagonista. Ma i laburisti devono
analizzare le ragioni della sconfitta, così come anche il movimento
sindacale australiano che non ha saputo rappresentare adeguatamente i
lavoratori. Si dovrebbe svolgere un’assemblea speciale per
confrontarci su questi problemi. E’ assurdo subire intimidazioni da
parte del governo, come sta avvenendo. I nostri politici non devono
capitolare di fronte alla sconfitta». «Inutile negare che anche fra i nostri iscritti – ha
continuato Doug – ci sono
molti conservatori, persone che nutrono sentimenti antiprofughi (si
riferisce, ad esempio, al caso della nave norvegese con 400 profughi che
l’Australia si è rifiutata di accogliere nello scorso agosto. “Un
imbarazzo internazionale per l’Australia” commentarono i sindacati,
n.d.r.) soprattutto per paura. Ma dopo vent’anni di consenso economico
in Australia non è poi così evidente che le condizioni siano
migliorate per tutti». Doug
ha tracciato in poche linee, ma essenziali, la situazione del sindacato
australiano: «Il sindacalismo australiano è molto chiuso nel suo
provincialismo Le nuove teorie economiche fondate sul liberismo hanno
prodotto licenziamenti, concorrenza selvaggia, privatizzazioni e lavoro
precario. Abbiamo 60 miliardi di dollari di deficit all’anno che
rappresentano il 9 per cento del pil; ci viene chiesta sempre più
flessibilità nel lavoro e siamo arrivati al tasso reale del 9-10 per
cento di disoccupazione in un paese popolato da 19 milioni di persone. I
nuovi posti di lavoro sono avventizi o part-time. Stiamo vendendo le
nostre imprese pubbliche per privatizzarle e il sindacato opera fra
mille difficoltà sotto la minaccia di carattere legislativo che vuole
imbavagliarci e limitare la nostra autonomia». Cerimonia: Le tre organizzazioni sindacali australiane di categoria
(Amwu, Awu e Cepu) hanno offerto uno spettacolo di benvenuto organizzando una
performance a cura della Great
Bowing Company di Colin
Offord – un famoso artista australiano figlio di un metalmeccanico
a cui nel 2000 sono state affidate alcune cerimonie nell’ambito delle
Olimpiadi – con strumenti tradizionali più quelli tipici aborigeni
come alcuni tamburi e il didgeridoo,
un lunga canna di bambù ricoperta di resine dipinte a mano, con colori
naturali, nella quale il musicista soffia emettendo dei suoni profondi
che ricordano il rumore dell’oceano o dei forti venti tropicali. Poi
alcuni danzatori hanno inscenato una performance ispirata al “rap” contemporaneo,
utilizzando pezzi metallici in omaggio alla nostra categoria. Raw metal, il nome di questa
dance company (significa metalli grezzi, non lavorati). E’ MEGLIO RICORDARE CHE…
Seminario tematico: “Globalizzazione dal basso”, promosso da sindacati australiani e Ong “I do not want my house to walled in on all sides and my windows to be
stuffed. I want the culture of all the lands to be blown about my
house as freely as possible. But I refuse to be blown off my feet by
any” Silumko Nondwangu è il giovane segretario generale del Numsa (National Union of Metalworkers of
South Africa). Da sette
anni (dal 1994) in Sudafrica il sindacalismo ha ripreso la sua
missione, facilitato dal ripristino di un processo democratico.
Tuttavia, come si può intuire, non si può dire che i diritti dei
lavoratori siano rispettati in pieno.
"Le 'meraviglie' promesse dalla globalizzazione non si
sono viste, abbiamo sotto gli occhi, invece, le sue contraddizioni e i
disagi che provoca soprattutto per le popolazioni del sud del mondo.
