V forum sociale mondiale

Porto alegre, brasile 26 – 31 gennaio  2005

di Alessandra Mecozzi

 

QUALE FUTURO PER IL FSM

 

I numeri della quinta edizione

Per parlare del suo futuro dobbiamo riferirci almeno ai dati di questa quinta edizione, sia quantitativi che qualitativi, e considerare le decisioni che sono state prese dal Consiglio internazionale.

Già la manifestazione di apertura del 26 gennaio con 200.000 partecipanti, ha dato un’idea della dimensione più ampia e più entusiasta del solito: la presenza latino americana era ovviamente prevalente, anche sull’onda dei successi politici registrati in Argentina, Uruguay, Venezuela e lo stesso Brasile. Pur criticato da alcuni, per la accettazione di regole del Fondo Monetario internazionale e l’assunzione di politiche liberiste, il presidente metalmeccanico Lula non smette di avere un grande consenso nel proprio paese e di rappresentare comunque una rottura con il passato: hanno sfilato in migliaia con la maglietta rossa “LULA 100%”!

Al FSM hanno partecipato oltre 155.000 persone, con una presenza giovanile altissima, provenienti da 135 paesi: per la prima volta un incontro davvero globale, nonostante le difficoltà economiche per chi arrivava da paesi molto lontani, dall’Africa o dall’Asia. Anche l’”impresa” Forum ha avuto una dimensione paragonabile solo alla precedente edizione in India. Hanno infatti allestito tutti gli spazi tenda lungo il fiume e lavorato nella settimana oltre 2800 volontari, si sono svolti oltre 2500 seminari e alla fine sono state registrate 352 proposte conclusive di azioni e mobilitazioni: una bella risposta a chi continua a ripetere, un po’ stancamente, che dai Forum “non esce niente!” Molte delegazioni erano più numerose che in passato (ben 1000 dagli Stati Uniti), l’Italia invece un po’ ridotta (circa 400), ma in compenso molto attiva la sua delegazione che ha contribuito a formulare un ricco e partecipato testo finale della Assemblea dei movimenti sociali.

I dati quantitativi hanno quindi già confermato la capacità del Forum di essere uno spazio di sempre più ampia partecipazione e confronto, questa volta anche di organizzazione di tante iniziative per il futuro, già cominciato.

 

La qualità della sperimentazione 2005

Ha avuto successo l’idea nuova di costruire un forum, fin dalla preparazione dei mesi precedenti, senza iniziative centralizzate costruite dall’alto, inevitabilmente subordinate a logiche di equilibrismi politici. La strada scelta di abolire le enormi plenarie (che pure ci sono state per l’interesse e l’attrazione di molti temi e interventi dei seminari) a favore di una costruzione più partecipata e decentrata ha avuto il solo difetto di non essere sostenuta e aiutata fino in fondo (dal gruppo di cosiddetti facilitatori che avrebbe dovuto farlo).Una preparazione che favorisca la partecipazione nella costruzione del forum è più difficile ovviamente della centralizzazione: se non è ben organizzata rischia di non ottenere pienamente il suo scopo. Intoppi organizzativi ci sono stati e anche logistici, per esempio: come tenere un seminario sotto un tendone in un clima rovente con ventilatori rumorosissimi e senza interpreti?

Ma è stato un buon inizio, soprattutto aiutato dall’esperienza che si era svolta in India nel 2004.

Le innovazioni nel processo di preparazione sono state uno strumento per affrontare due grandi questioni che fin dall’inizio, e via via in maniera più accentuata, hanno pervaso il FSM: come coniugare la voglia e la necessità di uno spazio comune globale sempre più ricco di incontri, scambi di esperienze, confronti tra punti di vista diversi e la volontà e necessità di definire iniziative, azioni per il cambiamento di un mondo che non è l’unico possibile…la seconda è che, acquisito che un altro mondo è possibile e necessario, come si fa a rendere operanti le alternative, come si fa a praticarle e /o a realizzarle?. Detto in altri termini, per quali strade si afferma la trasformazione voluta dalla politica dei movimenti? Certo il Forum non ha dato risposte esaustive, né poteva farlo, ma ha cominciato a mettere in luce le diverse risposte possibili, con la consapevolezza di essere esso stesso parte della trasformazione, anche politica: dagli spostamenti elettorali, in India come in Brasile come in Venezuela e Uruguay, all’ampliamento delle analisi e delle proposte contro la guerra, uno dei centri di attenzione.

