“la
pace in medio oriente e il diritto alla pace dei popoli”
Conferenza
internazionale promossa dalla Piattaforma per la democrazia di
Diyarbakir
Diyarbakir,
28-30 maggio 2005
“
Il ruolo dei movimenti sociali nei movimenti per la pace e nel
Forum Sociale Mondiale”
Intervento
di Alessandra Mecozzi, responsabile internazionale Fiom-Cgil
Come
responsabile internazionale della Fiom-Cgil vorrei in primo luogo
ringraziare per l’invito a questa bella e interessante
Conferenza internazionale sulla pace. In secondo luogo dirvi
brevemente che cos’è la Fiom e perché sono qui. La Fiom è un
sindacato di lavoratori e lavoratrici metalmeccaniche, nato nel
1901. Il suo profilo può essere riassunto così: è un sindacato
indipendente dalle imprese, dai partiti politici e dal Governo; si
basa sulla contrattazione collettiva, la lotta peri diritti del
lavoro (salario, condizioni di lavoro); pratica la democrazia, con
l’elezione da parte di tutti i lavoratori dei propri
rappresentanti e il voto conclusivo, tramite referendum, sulle
richieste e accordi che li riguardano; quarto principio
fondamentale è quello dell’impegno internazionale, contro la
guerra e per la solidarietà.
Per
queste ragioni la Fiom è parte dei movimenti sociali
antiliberisti o altromondialisti (apparsi sulla scena mondiale a
Seattle nel 1999, in occasione dell’incontro
dell’Organizzazione mondiale del Commercio, contro
l’ingiustizia globale nord-sud e il dominio del commercio da
parte di poche grandi multinazionali, dei governi dei paesi ricchi
su quelli poveri). Per queste ragioni la Fiom ha attivamente preso
parte alle manifestazioni internazionali contro il G8 a Genova nel
2001, segnate dalla violenta repressione poliziesca contro i
manifestanti, che causò la morte del nostro giovane compagno
Carlo Giuliani, per la quale ancora chiediamo verità e giustizia.
Crediamo
che la lotta per la giustizia sociale sia strettamente legata alla
pace: ci sentiamo quindi impegnati nel movimento contro la guerra,
che si è espresso con nettezza già nel 1999 contro i
bombardamenti della Nato su Serbia e Kosovo, nel movimento di
solidarietà con palestinesi e israeliani contro l’occupazione e
per una pace giusta fin dalla prima Intifada del 1987, nel
grandissimo movimento contro la guerra in Iraq che nel 2003 ha
portato nelle strade di tutto il mondo milioni di persone. E’
quindi naturale e fa parte di questa politica, sostenere la
battaglia del popolo curdo per la pace, per i propri diritti, per
la propria libertà.
Questi
movimenti hanno costruito il processo dei Forum sociali, il primo
a Porto Alegre nel 2001 sotto il titolo “Un altro mondo è
possibile”, poi quelli europei a Firenze, Parigi, Londra e il
prossimo ad Atene nel 2006. La grande sfida di questi movimenti è
far avanzare concretamente e
con risultati questa lotta per la giustizia sociale e la pace. La
lotta del popolo curdo è all’interno dunque di questo e credo
che lo debba diventare sempre più ed avere maggior voce e
visibilità, credo che dobbiamo unire i nostri sforzi perché
questo percorso sia visibile e all’ordine del giorno dei
movimenti. L’ispirazione della Piattaforma democratica di
Diyarbakir è la stessa: unire gruppi associazioni movimenti e
anche singole personalità della cultura e politiche per
realizzare la pace con soluzioni politiche, fondate sul dialogo,
ma anche per far avanzare diritti fondamentali:infatti si
definisce piattaforma per la democrazia. Io penso quindi che
insieme al diritto alla pace, dobbiamo parlare della ricostruzione
dei villaggi distrutti dalla guerra, del diritto della popolazione
a tornare nelle case e condurre una vita dignitosa, al diritto ad
esprimersi nella propria lingua e a vivere in pace. Per questo va
messa al primo punto la necessità della fine immediata delle
operazioni militari da parte del Governo Turco, che sono purtroppo
tragicamente riprese.
Questo
è possibile se si afferma contemporaneamente un processo forte di
democratizzazione della Turchia, paese oltre modo militarizzato e
povero di diritti fondamentali, per esempio i diritti del lavoro e
il diritto per i lavoratori e le lavoratrici ad associarsi
liberamente in sindacati. Le leggi vanno adeguate a questi
fondamenti indispensabili per la democrazia e alle Convenzioni
internazionali.
La
Turchia è un punto chiave del Medio Oriente e direi di tutto il
Mediterraneo. Come società civili europee siamo dunque coinvolti
e interessati da questi processi.
La
strategia della guerra preventiva ha fatto, a cominciare
dall’Iraq, disastri immensi: umani, civili, politici, ha
delegittimato le Nazioni Unite, ha voluto, anche se sono molto
evidenti le difficoltà che incontra inevitabilmente sul campo,
affermare l’esportazione della democrazia attraverso le bombe,
le armi, una brutale occupazione militare. Ma la democrazia non si
esporta con le armi. Democrazia non significa costruzione di un
grande unico mercato, come indica la teoria USA del Grande Medio
Oriente, magari con qualche più o meno legittima tornata
elettorale. In realtà ciò che sta facendo la politica degli Usa
è cercare di ampliare senza limiti il proprio controllo su
risorse fondamentali: petrolio e acqua in primo luogo. Lo stesso
aumento e ridislocazione delle basi militari ha questo
significato.
In
Medio Oriente molte società sono in movimento per far valere
diritti e democrazia: non solo quella palestinese che resiste ogni
giorno all’oppressione dell’occupazione, dei check points, di
un muro dell’odio che ruba ulteriore terra, ma quelle del
Libano, dell’Egitto. Sono fatti importanti che aprono nuove
strade e possibilità per quelle popolazioni, che hanno diritto a
costruirsi la democrazia con le proprie teste e le proprie mani,
nuovi avvenimenti che indicano anche a tutti i movimenti sociali e
per la pace internazionali nuovi orizzonti.
La
lotta per la pace e quella per i diritti e la democrazia non
devono separarsi mai: colgo questa occasione per esprimere a nome
della mia organizzazione la solidarietà al Sindacato Scuola
Egitim sen, chiuso dal Governo Turco per aver scritto nel proprio
statuto il diritto ad esprimersi nella lingua madre. Quando
diciamo no alla democrazia basata sul mercato intendiamo dire, e
questo vale anche per l’Europa, che una vera democrazia deve
basarsi sui diritti delle donne e degli uomini in primo luogo, non
su quelli del mercato, che sono poi quelli dei grandi interessi
economici e finanziari.
Concludo
dicendo che è molto importante per la lotta del popolo curdo, che
la sua voce si senta insieme a quella dei tanti che si battono per
far valere il diritto alla pace e i diritti fondamentali
individuali e collettivi. Questa Conferenza è molto importante
per la causa curda, ma anche per tutti noi che veniamo da paesi
europei e del Medio oriente. Mi auguro che nei prossimi giorni il
Forum Sociale Mediterraneo possa essere una
ulteriore occasione di incontro e di scambio tra i tanti
movimenti sociali, contro la guerra, che popolano il mediterraneo,
in cui la voce curda si senta forte e che, tutti insieme, si
faccia un passo avanti nella affermazione della forza pacifica e
intelligente dei movimenti.
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