Penso che sia il caso di fare una distinzione fra l’aspetto
ideologico che ebbe la globalizzazione ai suoi inizi, molti decenni
fa, e quello sostanziale di oggi. La globalizzazione economica nasce,
per noi del sud, con il mercantilismo europeo, il colonialismo, il
libero scambio commerciale, l’imperialismo, l’espansione in Africa
del 'capitalismo dei bianchi'". Con questa introduzione, Nondwangu apre la sessione
tematica dedicata all’impatto della globalizzazione. La
globalizzazione è stata perciò legittimata da queste
“etichette”, asserendo, continua il segretario, che avrebbe
portato benefici a tutti, mentre, dalla guerra fredda in poi, con lo
sviluppo del sistema neoliberista, assistiamo a un processo di una
elitaria “single world
economy”. Una delle contraddizioni più evidenti sta nel fatto che la
globalizzazione chiude le porte ai mercati del sud del mondo, che
vorrebbero farne parte, e ne ostacola la crescita mediante un sistema
di barriere pressocché invalicabili. Gli interessi che devono pagare
i paesi in via di sviluppo sono quattro volte più elevati di quelli
che pagano i paesi più industrializzati del pianeta, l’83 per cento
degli investimenti stranieri tornano a beneficio dei paesi ricchi,
mentre i tre quarti di ciò che rimane va a una decina di paesi in via
di sviluppo nel sudest asiatico e in America latina. I paesi dove la
povertà è più diffusa ricevono al massimo lo 0,2 per cento dei
finanziamenti per lo sviluppo del commercio. Le quote commerciali
consentite per lo sviluppo dei paesi poveri si sono ridotte del 4 per
cento fra il 1960 e gli anni ’90, il venti per cento della
popolazione più povera del mondo ha visto ridursi dal 2,3 all’1,4
per cento la percentuale del prodotto interno lordo, mentre quella dei
paesi più ricchi è salita dal 70 all’85 per cento negli ultimi
trent’anni. Nondwangu aggiunge che la globalizzazione ha accentuato le
disuguaglianze sociali, soprattutto a sfavore delle donne, a causa del
diverso ruolo e “valore” che giocano in economia uomini e donne.
"Le donne pagano cara la loro prerogativa di potere essere madri
come se fosse una tassa sulla "riproduzione"; la privatizzazione delle
strutture medico-ospedaliere in Africa rende impossibile l’accesso
alla maggior parte delle donne povere, costrette a dedicarsi alle
attività di cura per la loro famiglia senza alcun aiuto. La maggior
parte delle donne è costretta ad accettare condizioni di lavoro
discriminanti rispetto agli uomini sia dal punto di vista della paga,
sia della sicurezza e igiene sul lavoro, oltre a subire molestie e
altre gravi situazioni. Il lavoro femminile è sottovalutato, non
riconosciuto, anche per quanto riguarda il lavoro non pagato che le
donne devono svolgere all’interno della famiglia per tutta la durata
della loro vita". "Non voler vedere
lo stretto collegamento fra la povertà dell’Africa e la
globalizzazione dimostra solo la misura della disonestà intellettuale
di istituzioni come la Banca mondiale e il Fondo monetario
internazionale – conclude il segretario –. Anche se l’affermazione è dura,
questo è ciò che pensano molti africani, me compreso. Fra i 64 stati
della lista dei poveri della Bm, 38 si trovano in Africa; dei 35 stati
dove lo sviluppo umano è considerato al minimo livello, 27 sono in
Africa. Genocidi, Aids, disastri ambientali, inaccessibilità a
risorse come l’acqua, desertificazione, sono arrivati a provocare un
tale livello di sofferenza e disperazione che non è solo una
tragedia, ma è una vergogna". Buzz
è il soprannome di Basil Hargrove, presidente di Caw
Tca (federazione di Auto
workers e altri settori, 250mila iscritti, Canada). Ritiene che per
fronteggiare i problemi della globalizzazione si debbano adottare
forme di lotta su molti livelli e non solo nell’ambito dei propri
confini interni. "Negli ultimi dieci anni il governo ha chiesto
ai lavoratori molti sacrifici, elargendo a piene mani sovvenzioni e
sgravi fiscali alle industrie. Nonostante la Borsa abbia fatto
