Interventi per la Manifestazione dell'11 Novembre

Sia pace a Gerusalemme!

Intervento di Jamal Zakout, membro del Consiglio Nazionale Palestinese e di  Neta Golan, pacifista israeliana.

 

Intervento di Jamal Zakout, membro del Consiglio Nazionale Palestinese 

Cari amici
in nome del popolo palestinese, madri, padri e figli che hanno subito la perdita di più di 200 martiri e di altri 40 in coma profondo, di 7.000 feriti, 1.500 dei quali porteranno handicap permanenti, di cui la maggioranza è stato ferita nella parte superiore del corpo da colpi di frammentazione e “Dum Dum”. L’aggressione israeliana con carri armati, elicotteri e razzi contro il nostro popolo non ha distrutto solo 2.500 case lasciando le famiglie senza dimora ma ha distrutto anche l’ultima speranza di pace.
Il nostro popolo: donne, uomini, giovani, lavoratori, studenti, rifugiati, agricoltori, come pure i partiti politici, è fortemente unito e resisterà contro l’aggressione militare ed economica e crede profondamente che questa sarà l’ultima battaglia per l’indipendenza.
Sì amici, l’Intifada contro l’aggressione, l’Intifada per una nazione indipendente, l’Intifada per proteggere il sacro obiettivo del processo di pace che ci guiderà alla fine dell’occupazione, al ritiro completo dell’esercito e dei coloni israeliani da tutti i Territori occupati nel 1967, in conformità delle risoluzioni delle Nazioni uniti 242, 338 e alla realizzazione del diritto di ritorno per i rifugiati secondo la risoluzione 194.
Il governo di Barak nega le risoluzioni 242, 338, 194 e vuole che noi palestinesi accettiamo le sue condizioni per ciò che essi chiamano pace. Essi vogliono mantenere gli insediamenti, Gerusalemme est, e il controllo della sovranità sui confini della Cisgiordania e Gaza e annettere questi territori e mantenere il controllo delle risorse acquifere e rifiutano di riconoscere la loro responsabilità riguardo ai rifugiati…
Offrono cinque Bantustan a sud, a nord, al centro, a est della Cisgiordania e di Gaza e lo chiamano impero non solo Stato mentre in realtà sarà un protettorato di Bantustan.
Ciò non ci porterà a nessuna vera pace ma, porterebbe tutta l’area ad una severa guerra. Essi minacciano Siria e Libano. Hanno cominciato di parlare di sovranità dei luoghi santi musulmani e cristiani a Gerusalemme. A Camp David li abbiamo avvertiti che tale comportamento porterà ad una guerra religiosa molto pericolosa per tutti noi: palestinesi e israeliani e che essi saranno responsabili di questa guerra. Non ci hanno ascoltati e hanno cominciato l’aggressione per attuare il loro piano unilateralmente per l’isolamento e il protettorato dei Bantustan.
Noi resistiamo al loro piano di aggressione. Abbiamo il pieno diritto di difendere il nostro popolo, le nostre terre, il nostro diritto di avere una nazione in conformità della legalità internazionale e delle risoluzioni dell’Onu.
L’aggressione è cruenta non solo contro il popolo, ma anche contro i nostri alberi, le nostre case, distruggono la debole economia palestinese lasciando 300.000 lavoratori e loro famiglie senza nulla da mangiare, sparano alle ambulanze, uccidono infermieri. Per tutto questo chiediamo una protezione internazionale.
L’Italia e l’Europa possono fare tanto per fermare l’aggressione israeliana, per porre fine all’occupazione. Partecipando attivamente al processo di pace possono impedire agli Stati Uniti l’inadempienza delle risoluzioni 242, 338 del Consiglio di sicurezza dell’Onu e della 1322 che chiede l’investigazioni per la verifica dei crimini militari israeliani.
Chiediamo al popolo e al governo italiano di agire immediatamente. Siamo convinti che gli italiani hanno l’abilità e il senso di responsabilità per agire.
L’Intifada, come movimento democratico e popolare per resistere all’aggressione e all’occupazione, continuerà e avrà successo.
Sostenete i nostri diritti per l’indipendenza, sostenete il diritto dei nostri bambini di vivere in una pace reale e duratura.
Per favore agite per salvare le vite dei civili che vengono uccisi ogni giorno. Per favore agite e non permettete che le famiglie dei lavoratori soffrano per la mancanza di cibo.
Agite per salvare la pace nella nostra terra – agite per allontanare la nostra regione dalla minaccia della guerra.

