Roma-Tel Aviv-Roma in 15 ore: cronaca di una missione “respinta”

Partiti da Fiumicino alle 21, arriviamo in orario intorno alle 3 di mattina del 4 aprile all’aeroporto di Tel Aviv. Nel gruppo “Action for Peace” di circa 20 persone ci sono rappresentanti dell’Arci, del Terzo Settore, dell’Agesci, della Cgil (Benzi) e della Fiom, (Sabattini e la sottoscritta,) quattro giovani del Social Forum di Milano e un gruppo di parlamentari Ds. Passiamo senza troppi problemi il controllo passaporti e poi ci sono i soliti interrogatori da parte del Servizio di Sicurezza.

Alla domanda su chi siamo, c'è chi risponde come sempre abbiamo fatto: che siamo una delegazione di diverse associazioni e sindacati, parlamentari, che vengono per iniziative di pace, in solidarietà con popolo israeliano e palestinese, che dobbiamo incontrare il console italiano, anche perché alcune associazioni hanno progetti di cooperazione in corso.

Queste parole, diversamente da precedenti occasioni, vengono trasformate dai responsabili della sicurezza nel fatto che siamo “dimostranti”, da cui fanno discendere subito un atteggiamento negativo. I passaporti vengono tutti ritirati (ma questo avviene quasi sempre) ai parlamentari, dietro esibizione del passaporto di servizio, viene detto che possono passare.

Al resto del gruppo viene detto di aspettare per avere la risposta dal Ministero degli Interni. Ci fanno spostare dalla sala grande ad una un po’ più indietro e comincia una lunga attesa di grande tensione, è stato unito a noi, forzatamente, un simpatico giornalista vaticanista ottantatreenne che era sullo stesso aereo, ma non nella delegazione: molta aggressività della sicurezza nei nostri confronti, tanto da rispondere di no ad una ragazza che chiede di andare in bagno e poi farla accompagnare da uno di loro.

L’attesa dura fin verso le 5, quando ci fanno rientrare nella sala grande, dove arrivano i bagagli, per un controllo, e ci ritirano anche i biglietti di ritorno:  a questo punto è quasi certo che intendono farci rientrare, cosa che mi conferma una delle giovani che fruga nella mia valigia. Nel frattempo i parlamentari non ci sono più, il funzionario di ambasciata ha detto loro di andare in albergo: rimpiango molto di non essere riuscita a dare a qualcuno due sacchetti di medicine che mi avevano chiesto con urgenza da Ramallah.

Intanto abbiamo visto arrivare il gruppo che viaggiava su un altro volo con il quale restiamo in contatto telefonico.

Mentre sto ancora aspettando che analizzino pezzo per pezzo la mia borsa, pile, telefono, lenti a contatto e medicine, vedo alcuni della nostra delegazione, Benzi, Morettini dell'Arci, strattonati da, suppongo, poliziotti in borghese.

Avvicinandomi vedo che nel frattempo ai soliti funzionari della sicurezza si sono uniti un gruppo folto (circa 10) di persone in borghese, di fronte al posto dove alcuni di noi sono seduti: stanno in piedi in semicerchio e alcuni di loro  trascinano con la forza i giovani di Milano verso l’uscita e la pista dove, sapremo dopo, l’aereo che doveva partire per Roma alle 5 è stato fatto aspettare (all’aeroporto di Tel Aviv, è la polizia, non solo la torre di controllo, che autorizza le partenze).

Nonostante il funzionario dell’ambasciata continui a telefonare, è evidente ciò che si prospetta. Diciamo che non vogliamo rientrare e facciamo resistenza passiva: i primi ad essere trascinati via sono i quattro giovani del social forum di Milano, mentre continuano a fare tutte le perquisizioni, anche quelle personali, sui  rimanenti: evidentemente il tutto fa parte dell'operazione "muraglia di difesa"!.

I “picchiatori” in borghese sprizzano rabbia e odio da tutti i pori, oltre alla voglia di menare le mani. Vedo che uno si porta via la mia borsa e me la vado a riprendere.