guadagnare alle industrie cifre enormi, si dice ai lavoratori che non
ci sono soldi. Questo avviene in tutto il mondo dove, inoltre, a
milioni di lavoratori è negato il diritto a organizzarsi
sindacalmente e i sindacalisti sono eliminati, anche fisicamente, per
il semplice fatto che lottano per migliorare le condizioni dei
lavoratori". "E’ inversamente proporzionale che mentre le
multinazionali si muovono liberamente in tutto il mondo per fare
crescere i loro profitti, dall’altro lato si riducono i diritti
fondamentali dei lavoratori aumentando le disuguaglianze". Alessandra Mecozzi, responsabile dell’ufficio internazionale Fiom, ha spiegato che “a
Roma si è svolta sabato 10 novembre una grande manifestazione contro
il WTO e, dato il momento,
anche contro la guerra e i bombardamenti che hanno già colpito molti
civili in Afghanistan”. Premettendo che la Fiom, che ha partecipato all’iniziativa con una delegazione di
dirigenti nazionali, ha condannato energicamente gli attentati
terroristici dell’11 settembre, ha aggiunto: "Sappiamo per
esperienza diretta quanto sia terribile il terrorismo, che mina alla
convivenza civile e alla democrazia, colpendo bersagli innocenti, ma
una cosa è bloccare e processare i terroristi, un’altra è
scagliare attacchi su una popolazione che ha già sofferto, anche in
passato, di stenti e povertà a causa di una lunga guerra
civile". "La Fiom ha aderito alle manifestazioni genovesi del movimento
antiliberista contro il G8 a cui hanno partecipato migliaia di
lavoratrici e lavoratori. Purtroppo, in risposta alla forte richiesta
di democrazia è stata usata la violenza delle forze dell’ordine. Il
bilancio è stato di un ragazzo morto e centinaia di feriti. Ma i
metalmeccanici restano uniti con il movimento antiliberista perché
hanno in comune l’aspirazione a un mondo diverso e più giusto. Per
costruirlo, gli strumenti sono la solidarietà internazionale dei
sindacati e le alleanze
più ampie con i movimenti della società civile che hanno gli stessi
obiettivi. Per realizzare questo occorre attraversare i confini
geografici e sindacali". Ai delegati stranieri, la Mecozzi ha poi illustrato la ragioni dello sciopero nazionale della Fiom del 16 novembre a Roma per
difendere il contratto nazionale, attaccato anche dal Governo
italiano, e la facoltà di fare accordi nei posti di lavoro. "La
contestazione alla globalizzazione liberista sarà tanto più efficace
quanto più sarà capace di mettere radici nei luoghi di lavoro,
rafforzando quella pratica della solidarietà internazionale che è la
sola in grado di fissare dei limiti allo strapotere delle
multinazionali attraverso le riforme delle istituzioni mondiali". Doug Cameron, segretario generale dell’australiana Amwu, descrive la xenofobia ostentata dal governo australiano di Howard che se, da un lato, parla di “libero mercato e libero commercio” dall’altro lato chiude le porte a profughi e rifugiati. "Abbiamo lottato contro la delocalizzazione delle produzione fuori dall’Australia basata sulla politica delle multinazionali di andare dove per i lavoratori non ci sono ne' diritti ne' condizioni di lavoro decenti. Ma dobbiamo ancora rafforzare il nostro rapporto con il movimento sindacale internazionale e impegnarci nelle iniziative di lotta lanciate da Fism e Icftu contro il dominio che le multinazionali vogliono esercitare nell’ottica a senso unico dei loro esclusivi interessi". "Se dovessimo fallire in questa azione aumenterà la divisione fra i vari paesi e anche all’interno dei vari paesi. Dobbiamo lottare per un nuovo ordine mondiale che metta al centro gli esseri umani, perché non è un segno di progresso se chi ha già molto ottiene sempre di più e nessuno si preoccupa di provvedere per chi ha, invece, così poco". Rielezione (rinnovo del mandato) per il 2001-2005 di Klaus Zwickel in qualità di
presidente Fism e di Marcello Malentacchi in qualità di segretario generale Fism. Il Comitato centrale si
