Carovana in Palestina/Israele, 14-21 marzo 2004

Si è conclusa la carovana italiana in Palestina-Israele organizzata in occasione de 20 marzo, giornata mondiale contro le guerre e le occupazioni, lanciata dal pacifismo statunitense e raccolta dal SFE e dal Social Forum Mondiale di Mumbay.

Il gruppo era formato da una trentina di persone appartenenti a Ya basta, Giovani comunisti, Arci, Fiom e Cgil, a cui si sono “associati” due donne austriache e un rappresentante del Social Forum Greco.

Il programma di una settimana era articolato in visite e incontri centrati attorno alle tematiche del collegamento del conflitto con la più generale situazione di guerra globale e in particolare con l’occupazione dell’Iraq, la situazione interna alle due società e la partecipazione alla giornata del 20 marzo.

 

Il tragitto del muro della segregazione ancora in costruzione è stato il percorso guida delle visite e parte degli incontri con le forze sociali palestinesi nel nord della Cisgiordania a Qalkilia, nei villaggi intorno a Ramallah e alla periferia di Gerusalemme ad Abu Dis.  In alcune di queste località  abbiamo partecipato alle manifestazioni organizzate ormai quotidianamente dagli abitanti dei villaggi e dai contadini, portando la nostra solidarietà di “internazionali”.

I cosiddetti “accordi di Ginevra”, la mancanza di prospettive credibili e la problematica dialettica  interna ad una società posta sotto una pressione così violenta e violentatrice di tutte le relazioni possibili sono stati altri terreni di discussione con intellettuali e forze politiche palestinesi: il prof. Nazmi dell’Università di Bir Zeit, la Palestinian Democratic Coalition (coalizione di sinistra di Fida, Partito del Popolo e Palestinian popular Struggle) .

 

Nel campo israeliano abbiamo naturalmente affrontato la questione dell’occupazione e della costruzione del muro con molte delle forze pacifiste che già conosciamo (Aic, Taa’yush, Ichad, refusniks, etc.) ma abbiamo anche cercato di approfondire la situazione socio economica del Paese non solo in relazione all’occupazione ma più legata agli aspetti della globalizzazione neoliberista: privatizzazioni, tagli allo stato sociale, etc. incontrando la minoranza di sinistra del sindacato Histadrut ed esponenti del social forum e del partito comunista israeliano.

 

Sugli accordi di Ginevra abbiamo avuto un incontro specifico con il Prof. Nazmi dell’Un. Di Bir Zeit e con l’economista israeliano Arie Arnoun  (della sinistra di Peace Now) entrambi partecipandi alle fasi preparatorie dell’accordo.

 

La giornata del 20 non ha corrisposto alle nostre aspettative o, a questo punto, alla nostra immaginazione perché l’appuntamento principale era una manifestazione/spettacolo organizzato dalle donne palestinesi e israeliane in un villaggio colpito dal muro, a Mas’ha, mentre non si è realizzata alcuna manifestazione a Tel Aviv, anche per disaccordi tra i gruppi più radicali.

 

Alcune considerazioni

La prima considerazione da fare è la mancata realizzazione della presenza europea per l’occasione e quindi del carattere tutto italiano dell’iniziativa che contrastava con la proposta originaria lanciata dal Fse di Parigi e segnava una debolezza o quantomeno una incomprensione a livello europeo circa il significato delle carovane. Nessuno dei paesi europei ha organizzato presenze nel periodo in oggetto, tranne la Francia in maniera un po' caotica; tanto più che la stessa situazione sembra essersi reiterata relativamente agli altri luoghi di conflitto.

Lo stesso tipo di atteggiamento però è parso trasparire anche attraverso la scarsa attrattiva esercitata dalla giornata del 20 marzo tra gli israeliani e i palestinesi che hanno finito per considerare la carovana come una delle tante missioni internazionali che si susseguono nell’anno.

Tutto ciò non dovrebbe passare come una debacle organizzativa ma dovrebbe farci riflettere sul tipo di rapporto in essere tra il movimento nelle sue forme politico/organizzative dei Forum Sociali e le organizzazioni israeliane e palestinesi. Sappiamo che la questione dei partners diventa sempre più importante tanto più crescono le difficoltà nei rispettivi paesi.

 

Da qui la seconda considerazione relativa alle grandissime difficoltà dei nostri referenti  di coordinamento tra di essi  e di rappresentanza della società civile. Alcuni di loro hanno iniziato un percorso di riflessione/analisi sul tema e sul rapporto con “gli internazionali” a cui  sarebbe interessante dare dei contributi.

 

Relativamente alle questioni più generali mi pare di poter ribadire quello che più volte abbiamo constatato, cioè la mancanza  sia da parte palestinese che da parte israeliana di qualsiasi strategia credibile; “Ginevra” sembra troppo distante dalla realtà quotidiana e quindi incapace modificare alcunché,  almeno nel breve periodo, mentre il muro modifica quasi tutto giorno per giorno.

L’opposizione quotidiana e di massa al muro è il terreno su cui alcune forze (Mustafa) tentano di ridare un carattere non armato e di mobilitazione popolare all’intifada.

La questione islamica sta diventando un problema dirompente (denunciano le forze di sinistra) soprattutto per la saldatura internazionale che rischia di risucchiare completamente la Palestina nel calderone “guerra terrorismo” e nei rapporti sociali interni.

 

In campo israeliano la sinistra mi pare sempre più divisa e incapace di costruire prospettive credibili e penso che sia sempre più urgente allargare la cerchia dei nostri interlocutori soprattutto relativamente alle questioni sociali e invitarli più spesso in Italia.

 

Ultima considerazione ma non per importanza.

Si fa sempre più urgente una riflessione sul carattere delle nostre presenze in loco da una parte e sull’ ormai imbarazzante domanda relativa al livello e alla qualità del nostro sostegno politico.

A questo proposito penso dobbiamo discutere e costringere le forze organizzate più forti (Cgil, Arci; Tavola della Pace, Partiti) a decidere una piattaforma unitaria, politica e di mobilitazione su cui lavorare da oggi alla fine dell’anno. Il comitato fermiamo la guerra potrebbe essere l’ambito giusto. Penso alle parole d’ordine Stop al muro, Stop al terrorismo contro i civili, pesante intervento politico dell’Europa con presenza di una forza di interposizione sui confini del 67 (come votato a maggioranza nel parlamento europeo il 1 aprile) come condizioni necessarie (che diano il senso di un cambio di marcia)per la ripresa del negoziato. Fine dell’occupazione, due popoli due stati.

Con parole d’ordine chiare costruire una giornata europea per la pace in Medio oriente nell’autunno con manifestazioni in tutte le capitali (come per il 20 marzo) a preparazione di una dimostrazione al parlamento europeo.

Una proposta da portare al Coordinamento Palestina di Bruxelles e contemporaneamente ai coordinamenti europei dei FS (Istambul, etc.) e ai nostri parlamentari europei.  Un percorso vero di lavoro difficile e di discussione con tutti a partire dalle forze più grosse, stroncando tentativi semplificatori o scorciatoie di minoranza.

Dobbiamo ai palestinesi e ai pacifisti israeliani un lavoro vero e impegnativo e non solo “personale” di presenza quasi umanitaria. Ciò detto dobbiamo continuare ad essere presenti e a valorizzare l’impegno personale di molte/i , è fuori discussione, ma penso che dovremmo tentare dell’altro.

 

Roberto Giudici