Cacciabombardieri F35: questi 13 miliardi di euro di denaro pubblico, potrebbero essere investiti in qualcosa di utile a rispondere alla crisi e al progresso economico e sociale.

 

Entro il 16 aprile le commissioni Difesa di Camera e Senato dovranno esprimersi sul programma di riarmo aeronautico presentato dal ministro della Difesa, che prevede l'acquisto di 131 caccia-bombardieri da attacco F-35 Lightning II nell'arco dei prossimi diciotto anni. Spesa complessiva: oltre 13 miliardi di euro. E una ipotesi, senza alcun fondamento, di 10.000 nuovi posti di lavoro.

I caccia F-35 sono il frutto del programma di riarmo internazionale Joint Strike Fighter (Jsf) lanciato dagli Stati Uniti a metà degli anni '90, al quale hanno aderito molti Paesi alleati, tra cui l'Italia nel 1996 con il primo governo Prodi (adesione confermata nel 1998 dal governo D'Alema e nel 2002 dal secondo governo Berlusconi). Il nostro Paese partecipa al consorzio industriale Jsf - guidato dalla statunitense Lockheed Martin - tramite l'Alenia, l'azienda aeronautica del gruppo Finmeccanica. La base militare di Cameri (Novara) verrà attrezzato per diventare l'unica linea di montaggio finale del velivolo al di fuori dagli Stati Uniti, dove verranno assemblati tutti gli F-35 destinati alle forze aeree del Vecchio Continente (per ora è certa l'Olanda). Secondo i piani, l'Alenia di Cameri si occuperà anche delle successive revisioni e aggiornamenti per tutta la vita operativa degli F-35, vale a dire per altri trentacinque anni circa.

Mentre il Governo non riesce a trovare i fondi per rispondere alla situazione di crisi industriale, mentre vengono effettuati tagli alla spesa sociale, servizi e istruzione, si discute, e il Parlamento si appresta a votare una enorme spesa alla voce “riarmo” . Non è accettabile che si pensi a questo canale come quello che consente una uscita dalla crisi, impoverendo e facendo regredire la società italiana. Il riarmo, come è già avvenuto dopo la Grande Crisi del 1929-30, è uno dei fattori determinanti delle guerre. Quella stessa spesa, o anche meno, impiegata in modo socialmente utile, potrebbe viceversa contribuire alla creazione di posti di lavoro “civili”, alla cooperazione civile internazionale, al progresso sociale, che è un antidoto alle guerre.

Il nostro paese dovrebbe, ad esempio, investire queste risorse nella produzione legata al sistema ferroviario in modo da garantire ai pendolari e a tutta la popolazione dei mezzi di trasporto decorosi, efficienti e a basso impatto ambientale, degni di un paese civile.

Non va infine dimenticato che l’uso dei bombardieri, anche nelle missioni di pace, non sempre ha un ruolo di deterrenza, ma troppo spesso causa morte e distruzione.

Pertanto la Fiom ritiene che tale prospettiva debba essere evitata in tutti i modi e ritiene a tale scopo necessario un confronto, attraverso una audizione, con i/le parlamentari che compongono le Commissioni Difesa di Camera e Senato.

 

Il segretario generale della Fiom

Gianni Rinaldini