riunirà ogni due anni e non più annualmente. Componenti del nuovo Comitato esecutivo Fism
(ampliato a 18 membri): Africa: Slumko Nondwangu (Sudafrica);
Napoleon Kpoh (Ghana); Charles Natili (Kenya). Asia e Pacifico: Katsutoshi
Suzuki (Giappone), Julius
Roe (Australia), R.C. Arya
(India). America Latina a Caraibi: Jose
Rodriguez (Argentina),
Guilba Della Bella Navarro (Brasile), Hernando Velasquez (Colombia). Nord America: R. Thomas Buffenbarger (Usa), Stephen Yokich (Usa), Leo Gerard (Usa). Europa occidentale: Klaus Zwickel (Germania), Ken Jackson (Gran Bretagna), Tonino Regazzi (Italia), Max Baehring (Danimarca), Marcel Grignard (Francia). Est Europa: Aliaksandr
Bukhvostau (Bielorussia). Nota: Come si può osservare il “testimone” per il nuovo
esecutivo, per quanto riguarda l’Italia, è passato dalla Fim (Giorgio Caprioli) alla Uilm (Tonino Regazzi). Diritti
e pari opportunità per le donne. Ancora
e sempre guerriere? 100 dirigenti sindacali donne, insieme a interpreti e giornaliste,
si sono incontrate oggi per festeggiare la nomina di Jenny Holdcroft in qualità di
nuova responsabile dell’ufficio
per i diritti e le pari opportunità della Fism (sede a Ginevra). La Holdcroft, nata
in Inghilterra 36 anni fa e residente da 13 in Australia, ha un
compagno e un bebè di dieci mesi, con i quali si è trasferita a Ginevra dal 1° novembre (sarà il suo compagno ad accudire casa e
pupo, avendo deciso di traslocare in Svizzera prendendo
un’aspettativa a lungo termine). La Holdcroft
proviene da un’esperienza di ricercatrice nel campo dei diritti
delle lavoratrici. Ha collaborato con una Ong di Sidney “Affermative
action agency”; per sei anni, dal ’94, ha lavorato nel sindacato
australiano della funzione pubblica Cepsu; inoltre, per sei mesi,
poi è andata in congedo di maternità, ha lavorato in quello
dell’università (Nt Eu).
"In Australia molte leggi federali discriminano le donne
nel mondo del lavoro, imponendo salari inferiori a quelli degli uomini
e non tutelando in maniera adeguata, né come impartisce l’Ilo, le donne nei periodi di maternità". Fra le prime iniziative per il suo nuovo incarico, la Holdcroft intende avviare un
moderno sistema di networks e disporre in tempi brevi di pagine web
all’interno del sito della Fism.
"Ho sempre lavorato con le donne - dichiara - e mi sono occupata
in particolare di formare e inserire le delegate nelle fasi della
contrattazione d’impresa. Se le donne non partecipano a questi
processi non saranno mai abbastanza rappresentate nei contratti
collettivi di lavoro". Aggiunge anche che, sovente, le donne
focalizzano la loro attenzione soprattutto sugli aspetti dell’orario
di lavoro. Occorre, però, stimolarle e spingerle a fare passi avanti,
come anche quello d’impegnarsi in posizioni di maggiore
responsabilità nell’ambito di organismi come la Fism. Ricordiamo che Carla
Coletti, sindacalista della Fiom
nazionale per molti anni e ora attiva presso il dipartimento
internazionale Cgil, ebbe
fino a due anni fa circa l’incarico dal novembre 2001 affidato alla Holdcroft. Incarico che nel
frattempo, però, è rimasto vacante. La nuova dirigente dovrà,
perciò, rimboccarsi le maniche e riprendere il lavoro della Coletti alla luce delle
novità e delle nuove esigenze emergenti. "Essere guerriere, questo è quanto mi sento di
consigliare, secondo la mia esperienza, alle dirigenti sindacali.
Siccome il nostro ambiente è perlopiù composto di uomini, dobbiamo
dimostrare di essere capaci di essere forti in ogni occasione (cioè,
autorevoli) e tralasciare le nostre momentanee debolezze" afferma
Maryline Quaglia, 40 anni
(di origine friulana), segretaria generale Cfdt Umml (settore minerario)
della regione francese della Lorraine. La Quaglia, occupando un ruolo
così raramente affidato a delle donne, indica una linea “dura”
adatta a dirigenti del suo rango, del resto la leader della Cfdt nazionale è un’altra
donna (Nicole Notat), ma
aggiunge anche che "se no gli uomini se ne approfittano ed è
peggio per noi". Insomma,
nervi saldi e coraggio.