Intervento di Neta Golan – pacifista israeliana

Voglio ringraziarvi e applaudire il vostro coraggio per essere qui oggi, soprattutto gli organizzatori della marcia.
Per quelli di noi che sono confusi dalla marea dei media e dei politici dal pensare che c’è una guerra in corso in Palestina, ora: vi invito a venire in Palestina e vedere voi stessi. Il popolo palestinese non ha un esercito.
Essi sono un popolo in lotta per la fine dell’occupazione e per la loro sopravvivenza. Non c’è una guerra in Palestina, c’è un massacro.
La gente in Palestina è soggetta al terrorismo come l’esecuzione senza processo ieri di Hussein Abayat e delle due donne.
Terrorismo economico. L’assedio che è la causa diretta della fame e il terrorismo psicologico. Sapete com’è vivere con gli elicotteri che ti ronzano costantemente in testa e che possono porre fine alla tua vita da un momento all’altro? Il pubblico israeliano, insieme al resto del mondo, è stato portato a credere che stia andando avanti un processo di pace, ma in realtà gli insediamenti sono raddoppiati, la terra ha continuato a essere confiscata, le case a essere demolite e gli alberi a essere sradicati. Con il pretesto del processo di pace è stato costruito un massiccio intreccio di by-pass roads con 200 milioni di dollari da fondi americani. L’occupazione ha riorganizzato e rafforzato il suo gruppo all’interno del movimento nella Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, in modo che la popolazione palestinese soffra non soltanto per una chiusura imposta dal 1999, per cui non possono lasciare la Cisgiordania e la Striscia di Gaza senza un permesso speciale difficile se non impossibile da ottenere, ma ora anche per un assedio interno per cui la gente non può più entrare o uscire dalle proprie città, paesi e, talvolta anche dalle proprie case come ad esempio ad Hebron e nel paese dove i palestinesi costruiscono lì le loro case nelle cave della zona di Bata. A quelli che chiedono di fermare la violenza: io voglio ricordare che l’occupazione è violenza. Fermare la violenza vuol dire fermare l’occupazione. Ci deve essere un completo ritiro dalla Cisgiordania e dalla Striscia di Gaza e solo allora si può davvero parlare di pace. La pace non è un processo in cui una parte più forte cerca di imporre le sue condizioni alla parte più debole. I generali israeliani non vogliono tornare ai confini del 1967. Strategicamente, da un punto di vista militare è una posizione vulnerabile. E vorrebbe anche dire lasciare le risorse idriche in mano ai palestinesi. Risorse che forniscono il 33% dell’acqua israeliana.
Ma, se l’esercito si ritirasse allora si dovrebbe creare una pace reale in cui entrambe le parti avrebbero un vero interesse a vivere insieme, insieme e a cooperare.
I palestinesi desiderano condividere Gerusalemme come unica città capitale di due stati. Se Israele si ritirasse ai confini del ’67, Gerusalemme può diventare una città di vera pace, un esempio di tolleranza e di coesistenza, una luce per tutte le nazioni.
Ma perché ciò accada dobbiamo tutti musulmani, ebrei e cristiani unirci a fianco del popolo palestinese: insieme possiamo fermare il massacro che è solo un altro passo verso la terza guerra mondiale, l’ora critica è arrivata, dobbiamo agire ora. E’ facile accusare. Accusare Israele, accusare il governo degli Stati Uniti, accusare Barak, accusare i coloni, accusare i media. Sì, essi sono responsabili. Ma, noi tutti, ciascuno di noi è responsabile del massacro in Palestina. Adesso, coloro che stanno zitti, stanno cooperando al massacro.
La comunità ebraica in Svezia ha emesso un documento in cui dichiara che il governo d’Israele non li rappresenta e che essi protestano per la violenza usata contro i Palestinesi. Io chiedo ad altre comunità ebraiche di seguire il loro esempio.
Come essere umano faccio appello a voi: noi dobbiamo, tutti, fare tutto il possibile per fermare questa inutile uccisone di bambini, donne e uomini che vogliono e meritano di vivere: in dignità e libertà. I palestinesi hanno bisogno di protezione internazionale, faccio appello a voi perché vi uniate nella creazione di un movimento internazionale popolare per venire in Palestina e stare accanto alla gente che viene bombardata e colpita. Se voi non potete venire radunate gente e mandate una persona della vostra comunità. Vi assicuro che quando c’è sangue straniero nella foto l’esercito ci penserà prima di sparare, allora, forse, il nostro governo seguirà.

Traduzione a cura dell'Associazione per la pace