Si è discusso molto di lotta alla militarizzazione e alle basi militari, in crescita, di disarmo, di riconversione delle produzioni e controllo del commercio delle armi, e non più solo della necessità urgente del ritiro degli eserciti occupanti dall’Iraq come dalla Palestina; si è parlato della necessità di un governo mondiale basato su processi di partecipazione e democratici (il tema delle Nazioni Unite è entrato a pieno titolo, pur con valutazioni diverse sul loro ruolo) e della necessità di riforme radicali delle istituzioni internazionali Economiche (OMC, FMI, Banca Mondiale) a cominciare dalla fine della separatezza senza vincoli della sfera economica da quella politica. E’ diventato centrale, anche per i tragici effetti dello Tsunami e il rischio che vengano usati per aprire la strada a nuove colonizzazioni, militari e non, il tema della richiesta di annullamento del debito dei paesi poveri del Sud: il FSM si è decisamente schierato dalla parte delle migliaia di contadini e pescatori asiatici che vogliono far valere il diritto a gestire localmente le risorse destinate all’emergenza.

 

Le basi per il futuro

Dunque sono queste novità che tracciano la strada per il futuro, a patto che in ogni paese i movimenti si muovano in coerenza ad esse e non si rattrappiscano (pericolo denunciato più volte nelle riunioni della delegazione italiana) negli angusti tracciati della politica “politicista”. E’ anche la necessità da tutti percepita di questo ri-radicamento nelle proprie situazioni che ha finalmente portato alla decisione di dare al Forum Mondiale una scadenza biennale: il prossimo si terrà nel 2007, in Africa.; per evitare il rischio che Joao Pedro Stedile, dirigente del movimento brasiliano dei Sem Terra da tempo paventa: “ma se ogni sei mesi ci troviamo a discutere in un Forum delle lotte da fare, quando le facciamo?”…. Senza dimenticare che i Forum continentali, come quello europeo che si terrà nel 2006 ad Atene, o quello Mediterraneo a Barcellona, rappresentano occasioni di partecipazione grandi e necessarie per le radici e l’efficacia dei movimenti. Il processo di sviluppo e costruzione avanza e va ascritto davvero ai movimenti piccoli e grandi, a quei sindacati (quest’anno erano di più) che hanno scelto di essere insieme ai movimenti, sulla base delle proprie pratiche sociali, dei propri obiettivi e strategie.

L’appello dei movimenti sociali (pur con i limiti già detti nella prima parte) esprime questo processo e queste radici.

 

Uno strano “Manifesto di Porto Alegre”

Di altra natura, ed è forse la ragione per cui è caduto nel vuoto, il manifesto lanciato in una conferenza stampa il giorno prima della conclusione della Assemblea dei movimenti sociali, da 19 “intellettuali” di movimento (inclusa una unica “donna alibi” dei tempi andati!) che hanno pensato di indicare in 12 punti la strada da percorrere. Più o meno adeguati che li si voglia considerare (decisamente pessimo quello riguardante l’imposizione di una “tassa sul commercio delle armi”), è certo che è stata una iniziativa impropria, che ha sfruttato la mediaticità di molti di quei nomi per l’ autoaffermazione. Una bella differenza dall’assemblea di migliaia di persone stipata fino all’inverosimile che ha sottolineato con applausi entusiasti ogni lettrice o lettore dei paragrafi dell’agenda dei movimenti. Ho chiesto ad un dirigente della Cut (il più grande sindacato brasiliano, una delle organizzazioni chiave nella preparazione e nello svolgimento del Forum fin dalla sua nascita) che cosa ne pensasse, se ne fosse stato stupito o irritato. Mi ha detto tranquillamente: “il Forum è un luogo aperto e di tutti, più appelli ci sono e meglio è; ciò che fa la differenza è se dietro alle parole c’è un processo reale, lì mi sembra che non ci sia…”

 

Una nuova autorevolezza

Il Forum Sociale Mondiale è nato nel 2001, anche grazie alle idee e al lavoro di alcuni di quegli intellettuali, ma è evidente che la sua forza plurale e la direzione autonoma della sua strada stanno nelle teste e nelle gambe delle migliaia di persone, gruppi, associazioni, che ogni anno aumentano,  camminano insieme, interrogano se stessi e altri, cercando le risposte, locali e globali. Il Forum Sociale Mondiale è nato in un paese molto lontano da quello del Forum economico di Davos, club di ricchi e potenti, anche per metterne in discussione il senso stesso, creando alternative, senza dimenticare denunce e proteste.

Sembra proprio che sia riuscito nella sua opera di delegittimazione culturale e politica, se quest’anno, nel freddo ed esclusivo paese svizzero hanno dovuto invitare le stelle di Hollywood per richiamare l’attenzione anche lì sulle questioni sociali, per recuperare un po’ di smalto ed attrattività.

A Porto Alegre 2005 il Forum Sociale mondiale ha guadagnato in partecipazione, argomenti, iniziative, colori, balli e canti, ma ha anche acquisito una nuova autorevolezza per tutte quelle donne e quegli uomini che vogliono agire perché un altro mondo sia possibile, ed hanno già cominciato a costruirlo.