Parliamo anche del terrorismo e della guerra. La Quaglia pensa che affrontando
il problema del terrorismo con la guerra si finiranno per provocare
disastri peggiori. Inoltre, ritiene che la globalizzazione sia una
grande opportunità, tuttavia non è giusto che le discriminazioni,
anche salariali, fra i lavoratori del nord e del sud del mondo siano
così brutali. "Lavoriamo passo dopo passo per abbattere le
disuguaglianze, è l’unica alternativa che abbiamo". Sharan Burrow, presidente dell’Australian Council of Trade Unions
(Actu), nonché dirigente
dell’Icftu – Apro per
l’area asiatica e del pacifico, spiega che in Australia il governo
federale di centrodestra vuole abolire i contratti collettivi di
lavoro cercando, perciò, di distruggere il sindacato. Il Governo fa
pressioni sui lavoratori perché scelgano accordi individuali.
"Come Icftu useremo il potere dei consumatori per sostenere le richieste
di equità e, se necessario, attiveremo campagne di boicottaggio verso
i prodotti realizzati in imprese che rifiutano il sindacato". Svetla Shekerdjieva, che dirige l’ufficio Fism di Mosca, dove vive col
marito e un figlio, è competente per l’area dei paesi baltici
(Lettonia, Estonia, Lituania) e dell’ex Unione sovietica (Ucraina,
Bielorussia, etc.). Chiarisce che le donne dei paesi dell’est
europeo stanno correndo il rischio di tornare indietro rispetto ai
diritti che erano riuscite a conquistare. "Non ho mai voluto, per
quanto mi riguarda, fare una separazione troppo marcata fra diritti
delle lavoratrici e dei lavoratori. Nella mia carriera sindacale,
anche quando ricoprivo il ruolo di segretaria federale nel settore
delle costruzioni meccaniche a Budapest, mia città d’origine, ho
preferito far lavorare insieme i delegati senza distinzioni di
sesso". La Shekerdjieva
spiega, però, che quella situazione era giustificata dal fatto che
l’appartenenza al Partito comunista rendeva le cose più fluide. La
prima domanda che veniva fatta a una lavoratrice o a un lavoratore
era, infatti, “sei iscritto al Pcus?”. Da quel momento in poi non
c’erano più discriminazioni. "Se la risposta era sì,
naturalmente" commenta la dirigente Fism. "La situazione sindacale nei paesi dell’ex Unione
sovietica e nei paesi baltici è completamente diversa. In Russia le
organizzazioni sono numerose, alcune anche ricchissime e con patrimoni
immobiliari di notevole importanza, mentre in Lituania, Estonia e
Lettonia i sindacati o non ci sono o non sono più funzionanti. Gli
imprenditori (multinazionali dell’est Europa) intimidiscono i
lavoratori per allontanarli dal sindacato, licenziano i meno giovani e
i laureati (da qui provengono le famose donne ingegnere che, almeno in
minima parte, trovano lavoro alL’estero grazie alla loro
specializzazione). Per questo i paesi baltici sono una porta aperta
per investitori senza scrupoli. La Fism ha attivato, però, corsi
di formazione per dirigenti e delegati sindacali, che selezioniamo,
addestriamo e continuiamo ad assistere nel difficile compito che li
attende nei loro paesi. Putroppo, però, data la crescente situazione,
senza più regole e protezioni sociali, si sta abbassando quello che
una volta era il livello culturale (alta scolarizzazione) di questi
paesi, riconosciuto come prerogativa da tutto il mondo". Alessandra Mecozzi, responsabile ufficio internazionale Fiom, ha rilasciato
un’intervista a una radio australiana spiegando le conquiste del
movimento femminista in Italia, soprattutto negli anni ’70, per
conquistare il diritto alla scelta sulla maternità e l’aborto. La
giornalista australiana (Clare
Curran) è rimasta molto meravigliata che oggi in Italia si possa
mettere in discussione, ancora una volta, un diritto che le donne di
tutti i paesi emancipati del mondo sono riuscite a conquistare, certo
non facilmente, ma attivando un ampio confronto che ha toccato gli
aspetti più delicati del problema dell’interruzione volontaria
della gravidanza, nei termini consentiti dalla legge, compresi quelli
etico- morali, biologici e sociali.