Chiedo per quale ragione non vogliono farci entrare: tutto sommato, gli chiedo, Israele non è lo Stato più democratico del Medio Oriente? Mi urla che loro hanno potere e quindi  dobbiamo fare quello che dicono: decisamente non ci sono margini per nessuna forma di comunicazione. Perciò mi riprendo la borsa e vado a sedermi vicino a Claudio e Luciana Castellina.

Chiacchieriamo un po’ mentre questi energumeni ci stanno schierati di fronte; dopo qualche minuto due arrivano e la strappano dalla sedia, trascinandola via, la vedo cadere per terra e mi avvicino per aiutarla, ma loro la trascinano via per i piedi, avendo lei scelto di fare resistenza passiva (Luciana è una pacifista storica e molto coerente!).

Altri due prendono Claudio dalle braccia e lo trascinano via a spintoni. Io prendo i miei sacchetti di medicine (è la cosa che non voglio assolutamente perdere) e la mia borsa su un carrello e mi avvio: nonostante questo, arrivano comunque due furiosi e mi spintonano dicendo di sbrigarmi.

C’è anche una donna in divisa, palesemente una funzionaria di grado più alto e spero almeno con lei di scambiare due parole, visto che ha un atteggiamento meno fanatico. Mi stringe un braccio fortissimo, le chiedo perché di tutto questo, che mi sembra una vergogna per gli israeliani (diversi passeggeri appena arrivati guardano attoniti tutta la scena), una vergogna che il governo israeliano riduca così cittadini e cittadine.

Dice che le hanno ammazzato un nipote: capisco la sua rabbia e la sua sofferenza che è, come le dico, purtroppo di tantissimi israeliani e palestinesi e che questa spirale di morte va interrotta, che ho amici e amiche israeliani che avrei voluto vedere: ma la risposta è che tanto di "quegli israeliani lì" a lei non gliene importa niente!

Mi viene in mente che la manifestazione pacifista di israeliani e palestinesi-israeliani che si è tenuta il giorno prima a Gerusalemme ovest, a cui avevano partecipato anche molti italiani, è stata pesantemente caricata e "lacrimogenata" dalla polizia.

Tra uno strattone e l’altro arriviamo all’uscita, sulle scale di accesso alla pista ci sono alcuni altri che ci aspettano, tra cui tre poliziotti armati. Mi si avvicina uno in borghese, con la faccia livida, per dirmi: voi siete fascisti, piccoli fascisti come Mussolini.

Non posso che rispondergli, banalmente, siete dei gran fascisti e dovete vergognarvi di quello che fate. Poi vedo Luciana seduta sulle scale e voglio avvicinarmi, me lo impediscono, ma riesco a capire che sta bene.

Arrivano man mano tutti gli altri che erano stati fatti aspettare in un’altra stanza, sono circa le 6,30: con alcun ultimi strattoni e spintoni saliamo sull’autobus su cui ci sono tre poliziotti armati e inveleniti. Che ci spingono fin sulla scaletta dell’aereo: siamo pieni di rabbia, dispiacere, senso di impotenza, imprechiamo ad alta voce contro Israele, Sharon, la polizia ecc. I passeggeri, che hanno aspettato due ore e tra cui ci sono molti israeliani, non sono simpatizzanti.

Più tardi ne sento qualcuno che dice che siamo tutti “sporchi comunisti”!

Chiedo i nostri passaporti, sono nelle mani del comandante.Verranno restituiti, debitamente timbrati di rosso - denied entry -.  Ci vengono, stranamente, restituiti solo in fase di atterraggio, a Malpensa. Veniamo a sapere che anche l'altro gruppo è stato violentemente "reimbarcato" e Vittorio Agnoletto  e Marco Revelli malmenati Il tempo del volo da Malpensa a Roma, lo impiego per raccogliere le idee, dare un ordine (almeno nella mia testa)agli avvenimenti e scrivere questa cronaca.

 

5 aprile 2002

Alessandra Mecozzi