L’incontro delle donne ha toccato quindi a 360 gradi i temi
dei diritti sindacali, ma
non solo. Si è discusso anche, come abbiamo visto, di geopolitica,
della guerra, del terrorismo, e dei diritti sociali emergenti per gli
effetti della globalizzazione. Marcello Malentacchi, segretario generale Fism, ha inviato oggi da
Sidney una lettera a Claudio
Sabattini, segretario generale Fiom, per esprimere la
solidarietà della Fism per
lo sciopero nazionale del 16
novembre. "In tutto il mondo chi non ha interesse e non vuole
cambiare, utilizza lo shock e il dramma dell’11 settembre per fare
accettare politiche economiche che aggravano le sperequazioni e le
ingiuste differenze. Il vostro Governo è un buon esempio di ciò.
Mentre si organizzano, non richieste, manifestazioni con le bandiere
di un altro Paese, si perseguono provvedimenti antisindacali". Malentacchi ha aggiunto che
oltre ai temi contrattuali, è importante che la lotta della Fiom includa tematiche quali
la pace, la solidarietà internazionale e la difesa dei lavoratori
immigrati. Il messaggio si chiude con il caloroso saluto della Fism per la nostra giornata di lotta. 1.
Scioperi di solidarietà transfrontalieri I divari delle normative e delle leggi sul lavoro sono un
ostacolo al lavoro sindacale. Per risolvere questo problema la
solidarietà internazionale è un fattore importante a favore della
lotta per i diritti umani e del
lavoro. I sindacati devono avere il diritto, sancito da Oit, di dichiarare scioperi di
solidarietà transnazionale. Dato che il capitale è libero di spostarsi dove vuole, gli
scioperi devono divenire uno strumento sempre più importante. La Fism promuove una campagna
con il movimento sindacale internazionale per il riconoscimento degli
scioperi di solidarietà al di là di ogni frontiera e insieme alla Cisl internazionale eserciterà una pressione su Oil per una convenzione che
riconosca questo diritto. La Fism
e le sue affiliate intendono lanciare una campagna volta al
riconoscimento, da parte delle multinazionali in cui sono organizzate,
ad indire scioperi transfrontalieri.
2.
Contro l'embargo su Cuba Da 41 anni il popolo cubano è sottoposto all’embargo. La
prosecuzione del provvedimento americano costituisce una violazione a
numerose mozioni Onu
approvate a larga maggioranza. L’embargo ostacola lo sviluppo delle
relazioni internazionali dei cubani e il loro sviluppo economico,
nonché quello delle organizzazioni sindacali e del mondo del lavoro. La Fism decide di sostenere la lotta per togliere l’embargo a Cuba e di impegnare le affiliate ad agire nei confronti dei rispettivi sindacati nazionali per far sì che la Cisl internazionale e le altre sigle del sindacato mondiale intensifichino la campagna a favore della cessazione dell’embargo. 3. Pace in Medio Oriente Sintesi del programma d'azione per il 2002-2005 Mercoledì 14
novembre 2001 AFFRONTARE LE SFIDE GLOBALI Introduzione Il Programma d’azione
Fism per il 2002-2005 mette al centro di tutto la globalizzazione, che
rappresenta la sfida più importante per il movimento sindacale
mondiale. Il bastione storico dei sindacati sono i settori
manifatturieri dei Paesi industrializzati. Ma questi capisaldi sono ora
minacciati dalla globalizzazione del capitale, un sistema che svilisce
qualsiasi forma di controllo, di regola, di leggi a tutela del lavoro,
dei consumatori e dell’ambiente. Nel corso del decennio
appena trascorso si è assistito allo spostamento dei processi di
fabbricazione verso i paesi in fase di sviluppo, dove il livello di
sindacalizzazione è molto basso, dove non esistono sindacati
democratici o dove i sindacati non esistono affatto. Le crescenti disparità in
seno all’economia globale dimostrano che i lavoratori e le loro
comunità, soprattutto quelle maggiormente bisognose di sviluppo
industriale, non beneficiano equamente della ricchezza che
contribuiscono a creare. In parte, la globalizzazione è promossa dagli
intensi sviluppi della tecnologia, delle telecomunicazioni e
dell’informazione (ICT), a cui si aggiunge Internet, cancellando le
frontiere temporali e spaziali. Le multinazionali (TNC)
soppesano incessantemente le opportunità di ridurre il costo della
produzione con l’obiettivo d’incrementare l’utile dei loro
azionisti, ostentando poca cura per gli interessi e la sicurezza dei
lavoratori. Un fattore che aggrava
questa tendenza è la concorrenza fra il sovvenzionamento degli
investimenti e delle esportazioni, un meccanismo in cui sono coinvolti
numerosi governi nazionali e locali. Si tratta di concorrenza sleale e
la Fism si unisce al coro di proteste rivolte ai governi affinché sia
messa fine a questo meccanismo non corretto. Nel movimento sindacale si
sta sviluppando un crescente sostegno verso l’introduzione di una
tassa sulle transazioni finanziarie i cui proventi potrebbero essere
utilizzati per promuovere lo sviluppo economico e sociale. Il movimento sindacale deve
divenire un protagonista globale per bilanciare il potere del capitale
internazionale. Dichiarazione di
missione La missione fondamentale
del movimento sindacale è il miglioramento dei salari, delle condizioni
di lavoro e di vita dei lavoratori, nonché di garantire il rispetto dei
diritti dei lavoratori. La missione della Fism è di conseguire questi
obiettivi nell’industria metalmeccanica e nelle industrie apparentate,
operando con i sindacati affiliati a un livello globale. La sfida che si presenta è
di far sì che la globalizzazione economica sia al servizio delle
popolazioni del mondo. Di conseguenza i sindacati metalmeccanici devono
continuare a costruire organizzazioni che siano in grado di partecipare
alle azioni concertate tanto sul piano nazionale che internazionale e
abbiano influenza politica e risorse necessarie per apportare contributi
significativi al raggiungimento degli obiettivi globali. La Fism intende: costruire
un movimento sindacale più forte; garantire che le normative del lavoro
internazionalmente riconosciute siano messe in opera e inserite negli
accordi sul commercio e gli investimenti globali in ogni paese;
sviluppare un programma di tutela dell’ambiente e di migliori
condizioni sociali; garantire che le imprese, i governi e le istituzioni
mondiali conferiscano priorità alle tematiche sociali; costruire
alleanze con organizzazioni politiche e sociali per conseguire gli
obiettivi prefissati e indebolire il potere delle multinazionali;
promuovere commercio equo, giustizia sociale ed eliminazione della
povertà. 1.
Struttura sindacale globale E’ d’importanza
capitale che la Fism costruisca una struttura sindacale globale capace
di coordinare azioni in tutto il mondo, in qualsiasi momento le venga
richiesto. 2.
Cooperazione più stretta con le SPI La Fism perseguirà una
cooperazione più serrata con le Segreterie Professionali Internazionali
(SPI) al fine di costruire un’organizzazione sindacale unita a livello
internazionale per fronteggiare il potere delle multinazionali. 3.
Ristrutturazione dei Consigli mondiali Sono stati elaborati
orientamenti operativi dettagliati per la ristrutturazione dei Consigli
mondiali (adottati dal Comitato esecutivo Fism). Saranno applicati a
tutti i Consigli esistenti, nonché attuati per quelli da istituire ex
novo. 4.
Attività intra e infraregionali La Fism organizzerà
attività tanto per l’America del nord che per l’Europa, in
cooperazione con le affiliate, per coordinare le attività nelle varie
regioni. Saranno avviati seminari interregionali su tematiche sindacali
fondamentali e progetti per stabilire legami in seno alla Fism tra
l’America del nord e l’Unione europea. 5. Unità sindacale e Consigli
per Paese La Fism incoraggerà le
affiliate locali a creare Consigli per Paese per costruire l’unità
tra sindacati affiliati. E’ ritenuta attività fondamentale della Fism
la costruzione di organizzazioni forti, indipendenti e con una coscienza
sindacale globale. 6.
Formazione degli istruttori La Fism, insieme alle
affiliate, lavorerà per costruire le competenze e le risorse necessarie
per soddisfare le esigenze di formazione offrendo anche il materiale
necessario a gruppi di formatori selezionati dai sindacati locali. 7.
Sistemi internazionali di dati e comunicazioni La Fism per soddisfare la
crescente domanda d’informazioni, costruirà un sistema di
comunicazione che consenta un rapido aggiornamento per l’accesso alle
proprie banche dati, come alle notizie provenienti da fonti diverse,
quali le sue affiliate, la Cisl internazionale, le Spi, l’Oil, l’Unctad,
l’Ocse, etc. 8.
Programma di connessione internet tra affiliate Oltre agli strumenti già
in essere, la Fism lancerà un programma inteso ad aiutare le affiliate
a comunicare fra loro via internet. 9.
Contrattazione collettiva La Fism continuerà a
fornire assistenza alle affiliate per il raggiungimento di accordi
collettivi che garantiscano salari e condizioni di lavoro tali che il
tenore di vita dei loro iscritti sia decente e accettabile. 10.
Task force per i non organizzati Una speciale task force
dovrà lavorare con le affiliate, i Consigli mondiali e gli Uffici
regionali Fism per individuare e coordinare i progetti in determinati
Paesi, con un accento particolare sull’organizzazione dei lavoratori
delle EPZ (export processing zones). 11.
Gruppo di lavoro per le campagne internazionali Sarebbe opportuno creare
un’opportunità in seno alle strutture della Fism per potenziare le
capacità della Segreteria nelle campagne internazionali, inoltre,
sarebbe opportuno formare un gruppo di lavoro incaricato di proporre i
mezzi più efficaci per portare avanti le campagne internazionali. 12.
Alleanza per le campagne pro giustizia sociale Caso per caso, la Fism
cercherà di promuovere il dialogo e stringere alleanze con altri gruppi
che condividono le sue aspirazioni verso il progresso e la giustizia
sociale. 13.
Normative fondamentali del lavoro La Fism continuerà a
promuovere il suo modello di Codice di Condotta per le multinazionali.
Saranno portate avanti le Raccomandazioni contenute nel documento
“Selezionare le TNC per le attività della Fism”. La negoziazione di
almeno un accordo di questo tipo in ogni settore metalmeccanico
principale dovrà essere conclusa entro il prossimo intervallo
congressuale. 14.
Programma economico alternativo Insieme ad altre
organizzazioni sindacali internazionali e altri gruppi della società
civile, la Fism elaborerà un programma economico alternativo e attiverà
campagne a favore della sua attuazione, in particolare ogni qual volta
siano in discussione accordi economici internazionali (inclusi
finanziamenti e prestiti) o legislazioni economiche nazionali. 15.
Riforma dell’OMC e delle BWI La Fism, insieme a Cisl
internazionale e TUAC, attiverà campagne per la riforma dell’OMC e
delle Istituzioni di Bretton Woods (BWI), nonché a favore di una tassa
sui cambi valutari. Ciò includerà di subordinare le regole commerciali
all’attuazione delle normative fondamentali del lavoro. 16.
Lotta alla discriminazione La Fism sosterrà ogni
passo concreto intrapreso dalle affiliate per lottare contro la
discriminazione, così come definita dall’Oil, e in particolare per
migliorare la rappresentatività delle donne nelle azioni della Fism
incoraggiandone il coinvolgimento nella contrattazione collettiva. 17.
Settore tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (ICT) Verrà intensificato il
lavoro del gruppo speciale sulle ICT. Questo gruppo attingerà le
risorse necessarie dai vari dipartimenti della Fism al fine di mettere a
punto le risposte alle sfide lanciate ai sindacati dal settore ICT. Il
gruppo di lavoro preparerà una Conferenza ad hoc sul settore ICT, nonché
una proposta programmatica per la Fism. E’ opportuno garantire una
collaborazione con altre organizzazioni internazionali come la FEM. 18.
Igiene e sicurezza Per garantire che i
lavoratori non siano esposti a rischi sul lavoro, la Fism lancerà una
campagna per sostenere il varo di un progetto di legge che istituisca
Commissioni paritetiche per igiene e sicurezza di cui facciano parte
rappresentanti sindacali, con la ratifica di tutti governi delle
normative Oil in materia (dalla Convenzione n° 155 alla Raccomandazione
n° 164). |